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L'OSSERVATORE ROMANO

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ERZA T PAGINA .<br />

PAGINA<br />

3 .<br />

«Americhe infinite»: poesie di Angelo Mundula<br />

Un itinerario<br />

metafisico<br />

FRANCO LANZA<br />

La presentazione di Angelo Mundula<br />

è presto fatta. Nato a Sassari nel 1934,<br />

avvocato e giornalista, (scrive su questa<br />

pagina da oltre quindici anni) autore dai<br />

versatili orizzonti, ha al suo attivo una<br />

decina di volumi in prosa ed in poesia,<br />

il cui ventaglio s'apre a raggiera lungo<br />

tre direzioni.<br />

La prima è la letteratura e l'ethos della<br />

sua Sardegna, la seconda è lo studio<br />

e il florilegio della modernità religiosa,<br />

che ha il suo vertice nelle prose Tra letteratura<br />

e fede del 1998, la terza è l'esplorazione<br />

problematica delle immagini<br />

e dei simboli dell'uomo esistenziale, attraverso<br />

l'esercizio poetico, che si distende<br />

per frontespizi scintillanti o caustici<br />

come Picasso fortemente mi ama,<br />

Il vuoto e il desiderio, Per mare, e infine<br />

La quarta triade in coabitazione ternaria<br />

con Bàrberi Squarotti e Gramigna,<br />

su cui ebbi a scrivere su queste colonne<br />

un articolo di plauso con una piccola riserva.<br />

Con Americhe infinite (ed. Spirali,<br />

Milano 2001, pp. 178, L. 30.000) Mundula<br />

ritorna, senza compagnie vincolanti,<br />

al tema da lui prediletto nel penultimo<br />

volume personale che s'intitolava Per<br />

mare: la terra, cioè il pianeta terrestre,<br />

vi figura come acqua (l'ossimoro, di<br />

contrastiva evidenza, non ha bisogno di<br />

un'ermeneutica bifronte) e dunque il<br />

viaggio per mare vi si pone come condizione<br />

emblematica del pellegrinaggio<br />

umano verso il proprio porto, che può<br />

essere sepolto ma anche astrale, storico,<br />

metafisico, espiatorio e salutare, psichico<br />

ed escatologico. Questo, in sintesi, il<br />

tema nella sua affascinante, vertiginosa<br />

ampiezza.<br />

Nulla di nuovo, si dirà. Ma il mare<br />

geografico è sempre in qualche modo<br />

archetipico, ed il poeta che vi s'immerge<br />

come un'anima equorea sa d'entrare in<br />

una palestra grandiosa in cui si sono cimentati<br />

pensatori e poeti, gli uni reggendo<br />

e spianando a vicenda il percorso degli<br />

altri: Omero, Talete, Eraclito, Democrito,<br />

Plotino, Porfirio, Dante con la navicella<br />

del suo ingegno e Petrarca con la<br />

nave sua colma d'oblio; Shakespeare e<br />

Camões, Defoe e Whitman, Conrad e<br />

Malville, Stevenson e Machado, Ungaretti<br />

e Montale... Per ognuni di questi il<br />

mare è metafora del gran Tutto, del vitale<br />

divenire che si protende e si articola<br />

in contrapposizione alla staticità e sordità<br />

della terra, arida e riottosa come un<br />

greto, una prosciugata petraia.<br />

Tale è la natura del cosiddetto approccio<br />

all'archetipo da parte del poeta<br />

sardo, il cui viaggio di scoperta non<br />

ignora alcuno degli altri ulissidi alla ricerca<br />

dei segreti del cosmo: «Guardo<br />

qui, da questo mare, gli altri: / viaggiano<br />

insieme per diversi viaggi / e ogni<br />

porto è un segnale d'arrivi e di partenze.<br />

/ Tutti vanno non so dove, ma vanno.<br />

/ E nessuno riposa in nessun luogo.<br />

/ Il motto è non fermarsi: partire / per<br />

ritornare, tornare per ripartire, / essere<br />

quielàaunostessotempo./Unpoeta ci<br />

si perde a fissare / una direzione; per<br />

quantostrano,/si ferma chi ha una stella,/unabussolatarata,unnordda/raggiungere.<br />

La mente poi fa il resto...».<br />

Appunto, la mente procede oltre, la<br />

fantasia colma gli spazi e dà loro un<br />

senso: non quello della verità scientifica<br />

come ingenuamente pensavano i nostri<br />

nonni (e come ritiene tuttora qualche disperato<br />

epigono) bensì quello della poesia<br />

che tocca senza saperlo le corde di<br />

strumenti ancora sconosciuti, fissa una<br />

direzione guardando una stella e procede<br />

oltre, verso segreti che vagamente intuisce(e<br />

in questa vaghezza, più musicale<br />

che semantica, consiste in gran parte<br />

ilsuo fascino) ma che non può definire.<br />

L'ispirazione di Mundula si alimenta<br />

assiduamente di questa psicologia dell'attesa.<br />

Come un gabbiere che sale sul<br />

pennone più alto per spostare più in là<br />

l'angolo tra visita e orizzonte (più in là<br />

è la scoperta lirica del Maestrale montaliano),<br />

così il poeta sardo interpreta l'errare<br />

marinaresco come un inestinguibile<br />

sogno di felicità che rinnovi l'uomo e la<br />

storia, proprio come pensavano i pionieri<br />

fondatori del nuovo mondo. Inutile<br />

dire che il miraggio dell'America, anzi<br />

delle infinite Americhe ipotizzabili nell'arco<br />

dell'orizzonte celeste non meno<br />

che in quello terrestre, è vano se rapportato<br />

alla prospettiva precaria della<br />

potenza e della ricchezza.<br />

Il lettore si chiederà se il colophon di<br />

questa stampa nuovissima non sia per<br />

avventura posteriore all'undici settembre<br />

dell'ultima tragica estate: no, è di poco<br />

anteriore. Ma ciò accresce il brivido<br />

profetico che accompagna spesso la vera<br />

poesia. Si legga L'esito: «Navigammo<br />

in cerca d'improbabili rive / di lontane<br />

conquiste / non vedemmo il mare che<br />

saliva / che riempiva le stive. Il porto /<br />

che sognammo da qualche parte / è l'ignoto<br />

cantiere di una / sconquassata<br />

nave».<br />

Il cantiere, luogo semantico della costruzione,<br />

si rovescia nella decostruzione:<br />

proprio come è avvenuto in letteratura,<br />

anticipando il deflagrare del terrorismo.<br />

«La nostra storia?... È un naufragio<br />

/ che affiora da ogni parte».<br />

Ho accennato più sopra a Montale.<br />

Certamente Mundula ha lavorato con la<br />

memoria letteraria sulle tracce di alcune<br />

stupende sequenze degli Ossi, ad esempio<br />

Mediterraneo. C'è anche in lui l'eternità<br />

d'istante, cioè il lampo rivelatore<br />

della minimezza soggettiva a petto dell'immensità<br />

cosmica (ma alla fonte è<br />

forse quell'illuminazione di Onofri: «In<br />

ogni pozza d'acqua / c'è tutto il cielo»;<br />

e alla radice un celebre passo delle Confessioni<br />

agostiniane) e c'è la farfalla ossimoro<br />

di bellezza e di orrore.<br />

Ma la solitudine di Montale, terribilmente<br />

esistenziale di fronte al mare, resta<br />

quella di un «fanciullo invecchiato<br />

che non doveva pensare», e l'invocazione<br />

al mare-padre rimane (per allora)<br />

senza risposta. Al contrario, quella di<br />

Mundula si carica di consapevolezza etica<br />

fatta di molti rimorsi e di poca gloria,<br />

ma non mai rinunciabile.<br />

«Il mare che sfugge alle mie mani / è<br />

quello stesso mare che mi raggiunge<br />

ovunque: / non ho scampo all'immagine<br />

come al vero. / Tutto ci sta addosso, incombente:/ciòche<br />

abbiamo avuto / ciò<br />

che abbiamo perso»: tema tipicamente<br />

penitenziale e cristiano, ribadito più oltre<br />

da Bilancio dove l'aforismo scandisce<br />

l'enunciato coscienziale quasi con<br />

orgoglio: «Niente va perduto / niente<br />

che abbiamo fatto / fosse pur quel battito<br />

di ciglia / o il sommesso abbassarsi<br />

dello sguardo / tutto è / stato / fondamentale<br />

/ nel nostro stato precario».<br />

Rivedendo il testo, mi soffermo su<br />

una poesia dal titolo Un testamento decente<br />

che potrebbe forse correggere<br />

quanto sopra ho scritto sull'anteriorità<br />

di queste Americhe al buio americano<br />

dell'undici settembre: «Troppi morti per<br />

quest'urna di versi / troppi pochi superstiti<br />

/ per uscire indenni da questi luoghi.<br />

/ Est modus in verbis. Troppo e /<br />

troppo poco poco sono le torri / a guardia<br />

delle parole: occorre / una fede di<br />

santi o di eroi / per consegnare ai posteri<br />

/ un testamento decente / i nostri<br />

piccoli fuochi / prima della notte imminente».<br />

Quelle torri sono una metafora,<br />

e quei morti sono di Manhattan o di<br />

qualunque insanguinata regione dell'aiuola<br />

che ci fa tanto feroci?<br />

Basterebbe un'inchiesta, forse, a convincermi<br />

a ritoccare il presente elzeviro<br />

ma preferisco lasciarlo così come l'ho<br />

scritto perché induca, sia pur per ipotesi,<br />

un merito di più ad una poesia che<br />

avverto congeniale: e che mi ha suscitato<br />

moti di consenso e talvolta di entusiasmo,<br />

nonostante il vezzo post-futuristico<br />

o avanguardistico (che da vecchio classicista<br />

non posso condividere) dei capoversi<br />

spezzati sulla congiunzione o addirittura<br />

sull'articolo.<br />

<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Domenica 30 Dicembre 2001<br />

Il patrimonio presepiale della Puglia tra fede, arte e folklore<br />

Umili materiali per un progetto di amore<br />

PIETRO ADDANTE<br />

Un cammino pensieroso e meditativo<br />

sulle strade della fede, che dai monti<br />

garganici, risonanti degli antichi canti<br />

religiosi dei pellegrini, portano alle dolci<br />

pianure salentine, bagnate santamente<br />

dai numerosi martiri Idruntini (Otranto<br />

1480), permette al credente, allo studioso,<br />

al turista che vaga curiosamente alla<br />

ricerca di vecchi siti storici, di venire a<br />

contatto con il patrimonio presepistico<br />

pugliese. È un patrimonio<br />

che non<br />

assume soltanto la<br />

forma sfavillante<br />

dell'arte e del folklore<br />

che può suscitare<br />

curiosità<br />

inerte, godimento<br />

artistico passeggero<br />

e apprezzamento<br />

verso queste<br />

forme di tradizione<br />

popolare. Chi<br />

va al di là della<br />

composizione artistica<br />

e della curiosità<br />

ludica che<br />

emerge da tutti i<br />

componenti della<br />

scena presepiale,<br />

ed entra così nel<br />

mistero della nascita<br />

di Cristo con<br />

silenziosa meditazione<br />

della mente,<br />

del cuore e dell'a-<br />

nima, sente un fascino d'amore che<br />

scende nel profondo, un fascino di pietà<br />

che risveglia vari sentimenti di fede, e<br />

ascolta voci che risuonano di inviti. Inviti<br />

alla pace, alla giustizia, alla serenità<br />

della vita, al gusto della bellezza e delle<br />

piccole cose che sanno di verità, di purezza,<br />

di tenerezza.<br />

Umili artisti, questi pugliesi che hanno<br />

lavorato la pietra e con la pietra, tra<br />

il 1400 e il Seicento, che ancora oggi ci<br />

chiedono di andare al di là della loro<br />

maestria e della loro genialità e creatività,<br />

per vedere in quelle pietre, diventate<br />

arte, un loro cammino di fede e di spiritualità,<br />

un loro progetto d'amore impresso<br />

nella materia, una loro testimonianza<br />

di evangelica purezza «a futura<br />

memoria».<br />

Ed è per questa memoria della loro<br />

fede e del loro amore al mistero natalizio<br />

che voglio ricordare alcuni di loro e,<br />

in loro, tanti artisti rimasti anonimi nel-<br />

Una testimonianza iconografica poco conosciuta<br />

In un medaglione della Basilica di s. Paolo<br />

un'espressiva immagine di Papa Silvestro<br />

DANILO MAZZOLENI<br />

Il calendario dell’ultima settimana di<br />

ogni anno propone, fra le altre, due feste<br />

liturgiche tuttora molto sentite,<br />

quella di santo Stefano Protomartire e<br />

quella di san Silvestro Papa, due personaggi<br />

che furono molto venerati anche<br />

nei primi secoli cristiani.<br />

Papa Silvestro, pontefice fra il 314 e<br />

il 335, contemporaneo dell’imperatore<br />

Costantino, fu sepolto nella piccola basilica<br />

che lui stesso aveva fatto erigere<br />

nel sopratterra della catacomba di Priscilla,<br />

lungo la via Salaria. I pellegrini<br />

che percorrevano questa importante arteria<br />

per rendere omaggio alle cripte<br />

martiriali degli antichi cimiteri cristiani,<br />

uscendo da Roma potevano scorgere<br />

subito, sulla sinistra, quell’edificio di<br />

culto.<br />

Lo attestano gli Itinerari romani,<br />

guide per i devoti composte a partire<br />

dalla prima metà del VII secolo. Così,<br />

la Notitia ecclesiarum urbis Romae recita:<br />

«Poi salendo per la stessa strada,<br />

(giungerai) alla chiesa di san Silvestro;<br />

lì riposa una moltitudine di santi e per<br />

primo san Silvestro, papa e confessore...<br />

». L’indicazione è precisa, salvo<br />

che per la qualifica di «confessore» di<br />

Silvestro, forse attribuitagli a titolo<br />

onorifico, visto che — per quanto se ne<br />

sa — egli non ebbe a subire alcun procedimento<br />

legale da parte della autorità<br />

romane durante l’ultima persecuzione<br />

di Diocleziano.<br />

Una seconda fonte topografica, il De<br />

locis sanctis martyrum quae sunt foris<br />

civitatis Romae, precisa che «presso la<br />

via Salaria riposa san Silvestro, e ai<br />

suoi piedi papa Siricio e moltissimi altri...».<br />

Da parte sua, un terzo Itinerario,<br />

la Notitia Portarum, specifica un<br />

la storia, ma non certamente nel cuore<br />

di quel Bambino: Nuzzo Barba di Galatina<br />

che opera tra il 1484 e il 1580, Stefano<br />

Pugliese da Putignano, che lavora<br />

tra il 1491 e il 1538, Paolo da Cassano<br />

che opera tra il 1511 e il 1533, Gabriele<br />

Riccardi che vive tra il 1524 e il 1570.<br />

Il presepe pugliese, più che un fatto<br />

culturale di natura antropologica, deve<br />

essere visto principalmente come un<br />

problema di fede. Certamente, la sce-<br />

Il presepe ligneo della Chiesa Madre di Triggiano (XVI sec.)<br />

neggiatura, i materiali usati — il calcare,<br />

il carparo, la pietra di Lecce, il legno<br />

—, la realizzazione del progetto risentono<br />

delle esigenze locali. Lo spirito che<br />

anima committenti e artisti è però uno<br />

spirito profondamente religioso.<br />

Struttura e progetto presepiali, dislocazione<br />

dei presepi pugliesi in chiese di<br />

conventi appartenenti all'Ordine dei Minori<br />

Osservanti (Bari, Cassano Murge,<br />

Bitonto, Galatina, Gallipoli) o in chiese<br />

molto frequentate (Cattedrali di Altamura,<br />

Lecce, Martina Franca, Putignano,<br />

Polignano a Mare, Manduria, Sant'Agata<br />

di Puglia), particolare attenzione dedicata<br />

all'iconografia della Natività e della<br />

Vergine Maria in adorazione sono in<br />

funzione di una catechesi semplice ma<br />

profondamente educativa.<br />

Scrivono C. Gelao e B. Tragni ne «Il<br />

presepe pugliese arte e folklore», un'opera<br />

di grande valore storico, artistico e<br />

religioso per lo studio del presepe pu-<br />

La Basilica<br />

di s. Silvestro<br />

e il mausoleo<br />

annesso,<br />

catacombe<br />

di Priscilla (Roma)<br />

Particolare<br />

dell'affresco<br />

di s. Stefano,<br />

catacombe<br />

di Commodilla (Roma)<br />

particolare nuovo ed interessante, che<br />

cioè il papa riposava all’interno di un<br />

«tumulo marmoreo», ossia di un<br />

sarcofago.<br />

Si deduce, quindi, che Silvestro<br />

volle farsi seppellire nella<br />

basilica che lui stesso<br />

aveva fatto edificare per i<br />

martiri Felice e Filippo,<br />

due dei sette figli di<br />

santa Felicita, e che il<br />

suo sepolcro era un<br />

sarcofago, ai piedi<br />

del quale — evidentemente<br />

nel pavimento<br />

dell’aula —<br />

riposava un altro<br />

papa, Siricio (384-<br />

399), il successore<br />

di papa Damaso,<br />

grande cultore dei<br />

martiri.<br />

Certo, la memoria<br />

di san Silvestro<br />

fu ben presto celebrata<br />

dalla comunità<br />

romana, tanto è vero<br />

che il più antico calendario<br />

della Chiesa dell’Urbe,<br />

il Cronografo romano<br />

del 354, lo ricorda<br />

fra le feste liturgiche dei<br />

pontefici il 31 dicembre proprio<br />

nel cimitero di Priscilla. E<br />

ben presto altri Martirologi e Sacramentari<br />

vollero inserire tale ricorrenza<br />

fra quelle più sentite dal popolo.<br />

Le vestigia della basilica della via Salaria,<br />

un’aula ad un’unica navata conclusa<br />

da una grande abside, furono individuate<br />

nel 1890 da Giovanni Battista<br />

de Rossi, Mentre, successivamente,<br />

Orazio Marucchi ritrovò i resti di un<br />

grande mausoleo, pure absidato e pie-<br />

gliese (Adda Editore, Bari): «Nel rinnovare,<br />

attraverso i Presepi fissi, quello<br />

di Greccio voluto da san Francesco<br />

nel 1223, i Francescani intendevano,<br />

conformemente alla loro regola, rivolgersi<br />

direttamente al cuore della gente<br />

umile con un linguaggio semplice, di<br />

presa immediata, estremamente efficace<br />

nel suo non esprimersi per simboli ma<br />

per cose» (p. 21). Catechesi presepiale,<br />

quindi, e non solo arte e folklore.<br />

Il presepe «non<br />

è morto e non<br />

morirà. Il suo futuro<br />

è nel suo passato»,<br />

dicono gli<br />

studiosi citati, a<br />

conclusione della<br />

loro opera (p.<br />

203). Che non sia<br />

morto e non morirà,<br />

lo dimostrano<br />

oggi le numerose<br />

associazioni degli<br />

«Amici del presepe»,<br />

le fiere e le<br />

rassegne presepiali,<br />

l'attenzione rivolta<br />

al problema<br />

dai ricercatori universitari,<br />

i concorsi<br />

per il migliore<br />

presepe fatto in famiglia,<br />

le numerose<br />

pubblicazioni,<br />

la ricostruzione<br />

del presepe viven-<br />

te. E tutto questo nella Puglia di oggi,<br />

una Puglia legata al suo ricco passato<br />

presepiale. Quel passato è oggi vivo.<br />

Nella cittadina di Tricase (Lecce), definita<br />

la «Betlemme d'Italia», sulla collina<br />

di Monte Orco, su una superficie di<br />

cinque ettari e con un itinerario di circa<br />

due chilometri, il Vescovo di Leuca,<br />

Mons. Vito De Grisantis il 22 dicembre<br />

ha inaugurato la XXII edizione del «Presepe<br />

vivente» più grande d'Italia. Il presepe<br />

resterà aperto fino al 6 gennaio.<br />

Qui il presepe tradizionale si apre alla<br />

cultura degli antichi mestieri della regione,<br />

circa sessanta, al vissuto abitativo<br />

fatto di siti naturali e di antiche capanne<br />

rustiche preparate per rievocare usi e<br />

costumi d'epoca, e a 400 comparse in<br />

costumi del tempo sistemate in ventotto<br />

ambienti con arredamenti tipici del<br />

passato. La fede è certamente alla base<br />

di questa manifestazione, arricchendo di<br />

spiritualitàediumanitàlaPuglia di oggi.<br />

Papa Silvestro<br />

no di sepolture, che si era appoggiato<br />

ad essa.<br />

Nel 1906 si decise di ricostruire entrambi<br />

gli edifici, sulla base dei resti<br />

murari che si erano conservati. Alcuni<br />

elementi ricomposti durante questi lavori<br />

sono sicuramente esatti, ma altre<br />

soluzioni adottate (la recinzione presbiteriale,<br />

il seggio episcopale, l’altare) sono<br />

solo ipotetiche.<br />

Comunque, è importante rilevare che<br />

questo complesso cultuale era in comunicazione<br />

diretta con le gallerie della<br />

sottostante catacomba, per dare modo<br />

ai fedeli di iniziare il percorso dei sepolcri<br />

venerati proprio dalla basilica di<br />

san Silvestro e poi scendere direttamente,attraverso<br />

una scala, a visitare il cubicolo<br />

del martire Crescenzione e tutti<br />

glialtrisepolcriprivilegiati del cimitero.<br />

Purtroppo, le notizie certe relative al<br />

pur lungo pontificato di Silvestro sono<br />

piuttosto scarse e frammentarie e scritti<br />

successivi relativi all’operato del Papa<br />

contemporaneo di Costantino (i cosiddetti<br />

«Apocrifi simmachiani») sono stati<br />

ritenutidaglistudiosinon degni di fede.<br />

Secondo la tradizione Silvestro avrebbe<br />

costituito una chiesa titolare, ossia<br />

un’antica parrocchia, denominata dalle<br />

fonti titulus Silvestri e nota oggi come<br />

san Martino ai Monti.<br />

Dal punto di vista iconografico, la<br />

più antica immagine di san Silvestro è<br />

costituita dal medaglione facente parte<br />

della serie dei ritratti papali della basilica<br />

di san Paolo fuori le mura (riferibile<br />

al V-VI secolo), mentre più tarda è<br />

una pittura che lo raffigura in abiti<br />

pontificali e nimbato nella chiesa di<br />

santa Maria Antiqua al Foro Romano.<br />

Entrando nella basilichetta sotterranea<br />

della catacomba di Commodilla,<br />

uno dei cimiteri più importanti dell’antica<br />

via Ostiense, si scorge sulla sinistra<br />

— prima della famosa pittura di<br />

Turtura con la Madonna, il Bambino e<br />

i santi Felice ed Adatto — un affresco<br />

della seconda metà del VI secolo (secondo<br />

altri studiosi, del VII) con al<br />

centro Cristo sul globo, che reca in mano<br />

un codice gemmato ed è raffigurato<br />

nell’atto di consegnare le simboliche<br />

chiavi a San Pietro.<br />

Alla sua sinistra è invece san Paolo,<br />

mentre completano la scena i martiri<br />

Felice ed Adatto e Merita, tutti sepolti<br />

nella catacomba, e a destra, orante,<br />

santo Stefano, la cui identità è garantita<br />

da una didascalia dipinta accanto<br />

alla sua testa. È rappresentato come un<br />

giovane, con un grande nimbo giallo<br />

intorno al capo e la tonsura, segno del<br />

suo grado nella gerarchia ecclesiastica.<br />

Non deve apparire strano trovare in<br />

una catacomba romana, fra immagini<br />

di martiri locali e dei principi degli<br />

Apostoli, anche il diacono Protomartire,<br />

che gli Atti definiscono «uomo pieno<br />

di fede e di Spirito Santo». Si sa, infatti,<br />

che a partire dal V secolo, epoca del<br />

ritrovamento del suo sepolcro a Gerusalemme,<br />

le reliquie e quindi il culto di<br />

santo Stefano si diffusero ovunque in<br />

La «Traditio<br />

clavium»<br />

nella<br />

Basilichetta,<br />

catacombe<br />

di Commodilla<br />

(Roma)<br />

Appuntamenti<br />

culturali<br />

Trento, fino al 6 gennaio<br />

La mostra «Joseph Beuys.<br />

L'immagine dell'umanità»<br />

Il Museo d'arte moderna e contemporanea<br />

di Trento ospita, fino<br />

al 6 gennaio 2002, la mostra<br />

«Joseph Beuys. L'immagine<br />

dell'umanità». La rassegna offre<br />

cento rarissime fotografie di Beyus<br />

sull'operazione «Difesa della<br />

natura», svolta in Abruzzo<br />

negli ultimi quindici anni della<br />

sua vita.<br />

Prato, fino al 6 gennaio<br />

Arte attuale dal Giappone<br />

Resterà aperta fino al 6 gennaio<br />

2002, presso il Centro per l'arte<br />

contemporanea Pecci di Prato,<br />

la mostra «Senritsumirai-Futuro<br />

anteriore. Arte attuale dal Giappone».<br />

In rassegna un'ampia<br />

selezione di opere recenti prodotte<br />

dalle ultime generazioni<br />

di artisti giapponesi, tra cui Takashi<br />

Homma e Kenji Yanobe.<br />

Torino, fino al 27 gennaio<br />

Interno<br />

della Basilica<br />

di s. Silvestro<br />

sulla via Salaria<br />

(Roma)<br />

poco tempo. Era un esempio da seguire,<br />

quello di Stefano, che si era adoperato<br />

infaticabilmente per diffondere<br />

la parola del Signore e che era<br />

stato ingiustamente accusato a<br />

portato al cospetto del Sinedrio,<br />

per poi essere condannato<br />

alla lapidazione, divenendo<br />

così il primo<br />

martire cristiano.<br />

Come si è accennato,<br />

un grande impulso<br />

alla venerazione<br />

fu dato dal rinvenimento<br />

delle reliquie<br />

del santo diacono,<br />

insieme con quelle<br />

di Gamaliele, Nicodemo<br />

e Abibone,<br />

avvenuto nell’anno<br />

415 a Caphargamala<br />

da parte del monaco<br />

Megezio e del<br />

sacerdote Luciano,<br />

che aveva avuto una<br />

visione rivelatrice in<br />

proposito.<br />

Parte delle sue spoglie<br />

fu portata nella basilica<br />

della santa Sion a<br />

Gerusalemme e poi nella<br />

chiesa eretta in suo onore<br />

dal patriarca Giovenale sul<br />

luogo indicato dalla tradizione<br />

come quello della lapidazione, in<br />

seguito sostituita da un grandioso edificio<br />

di culto, voluto dall’imperatrice<br />

Eudossia e successivamente distrutto<br />

dai persiani.<br />

Altri centri cultuali dedicati a Stefano<br />

sorsero ben presto nelle regioni più<br />

lontane del mondo cristiano antico, alle<br />

Isole Baleari, in Africa (si ricorda<br />

che sant’Agostino fu uno dei più ferventi<br />

devoti del Protomartire), a Costantinopoli<br />

e in varie città italiane, da<br />

Ravenna ad Ancona, da Napoli a Roma,<br />

dove nel Medioevo erano una trentinalechiese<br />

intitolate a santo Stefano.<br />

Fra di esse, le più celebri sono la basilica<br />

di santo Stefano sulla via Latina,<br />

di cui si scoprirono nel secolo scorso significative<br />

vestigia, e santo Stefano Rotondo,<br />

sul Celio, eretta intorno al 450.<br />

La festa di santo Stefano viene indicata<br />

già nei più antichi documenti (il<br />

Martirologio Siriano, il Geronimiano e<br />

il Calendario Cartaginese, il Canone<br />

della Messa romana ed ambrosiana,<br />

molti Sacramentari) il 26 dicembre e<br />

tale data fu sempre legata alla memoria<br />

del Protomartire. Solo le Chiese<br />

orientali posticiparono tale data al 27<br />

dicembre.<br />

L'Espressionismo tedesco<br />

L'«Espressionismo. Presenza<br />

della pittura in Germania. 1900-<br />

2000» è il titolo della mostra<br />

che resterà aperta fino al 27<br />

gennaio 2002 presso il Palazzo<br />

Bricherasio di Torino.

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