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<strong>L'OSSERVATORE</strong> IBRI<br />
PAGINA<br />
7 .<br />
<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Mercoledì 19 Dicembre 2001<br />
Sandro Botticelli - «Natività»,<br />
particolare<br />
(Londra, National Gallery)<br />
Gli Inni della Cristologia nel volume «Tutte le liriche» di Hölderlin edito nei Meridiani<br />
«Conciliatore, ora riconciliato, perché a sera<br />
con gli amici Ti invochiamo, cantando»<br />
FRANCESCO LICINIO GALATI<br />
Dinanzi alla proposta di Tutte le liriche<br />
di Friedrich Hölderlin nei Meridiani<br />
di Mondadori (Milano, 2001, pp.<br />
CXXVIII+1943, L. 85.000) — prestigiosa<br />
edizione con testo originale a fianco,<br />
traduzione e commento di Luigi Reitani<br />
e uno scritto di Andrea Zanzotto — ci è<br />
parso di rivivere lo stupore del lettore<br />
tedesco allorché si è trovato di fronte ai<br />
sei volumi dei Sämtliche Werke (Berlino,<br />
1913-1923), curati da Norbert von<br />
Hellingrath.<br />
Erano trascorsi ottant'anni dalla morte<br />
di Hölderlin, allorché il filologo classico<br />
Hellingrath, pubblicandone per la<br />
prima volta in volume le poesie, ritenute<br />
in passato frutto di una povera mente<br />
malata e prive di qualsiasi valore letterario,<br />
ne aveva esaltato lo straordinario<br />
spessore, giungendo alla conclusione<br />
che dopo Goethe, il più grande poeta lirico<br />
tedesco è proprio lui, Johann Christian<br />
Friederich Hölderlin, nato a Lauffen<br />
sul Neckar il 20 marzo 1770.<br />
Più che giustificato il quasi secolare<br />
silenzio della critica attorno al poeta, le<br />
cui liriche, presenti in almanacchi e riviste<br />
o addirittura rimaste manoscritte,<br />
non erano mai state raccolte in volume.<br />
Indubbiamente l'esser vissuto per un<br />
quarantennio nel buio della demenza,<br />
dopo solo quindici anni di lucida attività<br />
lirica, ha contribuito non poco all'oblio<br />
nei suoi confronti.<br />
Gli studi<br />
nel Collegio teologico<br />
Discendente per ramo paterno e materno<br />
da famiglie di pastori protestanti,<br />
orfano di padre in tenerissima età, viene<br />
avviato contro sua voglia alla missione<br />
di pastore. Ma la sua vera vocazione è<br />
la poesia, vocazione che si palesa prepotente<br />
tra l'autunno dell''88 e la fine del<br />
'93, mentre si trova nello «Stift», il famosissimo<br />
Collegio Teologico di Tubinga.<br />
È qui che Hölderlin nel 1790 consegue<br />
il titolo di «Magister Philosophiae» e<br />
nel 1793, dinanzi al Concistoro reale di<br />
Stoccarda, supera le prove che dovrebbero<br />
abilitarlo all'ufficio di pastore, anche<br />
se in cuor suo ha deciso che pastore<br />
non sarà mai. Spirito profondamente religioso,<br />
non riesce tuttavia ad accettare<br />
il dogmatismo ufficiale, preferendo abbracciare<br />
la Poesia che per lui è impegno<br />
religioso ed etico, strumento di autoperfezionamento<br />
e di redenzione morale<br />
del genere umano.<br />
Poeta commosso e ispirato dagli ideali,<br />
si renderà ben presto conto di quanto<br />
gli costerà una tale illusione. Già nel<br />
momento in cui restituisce, con le lettere<br />
e l'anello, la libertà alla fidanzata Luise<br />
Nast, Hölderlin acquisisce la certezza<br />
che non potrà legare a sé alcuna donna<br />
come sua sposa, perché non si sente in<br />
diritto di nuocere ad altri con la propria<br />
infelicità di poeta.<br />
Lasciato nel 1793 lo «Stift», al ventitreenne<br />
pastore mancato resteranno soltanto<br />
dieci anni da dedicare alla poesia,<br />
mentre la sua vita si mortifica nell'avvilente<br />
ufficio di precettore che va peregrinando<br />
di città in città, in Germania,<br />
Svizzera e Francia.<br />
Non è che la Poesia non lo gratifichi<br />
— indimenticabili gli Inni agli Ideali dell'umanità<br />
—, ma la fragilità della sua<br />
mente non riesce a reagire adeguatamente<br />
alla forza dell'amaro destino che<br />
lo fa precipitare nella più cupa depressione<br />
fino all'irreversibile follia. «Perpetuo<br />
alternarsi di alte e basse maree», definisce<br />
Hölderlin la propria esistenza,<br />
nella quale sono fin troppo presenti le<br />
ferite della tragedia, rese ancora più laceranti<br />
dai tentativi di approccio ai suoi<br />
idolatrati maestri, Schiller, Herder, Goethe,<br />
dai quali si sente rifiutato.<br />
Le porte alle quali bussa, per ottenere<br />
un posto di lavoro, melanconicamente si<br />
chiudono, fino a quando, nel gennaio<br />
del 1796, non arriva a Francoforte, in<br />
qualità di precettore, nella casa del banchiere<br />
Gontard dove rimane folgorato<br />
dalla bellezza della ventiseenne Suzette<br />
Borkenstein, moglie del banchiere. «Io<br />
vivo senza la minima pena. E così vivono<br />
soltanto i Numi beati», egli scrive,<br />
non prevedendo di certo che anche questo<br />
stato di esaltazione è destinato a cessare,<br />
malgrado annoti, citando il suo<br />
Hyperion: «Ci rimane da per tutto una<br />
sola gioia. Ed è questa: che il vero dolore<br />
ha in sé una grande energia ricreatrice.<br />
Chi cammina nella propria sofferenza,<br />
insorge più in alto. Ed è magnifico<br />
che solo nel dolore ci sia consentito di<br />
pienamente sentire la libertà dell'anima<br />
nostra».<br />
La più che motivata gelosia del banchiere<br />
costringono il giovane precettore,<br />
pur sempre innamorato, a fuggire da casa<br />
Gontard, fuga che segna l'avvio di<br />
una nuova tappa nella sua vita, il cui<br />
teatro, dall'autunno del '98 alla primavera<br />
dell''800, sarà Homburg von der Höbe,<br />
graziosa cittadina non molto lontana<br />
da Fancoforte dove risiede Suzette che<br />
di nascosto continua a scrivergli. È qui<br />
che Hölderlin porta a termine il romanzo<br />
lirico Hyperion e abbozza la prima<br />
stesura del poema tragico Empedokles<br />
che, con altri componimenti, attirano<br />
l'attenzione di A.W. Schlegel che vede<br />
in lui una nuova promessa per la poesia<br />
in Germania. Sempre qui Hölderlin consolida<br />
la sua vocazione poetica che considera<br />
come un destino imposto a pochi<br />
privilegiati da Dio per renderli strumenti<br />
di un'immancabile rinascita dell'umanità.<br />
Questo il messaggio de L'Arcipelago,<br />
acme dell'ellenismo di Hölderlin, espres-<br />
Gerrit von Honthorst - «Adorazione del Bambino»<br />
(Firenze, Galleria degli Uffizi);<br />
sotto: Edvard Münch - «Golgota», particolare (Oslo, Museo Münch);<br />
a destra: Matthias Grünewald - «Risurrezione» (Pala di Isenheim)<br />
sione di una titanica lotta per la liberazione<br />
dell'io dalla prigione della quotidianità.<br />
Nel gennaio del 1801 il poeta s'incammina<br />
verso Hauptwyl in Svizzera dove<br />
l'attende un nuovo brevissimo incarico<br />
di precettore. Passerà quindi a Bordeaux<br />
e poi a Nürtingen dove va a trovarlo<br />
l'amico Isaak Sinclair che, alla fine<br />
dell''80 lo riaccompagna a Homburg vor<br />
der Höbe. Qui le manifestazioni della<br />
sua demenza si esasperano, tanto che<br />
Sinclair nel settembre 1806 si vede costretto<br />
a condurlo a Tubinga nella clinica<br />
de dottor Autenrieth dove il 7 giugno<br />
1843 il cuore del poeta cessa di battere<br />
per sempre.<br />
L'universo poetico<br />
di Hölderlin<br />
Difficile definire il mondo poetico di<br />
Hölderlin, anche per quel senso d'impalpabilità<br />
che lo caratterizza. Lirica «metafisica»<br />
è comunemente definita la sua<br />
poesia forse per quel presentarsi come<br />
luce baluginante, o come vibrazione di<br />
un canto nostalgico ed elegiaco, o evocazione<br />
mitica e visionaria tipica della<br />
profezia religiosa. Esemplari in tal senso<br />
gli «Inni della cristologia» — secondo la<br />
definizione di Wilhelm Böhm — una<br />
sorta di trilogia di cui fanno parte la<br />
composizione «Senza titolo» che inizia<br />
con la parola «Conciliatore», «L'Unico» e<br />
«Patmos».<br />
Occasione per il primo Inno è la pace<br />
di Luneville del 1801 tra la Francia e<br />
l'Austria, in cui il poeta vede l'inizio di<br />
una nuova età dell'oro sulla terra dove il<br />
Divino, assente dopo la crocifissione di<br />
Cristo, ritorna dal suo celeste esilio. Anche<br />
se il Cristo, reincarnazione della Pace,<br />
non è nominato esplicitamente, non<br />
può che essere Lui il Conciliatore al<br />
quale il poeta si rivolge. E benché gli<br />
uomini siano ormai privi di senso religioso,<br />
la Divinità scende nuovamente<br />
nel mondo per apportarvi la gioia, e<br />
proprio dinanzi a tale Divinità il poeta si<br />
prostra, malgrado i conflitti della propria<br />
adolescenza, convinto com'è che si<br />
tratti di uno Spirito eterno e infinito che<br />
sa dove e come condurre gli uomini.<br />
Hölderlin immagina di organizzare<br />
un'agape sacra con gli amici per invocare<br />
l'illuminazione dello Spirito e la discesa<br />
di Cristo sugli uomini: «Per questo,<br />
Divino, sii presente, / e più bello di un<br />
tempo, sii, / Conciliatore, ora riconciliato,<br />
perché a sera / Con gli amici Ti invochiamo,<br />
cantando / Gli eccelsi, e accanto<br />
a te siano altri ancora».<br />
Nell'autunno del 1802 Hölderlin è già<br />
stato colpito dal primo grave accesso di<br />
follia che, tuttavia, non l'ha privato di<br />
sprazzi di luce e di esaltazioni liriche,<br />
come provano gli ultimi due inni della<br />
Cristologia, «L'Unico» e «Patmos». «L'Unico»<br />
nasce come tentativo del poeta di<br />
placare l'inquietudine derivatagli dal fatto<br />
di aver definito Cristo fratello dei Numi<br />
ellenici. Perché mai, si domanda, è<br />
così attratto dai miti della Grecia, tanto<br />
da aver la sensazione di esservi stato<br />
venduto schiavo e di trovarsi in una sorta<br />
di prigione dominata dagli Dei di<br />
quella terra? Eppure egli sa che il Divino<br />
è Uno, anche se nel corso della storia<br />
il supremo Iddio, secondo il politeismo<br />
greco, ha generato innumerevoli<br />
Divinità.<br />
L'esigenza dell'Unico è alla base dell'instancabile<br />
ricerca del poeta mentre<br />
continua a domandarsi perché mai il<br />
Maestro e Signore rimanga nascosto. Infine<br />
la scoperta: «Ma lo so, è mia / la<br />
colpa, giacché troppo, / Cristo! a te sono<br />
avvinto». Per la prima volta la figura<br />
di Cristo si staglia nei precisi contorni e<br />
il suo Nome viene esplicitamente pronunciato<br />
dal poeta che gli dichiara il<br />
suo amore preferenziale.<br />
Ne saranno gelosi gli altri Numi? Difficile<br />
cogliere l'esatta risposta, perché la<br />
sesta strofa, che dovrebbe risolvere il<br />
problema, ci è giunta mutila, anche se è<br />
possibile formulare una congettura, in<br />
base alla quale Hölderlin dichiara l'assoluta<br />
superiorità di Cristo. Egli infatti è<br />
interamente divino, in quanto nato da<br />
Dio e da una Donna anch'essa «divina»,<br />
avendolo concepito non secondo le regole<br />
umane, a differenza degli altri Dei,<br />
nati da Dio e da donne mortali. Ciò che<br />
conta per Hölderlin, soprattutto, è il fatto<br />
che Dio ha operato la redenzione per<br />
mezzo di Cristo che ha fatto sue le sofferenze<br />
terrene, prima di salire definitivamente<br />
in cielo.<br />
Il terzo Inno cristologico, «Patmos»,<br />
più volte rielaborato dal poeta, ha per<br />
tema la mitica conciliazione fra paganesimo<br />
e cristianesimo, una sorta di sintesi<br />
filosofica dei due mondi antitetici: per<br />
questo viene considerato quale profondo<br />
testamento poetico e religioso di Hölderlin.<br />
Il titolo è mutato dal fatto che Patmos<br />
è il luogo dove l'Apostolo s. Giovanni<br />
ebbe le sue visioni, una delle isole<br />
dell'Arcipelago greco intimamente connesso<br />
con l'epoca del massimo splendore<br />
della civiltà e della religione elleniche.<br />
Come l'Apostolo Giovanni, anche Hölderlin<br />
s'immagina in uno stato di rapimento<br />
nell'Isola e dalla contemplazione<br />
del passato si vede proiettato verso il futuro<br />
religioso dell'umanità.<br />
Il rapimento dell'estasi offre al poeta<br />
la possibilità di scoprire che Dio è assolutamente<br />
vicino, anche se è quanto mai<br />
difficile stringerlo al proprio cuore. Ma<br />
l'intervento divino, sinceramente invocato,<br />
aiuta il poeta in preghiera a scoprire,<br />
attraverso la visione dell'Asia Minore, la<br />
millenaria tradizione delle grandi esperienze<br />
religiose e, con la suggestione di<br />
Patmos, riandare al ricordo dell'Apocalisse<br />
di Giovanni ed entrare con lui nella<br />
grotta delle misteriose visioni, per godere<br />
della vicinanza di Cristo, intimo amico<br />
dell'Evangelista e Veggente.<br />
Il Discepolo prediletto è quindi visto<br />
mentre nell'Ultima Cena fissa il Divino<br />
Maestro che annuncia la propria morte,<br />
interpretandola come sua estrema donazione<br />
d'amore agli uomini. Sarà l'amore,<br />
proclama Cristo, a vincere l'odio degli<br />
uomini sulla terra, e tutto, persino il<br />
male, sarà trasformato in bene, perché,<br />
secondo gl'imperscrutabili disegni di<br />
Dio, pure il male ha la sua ragione d'essere.<br />
Nelle strofe successive Hölderlin passa<br />
a considerare l'atteggiamento degli Apostoli,<br />
tristi e sgomenti, dopo la morte di<br />
Gesù, consapevoli peraltro di doversi recare<br />
in tutto il mondo ad annunciare il<br />
Vangelo di Cristo. Impauriti come sono,<br />
non sanno decidersi, ad abbandonare la<br />
patria, fino a quando lo Spirito Santo,<br />
nel giorno della Pentecoste, infonderà<br />
loro il necessario coraggio.<br />
Attraverso lo Spirito Santo Cristo imprime<br />
al Cristianesimo l'autentico significato<br />
di religione della Notte che suscita<br />
dagli abissi interiori delle anime le potenze<br />
e i valori dello spirito. E così la<br />
Notte cristiana, piena com'è del Divino<br />
portato nel mondo dal Figlio di Dio, è<br />
pronta a effondere dappertutto l'amore<br />
e la vita dello Spirito. Grazie anche agli<br />
Apostoli e alla loro missione volta a predicare<br />
la parola di Cristo e a impedire<br />
che il male dilaghi per il mondo.<br />
Per Hölderlin la Notte cristiana si è<br />
gradualmente corrotta e Cristo, morto<br />
sul Calvario fisicamente, è spirato anche<br />
nelle anime di quanti sono diventati ciechi<br />
e sordi alla luce e alla voce di Dio.<br />
Perché mai? Nel corso dei secoli si sono<br />
sempre alternate epoche in cui, come<br />
insegna la parabola del Seminatore, la<br />
Parola divina fruttifica ed epoche in cui<br />
cade nel vuoto. Per questo i Poeti —<br />
Hölderlin in primo piano — sono invitati<br />
a dare il proprio contributo per farla<br />
fruttificare e preparare la nuova epifania<br />
del Divino sulla terra, anche se l'opera<br />
del Divino, in divenire continuo, non ha<br />
bisogno degli umani soccorsi per procedere<br />
verso l'alba del nuovo Giorno glorioso<br />
e verso la liberazione dell'umanità<br />
redenta dalle tenebre notturne.<br />
A questo punto la voce del poeta s'impone<br />
il silenzio perché i tempi non sono<br />
maturi per scoprire la religione novella.<br />
Occorre attendere la Grazia che aiuti a<br />
comprendere le Sacre Scritture, da leggere<br />
e meditare senza stancarsi mai.<br />
La liturgia come guida<br />
da Betlemme al Santo Sepolcro<br />
Il cammino liturgico prepara alla festa dl Natale.<br />
Sono, in genere, i testi di Isaia che fanno da<br />
sfondo su cui poi s'innestano i testi del Nuovo<br />
Testamento, i Vangeli e le lettere di san Paolo.<br />
Domenico Pezzini opta per un percorso parallelo,<br />
non alternativo da eliminare i testi biblici. Egli<br />
scrive non per le celebrazioni ma per preparare<br />
alle celebrazioni. Le sue riflessioni sono acute e<br />
Domenico Pezzini<br />
Nel<br />
frattempo<br />
Àncora<br />
quasi «provocatorie». Non dà tutto per scontato. Anche il credente del Terzo<br />
Millennio deve «meritare» di incontrarsi con Cristo. È vero che Dio schiude<br />
a tutti la sua via ma ad ognuno chiede collaborazione. L'Avvento, in questa<br />
ottica, diventa così, meditazione sul presente, sull'attuale contesto culturale,<br />
sociale, civile, religioso. L'eclissi dei valori sembra avere sospinto tanti credenti<br />
verso altri lidi, altri approdi: quelli del consumismo. Ma il «grido» di<br />
Dio è possente, supera ogni «vallo» d'incomunicabilità, abbatte ogni ostacolo.<br />
È l'amore che si fa «carne», si fa uno di noi. Nasce a Betlemme e si<br />
espone all'adorazione, alla identificazione nelle sembianze di un infante. Il<br />
processo da compiere è quello dei pastori, dei magi. Ma — avverte Pezzini<br />
— non sostare per sempre davanti al presepe, a quell'immagine di estrema<br />
povertà e di somma tenerezza. La stalla di Betlemme assomiglia al sepolcro<br />
del Calvario. È la logica dell'Incarnazione, è l'epilogo della vita di Gesù<br />
che da Betlemme si snoda fino al Golgota, dalla culla alla tomba vuota e<br />
all'effusione dello Spirito Santo. Su questo sviluppo logico Pezzini insiste<br />
perché sia conservato al Natale il vero volto cristiano. In questo quadro è<br />
compresa l'Epifania, la manifestazione di Gesù ai popoli al di fuori<br />
dell'Alleanza. Tutte tappe che Pezzini collega ai grandi eventi/misteri di<br />
Cristo che credenti e non credenti sono chiamati a riscoprire nell'amore e<br />
nella libertà. (gino concetti)<br />
Domenico Pezzini, Nel frattempo. Incursioni nell'anno liturgico: Avvento-<br />
Natale-Tempo ordinario, Milano, Àncora, 2001, pp. 107, L. 18.000<br />
AA. VV.<br />
Notti<br />
di dicembre<br />
Sellerio<br />
«Strenne d'autore»<br />
nella seconda metà dell'800<br />
Lunari e almanacchi s'impongono nell'Ottocento<br />
come veicoli di una cultura che in una prima fase<br />
è piuttosto rozza e popolare — si rivolgono a<br />
contadini, artigiani e operai — per poi affinarsi<br />
via via sino a configurarsi come una palestra «di<br />
affetti e di idee sode ed elevate», come li definì il<br />
critico lombardo Carlo Tenca. Nella seconda metà<br />
del secolo compaiono le «strenne», modellate<br />
sulle «étrennese» francesi e ancor più su pubblicazioni affini diffuse Oltremanica.<br />
Al salto di qualità contribuiscono collaboratori illustri, prestigiose<br />
firme letterarie, e la diffusione è notevole. Basti pensare che dal 1832 all'alba<br />
del Novecento si contano ben 591 «strenne» (con i lunari e gli almanacchi<br />
dei quali sono figlie) nella sola Milano. La «letteratura natalizia» entra<br />
così nelle case della giovanissima borghesia italiana riflettendone ideali,<br />
gusti e tendenze; e nella sua privilegiata destinazione familiare, dalla pubblicistica<br />
si converte sempre più spesso in libri di novelle o addirittura in<br />
complesse costruzioni romanzesche. Genere, si direbbe oggi, «di consumo»,<br />
ma con la voglia di sottrarsi alla banalità e di valorizzare i talenti che<br />
vi collaborano. I temi vanno dall'evento doloroso che trova catarsi nel Natale<br />
al riscatto da azioni poco nobili, dall'evento misterioso alle pulsioni<br />
dell'inconscio, dal perdono al ravvedimento, dal cambiamento di vite dissolute<br />
al risarcimento di ingiustizie patite dai più deboli. È questo l'ambito di<br />
prose scritte dalla seconda metà alla fine del XIX secolo per le festività natalizie,<br />
ora raccolte in un'agile antologia. Si tratta di racconti generalmente<br />
poco noti al pubblico dei lettori odierni, ancorché usciti dalla penna di autori<br />
come De Amicis, De Marchi, Deledda, Di Giacomo, Fogazzaro, Pascoli,<br />
Pirandello e di altri meno consacrati ma molto seguiti e amati dai loro contemporanei,<br />
come Angeli, Bazzero, Contessa Lara, Fleres, Ghislanzoni,<br />
Marchesa Colombi, Molineri, Tarchetti. (massimo carrara)<br />
AA.VV., Notti di dicembre, Palermo, Sellerio, 2001, pp. 334, L. 22.000<br />
Racconti sulla Speranza<br />
incarnata fra gli uomini<br />
La presente raccolta si apre con un passo dei<br />
Vangeli apocrifi dell'infanzia e si chiude idealmente,<br />
venticinque racconti dopo, con il medesimo<br />
argomento del prologo: la Natività del Signore.<br />
Tale racconto, epilogo ideale aperto sulla modernità,<br />
è opera dello scrittore polacco Dobraczynski<br />
e pur riferendosi ad un evento risalente a<br />
duemila anni addietro ci proietta nell'oggi sospin-<br />
AA. VV.<br />
Ti racconto<br />
il Natale<br />
Paoline<br />
gendoci a superare o comunque a sfidare i muri di scetticismo e d'indifferenza<br />
che l'uomo ha finito per edificare depauperando le sue più preziose<br />
risorse. Gli altri testi si pongono come pietre miliari di uno stesso cammino<br />
anche se, come osserva Giuseppe Gamberini il curatore dell'antologia, il<br />
messaggio non è univoco. L'incontro col Natale vissuto come festa incantata<br />
o come giorno speciale che ragioni molto sacre — e, secondo taluni, anche<br />
molto profane — hanno posto in risalto proprio all'inizio dell'inverno,<br />
quando il gelo sembra paralizzare ogni vita, svela gradualmente la sua natura<br />
più autentica: la Speranza si è incarnata tra gli uomini. Ogni tenero<br />
bambino che nasce, ogni nuova fragile vita che sboccia, dal momento che il<br />
Salvatore stesso si è fatto piccolo e fragile, rappresenta una promessa di<br />
futuro. Perfino l'ingiustizia, la morte dell'innocente, la durezza dei cuori e la<br />
proterva indifferenza dei ricchi, non riescono ad incrinare la speranza.<br />
L'Europa cristiana attraverso i suoi autori irradia la sua luce sul mondo nonostante<br />
la diversità dei linguaggi e l'intensità degli accenti: narratori come<br />
Dickens, Dostoevskij o Tolstoj, Andersen e i Fratelli Grimm, Chechov, D'Annunzio<br />
e Pirandello, Tommaso da Celano e Padre David Turoldo, Papini,<br />
Panzini, e Santucci, Wilde e Diego Valeri, Calvino e Buzzati, Selma Lagerlöf<br />
e Mistral... Sul Natale, a dire il vero, ci saremmo aspettati anche qualche<br />
altro nome tipo Ljeskov, Claudel, Wiechert, o Eliot, ma già la miscela proposta<br />
ci sembra riuscita. (raffaele alessandrini)<br />
AA. VV., Ti racconto il Natale, a cura di Giuseppe Gamberini, Milano, Paoline,<br />
2000, pp. 352, L. 44.000<br />
Cesare<br />
Biagini Selvaggi<br />
I segreti<br />
del presepio<br />
Piemme<br />
Il presepe: un intreccio<br />
di significanti e di significati<br />
I presepi oramai son già belli e pronti, o in via di<br />
completamento, nelle case dei credenti che amano<br />
ripetere ogni anno questa bella tradizione,<br />
l'«inaugurazione» ufficiale, si sa, verrà con la<br />
mezzanotte del 24 dicembre, quando il Bambinello<br />
potrà fare il suo ingresso, umile e regale allo<br />
stesso tempo, nella grotta «riscaldata» dal bue e<br />
dall'asinello. Di fronte a questo che è uno straor-<br />
dinario invito alla preghiera, pagina plastica di un catechismo immediato e<br />
comprensibile a tutti, ci si può anche porre con la curiosità intellettuale di<br />
chi indaga sulle origini e gli sviluppi storici di tale usanza, sui significati,<br />
spesso sconosciuti nelle loro più profonde implicazioni, dei personaggi che<br />
compaiono sulla scenario della Natività. Utile in questo senso il lavoro di<br />
Cesare Biagini Selvaggi, studioso di iconografia sacra e di arte popolare, il<br />
quale, con l'appoggio di fonti storiche e letterarie, propone al lettore aspetti<br />
noti e meno noti delle rappresentazioni plastiche della scena della Natività.<br />
Mitologie, simbolismi, ascendenze pagane, credenze popolari: un intricato<br />
«universo» (a volte scandagliato indulgendo un po' troppo seguendo la moda<br />
del «misterico») di significanti e di significati che vale la pena di attraversare.<br />
In questo modo i tanti protagonisti della scena, quelli umani — dagli<br />
angeli ai pastori, dalla lavandaia ai re magi, dall'oste alla zingara — e<br />
quelli «ambientali» — dalla grotta al castello, dalla fontana al forno, dal fiume<br />
al pozzo — , assumono ai nostri occhi una luce diversa e ci aiutano<br />
maggiormente a comprendere come il presepe possa essere «letto» come<br />
una vera e propria rappresentazione del mondo — del quale noi stessi in<br />
prima persona siamo protagonisti — che è visitato dall'Evento, oggi come<br />
duemila anni fa. (maurizio fontana)<br />
Cesare Biagini Selvaggi, I segreti del presepio, Casale Monferrato, Piemme,<br />
2001, pp. 218, L. 28.000