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L'OSSERVATORE ROMANO

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DAL MONDO<br />

MARIO AGNES<br />

Direttore responsabile<br />

PAGINA<br />

TIPOGRAFIA VATICANA<br />

EDITRICE<br />

«<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong>»<br />

Redazione:<br />

via del Pellegrino<br />

00120 Città del Vaticano<br />

Segreteria di Redazione:<br />

Tel. 06.698.83461/06.698.84442<br />

Fax 06.698.83675<br />

Servizi fotografici<br />

de «L'Osservatore Romano»<br />

a cura di Arturo Mari<br />

Le foto dell'attività della Santa Sede<br />

sono del SERVIZIO FOTOGRAFICO<br />

de «L'Osservatore Romano»<br />

Tel. 06.698.84797 - Fax 06.698.84998<br />

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2 .<br />

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Redazione<br />

de «<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong>»<br />

Tel. 06.698.83461 - Fax 06.698.83675<br />

AZIENDE PROMOTRICI DELLA DIFFUSIONE DE <strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong><br />

ALITALIA – INTESABci – VOBIS – ADVENIA<br />

Pubblietica sta lavorando ad un progetto teso all'incremento della diffusione de<br />

L'Osservatore Romano in collaborazione con alcune primarie aziende italiane.<br />

Lo sforzo del quotidiano della Santa Sede per diffondere la parola del Papa, soprattutto in<br />

questo particolare momento storico, può infatti essere validamente sostenuto da quanti<br />

condividono i valori propugnati dalla Chiesa cattolica.<br />

Alcune aziende hanno scelto L'Osservatore Romano come mezzo privilegiato e qualificato<br />

per divulgare il loro messaggio pubblicitario. Saranno queste aziende —<br />

sottoscrittrici di numerosi abbonamenti — a diffondere all'interno del proprio<br />

mondo di riferimento (sedi, clienti, collaboratori), questo giornale, questi valori.<br />

<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Domenica 16 Dicembre 2001<br />

KABUL — Oltre 17.000 rifugiati sono<br />

tornati in Afghanistan nell'ultima settimana.<br />

Lo ha annunciato venerdì l’Alto Commissariato<br />

delle Nazioni Unite per i Rifugiati<br />

(Unhcr) precisando che circa 7.000<br />

persone sono rientrate dall’Iran, 7.000 dal<br />

posto di frontiera di Chaman, nell'Ovest<br />

del Pakistan, mentre altri 3.000 sarebbero<br />

rimpatriati verso Kabul e Jalalabad attraverso<br />

il passo di Khyber.<br />

In un comunicato pubblicato a Kabul,<br />

l’Unhcr mette in guardia gli afghani affin-<br />

Migliaia di profughi fanno ritorno in Afghanistan<br />

ché non si precipitino nel rientrare in patria<br />

in quanto le condizioni di sicurezza<br />

restano precarie in molte zone del Paese.<br />

Allo stesso tempo l'Onu invita le Nazioni<br />

vicine a non spingere milioni di profughi a<br />

tornare nel loro Paese nell'imminenza<br />

dell'arrivo dell’inverno.<br />

Anche il Sottosegretario agli esteri del<br />

Governo italiano, Margherita Boniver, in<br />

missione nella regione, ha sottolineato<br />

STATI UNITI Per il Presidente il video diffuso dal Pentagono «è una devastante dichiarazione di colpevolezza»<br />

George W. Bush: bin Laden<br />

sarà assicurato alla giustizia<br />

Afghanistan:<br />

continuano<br />

le incursioni<br />

su Tora Bora<br />

KABUL, 15.<br />

Continuano le incursioni angloamericane<br />

sulla zona montagnosa<br />

di Tora Bora nell'Est dell'Afghanistan<br />

dove sono trincerate le ultime<br />

sacche di resistenza dei mercenari<br />

di «Al Qaeda». Nessun<br />

combattente del gruppo terroristico<br />

di Osama bin Laden si è finora<br />

arreso. Lo ha detto ai giornalisti<br />

un comandante locale afghano,<br />

Said Mohammad Palawan, che<br />

qualche ora prima aveva dato<br />

l'annuncio di una prossima resa<br />

di 300 membri di «Al Qaeda».<br />

Trentatré combattenti del gruppo<br />

terroristico di Osama bin Laden<br />

sono stati ritrovati morti e altri<br />

quattro sono stati catturati dalle<br />

forze afghane alleate degli Stati<br />

Uniti, sulle montagne di Tora Bora.<br />

Lo ha detto oggi il portavoce<br />

di un comandante anti Taleban<br />

che combatte nella zona, il quale<br />

ha precisato che i corpi sono stati<br />

ritrovati tra ieri e oggi durante l'avanzata<br />

delle Forze del comandante<br />

Haji Hazrat Ali tra le grotte<br />

e le gallerie che sono servite da rifugio<br />

ai miliziani di «Al Qaeda».<br />

Il Segretario alla difesa americano,<br />

Donald Rumsfeld, ha fatto<br />

scalo questa notte in Irlanda (è in<br />

viaggio verso il Caucaso) ed ha affermato<br />

che le Forze di terra che<br />

stanno avanzando nella zona di<br />

Tora Bora sono avanzate di due<br />

miglia. Appoggiati dai raid angloamericani<br />

i guerriglieri anti Taleban<br />

stanno «tagliando le vie di fuga»<br />

ai nemici. Caverne e tunnel<br />

abbandonati dai mercenari di «Al<br />

Qaeda» sono state ispezionate, alla<br />

ricerca di documenti e testimonianze<br />

sulle attività criminali dell'organizzazione<br />

terroristica.<br />

Dal canto suo, il generale Tommy<br />

Franks, comandante dell'operazione<br />

«Enduring Freedom» (Libertà<br />

duratura), ha affermato:<br />

«Noi possiamo resistere più di loro:<br />

manterremo la pressione (sui<br />

combattenti di “Al Qaeda“) finché<br />

non saranno nostri». Il generale<br />

ha anche ammesso che gli Stati<br />

Uniti non sanno dove il mullah<br />

Omar, il leader dei Taleban, sia<br />

con esattezza, anche se pensano<br />

che continui ad essere «nei pressi<br />

di Kandahar». Il generale Franks<br />

ha inoltre escluso che ci possa essere<br />

una Forza di occupazione<br />

americana una volta finite le ostilità<br />

in Afghanistan, ma «continueremo<br />

ad essere impegnati negli<br />

aiuti al popolo afghano».<br />

Un alto responsabile americano<br />

arriverà durante il weekend a Kabul<br />

per riaprire ufficialmente domani<br />

l’Ambasciata americana<br />

chiusa nel 1989. Ne dà notizia il<br />

Dipartimento di Stato a Washington.<br />

L’Inviato americano in Afghanistan,<br />

John Dubbins, sarà a<br />

Kabul una settimana prima dell’entrata<br />

in funzione del Governo<br />

provvisorio afghano, quindi fin da<br />

oggi o domani, ha detto un portavoce<br />

del Dipartimento di Stato.<br />

WASHINGTON, 15.<br />

Il video di bin Laden «è una devastante<br />

dichiarazione di colpevolezza» che<br />

mostra il terrorista saudita per quello<br />

che veramente è: «un assassino, un uomo<br />

vile che costringe dei giovani a morire<br />

e che non si fa mai avanti per lottare<br />

di persona». Lo ha ieri affermato il<br />

Presidente degli Stati Uniti, George W.<br />

Bush, aggiungendo che « «sarebbe pazzesco<br />

pensare ad una falsificazione» del<br />

video stesso. «Lo prenderemo vivo o<br />

morto — ha dichiarato il Presidente Usa<br />

riferendosi al capo di Al Qaeda — non<br />

importa quando, forse fra un anno ma<br />

non abbiamo scadenze, non abbiamo un<br />

calendario». George W. Bush ha poi affermato<br />

di aver esitato a dare l’approvazione<br />

per la trasmissione del video, considerata<br />

la sua drammaticità e l’effetto<br />

che avrebbe potuto avere sui parenti<br />

delle vittime degli attacchi terroristici<br />

dell’11 settembre.<br />

Il Presidente, che ha rilasciato la sua<br />

dichiarazione al termine di un colloquio<br />

a Washington con il Premier thailandese,<br />

ha quindi detto di essere soddisfatto<br />

per come si è finora svolta la campagna<br />

militare in Afghanistan. «Abbiamo liberato<br />

quel Paese — ha sottolineato —. Lo<br />

abbiamo liberato, villaggio dopo villaggio,<br />

dal barbaro comportamento dei Taleban<br />

contro i bambini e contro le donne».<br />

In occasione della fine del Ramadan,<br />

il Presidente George W. Bush ha<br />

anche inviato un messaggio a tutti i musulmani<br />

del mondo invitandoli a lottare<br />

contro il terrorismo. «Grazie ai nostri<br />

sforzi congiunti, possiamo liberarci del<br />

terrorismo e dei terribili effetti dell’odio<br />

e dell’intolleranza sulla nostra civiltà per<br />

conseguire, infine, un futuro più luminoso»,<br />

scrive Bush nel suo messaggio<br />

augurando quindi «a tutti i musulmani<br />

del mondo pace, salute e prosperità per<br />

l’anno prossimo». All’indomani della trasmissione<br />

del video in cui Osama bin<br />

Laden sembra rallegrarsi apertamente<br />

per le stragi dell’11 settembre, e che ha<br />

suscitato grande emozione negli Stati<br />

Uniti, Bush ricorda poi che «gli americani<br />

con l’aiuto di molti altri Paesi sono<br />

impegnati in un’opera umanitaria per<br />

portare cibo, medicinali e vestiti alla popolazione<br />

afghana». «Fare atti di carità<br />

rimane una tradizione comune a molte<br />

fedi religiose», afferma quindi il Presidente<br />

Usa che sostiene poi di essere «determinato<br />

a lavorare in collaborazione<br />

con altre Nazioni per aiutare gli afghani<br />

nella ricostruzione del loro Paese».<br />

Ha intanto un nome, ma un nome<br />

molto comune in Arabia Saudita, il misterioso<br />

sceicco che conversa con Osama<br />

bin Laden nel video diffuso dal Pentagono.<br />

Un portavoce dell’Ambasciata<br />

saudita a Washington lo ha identificato<br />

come lo sceicco al Ghamdi di una tribù<br />

della provincia Asir nell’Arabia Saudita<br />

Sud-occidentale al confine con lo Yemen.<br />

Il portavoce ha definito al Ghamdi<br />

un fondamentalista ed ha aggiunto che<br />

parecchi dei dirottatori dell’11 settembre<br />

venivano dalla sua tribù. Al Ghamdi, un<br />

cittadino saudita, ha fatto parte di un<br />

gruppo di militanti islamici che protesta-<br />

«GROUND ZERO» A 3 mesi dagli attacchi terroristici<br />

Demoliti i resti<br />

della Torre Nord<br />

Il World Trade Center prima che vengano avviate le ultime demolizioni<br />

WASHINGTON, 15.<br />

Sarà abbattuta completamente entro<br />

domenica la facciata della Torre Nord<br />

che ha resistito agli attacchi dell'11 settembre<br />

contro il World Trade Center.<br />

Gli operai del comune, che insieme<br />

con poliziotti e pompieri continuano da<br />

oltre tre mesi a scavare tra le macerie,<br />

hanno rimosso alcuni piccoli pezzi della<br />

facciata per poterli usare in futuro in un<br />

eventuale memoriale.<br />

Sarà come girare finalmente pagina,<br />

sottolineano la maggior parte dei commentatori,<br />

riportando i commenti di<br />

quanti lavorano a «ground zero».<br />

Con l’abbattimento termina la prima<br />

fase degli scavi iniziati immediatamente<br />

dopo la tragedia. La prossima settimana<br />

cominceranno i lavori per liberare l’area<br />

dalle macerie, una fase che durerà diversi<br />

mesi e richiederà un notevole impegno<br />

di uomini e mezzi. Quando l'intera<br />

area sarà sgomberata potranno cominciare<br />

i lavori di ricostruzione.<br />

Gran parte dell'Europa<br />

ancora stretta<br />

nella morsa del gelo<br />

BERNA, 15.<br />

Praticamente l'intera Europa resta<br />

stretta nella morsa del gelo e purtroppo<br />

nuove vittime si aggiungono al già impressionante<br />

numero dei giorni scorsi.<br />

La neve e il ghiaccio hanno provocato<br />

dozzine di incidenti stradali e nel trasporto<br />

aereo e ferroviario ci sono stati<br />

numerosi ritardi. Nella Repubblica Ceca<br />

tre senzatetto sono morti assiderati in<br />

Moravia, regione nella quale la temperatura<br />

è scesa fino a 23 gradi sotto zero.<br />

Temperature ancora più basse, fino<br />

ad oltre 30 gradi sotto zero, sono state<br />

registrate in Svizzera, dove ad aggravare<br />

le conseguenze per la popolazione contribuisce<br />

il cosiddetto «wind chill factor»<br />

(fattore vento che aumenta il freddo<br />

percepito). Anche in Germania, la temperatura<br />

è scesa fino a 30 gradi sotto zero<br />

e nelle Alpi tedesche è scattato l’allarme<br />

slavine. Analoghi timori ci sono in<br />

Austria.<br />

In Francia, è nevicato su gran parte<br />

delle regioni centrali e meridionali, dal<br />

Rodano alla Provenza, alla Corsica. Ieri<br />

apparivano coperte da coltri di neve numerose<br />

città, da Lione a Nimes, a Montpellier<br />

e persino il porto di Marsiglia.<br />

Sempre per la neve, è stato chiuso per<br />

molte ore il traforo del Frejus.<br />

rono contro la guerra del Golfo e finirono<br />

in carcere all’inizio degli anni novanta.<br />

Il portavoce della missione saudita a<br />

Washington ha aggiunto che al Ghamdi<br />

era di recente in Arabia Saudita ma è<br />

considerato adesso «persona non grata».<br />

La maggior parte dei terroristi dell’11<br />

settembre, 15 su 19, erano di nazionalità<br />

saudita. Di questi la maggior parte venivano<br />

dalle povere regioni di Baha e di<br />

Asir. Due dirottatori si chiamavano anch'essi<br />

al Ghamdi.<br />

Blitz di funzionari federali Usa sono<br />

stati nel frattempo compiuti nelle sedi di<br />

organizzazioni islamiche negli Stati dell’Illinois<br />

e del New Jersey. Sono stati sequestrati<br />

documenti della «Benevolence<br />

International Foundation» e della «Global<br />

Relief Foundation». Militari della<br />

Kfor hanno intanto arrestato esponenti<br />

di quest’ultima nel Kosovo, accusandoli<br />

di coinvolgimento nella preparazione di<br />

attentati in Europa.<br />

Il Segretario Usa alla difesa, Donald<br />

Rumsfeld, è infine giunto oggi a Baku,<br />

capitale dell’Azerbaigian, prima tappa di<br />

una missione nel Sud della regione caucasica,<br />

per affrontare la questione terrorismo<br />

internazionale. Appena arrivato,<br />

Rumsfeld si è incontrato con il Presidente,<br />

Haydar Aliyev. Subito dopo — Rumsfeld<br />

si tratterrà a Baku solamente tre<br />

ore — il Segretario alla Difesa si recherà<br />

in Armenia e, quindi, in Georgia. Tutte<br />

e tre le ex Repubbliche sovietiche hanno<br />

offerto a Washington l’utilizzo del loro<br />

spazio aereo. In cambio dell'aiuto nella<br />

lotta al terrorismo, gli Usa sono pronti a<br />

dare slancio ai legami economici.<br />

Stato di allerta<br />

negli Usa<br />

per timore<br />

di nuovi attentati<br />

WASHINGTON, 15.<br />

Gli Stati Uniti devono restare in stato<br />

di allerta contro possibili attacchi terroristici<br />

finché la rete di Al Qaeda non sarà<br />

annientata. Lo ha affermato il Coordinatore<br />

per la sicurezza nazionale, Tom<br />

Ridge. «Penso che dovremo mantenere<br />

l’alto livello di allerta non solo fino a<br />

quando avremo eliminato bin Laden,<br />

ma finché l’intera rete di Al Qaeda non<br />

sarà distrutta», ha ieri affermato Ridge<br />

in un'intervista.<br />

Nei giorni scorsi, Ridge aveva invitato<br />

per la terza volta in tre mesi ad alzare la<br />

guardia contro il terrorismo in relazione<br />

a segnalazioni di possibili attentati in<br />

coincidenza con la fine del Ramadan e<br />

l'allarme sì è ulteriormente accresciuto<br />

dopo la diffusione del video di bin Laden<br />

in cui si parla apertamente di altre<br />

«vittorie» prima della fine del Ramadan.<br />

La frase è stata interpretata da alcuni<br />

esperti Usa di terrorismo come la prova<br />

che altri attentati sarebbero in preparazione<br />

dopo gli attacchi dell’11 settembre<br />

contro New York e contro Washington.<br />

Per razionalizzare il sistema dei livelli di<br />

allerta Ridge ha detto ieri di voler imitare<br />

il sistema adottato dai militari. Il<br />

Coordinatore per la sicurezza nazionale<br />

ha infatti ribadito che per evitare di ricorrere<br />

sempre a un allarme generale, si<br />

studierebbe un sistema di quattro livelli<br />

di allerta in funzione della serietà della<br />

minaccia. In Gran Bretagna è stata intanto<br />

ieri approvata dal Parlamento la<br />

controversa legge antiterrorismo che autorizza<br />

l’internamento senza processo di<br />

presunti terroristi stranieri per un periodo<br />

indeterminato.<br />

che «il rientro di quattro milioni di profughi<br />

richiederà tempo e il ristabilimento<br />

della dignità, della sicurezza e delle prospettive<br />

economiche». Il nuovo Esecutivo<br />

afghano guidato da Hamid Karzai, ha aggiunto,<br />

sta comunque lavorando affinché<br />

«ogni singolo profugo possa fare ritorno<br />

nel proprio Paese».<br />

Al suo arrivo da Kabul alla cittadina iraniana<br />

di Zahedan, Boniver ha definito<br />

India: tre arresti per l'assalto<br />

al Parlamento di Nuova Delhi<br />

NUOVA DELHI, 15.<br />

La polizia dello Stato indiano dello<br />

Jammu e Kashmir ha arrestato oggi tre<br />

persone sospettate di aver avuto un ruolo<br />

nel sanguinoso attacco armato di giovedì<br />

al Parlamento di Nuova Delhi. Nella<br />

sparatoria seguita all'attacco erano<br />

morte dodici persone, sei guardie, un<br />

giardiniere e i cinque assalitori. Gli arresti<br />

sono venuti nel distretto di Baramulla,<br />

a Nord della città di Srinagar, la capitale<br />

estiva dello Jammu e Kashmir.<br />

Nel riferire la notizia, citando le autorità<br />

locali, le agenzie di stampa internazionali<br />

non hanno specificato se i tre arrestati<br />

appartengano o meno al gruppo separatista<br />

islamico Lashkar-e-Taiba, con basi<br />

in Pakistan, che ieri il Ministro degli<br />

esteri indiano Jaswant Singh aveva additato<br />

come responsabile dell'assalto. Jaswant<br />

Singh aveva detto che l’India «ha<br />

la prova tecnica che l’attacco terroristico<br />

al simbolo e sede della democrazia<br />

indiana e della sovranità del popolo indiano<br />

è opera dell’organizzazione terroristica<br />

basata in Pakistan Lashkar-e-Taiba».<br />

Il Ministro indiano aveva invitato il<br />

Governo di Islamabad a vietare le attività<br />

di tale gruppo e anche quelle dello<br />

«una soluzione molto intelligente» quella<br />

adottata fin dall’inizio dei bombardamenti<br />

americani dall’Iran, che ha allestito due<br />

campi per accogliere i nuovi rifugiati in<br />

territorio afghano sebbene a ridosso della<br />

frontiera. Teheran è particolarmente impegnata<br />

nell'accoglienza dei rifugiati. A<br />

Zahedan, piccolo centro a ridosso delle<br />

frontiere con l'Afghanistan ed il Pakistan,<br />

vivono ad esempio 216.000 profughi rispetto<br />

a una popolazione locale di 538.000<br />

abitanti.<br />

Ginevra: intervento della Santa Sede alla Riunione Ministeriale<br />

degli Stati parte della Convenzione del 1951, relativo<br />

allo status dei rifugiati, e/o del suo protocollo del 1967<br />

Nuove soluzioni e volontà politica<br />

per assicurare la protezione legale<br />

dei rifugiati e degli sfollati<br />

Domenica 9 dicembre, al termine della<br />

preghiera mariana dell’«Angelus», il<br />

Santo Padre ha ricordato una importante<br />

Riunione Ministeriale, tenutasi a Ginevra.<br />

Essa aveva lo scopo di riaffermare<br />

l’impegno degli Stati ad assicurare, a<br />

livello internazionale, la protezione dei<br />

diritti e delle libertà fondamentali dei rifugiati<br />

e dei richiedenti asilo.<br />

Nel corso di quell’incontro, il 12 dicembre<br />

scorso, S.E. Mons. Agostino<br />

Marchetto, Segretario del Pontificio<br />

Consiglio della Pastorale per i Migranti e<br />

gli Itineranti, ha pronunciato l’intervento<br />

che pubblichiamo.<br />

Madame Chairperson<br />

The Delegation of the Holy See wishes<br />

to thank the Government of Switzerland<br />

and UNHCR for this initiative of<br />

bringing together representatives of governments<br />

and humanitarian organizations.<br />

We are confident — as one of the<br />

initial States Parties to the Convention<br />

— that at the end of these days positive<br />

results will be seen for the benefit of all<br />

affected by displacement as a result of<br />

persecution, conflict, or other human<br />

rights violations.<br />

UNHCR was founded in order to answer<br />

the great drama in the aftermath<br />

of the Second World War. It was a<br />

breakthrough and answered the demands<br />

of its times. It brought a future<br />

to people who were forced to move.<br />

My delegation wants to thank UN-<br />

HCR for all that was done over these<br />

fifty years to guarantee fully the dignity<br />

and rights of these persons. The Organization<br />

with its personnel was close to<br />

people, tried to answer their problems<br />

and find solutions in different times<br />

and circumstances. Sometimes staff<br />

members were under attack, with occasionally<br />

dramatic consequences. They<br />

have done their work with much dedication<br />

and sacrifice.<br />

Madame Chairperson<br />

Unfortunately, the task of UNHCR<br />

still exists even if the necessity of<br />

changes is evident. The number of persons<br />

protected by UNHCR has been rising,<br />

some twenty-one million at present.<br />

Furthermore there are more than<br />

twenty million internally displaced persons.<br />

The causes of this uprooting have<br />

become more complex and challenging<br />

and the answers given only insufficiently<br />

address these new challenges of today.<br />

A strict, narrow and legalistic way<br />

of interpretation of the Convention,<br />

sometimes with restrictive measures,<br />

also does not come to the assistance of<br />

people in despair, nor does it strengthen<br />

the international protection regime.<br />

This changed situation requires additional<br />

solutions and political will. My<br />

delegation expresses the hope that the<br />

spirit of 1951 will be revived, leading to<br />

an open-minded policy to answer integrally<br />

the problems of today. My delegation<br />

emphasizes the fact that protection<br />

is a dynamic and action-oriented<br />

function rather than an abstract concept.<br />

Millions of refugees are hosted in<br />

first countries of arrival. They carry,<br />

sometimes for years, the heavy burden<br />

of the displaced, who do not have a<br />

prospect for a quick return in freedom,<br />

security and dignity. Their situation<br />

not only requires opportunities for local<br />

integration into the host country when<br />

return to their countries is impossible,<br />

but also more chances for third country<br />

resettlement. Moreover economic<br />

programmes should be developed so<br />

that, when people return to their home<br />

country, they indeed have a future<br />

there.<br />

Refugees who did not cross an inter-<br />

Jaish-i-Mohammad, un'altra formazione<br />

separatista islamica operante nel Kashmir<br />

e responsabile dell'attentato, ancora<br />

più cruento, condotto due mesi e<br />

mezzo fa, l'1 ottobre, contro il Parlamento<br />

statale dello Jammu e Kashmir a<br />

Srinagar. In quella occasione, morirono<br />

trentotto persone, compresi i quattro<br />

terroristi suicidi che avevano sferrato<br />

l'attacco.<br />

Alle affermazioni del Ministro degli<br />

esteri indiano aveva risposto ieri un portavoce<br />

di Lashkar-e-Taiba il quale aveva<br />

negato ogni implicazione nell’attacco al<br />

Parlamento indiano, sostenendo che le<br />

accuse del Governo di Nuova Delhi sono<br />

«senza fondamento» e che responsabili<br />

dell’attentato sono i servizi indiani.<br />

«Questo è un dramma messo in scena<br />

dalle agenzie dei servizi indiane in collusione<br />

con il Governo indiano per far dichiarare<br />

terroristi i gruppi jihadi (militanti)<br />

e il Pakistan», aveva sostenuto<br />

portavoce di Lashkar-e-Taiba.<br />

Come noto, il Governo indiano accusa<br />

da tempo quello pakistano di aiutare i<br />

separatisti islamici che combattono contro<br />

la sovranità indiana sullo Jammu e<br />

Kashmir, l'unico Stato indiano di popolazione<br />

in maggioranza musulmana.<br />

national border, internally displaced<br />

persons, often find themselves in even<br />

more desperate situations. The lack of<br />

an international protection system has<br />

become more evident here. The Guiding<br />

Principles on Internal Displacement<br />

were introduced into the United Nations<br />

in 1998, setting forth their rights<br />

and the obligations of governments and<br />

insurgent groups to these populations.<br />

The Holy See encourages the further<br />

development of a clearer system of responsibility<br />

for these persons. This involvement<br />

in protection and human<br />

rights issues will require larger human<br />

and financial resources to be made<br />

available. UNHCR, while having no explicit<br />

mandate to care for internally<br />

displaced persons, has in the past,<br />

along with other concerned parties, assisted<br />

them when and where possible.<br />

The delegation of the Holy See wishes<br />

to commend such activity on the part<br />

of UNHCR and others and to encourage<br />

expanded considerations of the plight of<br />

these human beings who have the right<br />

to humanitarian assistance even and<br />

first of all in the sovereign territory of<br />

their homeland.<br />

In this context a general consideration<br />

must be made: distinguishing between<br />

voluntary and involuntary migration<br />

and between migrants and<br />

refugees has become more difficult<br />

since the element of free choice is hardly<br />

the principal reason for people deciding<br />

to move abroad. The economic differences<br />

between countries as well as<br />

human rights abuses and the existence<br />

of conflicts that force people to leave<br />

need to be addressed. Moreover, by developing<br />

balanced migration policies,<br />

the legal framework for asylum seekers<br />

will also be guaranteed.<br />

Madame Chairperson<br />

Our task is to make solidarity a reality.<br />

It implies acceptance and recognition<br />

of the fact that we, as one human<br />

family, are interdependent. It calls us<br />

to international cooperation in favour<br />

of the poor and powerless as our own<br />

brothers and sisters. Loving and assisting<br />

our neighbour has global dimensions<br />

in an interdependent world. “[Solidarity]<br />

is a firm and persevering determination<br />

to commit oneself to the common<br />

good; that is to say, to the good of<br />

all and of each individual because we<br />

are all really responsible for all (John<br />

Paul II, Sollicitudo Rei Socialis n. 38).”<br />

Effective responsibility and burden<br />

sharing among all States is therefore<br />

indispensable to promote peace and<br />

stability. This should be an inspiration<br />

for the human family of nations to reflect<br />

on the challenges of today and<br />

find the required solutions in a spirit of<br />

dialogue and mutual understanding.<br />

Our generation and future generations<br />

demand this so that refugees and internally<br />

displaced persons will benefit<br />

from it. In this context civil society<br />

through the NGOs has a great role in<br />

advocacy and in creating favourable<br />

public opinion. Let us work and plan<br />

together for a universal common<br />

family.<br />

Russia: prosegue<br />

l'offensiva in Cecenia<br />

MOSCA — L'operazione antiterrostica<br />

invernale lanciata dalle truppe<br />

federali russe in Cecenia continua.<br />

Argun, nella quale si troverebbero<br />

fra 100 e 300 guerriglieri,<br />

è assediata da alcuni giorni e rastrellamenti<br />

sono in corso sabato a<br />

Grozny. Combattimenti sono segnalati<br />

in altre parti della Cecenia,<br />

soprattutto a Sud nella provincia di<br />

Vedeno. Il comandante Khattab,<br />

uno dei principali leader militari<br />

della rivolta cecena, ha smentito di<br />

essere stato ferito.<br />

Gabon: si propaga<br />

l'epidemia di ebola<br />

GINEVRA — L'epidemia di febbre<br />

ebola nel Nord-Est del Gabon «si<br />

propaga molto rapidamente e in<br />

modo erratico», ha detto venerdì la<br />

Federazione internazionale delle<br />

società di Croce Rossa e Mezzaluna<br />

Rossa. Secondo un nuovo bilancio<br />

dell'Organizzazione mondiale<br />

della sanità diffuso venerdì 14<br />

casi di febbre emorragica da virus<br />

ebola sono stati censiti nella regione<br />

e undici persone sono morte.<br />

La Federazione della Croce Rossa<br />

ha sottolineato in un comunicato<br />

che «i rischi di estensione dell'epidemia<br />

sono elevati».<br />

Turchia: accordo<br />

con il Fondo monetario<br />

ANKARA — Il Governo turco ha<br />

raggiunto venerdì un accordo di<br />

principio con il Fondo monetario<br />

internazionale su un programma<br />

economico di tre anni. Lo ha annunciato<br />

Odd Per Brekk, rappresentante<br />

in Turchia dell’Fmi. In base<br />

al nuovo accordo (2002-2004), la<br />

Turchia dovrebbe ricevere 10 miliardi<br />

di dollari di nuove risorse<br />

dal Fondo.

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