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L'OSSERVATORE ROMANO

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PAGINA<br />

8 .<br />

MONS. VERUCCHI, ARCIVESCOVO DI RAVENNA-CERVIA<br />

La Santa Messa<br />

è comunione con Dio<br />

Dopo il tema della speranza l'Arcivescovo<br />

di Ravenna-Cervia propone nella<br />

sua lettera pastorale una serrata riflessione<br />

sul giorno del Signore, più concretamente<br />

sulla partecipazione alla celebrazione<br />

della Messa. La Chiesa ne ha<br />

fatto un precetto che non è solo di valore<br />

giuridico ma anche teologico.<br />

«La domenica — premette l'Arcivescovo<br />

— contiene e offre a tutti valori<br />

preziosi, il riposo, la vita di famiglia, l'amicizia,<br />

la lettura, lo svago sano, il ritrovarsi<br />

insieme. La domenica con la santa<br />

messa offre anche la possibilità di incontrare<br />

il Signore, di ascoltarlo, di lasciarci<br />

amare da lui e di accogliere doni che<br />

fanno crescere i valori più belli della nostra<br />

vita terrena e ci aprono orizzonti di<br />

vita eterna. Sono doni belli per tutti».<br />

Se si fosse coerenti con la fede battesimale<br />

la domenica le chiese dovrebbero<br />

essere gremite di fedeli. Perché la «diserzione»,<br />

il vuoto? Mons. Verucchi tenta<br />

un'analisi. L'assente ha una sua storia<br />

personale per giustificarsi. Non si partecipa<br />

alla messa forse per abitudine, per<br />

mancanza di coscienza del precetto e<br />

del valore sacramentale. Forse per talune<br />

esperienze negative.<br />

Attraverso l'Eucaristia<br />

il dono della vita<br />

Nessuna giustificazione — ammesso<br />

che possa chiamarsi così — è legittima.<br />

La messa è la riattualizzazione comunitaria<br />

del sacrificio di Cristo. Il Signore<br />

risorto nell'Eucaristia ci dona la vita, anzi<br />

dona se stesso, sia pure sotto le specie<br />

del pane e del vino.<br />

«Questo ricordo di gioia e di grande<br />

festa — rileva l'Arcivescovo — può risvegliare<br />

il desiderio di vivere la domenica<br />

con l'Eucaristia e gli altri sacramenti.<br />

È il giorno che il Signore ha<br />

riempito dei suoi doni perché la vita di<br />

amore che ci ha dato e la vita di Chiesa<br />

possano crescere e svilupparsi».<br />

L'Arcivescovo si rivolge anche ai partecipanti<br />

episodici, saltuari per sollecitarli<br />

a riflettere sulla sublimità del mistero<br />

eucaristico e sull'immenso tesoro di<br />

benefici che vi è racchiuso. A coloro che<br />

ogni domenica sono presenti alla celebrazione,<br />

esprime sprone e incoraggiamento:<br />

«Siatene orgogliosi — scrive —.<br />

Il Signore trovi sempre più accoglienza<br />

nella vostra vita e la renda sempre più<br />

libera, più bella, più ricca di valori e di<br />

gioia.<br />

Il vostro modo di partecipare al giorno<br />

del Signore diventi una testimonianza<br />

preziosa per quanti incontrate sul<br />

sentiero della vostra vita. Siate missionari<br />

senza frontiere, nutriti di pane eucaristico<br />

nella mensa domenicale ben partecipata».<br />

L'appello ai genitori rafforza la convinzione<br />

su questi valori in funzione della<br />

solidità della vita familiare, della crescita<br />

della comunione e della fede: «State<br />

vivendo l'amore sponsale, la vita familiare,<br />

la responsabilità educativa, il lavoro<br />

e tanti avvenimenti e problemi che<br />

la vita vi fa incontrare».<br />

Tre suggerimenti propone loro: «Vivete<br />

il giorno del Signore e partecipate all'Eucaristia.<br />

Accogliete i doni. Il vostro<br />

amore e la vostra missione, a volte tanto<br />

difficile, saranno purificate, rafforzate<br />

ed elevate.<br />

Accompagnate in parrocchia e a messa<br />

i vostri figli.<br />

Accompagnate anche i figli piccoli. È<br />

importante che vivano l'esperienza del<br />

trovarsi in chiesa e nell'assemblea, che<br />

vedano e ascoltino e partecipino a modo<br />

loro. Non permettere loro di fare tutto<br />

quello che vogliono. Li educherete, e<br />

pian piano si abitueranno. Sembra che<br />

<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Domenica 2 Dicembre 2001<br />

Le Lettere pastorali<br />

dei Vescovi italiani<br />

MONS. GUALTIERO BASSETTI, VESCOVO DI AREZZO-CORTONA-SANSEPOLCRO<br />

Nel generoso servizio dell'accoglienza<br />

il senso di un'autentica solidarietà<br />

dizioni di vita almeno compatibili con la<br />

dignità umana e in modo da non creare<br />

nella nostra popolazione problemi tali<br />

che possano indurre o alimentare reazioni<br />

xenofobe o razziste».<br />

Alla comunità cristiana della diocesi il<br />

Vescovo ricorda alcuni valori imprescindibili.<br />

«Se abbiamo formato la nostra<br />

sensibilità alla luce della fede in Cristo,<br />

possiamo legittimamente avere differenti<br />

opinioni sulle politiche che andrebbero<br />

adottate, ma sempre in termini tali da<br />

non dimenticare che gli immigrati sono<br />

persone ricche di quella ineliminabile dignità<br />

e sacralità di cui Dio ha dotato<br />

ogni essere umano creandolo a propria<br />

immagine e somiglianza. Insomma essi<br />

non possono mai essere per noi solo “un<br />

problema sociale in più” ma prima di<br />

tutto essi sono dei nostri simili. Dobbiamo<br />

passare da un atteggiamento di sospetti<br />

e di autodifesa ad un atteggiamento<br />

di accoglienza e di condivisione. Al di<br />

là delle culture e dei colori della pelle e<br />

del credo religioso dovrà guardare e<br />

considerare ogni immigrato come mio<br />

prossimo. Al pari dei connazionali dovrà<br />

essermi caro in quanto vicino di casa o<br />

compagno di lavoro o compagno di<br />

scuola di mio figlio o il collaboratore<br />

che ho accolto nella mia casa. La nostra<br />

sensibilità cristiana c'impone di trattare<br />

ognuno come persona e ci impedisce di<br />

ridurla ad una “categoria”».<br />

Mons. Bassetti invita ad accogliere la<br />

sfida che proviene sul piano religioso dal<br />

flusso migratorio. «È vero — scrive —<br />

che la presenza tra noi di culture diverse<br />

ci costringe a un confronto e a un<br />

dialogo cui non siamo abituati e forse<br />

neanche preparati. Ma nessun cambiamento<br />

può farci paura se noi siamo certi<br />

della nostra identità di cristiani. Le diverse<br />

culture e le diverse religioni di cui<br />

sono portatori gli immigrati possono<br />

rappresentare un pericolo per la nostra<br />

impostazione di vita, per i nostri valori<br />

solo e se noi aderiamo in modo superficiale<br />

alla nostra fede e se possediamo e<br />

viviamo in modo vago e incerto i valori<br />

che da essa derivano.<br />

La presenza di culture e religioni diverse<br />

— aggiunge Mons. Bassetti — non<br />

può essere definita un pericolo ma certamente<br />

costituisce una sollecitazione e<br />

una sfida alla nostra fede. Il momento<br />

presente ci richiede in forme nuove e<br />

pressanti di verificare la solidità della<br />

nostra fede, la certezza della nostra adesione<br />

a Cristo». «Per superare ogni timore,<br />

per affrontare ogni cambiamento<br />

della storia, il compito che dobbiamo assumerci<br />

è quello di una maggiore decisione<br />

e profondità nel nostro essere cristiani,<br />

è quello di riscoprire e di vivere<br />

con più slancio la nostra identità di battezzati<br />

che è definita dalle tre grandi virtù<br />

cristiane: la fede, la speranza e la carità».<br />

«Dobbiamo rinnovare — scrive Mons.<br />

Bassetti — la nostra fede in Gesù Cristo,<br />

l'unico Figlio di Dio, che si è fatto uomo<br />

per la nostra salvezza. Da Cristo i nostri<br />

padri hanno tratto la forza per affrontare<br />

le difficoltà della vita e dalla fede<br />

hanno tratto i valori e i criteri per impostare<br />

con sempre maggiore giustizia e<br />

verità la vita sociale per dare forma alla<br />

MONS. MICHELE SECCIA, VESCOVO DI SAN SEVERO<br />

Riscoprire la diocesi come comunità<br />

e come grande famiglia di famiglie<br />

MONS. FILIPPO STROFALDI, VESCOVO DI ISCHIA<br />

La «Chiesa domestica» espressione di amore e di dialogo fraterno<br />

La famiglia è «Chiesa domestica», secondo la felice<br />

espressione del magistero, ma anche «cellula<br />

della società». Il futuro dell'umanità, quindi anche<br />

della Chiesa, passa attraverso i valori e l'identità<br />

della famiglia. Le ripercussioni devastanti scuotono<br />

i nuclei familiari fondati sul Vangelo e i suoi postulati:<br />

matrimonio sacramentale e indissolubile, procreazione<br />

responsabile, educazione religiosa e civile<br />

dei figli accolti come benedizione di Dio. Ecco i<br />

punti chiave della lettera pastorale alle famiglie della<br />

comunità di Ischia in vista del Vescovo Filippo<br />

Strofaldi. Illustrandone l'origine e il fondamento se<br />

si riferisce alle Tre Persone divine. Nelle opere e<br />

nel comportamento dei suoi membri — scrive il<br />

Presule — «la famiglia cristiana deve tradurre l'immagine<br />

della famiglia divina, della Santissima Trinità,<br />

nella quale il Padre ama e genera eternamente<br />

il Figlio, il Figlio accoglie l'amore e s'incarna nella<br />

storia degli uomini e lo Spirito Santo si apre al<br />

mondo riversando l'amore di Dio nei nostri cuori».<br />

La famiglia diventa famiglia di Dio quando «rapportandosi<br />

al Padre, sorgente dell'amore, cura la<br />

crescita dei figli nel rispetto delle loro scelte, onora<br />

gli anziani, portatori di valori e di saggezza, testimonia<br />

la reciprocità dell'aiuto fraterno e l'edificazione<br />

della casa nella comunione.<br />

In relazione al Figlio la famiglia si fa accoglienza<br />

di quanti vengono a bussare alla porta del suo cuore,<br />

soprattutto degli ultimi, nella prossimità di chi è<br />

povero economicamente o spiritualmente;<br />

In riferimento allo Spirito Santo la famiglia si<br />

sia Gesù che ve lo chiede: “Lasciate che<br />

i bambini vengano a me”».<br />

La comunità ecclesiale che celebra<br />

l'Eucaristia è aperta a tutti. Nessuno è<br />

discriminato se chiede di farne parte.<br />

L'unica clausola è quella della fede: che<br />

si creda e si accetti il Vangelo. A queste<br />

comunità Mons. Verucchi chiede: «Siate<br />

accoglienti. Create un clima di serenità,<br />

di letizia e di comunione fraterna. Accogliete<br />

tutti con cordialità.<br />

Siate contenti che ci siano bimbi! Accoglieteli<br />

con benevolenza e date esempio<br />

di come si partecipa alla messa. Fate<br />

di tutto, durante la settimana e la domenica,<br />

affinché anziani, ammalati,<br />

handicappati possano partecipare alla<br />

messa, essere accolti con amore e venire<br />

coinvolti.<br />

Nei confronti degli ammalati che non<br />

possono partecipare, fate in modo che<br />

abbiano la visita di qualche fratello e<br />

possano, se vogliono, ricevere la comunione<br />

eucaristica. Avete, poi, nella settimana<br />

e in ogni azione, ciò che avete,<br />

ascoltato, celebrato, accolto».<br />

La messa, tra i tanti valori, contiene<br />

quello del ringraziamento, della lode al<br />

Signore. Non sempre questo elemento<br />

viene evidenziato. Si tende a trasformare<br />

la preghiera, anche quella liturgica,<br />

in una richiesta di grazie. Mons. Verucchi,<br />

sottolineando questa finalità, scrive:<br />

«A messa andiamo per dire “grazie” al<br />

Signore per tutti i doni di cui viviamo.<br />

E ci riscopriamo amati da Dio, circondati<br />

dai doni del suo amore, chiamati a<br />

vivere da figli che egli ama».<br />

«A messa — prosegue il Presule — incontriamo<br />

Cristo e la sua parola, ci troviamo<br />

davanti ai valori fondamentali<br />

della vita! Possiamo capire se la nostra<br />

vita è spesa bene, se stiamo facendo errori,<br />

quali strade dobbiamo prendere,<br />

per vivere bene la vita qui e ora, nella<br />

società e nella Chiesa.<br />

Andiamo a messa per ritrovarci con i<br />

fratelli di fede. Il Signore ci ha creati<br />

per vivere non come “babele», ma uniti,<br />

in armonia, in comunione, desiderosi di<br />

aiutarci, disponibili a camminare insieme.<br />

Attorno all'altare nutriamo il nostro<br />

amore fraterno».<br />

La disponibilità<br />

a camminare insieme<br />

Indicando gli atteggiamenti spirituali<br />

e morali che si devono avere durante la<br />

celebrazione, Mons. Verucchi afferma:<br />

«A messa siamo presenti col cuore aperto<br />

perché vogliamo accogliere la parola<br />

e l'Eucaristia, il perdono e lo Spirito<br />

Santo, per avere la gioia di nutrire la vita<br />

divina che abbiamo ricevuto nel battesimo<br />

e la vita di Chiesa nella quale siamo<br />

stati inseriti».<br />

«Andiamo a messa — prosegue il Presule<br />

— sapendo che nell'Eucaristia è reso<br />

presente il sacrificio di Gesù per noi.<br />

È Gesù che ci libera dal peccato, ci salva,<br />

e ci dona la nuova alleanza. Partecipiamo<br />

alla messa per accogliere Cristo<br />

morto e risorto. Così anche noi riceviamo<br />

la forza per far morire o almeno diminuire<br />

il male che è in noi e per far<br />

crescere il bene, l'amore, la pace, la giustizia,<br />

il rispetto per la dignità di ogni<br />

persona».<br />

«A messa andiamo per aprirci all'eternità.<br />

Nella celebrazione dell'Eucaristia<br />

incontriamo il “cielo”, Dio che viene a<br />

farci visita. Qui accogliamo valori divini<br />

e soprannaturali. Qui viviamo, anche se<br />

con tanti limiti, nell'esperienza di comunione<br />

con il Signore e con i fratelli che,<br />

aldilà della morte, vivremo in maniera<br />

perfetta e per sempre. Partecipare alla<br />

messa — conclude Mons. Verucchi — è<br />

anticipo di eternità».<br />

GINO CONCETTI<br />

apre alla novità di Dio, rinnova il suo «stile di vita»,<br />

si converte orientandosi verso valori umani e<br />

cristiani radicati nel profondo, tende ad un cammino<br />

di liberazione per passare da una visione consumistica<br />

della conduzione familiare ad un ideale di<br />

benessere che abbraccia corpo e anima.<br />

In questo circuito trinitario la legge fondamentale<br />

è l'amore. Comunione di anime e di corpi che la<br />

famiglia vive come fondamento del suo essere ed<br />

operare.<br />

Quest'amore nella Trinità è così profondo che le<br />

tre Persone divine sono veramente un solo Dio:<br />

nella famiglia umana invece le nostre individualità<br />

sono così spesso separate da creare difficoltà al dialogo<br />

e alla comunione.<br />

L'amore va custodito, rafforzato, difeso perché è<br />

continuamente attentato da ogni parte, a cominciare<br />

dall'io di ciascuno dei membri della famiglia, e<br />

lo stesso termine «amore» viene equivocato per<br />

ogni forma di degenerazione.<br />

La Pastorale della famiglia, insieme a quella giovanile,<br />

diventa, nell'ansia della madre Chiesa, azione<br />

attenta e impegnativa della comunità cristiana<br />

in quanto «è il luogo privilegiato dell'esperienza<br />

dell'amore e della trasmissione della fede» (Cfr Comunicare<br />

il vangelo in un mondo che cambia. 52.<br />

Cei).<br />

Il ricordo delle nostre esperienze familiari non è<br />

solo nostalgia del passato, ma un rivivere e rinnovare<br />

nell'oggi la santità della famiglia. Infatti, molti<br />

di noi adulti, tra i ricordi dell'infanzia, conservano<br />

Non c'è diocesi in Italia che non sia<br />

interessata dal flusso migratorio. Le<br />

componenti possono essere di diverse<br />

etnie e aree geografiche. Per il Vescovo,<br />

i presbiteri e gli altri operatori pastorali<br />

si aprono nuovi ambiti di lavoro e di mistero.<br />

Nello stesso tempo però i Vescovi<br />

fanno appello alla sensibilità dei residenti<br />

perché accolgono gli immigrati con la<br />

tradizionale disponibilità umana e fraterna<br />

e più ancora con vivo spirito di solidarietà<br />

e di carità evangelica.<br />

Il Vescovo di Arezzo-Cortona-Sansepolcro<br />

Gualtiero Bassetti, nel suo messaggio<br />

fa appello ai sacerdoti, ai religiosi,<br />

alle religiose, alle famiglie e ai fedeli<br />

laici, nonché a coloro che si sono già inseriti<br />

nella comunità locale perché non<br />

omettano di impegnarsi nel servizi di accoglienza<br />

non solo gli individui ma anche<br />

dei loro nuclei familiari.<br />

Il Vescovo ritiene che il fenomeno<br />

«prevedibilmente crescerà nei prossimi<br />

decenni e provocherà inevitabili cambiamenti<br />

nella vita sociale del nostro popolo<br />

ancora più vasti e complessi di quelli<br />

che abbiamo potuto verificare. Fa parte<br />

della nostra responsabilità umana e cristiana<br />

domandarci quale atteggiamento<br />

assumere di fronte ad un fatto così rilevante<br />

e quali comportamenti ci sono richiesti<br />

dalla nostra fede».<br />

Di fronte al complesso fenomeno migratorio,<br />

«l'autorità civile — scrive il Vescovo<br />

— ha il diritto e il dovere di regolamentare<br />

l'afflusso di immigrati secondo<br />

criteri di giustizia e di utilità generali<br />

in modo tale da essere in grado di assicurare<br />

agli immigrati che accoglie con-<br />

S'intitola: Pace a Voi! Pace a questa<br />

casa e a tutti i suoi abitanti, la lettera<br />

che il Vescovo di San Severo ha indirizzato<br />

alla Comunità diocesana in occasione<br />

della sua prima Visita Pastorale alla<br />

Chiesa che presiede nella carità. Iniziata<br />

lo scorso quattro novembre terminerà<br />

nell'aprile del 2003 dopo la visita alle 32<br />

parrocchie dei dieci comuni componenti<br />

il territorio diocesano. L'intervento del<br />

Vescovo, contenuto in 45 pagine si fa<br />

notare per l'originalità, almeno a livello<br />

locale, e per lo sforzo di presentare e<br />

spiegare al popolo di Dio ed anche<br />

alla società civile il senso ed il «perché»<br />

un Vescovo debba compiere la Visita<br />

Pastorale.<br />

Un evento da interpretare e vivere come<br />

dono e segno del Grande Giubileo<br />

del 2000 e voluto da Mons. Seccia perché<br />

«animato dal forte invito del Sommo<br />

Pontefice a prendere il largo (Lc 5,<br />

4), e volendo trasmettere lo stesso invito<br />

a tutta la comunità diocesana perché<br />

compia una verifica del suo fervore, recuperi<br />

nuovo slancio per il suo impegno<br />

spirituale e pastorale, manifesti i frutti<br />

dell'anelito di santità» e per «intensificare<br />

i vincoli sacramentali ed ecclesiali di<br />

unità e di comunione tra il Vescovo e<br />

tutto il popolo santo di Dio di questa<br />

Chiesa che è in San Severo». Una visita<br />

che prende il via anche nel contesto di<br />

un piano pastorale triennale incentrato<br />

sulla famiglia «per riscoprire la Chiesa<br />

come Comunità e comunione [...] e la<br />

diocesi come una grande famiglia, famiglia<br />

di famiglie» in cui è «grande il desiderio<br />

del Padre di incontrare le diverse<br />

comunità, le persone, le famiglie... voi<br />

tutti, per vedervi, ascoltarvi e, soprattutto,<br />

augurarvi la Pace del Cristo risorto».<br />

La prima parte della lettera è una riuscita<br />

sintesi dei fondamenti scritturistici,<br />

storici ed ecclesiologici della Visita pastorale.<br />

L'incarnazione nella storia del<br />

Verbo non è altro che la «visita» che<br />

Dio fa all'uomo in Gesù Cristo che di<br />

porta in porta, di villaggio in villaggio<br />

ha annunciato il Vangelo, cioè, la «Bella<br />

notizia» di Dio alla sua creatura. Visita<br />

che, in seguito, continua negli e attraverso<br />

gli amici di Dio: Maria che va a<br />

visitare Elisabetta, gli apostoli che si recano<br />

nelle prime comunità di credenti e<br />

così lungo tutto l'arco della storia della<br />

Chiesa. Tempo in cui la visita del Pastore<br />

ha subito le inevitabili evoluzioni sino<br />

ad arrivare al Concilio Vaticano II e all'ultimo<br />

Sinodo dei Vescovi che ne ha<br />

così sintetizzato lo scopo: «Mediante la<br />

Visita pastorale il Vescovo si presenta<br />

concretamente come principio e fondamento<br />

dell'unità nella Chiesa particolare<br />

e essa “riflette in qualche modo l'immagine<br />

di quella singolarissima e del<br />

tutto meravigliosa visita, per mezzo della<br />

quale il Pastore sommo (1 Pt 5, 4), il<br />

Vescovo delle anime nostre (cfr 1 Pt 2,<br />

25) Gesù Cristo ha visitato e redento il<br />

suo popolo (cfr Lc 1, 68)”. Poiché, inoltre,<br />

la diocesi, prima di essere un territorio,<br />

è una porzione del popolo di Dio<br />

affidata alle cure pastorali di un Vescovo,<br />

opportunamente il Direttorio “Ecclesiae<br />

imago” scrive che il primo posto<br />

nella Visita Pastorale spetta alle persone.<br />

Per meglio dedicarsi a loro è, dunque,<br />

opportuno che il Vescovo deleghi<br />

ad altri l'esame delle questioni di carattere<br />

più amministrativo» (Synodus Episcoporum,<br />

Il Vescovo servitore del Vangelo<br />

di Gesù Cristo per la speranza del<br />

mondo, Instrumentum laboris, Città del<br />

nel cuore la memoria di quanto, con i genitori e i<br />

vicini di casa, si recitava da ragazzi il S. Rosario intorno<br />

al braciere, oppure quando si ripeteva a memoria,<br />

alla loro presenza, il Catechismo in preparazione<br />

ai sacramenti dell'iniziazione cristiana o per<br />

la gara del «Premio-Roma». Infatti la famiglia svolgeva<br />

il suo ruolo di prima scuola di fede e di preghiera,<br />

dove i primi elementi di crescita si alternavano<br />

ai primi alimenti di crescita «in età, sapienza<br />

e di grazia, davanti a Dio e davanti agli uomini»<br />

(Lc 2.52), come Gesù ragazzo nella sua famiglia di<br />

Nazareth».<br />

Sviluppando il modello della Santa Famiglia<br />

Mons. Strofaldi scrive: «È l'icona di Nazareth ad<br />

ispirare ogni famiglia cristiana perché Gesù, Figlio<br />

di Dio è diventato Figlio dell'uomo inserendosi nel<br />

tessuto dell'umanità, è entrato nelle case degli uomini,<br />

si è seduto alla mensa dei fratelli, ha chiesto<br />

da mangiare e da bere, ha trovato riposo come<br />

ospite a Betania presso gli amici Lazzaro, Maria e<br />

Marta, ha santificato con la sua presenza l'unione<br />

di due sposi a Cana di Galilea e per non turbare la<br />

loro gioia, ha trasformato l'acqua in vino ridando il<br />

sorriso della festa a tutti i presenti.<br />

Che sentimento di tenerezza ci viene nel pensare<br />

a Gesù fanciullo, ragazzo, adolescente e poi giovane<br />

nella sua casa di Nazareth, covato con gli occhi<br />

dai suoi genitori Giuseppe e Maria, sempre più<br />

compresi nella loro casa di questa presenza misteriosa<br />

ma reale, divina ma umile! Nessun indizio soprannaturale,<br />

nessuna manifestazione straordinaria<br />

Vaticano 2001, n. 121). Attualizzando la<br />

Visita Pastorale oggi e nella sua diocesi,<br />

Seccia si augura di essere «accolto come<br />

fratello, che viene nella semplicità e desidera<br />

incontrare e ascoltare per meglio<br />

servire e mantenere sempre viva la speranza;<br />

come amico che si affianca per<br />

camminare insieme lungo le strade della<br />

vita» (p. 16).<br />

Preoccupato di eventuali centralizzazioni<br />

ed interpretazioni «giuridico-amministrative»<br />

della visita, Mons. Seccia,<br />

che ha scelto di restare in ogni parrocchia<br />

per una settimana, precisa: «La<br />

presenza prolungata del Vescovo è occasione<br />

di un rapporto diretto e personale<br />

tra la Comunità ecclesiale e colui che<br />

nella Comunità è il segno visibile dell'unità<br />

e santità della Chiesa, dell'apostolicità<br />

della fede, della tensione missionaria<br />

propria dei discepoli di Gesù, dell'amore<br />

paterno e materno di Dio. Sarebbe<br />

anacronistico fermarsi all'aspetto formale<br />

e fiscale dei dati da rilevare in un<br />

territorio: pur necessari, non sono certamente<br />

questi a sviluppare e valorizzare i<br />

rapporti tra le persone e la conoscenza<br />

delle situazioni personali. Infatti solo la<br />

conoscenza permette anche un'azione<br />

pastorale adeguata e rispondente alle<br />

necessità della Comunità» (p. 17).<br />

La riflessione biblica è trattata nella<br />

seconda parte attraverso il metodo della<br />

Lectio divina. Il Vescovo di San Severo<br />

fa una stupenda ed attualizzata lectio<br />

del brano giovanneo dell'apparizione del<br />

Risorto agli Undici e a Tommaso (Gv<br />

20, 19-29) collocandolo in maniera appropriata<br />

alla Visita Pastorale ed in cui<br />

la presenza del Pastore va, in filigrana,<br />

vista come quella del Risorto che visita i<br />

suoi discepoli.<br />

FRANCESCO ARMENTI<br />

perché «non era ancora giunta la sua ora» (Gv 2, 4)<br />

ma solo il suo inserimento nella storia normale di<br />

una famiglia che è passata attraverso prove, sofferenze,<br />

problemi... come l'emigrare in terra di Egitto<br />

e quindi, diremmo oggi, extracomunitari all'estero,<br />

rientrare in patria, ricostruire tutto daccapo, lavorare<br />

nella falegnameria, affrontare tutto con serenità:<br />

nessuna parola, nessun discorso, nessun avvenimento<br />

particolare nella vita familiare di Gesù<br />

di Nazareth, ma solo l'incubazione silenziosa e misteriosa<br />

in attesa di librare le ali per seguire il progetto<br />

di Dio: la salvezza dell'umanità.<br />

Ecco come la famiglia segue il progressivo sviluppo<br />

dei figli che all'inizio della vita hanno bisogno<br />

di tutto ma poi si rendono progressivamente<br />

autonomi finché un giorno, «come frecce scoccate<br />

dall'arco» devono seguire la loro traiettoria; è il rispetto<br />

delle loro scelte vocazionali che i genitori,<br />

pur avvertendo una lacerazione nella carne, vivono<br />

nel momento del distacco senza assalti di possessività,<br />

senza mammismi o paternalismi che condizionano<br />

i figli nel loro agire».<br />

La famiglia cristiana ha nella Chiesa il suo coronamento<br />

e la sua giustificazione operativa conforme<br />

alla sua identità sacramentale e conforme al<br />

progetto creativo di Dio e redentivo di Cristo, in<br />

cui è esaltato il ruolo dei coniugi e la loro missione<br />

educativa sul piano naturale, religioso e civile. Per<br />

questo ruolo delicato è necessario far convergere<br />

tutti gli sforzi pastorali e di evangelizzazione. G. C.<br />

nostra civiltà. Solo se la nostra fede è<br />

solida e pervade tutto il nostro modo di<br />

pensare e di sentire nessun cambiamento<br />

sociale può farci paura, perché Cristo<br />

è Via Verità e Vita.<br />

«La fede cristiana affermata con coraggio<br />

e decisione, testimoniata in ogni<br />

circostanza, non può renderci chiusi a<br />

nessuno ma può al contrario renderci<br />

capaci di instaurare con chiunque un<br />

utile confronto, dialogo e collaborazione.<br />

Quanto più la nostra identità cristiana<br />

è chiara, evidente e solida, tanto<br />

più saremo sereni liberi di entrare in<br />

rapporto con chiunque. Se invece essa è<br />

incerta, timida e insicura tenderemo ad<br />

essere chiusi e sulla difensiva o, al contrario,<br />

aggressivi e assolutisti».<br />

«Invitando i fedeli — precisa Mons.<br />

Bassetti — a essere presenti nella vita<br />

pubblica, nel lavoro, nella scuola, nel<br />

mondo della cultura con tutta la forza<br />

della loro identità cristiana non intendo<br />

in alcun modo mettere in discussione la<br />

laicità dello Stato. Tale laicità non può<br />

essere intesa coma la cancellazione delle<br />

identità ma come spazio di libertà dove<br />

anche l'identità cristiana è in grado di<br />

esprimersi. Se questo fosse negato, alla<br />

lunga, verrebbe messa in pericolo la<br />

stessa laicità dello Stato.<br />

La fede profondamente penetrata nel<br />

cuore e nella mente genera la speranza<br />

che è la virtù profetica che ci rende forti<br />

e capaci di affrontare le novità e le incertezze<br />

della vita con la sicurezza che il<br />

Signor è accanto a noi e che al termine<br />

del nostro cammino ci attende l'amore<br />

di Dio. È la virtù che ci rende capaci di<br />

individuare nei fatti presenti i segni e i<br />

presagi del regno di Cristo che viene e<br />

ci rende capaci di distaccarci dal possesso<br />

delle cose, dalle abitudini, dal già noto<br />

per andare incontro al Signore che<br />

viene nel nuovo della storia. Se abbiamo<br />

la Speranza cristiana non possiamo agire<br />

con paura ma tutto facciamo per<br />

amore. Il futuro ci avvicina al Signore,<br />

nulla ci può allontanare da Lui. Il Signore<br />

e il suo regno sono l'avvenire nostro:<br />

Egli è Colui che viene.<br />

Se rinnoviamo la nostra speranza allora<br />

operiamo concretamente per preparare<br />

la venuta del Signore Nostro Gesù<br />

Cristo: evangelizziamo, costruiamo la<br />

Chiesa ma anche operiamo nel mondo<br />

per trasformarlo secondo il pensiero di<br />

Cristo, nelle vie della giustizia della verità<br />

e della pace».<br />

«È il momento — sottolinea Mons.<br />

Bassetti — di essere più cristiani. E l'identità<br />

cristiana, che nasce dal battesimo<br />

e dalla fede in Gesù di Nazareth,<br />

unigenito figlio di Dio e unico salvatore<br />

di tutti gli uomini, si modella e cresce<br />

attraverso la imitazione di Cristo, mite e<br />

mansueto di cuore. Dobbiamo essere orgogliosi<br />

e fieri del nostro battesimo e<br />

della nostra appartenenza a Cristo, ma<br />

questo non si traduce in uno sguardo di<br />

superiorità verso i diversi da noi bensì<br />

nel farsi «ultimi e servi di tutti» a imitazione<br />

del Figlio di Dio che, Lui il Signore<br />

e il Maestro, è stato tra noi «come<br />

uno che serve».<br />

Ora dobbiamo ricordarci che il primo<br />

passo verso la carità consiste nel praticare<br />

la giustizia cioè nel dare a ciascuno<br />

ciò che gli spetta, nel rispettare il diritto<br />

e la dignità di ciascuno. Nessuno<br />

può dirsi vero cristiano e non dare la<br />

giusta paga al proprio dipendente, o approfittarsi<br />

a proprio vantaggio della debolezza<br />

o della povertà, del bisogno o<br />

della ignoranza dell'altro. Tanto meno il<br />

cristiano può umiliare l'altro o indurre<br />

al peccato. Vivere fino in fondo la nostra<br />

identità di Cristiani comporta che ci<br />

facciamo promotori della dignità di ogni<br />

persona umana specialmente di chi, essendo<br />

fuori della propria patria, si trova<br />

in situazione di maggiore debolezza.<br />

Guai se invece di essere difensore degli<br />

immigrati qualcuno disprezzasse, o<br />

fosse sfruttatore o corruttore, o profittatore.<br />

E perciò nel dare lavoro, nel dare<br />

la paga, nel dare l'alloggio, nello stabilire<br />

il canone di affitto, nello stabilire il<br />

prezzo delle merci, nel fare i prestiti<br />

ecc. ogni cristiano ricerchi l'equità e la<br />

moderazione, preferisca rimetterci piuttosto<br />

che trarre disonesto vantaggio o<br />

fare discriminazione. Ricordiamo la regola<br />

aurea che ci ha dato nostro Signore:<br />

«non fare ad altri quello che non<br />

vuoi sia fatto a te» e «fai agli altri ciò<br />

che vorresti sia fatto a te». Solo così<br />

onoreremo e faremo onorare il Nome di<br />

Gesù, Nostro Salvatore».<br />

Tutti questo non è sufficiente — rileva<br />

il Vescovo — noi cristiani dobbiamo<br />

fare un passo ulteriore, dobbiamo essere<br />

cristiani fino in fondo. La giustizia è<br />

per noi il primo passo, dobbiamo procedere<br />

verso la carità. Per quanto è possibile<br />

ognuno di noi soccorra, aiuti, consoli,<br />

conforti, curi, ospiti, condivida i<br />

propri beni con chi è nel bisogno. Sappiamo<br />

essere veri figli di Dio in Cristo<br />

Gesù, che ha dato la sua vita per noi<br />

tutti.<br />

Non limitiamoci ai buoni sentimenti e<br />

alle buone parole ma, sia come singole<br />

persone sia come comunità cristiane,<br />

facciamo le buone opere poiché il Signore<br />

ci ha costituiti perché andiamo e<br />

portiamo frutto e perché, vedendo le<br />

nostre opere, gli uomini diano lode a<br />

Dio. «Il Signore ci ha costituiti come sale<br />

della terra e luce del mondo affinché<br />

lo annunciamo a tutte le creature e perché<br />

tutti raduniamo nell'unica Famiglia<br />

di Dio».<br />

G. C.

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