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PAGINA<br />
4 .<br />
<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Mercoledì 19 Dicembre 2001<br />
Le Lettere pastorali<br />
dei Vescovi italiani<br />
MONSIGNOR FRANCESCO NOLÈ, VESCOVO DI TURSI-LAGONEGRO<br />
Chiamati a contemplare il volto<br />
tenero e dolce del Dio Bambino<br />
GIANFRANCO GRIECO<br />
Ad un anno dall'ordinazione episcopale<br />
(10 dicembre 2000) e a dieci mesi dall'ingresso<br />
nella diocesi lucana, Mons.<br />
Francesco Nolè, Vescovo di Tursi-Lagonegro,<br />
insieme con i suoi sacerdoti ed i<br />
suoi fedeli si accinge a fare un primo bilancio<br />
del cammino percorso in questo<br />
anno. Prima la Lettera pastorale per la<br />
Quaresima, ora quella di Avvento. Stile<br />
semplice, incisivo, convincente, metodo<br />
che tocca il cuore, l'anima.<br />
«Con l’Avvento — scrive il Presule lucano<br />
in questa seconda Lettera ai fedeli<br />
della sua Chiesa — entriamo nel nuovo<br />
Anno Liturgico e nel tempo dell’attesa.<br />
Infatti, mentre proclamiamo ogni giorno<br />
la nostra fede nel Cristo risorto, siamo<br />
in attesa del completo e definitivo svelarsi<br />
del volto di Dio, che non si esaurisce<br />
nella esperienza quotidiana». Si richiama<br />
a quanto avviene sotto i nostri<br />
occhi il Vescovo Nolè per ricordare come<br />
«mentre la natura in questo periodo<br />
scivola lentamente nel sonno, la liturgia<br />
con san Paolo ci scuote :“È ormai tempo<br />
di svegliarvi, perché la nostra salvezza<br />
è più vicina ora di quando diventammo<br />
credenti... Gettiamo via perciò le<br />
opere delle tenebre e indossiamo le armi<br />
della luce. Comportiamoci onestamente,<br />
come in pieno giorno: non in mezzo a<br />
gozzoviglie e ubriachezze, non fra impurità<br />
e licenze, non in contese e gelosie.<br />
Rivestitevi invece del Signore Gesù e<br />
non seguite la carne nei suoi desideri”».<br />
(Rom 13, 11.14)<br />
Vegliate, state attenti<br />
Continua il Vescovo Nolè: «Sentiremo<br />
risuonare spesso in questo tempo le parole<br />
austere: “Vigilate, state attenti, vegliate!”.<br />
Gesù per far comprendere bene<br />
il senso della vigilanza e della veglia,<br />
nella prima domenica di Avvento ci racconta<br />
una piccola parabola: “Vegliate<br />
dunque, perché non sapete in quale<br />
giorno il Signore vostro verrà. Questo<br />
considerate: se il padrone di casa sapesse<br />
in quale ora della notte viene il ladro,<br />
veglierebbe e non si lascerebbe scassinare<br />
la casa. Perciò anche voi state pronti,<br />
perché nell’ora che non immaginate, il<br />
Figlio dell’uomo verrà». (Mt 24, 42-44)<br />
Nessuno — precisa Mons. Nolè — «sa<br />
quando il padrone verrà, perciò bisogna<br />
sempre essere pronti, preparati, svegli !<br />
L’attesa e la venuta del Signore per noi<br />
cristiani non sono solo un rito che si ripete<br />
annualmente, per la gioia dei bambini<br />
o il bisogno dell’uomo di non essere<br />
schiavo delle preoccupazioni e delle<br />
paure quotidiane, ma un vegliare nell’attesa<br />
reale del Signore che viene ogni<br />
giorno a diradare le tenebre del dubbio,<br />
a dare serenità e speranza nei momenti<br />
bui e dolorosi della vita, a ristabilire i<br />
valori e l’equilibrio perduti a causa della<br />
cattiveria e della malizia, a ridare fiducia<br />
e pace ai cuori affranti dal dolore e<br />
dalla prova, a lenire le ferite del male<br />
quotidiano».<br />
«Come e cosa fare per tenerci svegli e<br />
svegliare i fratelli?» — si chiede il Vescovo<br />
Nolè —. A tutti noi dare riposte concrete<br />
e credibili, partendo dal messaggio<br />
della grotta di Betlemme.<br />
La risposta a Betlemme<br />
Nella santa grotta di Betlemme —<br />
scrive il Vescovo di Tursi-Lagonegro —<br />
«purificata da ogni sentimentalismo e<br />
inutile poesia, troveremo il senso, l’orientamento<br />
e la risposta ai perché della<br />
nostra vita personale e familiare. Troveremo<br />
Maria: donna giovane e sapiente,<br />
vergine e madre, umile e forte, laboriosa<br />
e semplice, obbediente e fedele, che<br />
ci insegnerà a vivere da figli e da salvati.<br />
Sarà Lei, nostra Regina e Madre, a farci<br />
comprendere e a custodire il bene prezioso<br />
della vita, della famiglia, della maternità,<br />
della bellezza e della dolcezza<br />
femminili che arricchiscono gli uomini e<br />
il mondo... Pregheremo per tutte le donne<br />
delle nostre case, perché vivano anch’esse<br />
la maternità come dono, la giovinezza<br />
come gioia e riconoscenza, la<br />
femminilità come segreto e chiave per<br />
aprire i cuori al Bambino che solo può<br />
riempirli di tenerezza, di stupore e di<br />
amore vero e compiuto».<br />
Tocca, nella Lettera, esperienze concrete<br />
e vissute il Vescovo Nolè: «Ho ancora<br />
negli occhi il grande spettacolo di<br />
fede e di amore, di gioia e di fratellanza<br />
vissuto ad Anglona l’8 settembre 2001<br />
primo centenario dell’Incoronazione di<br />
Maria a Regina della Diocesi! — scrive<br />
—.<br />
Migliaia di persone in festa per onorare<br />
la Mamma e sentirsi figli amati e custoditi<br />
dal suo dolce sguardo materno.<br />
Spettacolo di fede, che si ripete dovunque<br />
la devozione popolare e la Chiesa<br />
hanno segnato il cammino cristiano con<br />
una statua, una immagine o un santuario<br />
mariano. Questa fede semplice e vera<br />
— auspica il Vescovo Nolè — dobbiamo<br />
vivere, custodire e tramandare ai<br />
giovani, anch’essi alla ricerca di autenticità<br />
e di semplicità, di coerenza e di verità».<br />
A Betlemme, accanto al Presepe —<br />
continua — «troveremo Giuseppe, uomo<br />
giusto e obbediente, forte e premuroso,<br />
custode di valori e tradizioni che i Pro-<br />
feti avevano annunciato e che egli accoglie<br />
e vive in umiltà e obbedienza al disegno<br />
salvifico di Dio. Quale esempio di<br />
fede umile e forte — sottolinea — ci<br />
mostra quest’uomo che da Dio è chiamato<br />
ad annullarsi nel nascondimento e<br />
nel silenzio per far posto a Lui che si fa<br />
uomo e chiede la collaborazione umana<br />
attraverso la sua persona e il suo servizio!».<br />
Quanta forza e quanto coraggio possono<br />
attingere da san Giuseppe «i nostri<br />
papà, per imparare ad essere padri premurosi<br />
e presenti nella vita dei figli e<br />
nella famiglia, come custodi e testimoni<br />
di valori perenni che permettono ai figli<br />
di guardare al futuro con coraggio ed<br />
ottimismo».<br />
Quanta responsabilità invece — continua<br />
il Vescovo lucano — hanno i padri<br />
che, per motivi diversi, «rinunciano ad<br />
educare i figli al senso del bene, della<br />
giustizia, della legalità, del rispetto degli<br />
altri, che non li rendono partecipi dei<br />
sacrifici e della fatica della vita, concedendo<br />
tutto, senza abituarli all’ebbrezza<br />
della conquista e all’entusiasmo del successo<br />
con il sudore e con il lavoro! Preghiamo<br />
san Giuseppe — esorta — perché<br />
aiuti tutti gli uomini ad essere educatori<br />
attenti e responsabili, che insieme<br />
al pane, allo studio, alla salute e al divertimento,<br />
sanno dare nutrimento anche<br />
allo spirito dei loro figli, per renderli<br />
più sensibili ad accogliere il Dio della vita<br />
e della gioia e il dono dei fratelli».<br />
Una proposta concreta:<br />
il Presepe<br />
A questo punto della Lettera il Vescovo<br />
Nolè lancia una proposta e una sfida.<br />
Perché durante l’Avvento — chiede —<br />
«non coinvolgiamo tutta la famiglia nella<br />
preparazione del presepe, come segno<br />
del nostro essere cattolici? Se non fosse<br />
possibile il presepe intero, almeno proviamo<br />
a trovare un posticino per rappresentare<br />
il mistero dell’incarnazione<br />
con Gesù, Maria e Giuseppe. Potrebbe<br />
essere questa — sottolinea — l’occasione<br />
propizia perché la famiglia si senta<br />
impegnata a riflettere, a pregare e a<br />
contemplare l’amore di Dio che si incarna<br />
e sceglie di vivere in mezzo a noi,<br />
per ricondurci all’amore tenero e misericordioso<br />
del Padre manifestato nel Figlio.<br />
Perché — si chiede con forza profetica<br />
il Vescovo Nolè — dobbiamo ammirare<br />
o biasimare la tenacia e l’orgoglio<br />
di manifestazioni e gesti che proclamano<br />
la violenza, l’effimero, l’edonismo,<br />
la volgarità e il disprezzo della vita<br />
e dei valori cristiani e non avere il coraggio<br />
e la gioia di testimoniare la nostra<br />
fede? Forse la preparazione e la<br />
contemplazione del presepe ci riporteranno<br />
alla fede semplice e alla sana tradizione<br />
dei nostri padri, rinnovata nelle<br />
forme e nell’entusiasmo dei mezzi di oggi,<br />
che ci permetterà di vivere anche<br />
questi giorni difficili e incerti, con la<br />
semplicità e la gioia che Maria e Giuseppe<br />
ebbero nell’accogliere e donare al<br />
mondo il Figlio di Dio».<br />
«Proviamoci!» è il pressante invito del<br />
Vescovo. Ricominciamo un cammino<br />
nuovo segnato dalla gioia dell'appartenenza<br />
e dalla volontà di saper giungere<br />
al traguardo. A conclusione della Lettera<br />
il Vescovo esorta tutti ad accogliere<br />
l’invito del Papa, perché il prossimo 14<br />
dicembre «sia un giorno di digiuno, durante<br />
il quale pregare con fervore Dio<br />
perché conceda al mondo una pace stabile,<br />
fondata sulla giustizia, e faccia sì<br />
che si possano trovare adeguata soluzioni<br />
ai molti conflitti che travagliano il<br />
mondo. Ciò di cui ci si priva nel digiuno<br />
potrà essere messo a disposizione dei<br />
poveri, in particolare di chi soffre in<br />
questo momento le conseguenze del terrorismo<br />
e della guerra».<br />
Dai giorni dell’attesa alla gioia di vivere<br />
il Natale accanto a Maria e a Giuseppe,<br />
nella grotta di Betlemme, per «contemplare<br />
il volto tenero e dolce di Dio<br />
Bambino»: è questa la preghiera e l'augurio<br />
di un Vescovo amato dal suo Popolo.<br />
MONSIGNOR FERNANDO CHARRIER, VESCOVO DI ALESSANDRIA<br />
Al servizio della speranza<br />
sulle strade del mondo<br />
La Lettera Pastorale che il Vescovo<br />
Fernando Charrier ha inviato alla Chiesa<br />
che è in Alessandria per il 2001-2002, titola<br />
il primo capitolo «Al servizio della<br />
speranza». «Il nostro passo, all’inizio di<br />
questo nuovo secolo — scrive Mons.<br />
Charrier — deve farsi più spedito nel ripercorrere<br />
le strade del mondo. Le vie<br />
sulle quali ciascuno di noi e ciascuna<br />
delle nostre Chiese cammina sono tante<br />
ma non c’è distanza fra coloro che sono<br />
strettiinsiemedall’unica comunione che,<br />
ogni giorno, si alimenta alla mensa del<br />
Pane eucaristico e della Parola di vita».<br />
Per proseguire il «pellegrinaggio fra le<br />
persecuzioni del mondo e le consolazioni<br />
di Dio», la Chiesa alessandrina trae le<br />
coordinate per «la nuova evangelizzazione»<br />
dagli orientamenti del Concilio Vaticano<br />
II, dalla Lettera Apostolica «Novo<br />
Millennio ineunte», dagli Orientamenti<br />
della CEI per il primo decennio del TerzoMillennioedalXIVSinodoDiocesano.<br />
Partendo da «Cristo Gesù, unico e<br />
universale Salvatore all’inizio e al termine<br />
del cammino che ci proponiamo», il<br />
Vescovo di Alessandria invita i credenti<br />
a risvegliare in sé e negli altri l’amore<br />
del Risorto, «a dare speranza con una<br />
fede forte nell’Unico che tutto promette<br />
e tutto dona» e a far proprio l’invito del<br />
Papa: «Duc in altum!». «Questa parola<br />
risuona oggi per tutti ed invita a fare<br />
memoria grata del passato, a vivere con<br />
passione il presente, ad aprirsi con fiducia<br />
al futuro: Gesù Cristo è lo stesso, ieri,<br />
oggi e sempre».<br />
La Lettera sottolinea la presenza, fra<br />
la gente alessandrina, di un «analfabetismo<br />
religioso», di una mentalità di materialismo<br />
pratico, la mancanza di senso<br />
morale, un relativismo religioso ed etico<br />
uniti ad un certo smarrimento per quanto<br />
concerne la vita religiosa. E le domande<br />
che il Vescovo pone sono conseguenti:<br />
«la comunicazione della fede cristiana<br />
può aver luogo da com’è annunciato<br />
e vissuto il Vangelo dai singoli credenti?<br />
Le Parrocchie sono comunità vive<br />
ed evangelizzanti? Il requisito missionario<br />
è la caratteristica fondamentale<br />
delle parrocchie e delle Aggregazioni lai-<br />
MONSIGNOR BENIGNO LUIGI PAPA, ARCIVESCOVO DI TARANTO<br />
Tempo privilegiato per rendere<br />
più solida la fede in Cristo<br />
Avvento come tempo privilegiato per<br />
rendere più solida la nostra fede in Dio<br />
e più coraggiosa e limpida la comunicazione<br />
del suo Vangelo. Così nel suo<br />
messaggio per l’Avvento alla Chiesa diocesana,<br />
l’Arcivescovo Benigno Papa indica<br />
e definisce il «tempo dell’attesa» che<br />
ci interpella direttamente in rapporto ad<br />
un uso cristiano del tempo, nel presente<br />
e nel futuro. I cristiani sono gli uomini<br />
e le donne dell’attesa, perché destinatari<br />
di una promessa da perseguire con speranza.<br />
Nella sua sollecitazione a riscoprire<br />
l’anno liturgico come primo e fondamentale<br />
itinerario di fede, che è rimarcata<br />
nella «traccia pastorale» dettata alla<br />
comunità, egli sottolinea come tale urgenza<br />
pastorale che si possa incominciare<br />
a vivere e promuovere a partire dall’Avvento,<br />
«tempo forte» dell’anno liturgico<br />
che ci ripropone la contemplazione<br />
del volto di Cristo. «Più volte, i testi della<br />
preghiera, della Sacra Scrittura, dei<br />
canti, nell’Avvento ripetono: «Gesù è<br />
Colui che è venuto, che viene e che verrà».<br />
Non solo è storicamente venuto al<br />
mondo più di duemila anni fa, e le celebrazioni<br />
del Grande Giubileo lo hanno<br />
ricordato con doverosa gratitudine, ma<br />
«Egli verrà nella Gloria alla fine dei tempi,<br />
la cui data è a noi sconosciuta, e nel<br />
frattempo, viene a noi con i doni del<br />
Suo Spirito nella predicazione della Parola,<br />
nella celebrazione dei Sacramenti,<br />
nella esperienza di grazia che ciascuno<br />
di noi può fare nell’intimo della sua coscienza»<br />
(Comunicare il Vangelo in un<br />
mondo che cambia, n. 29)».<br />
Da questo dato oggettivo della nostra<br />
fede in Gesù, Messia e Signore, afferma<br />
Mons. Papa, scaturisce un aspetto della<br />
spiritualità tipica dell’Avvento che noi<br />
siamo chiamati a vivere sempre con una<br />
maggiore consapevolezza, ma sapendo<br />
che l’Avvento diviene poi una condizione<br />
spirituale essenziale che caratterizza<br />
la spiritualità cristiana. «Nell’esprimere<br />
in questi termini una dimensione fondamentale<br />
della vita cristiana, ho in mente<br />
un brano dell’epistola di san Paolo ai<br />
Romani: “la creazione stessa attende<br />
con impazienza la rivelazione dei figli di<br />
Dio... poiché nella speranza siamo stati<br />
salvati. Ora ciò che si spera... lo attendiamo<br />
con perseveranza” (8, 19.24-25).<br />
Attesa, speranza, perseveranza sono tre<br />
parole che declinano in una maniera decisiva<br />
la nostra condizione di cristiani<br />
nellaspecificitàdellanostravita di fede».<br />
Il messaggio di Mons. Papa prosegue<br />
spiegando come, attraverso la fede, la<br />
vita del credente si trasformi in uno<br />
slancio vitale verso Dio che viene incontro<br />
nella nostra vita e ci guida verso un<br />
futuro che è già cominciato; per cui essere<br />
uomini e donne dell’attesa, vuol dire<br />
essere «come Maria di Nazareth,<br />
aperti e disponibili ad accogliere l’Eter-<br />
no che fa irruzione nel tempo, essere vigili<br />
perché non accada che il Signore<br />
bussi alla porta della nostra vita e noi<br />
non ci affrettiamo ad aprirla; vuol dire<br />
ancora nutrire un’immensa fiducia nel<br />
Signore che governa il mondo con sapienza,<br />
saper aspettare che la luce e il<br />
conforto di Dio illuminino situazioni difficili<br />
e a volte drammatiche della nostra<br />
storia personale e comunitaria, essere<br />
profondamente convinti che l’Emmanuele<br />
continua a camminare sulle strade<br />
del mondo come nostro Salvatore».<br />
Ma l’attesa cristiana «non può essere<br />
confusa con un disimpegno deresponsabilizzante<br />
che rifiuta di affrontare i rischi<br />
della vita. Al contrario, vivere in<br />
un’attesa carica di speranza, vuol dire<br />
non arrenderci mai di fronte alle pagine<br />
più buie della storia, avere una marcia<br />
in più nel viaggio della vita, non confondere<br />
le cose penultime con le cose ultime,<br />
le relative con le assolute, le speranze<br />
intramondane sognate e realizzate<br />
dagli uomini con la Speranza che è il<br />
contenuto della Promessa che ci viene<br />
da Dio in una maniera germinale su<br />
questa terra e, in una maniera piena e<br />
definitiva nella Gloria del Suo Regno;<br />
vuol dire, infine, essere abitualmente<br />
critici nei confronti di ideologie umane<br />
che pretendono di essere accolte come<br />
verità assolute e universali».<br />
Il cristiano, inoltre, deve anche saper<br />
trasformare in segno di speranza per<br />
l’umanità la propria fede, essendo segno<br />
visibile e operoso di cambiamento e di<br />
fiducia nella strategia divina: «Noi cristiani<br />
— aggiunge Mons. Papa — non<br />
possiamo arrestare i cambiamenti, ma<br />
con la nostra fede, consapevole, operosa<br />
e perseverante, possiamo orientarli a<br />
servizio dell’uomo vivente che è la Gloria<br />
di Dio. A indurci a una fede perseverante<br />
basta, tra l’altro, la considerazione<br />
che il mondo con le sue luci e con le<br />
sue ombre resta sempre una sinfonia incompiuta<br />
in cui è possibile cogliere quei<br />
gemiti che rimandano al compimento<br />
della redenzione».<br />
Il tempo dell’Avvento, quindi, conclude<br />
l’Arcivescovo di Taranto, è molto più<br />
che una semplice preparazione alla celebrazione<br />
rituale della nascita di Gesù, è<br />
una proposta di spiritualità cristiana da<br />
viverenelcorsodi tutto l’arco della vita.<br />
SILVANO TREVISANI<br />
MONS. MENICHELLI, ARCIVESCOVO DI CHIETI-VASTO<br />
Famiglia e santità di vita<br />
Una lettera indirizzata a sacerdoti<br />
e sposi, «famiglie di famiglie», quella<br />
scritta dall’Arcivescovo di Chieti-Vasto,<br />
Mons. Edoardo Menichelli, per il<br />
nuovo anno pastorale. Un dialogo dai<br />
toni caldi e confidenziali che trae<br />
spunto dal convegno regionale che si<br />
è svolto a Prati di Tivo, organizzato a<br />
settembre dai responsabili della Pastorale<br />
Familiare di Abruzzo e Molise.<br />
«Con la pastorale familiare —<br />
spiega Mons. Menichelli — la comunità<br />
cristiana si fa compagna di viaggio<br />
di sposi e famiglie per aiutarli a<br />
raggiungere la pienezza di una vita<br />
umana e cristiana, che altro poi non<br />
è che la risposta alla vocazione universale<br />
alla santità». La «pastorale<br />
delle meraviglie», la chiama il Presule,<br />
quella cioè del «piccolo quotidiano,<br />
dell’essenziale», che sa rispettare<br />
i silenzi e gli stupori delle donne,<br />
«custodi di nuova vita», sapendo adorare<br />
la consapevolezza di essere persone,<br />
«padri e madri che si fanno dono<br />
reciproco ed insieme per i figli».<br />
Una pastorale che, ha aggiunto l’Arcivescovo,<br />
«sa sperimentare la durezza<br />
e la difficoltà dell’intrecciarsi della<br />
fede con ampie problematiche sociali<br />
e culturali, con le ferite profonde che<br />
spesso affliggono la famiglia». Un’urgenza<br />
a cui la Chiesa è chiamata a<br />
dare risposta, sottolinea Mons. Menichelli<br />
per «confrontarsi con delicato<br />
pudore e amorevole verità con le situazioni<br />
sponsali e familiari dove la<br />
comunione interpersonale e di grazia<br />
si è spezzata». Quello dell’Arcivescovo<br />
è un invito a tutta la comunità<br />
perché sappia confrontarsi con le famiglie<br />
e con i fidanzati. «Cristo, pastore<br />
grande ed amorevole — scrive<br />
fra l'altro l'Arcivescovo — ha compiuto<br />
i passaggi della sua azione di<br />
salvezza: cerca, incontra, conosce,<br />
annuncia, accoglie, offre salvezza».<br />
«Dio non ama gli uomini — aggiunge<br />
Mons. Menichelli — secondo i loro<br />
meriti ma secondo i loro bisogni; più<br />
uno è bisognoso, più l’amore di Dio<br />
in lui si fa insistente ed efficace. Dio<br />
non ama perché gli uomini sono<br />
buoni, ma li ama perché lui è buono».<br />
L’invito per tutti è, allora, quello<br />
di lasciarsi amare da Cristo.<br />
AGNESE PELLEGRINI<br />
cali? I “progetti” e i “piani” pastorali diocesani<br />
degli scorsi anni, tendenti a far<br />
acquisire la mentalità missionaria e a vivere<br />
il “sensus ecclesiae”, sono rimasti<br />
lettera morta? Nel pellegrinaggio dei Sacerdoti<br />
alla Verna si è domandato perdono<br />
delle infedeltà personali e comunitarie;<br />
può, questa, essere una ulteriore<br />
manifestazione di volontà a proseguire<br />
nel cammino intrapreso nel XVI Sinodo<br />
diocesano?».<br />
Per quanto riguarda il cammino della<br />
Chiesa alessandrina, Mons. Charrier sottolinea<br />
che «non è possibile una autentica<br />
nuova evangelizzazione, fortemente<br />
richiesta dalla Chiesa universale e dalla<br />
Chiesa che vive in Italia, se non a cominciare<br />
da quei sacramenti dell’iniziazione<br />
cristiana che, per loro natura, si<br />
inseriscono in un contesto di annuncio e<br />
non possono essere semplici “riti di passaggio”,<br />
consuetudini sociali o abitudini<br />
devozionali. Il momento della nascita è<br />
condizionante per tutta l’esistenza e<br />
questo vale anche per la “nascita al cristianesimo”.<br />
L’attuale situazione pastorale,<br />
che da anni è ovunque oggetto di<br />
giustificate lamentele, è la prova che l’iniziazione<br />
cristiana è difettosa. La proposta<br />
evangelica lascia l’uomo sempre<br />
libero di rifiutare, ma la Chiesa è tenuta<br />
ad annunciare correttamente i contenuti<br />
e le esigenze della fede, senza per questo<br />
venir meno alla misericordia».<br />
Ecco, allora, che l’itinerario di iniziazione<br />
cristiana non può essere considerato<br />
«una faccenda privata» ma deve<br />
esprimere chiaramente la «maternità<br />
della Chiesa»: è la comunità che accoglie,<br />
genera e alimenta la vita cristiana.<br />
Così la Lettera Pastorale sottolinea che<br />
il catechista «è soprattutto un testimone<br />
che “apre” a Dio e non è una persona<br />
isolata ma “inviata” dalla comunità, né<br />
un “insegnante” ma un pedagogo, una<br />
guida, un compagno di viaggio sullo stile<br />
del Viandante; che i ragazzi non sono<br />
soggetti passivi ma persone capaci di<br />
leggere la presenza di Dio nella storia<br />
quotidiana; che la famiglia è il luogo del<br />
primo annuncio per la trasmissione delle<br />
verità della fede; che la comunità cri-<br />
stiana è il segno concreto e visibile della<br />
dimensione ecclesiale della fede; che il<br />
gruppo è l’ambiente umano in cui concretamente<br />
il fanciullo incontra e fa l’esperienza<br />
della Chiesa». E il metodo della<br />
catechesi che il Vescovo propone è<br />
quello in cui si fondono gli elementi che<br />
concorrono all’iniziazione: l’annuncio,<br />
l’ascolto e accoglienza della parola, l’esercizio<br />
della vita cristiana, la celebrazione<br />
liturgica e l’inserimento nella comunità<br />
cristiana.<br />
Nella Lettera di Mons. Charrier è presente,<br />
come in ogni suo intervento, l’esortazione<br />
ad andare avanti con speranza<br />
«abbandonando ogni scetticismo,<br />
ogni titubanza, ogni resistenza, ogni nostalgia<br />
del passato, ogni scoraggiamento:<br />
la nostra scelta pastorale è scelta di<br />
dedicare tutte le nostre forze alla «nuova<br />
evangelizzazione e, dunque, dobbiamo<br />
avere fede nella potenza della Parola<br />
di Diocheoperanelcuoredichi l’ascolta!».<br />
«Quanto più cresce nella società —<br />
conclude il Vescovo di Alessandria — il<br />
relativismo religioso, l’indifferenza, la ricerca<br />
del “miracolismo”, del sensazionale,<br />
dello “spettacolarismo”, tanto più<br />
dobbiamo far crescere, a livello personale<br />
e comunitario, il “senso di Dio, di Cristo<br />
e della Chiesa”. Solo questa solida e<br />
convinta spiritualità ci donerà forza, coraggio<br />
ed entusiasmo per dedicarci al<br />
pesante ma magnifico compito di accompagnare<br />
tutti i nostri fratelli fin “sulla<br />
soglia di Dio”, là dove nel silenzio e<br />
nel mistero della coscienza di ognuno,<br />
potrà realizzarsi l’incontro con lui. Saremo<br />
in grado di percorrere questa ulteriore<br />
tappa del nostro cammino pastorale<br />
se la nostra Chiesa locale sarà sempre<br />
più casa di comunione, dimora ospitale<br />
che va costruita mediante l’educazione<br />
a una spiritualità di comunione portando<br />
i pesi gli uni degli altri. Senza una<br />
rinnovata spiritualità, cioè la vita nuova<br />
nello Spirito, tutte le nostre iniziative e i<br />
nostri propositi sono destinati ad un sicuro<br />
insuccesso».<br />
MARCO CARAMAGNA<br />
MONSIGNOR GIUSEPPE TORTI, VESCOVO DI LUGANO<br />
La vocazione cristiana di fronte<br />
alle sfide del materialismo<br />
È un fatto innegabile che nel cuore<br />
dell'uomo c'è una vocazione comune a<br />
vivere la propria specifica vocazione ricevuta<br />
in dono dal Creatore. Tuttavia,<br />
accade che l'uomo moderno, che più di<br />
tutti sente «il bisogno e la capacità di<br />
venire a contatto con il mistero di Dio»,<br />
come ebbe a dire Paolo VI, fatica «ad<br />
ammettere questo necessario e ineluttabile<br />
mistero, perché ha allargato lo spazio<br />
di studio e d'osservazione alla sua<br />
intelligenza, ha immensamente esteso il<br />
campo della sua esperienza sensibile; ed<br />
è perciò tentato di sentirsi pago di ciò<br />
che già conosce...» (Udienza Generale<br />
del 13 novembre 1968). Ma è pur altrettanto<br />
vero che in una società in cui subdolamente<br />
la vita si fa materia, e la si<br />
identifica con uno stordimento effimero<br />
di non valori, che incitano l'uomo a<br />
convincersi che il vero scopo della vita e<br />
la vera felicità consistono unicamente<br />
nell'avere più che nell'essere, l'uomo è<br />
abbandonato a se stesso. Sono, queste,<br />
le riflessioni con cui Mons. Giuseppe<br />
Torti, Vescovo di Lugano, inizia la sua<br />
Lettera pastorale per l'Avvento 2001, intitolata<br />
Chiamati alla Vita, in risposta<br />
all'appello di Giovanni Paolo II che —<br />
all'inizio del Terzo Millennio cristiano —<br />
ha invitato la Chiesa universale a «prendere<br />
il largo». Mons. Torti presenta le<br />
prospettive e le finalità che rientrano<br />
nella pastorale della sua Chiesa locale.<br />
Per «vivere» in comunione di fede, di<br />
grazia e di doni questo tempo d'Avvento<br />
2001, propone ai suoi diocesani la riflessione<br />
sulla vocazione comune di ogni<br />
uomo, per poi, nell'Avvento 2002, impegnare<br />
la sua Comunità diocesana a riflettere<br />
sulla specificità della vocazione<br />
cristiana, in quanto tale vocazione «deve<br />
essere un modello incarnato perché l'uomo<br />
di realizzi la propria». Di fronte alle<br />
«sfide» della società materialista ed edonistica<br />
«che identifica la vita come una<br />
avventura, un'allucinazione, un'insensatezza»<br />
il cristiano «corre il rischio — afferma<br />
il Vescovo di Lugano — di chiudersi<br />
in un piccolo cerchio» e di lasciare<br />
che il mondo che non vuole ascoltare il<br />
Vangelo di Gesù Cristo vada alla deriva.<br />
Per cui i cristiani debbono ribadire con<br />
forza che «ogni uomo è creato da Dio»,<br />
e che il suo fine ultimo è Colui per mezzo<br />
del Quale «tutte le cose sono state<br />
create... Egli esiste prima di tutti e tutti<br />
hanno in Lui consistenza» (cfr Col 1, 16-<br />
17), e che Dio è Padre indistintamente<br />
«di tutti, è sopra di tutti, agisce per<br />
mezzo di tutti e dimora in tutti» (cfr Ef<br />
4, 6).<br />
Richiamandosi alla Dichiarazione della<br />
Congregazione per la Dottrina della<br />
Fede Dominus Iesus, Mons. Torti ricorda<br />
come per i cristiani il Mistero della<br />
Salvezza è incentrato sull'unicità della<br />
persona di Gesù Cristo che, nella pie-<br />
nezza dei tempi — attraverso il Mistero<br />
dell'Incarnazione, Morte e Risurrezione<br />
— ha portato «a compimento l'opera di<br />
salvezza affidatogli dal Padre» (cfr Gaudium<br />
et spes, n. 5). Al fine poi di «riscoprire»<br />
l'universalità dell'unico «Popolo di<br />
Dio» nella Chiesa e nel mondo per «vivere»<br />
sempre più la propria vocazione di<br />
uomini «cittadini del mondo» e di cristiani<br />
impegnati «depositari dell'annuncio<br />
che Dio nello Spirito del Suo Figlio<br />
chiama tutti alla vita nel tempo e nell'eternità»,<br />
è necessario — dice ancora<br />
Mons. Torti — che le comunità ecclesiali<br />
si aprano alle persone in «situazione»,<br />
là dove è drammaticamente stridente il<br />
contrasto tra ricchezza e povertà, fame<br />
e miseria, là dove regna l'ingiustizia. Ed<br />
è in quest'ottica di promozione umana e<br />
cristiana che la diocesi di Lugano è fraternamente<br />
solidale con la Chiesa che<br />
vive nel Ciad, attraverso un impegno<br />
missionario, un progetto di aiuto immediato<br />
e diretto. E tutto ciò senza, tuttavia,<br />
dimenticare le povertà «vecchie» e<br />
«nuove» locali, l'aiuto e il sostegno morale<br />
e materiale a persone, famiglie, giovani<br />
e anziani che vivono nelle parrocchie<br />
della Diocesi. Da qui nasce un impegno<br />
per la comunità diocesana e parrocchiale<br />
a potenziare tutta una rete di<br />
servizi assistenziali; a portare avanti<br />
un'opera diaconale al servizio della carità.<br />
Tale impegno deve aiutare ad allargare<br />
gli orizzonti sul mondo; ad aprirsi<br />
all'accoglienza di persone che vengono<br />
da Paesi lontani, diversi fra di loro per<br />
etnie, nazionalità, lingue, cultura, religione.<br />
Nel rispetto delle persone e delle<br />
rispettive diversità, ad essi va offerta la<br />
possibilità di «capire la nostra storia, la<br />
nostra cultura» e quei valori «per noi<br />
(occidentali) imprescindibili come la libertà,<br />
la democrazia, il rispetto, la tolleranza,<br />
l'eguale dignità della donna e dell'uomo<br />
che si fondano sul cristianesimo».<br />
Anche questo fa parte della missione<br />
pastorale della Chiesa e dell'impegno<br />
del cristiano che è chiamato ad essere<br />
«luce della terra e sale del mondo» (cfr<br />
Mt 5, 13-14).<br />
Anche l'impegno liturgico deve — afferma<br />
il Vescovo di Lugano — portare a<br />
«vivere una serie di rinnovamento Pentecostale,<br />
di effusione di Spirito Santo,<br />
come avvenivano nella Chiesa primitiva»<br />
(cfr At 4, 31: 10, 44: 19, 6). Lo Spirito è<br />
il grande realizzatore dei tempi messianici.<br />
Nel tempo «forte» dell'Avvento, il Vescovo<br />
di Lugano Mons. Giuseppe Torti<br />
propone alle parrocchie, alle comunità<br />
religiose, ai gruppi ecclesiali, alle famiglie<br />
ed anche ai singoli fedeli della sua<br />
Diocesi il «Piano pastorale» d'Avvento<br />
2001-2003, sul tema della Vocazione nei<br />
prossimi due anni.<br />
MARCO TONACINI-TAMI