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L'OSSERVATORE ROMANO

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PAGINA<br />

4 .<br />

<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Domenica 2 Dicembre 2001<br />

Corso di aggiornamento musicale per religiose<br />

Un saggio escatologico dedicato ai «Novissimi»<br />

Il pensiero alle verità ultime è una «bussola»<br />

che deve orientare la vita di ogni cristiano<br />

GINO CONCETTI<br />

Da qualche indagine demoscopica<br />

emerge che anche tra non pochi credenti<br />

sulla escatologia delle verità ultime o<br />

catechisticamente dette «Novissimi» si<br />

registra una specie di «amnesia». Alla<br />

morte non si può non pensare: se ne fa<br />

l'impatto ogni giorno, anzi più volte al<br />

giorno, se non altro perché i mezzi d'informazione<br />

riferiscono sul numero di incidenti<br />

mortali che avvengono sulle strade<br />

o nei posti di lavoro o nei conflitti armati.<br />

Alla morte però non si associano le altre<br />

verità: quelle che «cronologicamente»<br />

seguono, e cioè: il giudizio irrevocabile<br />

e inappellabile di Dio, la destinazione<br />

ultima dell'anima che sopravvive al<br />

corpo, all'eternità beata o all'eternità<br />

dannata.<br />

Nella letteratura monastica e cenobitica<br />

— ma anche in libri di ascetica — i<br />

«Novissimi» occupano un alto grado di<br />

priorità. Ad essi si attribuisce una funzione<br />

«deterrente» contro il peccato. Il<br />

motto diceva (tradotto dal latino) «ricordati<br />

dei Novissimi e non peccherai»-.<br />

Il pensiero, il ricordo delle verità ultime<br />

in cui è contenuto il destino metastorico<br />

ed eterno dell'uomo e della donna<br />

produce un giovamento benefico ai<br />

fini della salvezza. Se si pensa all'inferno,<br />

come conseguenza del peccato non<br />

perdonato o di cui non ci si è pentiti, si<br />

pone tutta l'attenzione e tutta la volontà<br />

per non commetterlo.<br />

Una «spiritualità» basata esclusivamente<br />

sui novissimi rischia però di non<br />

rivelare pienamente il «volto» di Dio.<br />

Non è sufficiente dire che non si deve<br />

peccare per timore del giudizio o per<br />

non essere destinati all'inferno. La vera<br />

identità di Dio rivelata in Cristo e da<br />

Cristo è l'amore. Dio — lo spiega molto<br />

bene san Giovanni apostolo ed evangelista<br />

— è amore e per amore ha inviato a<br />

noi il suo Figlio Unigenito, Cristo Gesù<br />

per salvarci. La religione di Cristo è fondata<br />

sull'amore. Dio ci ha amati per primo<br />

e noi dobbiamo rispondere a Dio<br />

con lo stesso amore e la stessa intensità.<br />

Quante volte nel Vangelo Gesù esprime,<br />

testimonia, pratica questo immenso<br />

amore perdonando i peccati, donando la<br />

grazia della salvezza e risanando dalle<br />

infermità. Bisogna perciò entrare in questa<br />

logica di amore e superare il criterio<br />

del timore che inizialmente potrebbe essere<br />

salutare per poi però passare alla<br />

categoria più perfetta.<br />

Nella religione dell'amore, del vero e<br />

sommo amore di Dio, i Novissimi svolgono<br />

un ruolo più spiccatamente positivo<br />

e stimolante. Ciascuno avverte che si<br />

deve amare Dio non solo perché egli ci<br />

ha amati per primo, ma lo si deve amare<br />

perché è degno di essere amato per<br />

se stesso, a prescindere dei benefici che<br />

si ricevono da lui. Chi è ripieno dell'immenso<br />

amore di Dio, di Cristo, dello<br />

Spirito Santo non teme san Paolo o come<br />

san Francesco d'Assisi consapevole<br />

che sarà un esodo dolce verso un'eternità<br />

felice senza fine. Sarà il compimento<br />

storico del pellegrinaggio verso Dio. Per<br />

quanti non hanno sufficiente coscienza<br />

dell'amore, la morte temuta costituisce<br />

comunque un forte richiamo alla grazia<br />

e alla detestazione del peccato. A che<br />

giova all'uomo guadagnare il mondo se<br />

non salva la sua anima? Questo monito<br />

di Cristo riecheggia come stimolo incentuantee<br />

memoria di libertà dal peccato.<br />

La morte e le altre tre verità escatologiche:<br />

giudizio, inferno e paradiso costituiscono<br />

oggetto di una riflessione di<br />

Justo Sánchez e Jorge Molinero: I Novissimi.<br />

Introduzione all'Escatologia,<br />

Milano 2001, Edizioni Ares, pp. 200,<br />

L. 24.000, ; 12, 39. Lo stile dell'esposizione<br />

non è di tipo scolastico in senso<br />

classico, mirando gli autori a rendere<br />

comprensibili ai moderni verità strettamente<br />

collegate alla fede in Dio e a Cristo<br />

come Figlio di Dio, redentore e salvatore<br />

dell'umanità. Chi manca di fede<br />

in Dio fa fatica ad accettare le verità<br />

che sono al di là della realtà visibile e<br />

sensibile.<br />

La fede della Chiesa è stata fedelmente<br />

trasmessa dagli apostoli e dai loro<br />

successori e lo sarà anche in futuro.<br />

Tuttavia in taluni ambienti sopravanza il<br />

dubbio. La Chiesa cattolica ha ribadito<br />

le verità escatologiche nel Concilia Vaticano<br />

II e in altri documenti autorevoli<br />

gli autori ricordano la Professione di fe-<br />

de di Paolo VI e la lettera della Congregazione<br />

per la dottrina della fede. Paolo<br />

VI, affermando la spiritualità e l'immortalità<br />

dell'anima e l'esistenza di<br />

un'escatologica per le anime separate<br />

dai corpi dichiara: «Noi crediamo, che<br />

le anime di tutti coloro che muoiono<br />

nella grazia di Cristo, sia che debbano<br />

ancora essere purificate nel purgatorio,<br />

sia che dal momento in cui lasciano il<br />

proprio corpo siano accolte da Gesù in<br />

Paradiso, come egli fece per il buon ladrone,<br />

costituiscono il popolo di Dio<br />

nell'aldilà della morte».<br />

La lettera della Congregazione per la<br />

dottrina della fede del 1979 Sopra alcune<br />

questioni che si riferiscono all'escatologica<br />

riassume in sette punti la dottrina<br />

escatologica cattolica. Il punto cardinale<br />

è che dopo la morte «la sopravvivenza<br />

e la sussistenza di un elemento<br />

spirituale, dotato di coscienza e volontà:<br />

cioè (commentano gli autori) dell'io<br />

umano senza il complemento del corpo:<br />

è quello che si suole chiamare anima».<br />

Sarà poi il giudizio inappellabile di Dio a<br />

determinare la condizione. O di gloria o<br />

di purificazione transitoria o di dannazione<br />

eterna. Certo l'atteggiamento di<br />

Cristo nei confronti del ladrone pentito<br />

è confortante per tutti quelli che al momento<br />

della morte ricevono da Cristo la<br />

stessa grazia e la stessa promessa. Gli altri<br />

invece devono prima purificarsi in<br />

purgatorio. Il purgatorio «dona all'anima<br />

la limpidezza assoluta che la visione<br />

beatifica richiede». L'esistenza del purgatorio<br />

richiama la pratica e la dottrina<br />

dei suffragi per i defunti. I quali «non<br />

sono un semplice ricordo affettivo, ma<br />

un aiuto vero che dobbiamo prestare a<br />

coloro che ora non possono più meritare<br />

per sé stessi».<br />

La terza destinazione riguarda i dannati,<br />

coloro che hanno rifiutato Dio e<br />

hanno combattuto la sua opera di salvezza.<br />

Il luogo di dimora è quello comunemente<br />

chiamato «inferno» e dura per<br />

tutta l'eternità. Gli autori ne dimostrano<br />

l'esistenza con i testi biblici e con la tradizione<br />

dei Padri e i pronunciamenti del<br />

magistero. Tra i testi recenti ricordano<br />

la Processione di fede di Paolo VI, la<br />

Lumen gentium del Vaticano II e il Ca-<br />

techismo della Chiesa cattolica. Il quale<br />

ultimo proclama: «La Chiesa cattolica<br />

nel suo insegnamento afferma l'esistenza<br />

dell'inferno e la sua eternità. Le anime<br />

di coloro che muoiono in stato di peccato<br />

mortale, dopo la morte discendono<br />

immediatamente negli inferi, dove subiscono<br />

le pene dell'inferno». La pena<br />

principale «consiste nella separazione<br />

eterna da Dio, nel quale soltanto l'uomo<br />

può avere la vita e la felicità per i quali<br />

è stato creato e alle quali aspira». Per<br />

comprendere e considerare in maniera<br />

più razionale l'esistenza e l'eternità dell'inferno,<br />

gli autori consigliano di avere<br />

«una maggiore conoscenza del mistero<br />

dell'amore e della giustizia divine, della<br />

sua offerta di salvezza lungo tutto il corso<br />

della vita di ciascun uomo, del mistero<br />

dell'uomo, della sua libertà e dell'indurimento<br />

del suo cuore, che cosa significa<br />

realmente il peccato». La considerazione<br />

dell'inferno e della sua eternità dovrebbe<br />

indurre, anche il peccatore più<br />

ostinato, a non rifiutare il dono della<br />

salvezza che Dio offre a ciascun essere<br />

umano in ogni istante della vita.<br />

Il culmine dell'escatologia lo si raggiunge<br />

alla fine dei tempi, alla parusia,<br />

al ritorno del Signore della gloria come<br />

giudice supremo dei vivi e dei morti, come<br />

ricapitolatore di tutte le cose che riconsegnano<br />

del Padre. La morte è un<br />

esodo per l'anima, il corpo invece si disfà<br />

nella tomba. Hanno fatto eccezione<br />

il corpo di Cristo che è risorto per la potenza<br />

di Dio e il corpo di Maria, assunto<br />

al cielo per la potenza del suo Figlio che<br />

l'ha voluta accanto a sé nella gloria. La<br />

risurrezione dei corpi è connessa alla risurrezione<br />

finale, in attesa della parusia,<br />

della seconda venuta del Signore della<br />

gloria. «La risurrezione di Cristo — scrivono<br />

gli autori — è causa efficiente per<br />

coloro che credono in lui, primizia di<br />

coloro che dormono nel sonno della<br />

morte, è il primogenito di coloro che risuscitano<br />

dai morti. La nostra risurrezione<br />

sarà a immagine della risurrezione<br />

di Cristo». E anche il nostro corpo —<br />

quello s'intende dei salvati — sarà simile<br />

a quello di Cristo. Tutto ciò avverrà nella<br />

parusia». In questo senso l'escatologia<br />

«è come una bussola che orienta<br />

la vita umana»; soprattutto la vita del<br />

cristiano.<br />

MILANO Giornata di studio all'Università Cattolica del Sacro Cuore<br />

Teologia, cultura e pastoralità in Mons. Carlo Colombo<br />

Con la giornata di studio tenutasi venerdì<br />

30 novembre, presso l’aula Pio XI<br />

dell’Università Cattolica del Sacro Cuore<br />

di Milano, si è concretizzata la possibilità<br />

di realizzare una biografia del Vescovo<br />

Monsignor Carlo Colombo, di cui<br />

quest’anno si è ricordato il decennale<br />

della morte, avvenuta a Milano l’11 febbraio<br />

1991. Il Presule era nato a Olginate,<br />

vicino a Lecco, il 13 aprile 1909, e il<br />

centenario della nascita potrebbe costituire<br />

un traguardo verso cui puntare<br />

con i risultati di una ricerca storica.<br />

«Figura grandiosa» — come l’ha definito<br />

il Cardinale Carlo Maria Martini,<br />

Arcivescovo di Milano — Monsignor Colombo<br />

è ricordato per molti motivi: la<br />

sua finissima intelligenza applicata agli<br />

studi teologici, la collaborazione con Papa<br />

Paolo VI, la partecipazione al dibattito<br />

conciliare, l’attenzione all’attività pastorale<br />

dei sacerdoti milanesi, l’impegno<br />

per la Fondazione Ambrosiana Paolo VI.<br />

Quest’ultima è stata fra i promotori del<br />

convegno, insieme con la Facoltà Teologica<br />

dell’Italia Settentrionale, il Seminario<br />

arcivescovile di Milano, l’Istituto superiore<br />

di studi religiosi, con il patrocinio<br />

dell’Arcidiocesi di Milano.<br />

Una personalità poliedrica, dunque,<br />

un uomo ed un sacerdote che mise i<br />

propri talenti a servizio della Chiesa locale<br />

e universale. Per ricordarlo sono intervenuti<br />

studiosi, amici e parenti, fra i<br />

quali il fratello Bernardo con la moglie<br />

ed il sindaco e il parroco di Olginate.<br />

Erano presenti anche alcuni Vescovi:<br />

Mons. Pasquale Macchi, Arcivescovo<br />

Prelato emerito di Loreto, già segretario<br />

di Papa Paolo VI e presidente della<br />

«Fondazione Ambrosiana Paolo VI» che<br />

ha sede a Villa Cagnola presso Varese;<br />

Mons. Giovanni Volta, Vescovo di Pavia<br />

e già assistente spirituale alla Cattolica;<br />

Mons. Bernardo Citterio, Ausiliare di<br />

Milano (ordinato nello stesso anno di<br />

Monsignor Colombo, il 1931); Mons. Libero<br />

Tresoldi, Vescovo emerito di Crema;<br />

Mons. Luigi Belloli, Vescovo emerito<br />

di Anagni-Alatri; ed inoltre il Vicario<br />

generale della Diocesi di Lugano, Mons.<br />

Oliviero Bernasconi. Con una lettera di<br />

Mons. Giuseppe Betori, Segretario della<br />

Conferenza Episcopale Italiana, è pure<br />

giunto al simposio il saluto del Presidente<br />

Cardinale Camillo Ruini.<br />

I lavori sono stati moderati da Don<br />

Mario Delpini, Rettore del Seminario arcivescovile.<br />

All’inizio della giornata ha<br />

portato il saluto ai presenti il Rettore<br />

Sergio Zaninelli, il quale ha offerto la disponibilità<br />

della Cattolica, con le proprie<br />

energie e competenze, a collaborare ad<br />

una biografia del compianto Vescovo<br />

«che fu personalità di straordinario rilievo<br />

nella vita del nostro ateneo», fino ad<br />

essere Presidente dell’Istituto Giuseppe<br />

Toniolo di studi superiori.<br />

Ha preso poi la parola il Cardinale<br />

Martini, che ha ringraziato gli organizzatori<br />

e si è augurato che si possa preparare<br />

il materiale per una «biografia<br />

ampia e ragionata» di Monsignor Colombo.<br />

Egli ne ha poi presentato dei ricordi<br />

personali: «Lo conobbi la prima<br />

volta all’inizio degli anni Sessanta — ha<br />

Per un NATALE cristiano<br />

pensa ad un regalo cristiano<br />

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Avrà inizio lunedì 3 dicembre il corso di aggiornamento<br />

liturgico-musicale per l'Avvento e<br />

il Natale predisposto dall'Associazione Italiana<br />

Santa Cecilia.<br />

Gli incontri si terranno ogni giorno dalle ore<br />

15 alle 17, fino a venerdì 7, presso la «Sala<br />

dei Papi» del Circolo San Pietro, nel Palazzo<br />

San Calisto.<br />

Al corso sono invitate le religiose — postulanti<br />

e novizie — animatrici del canto nelle lo-<br />

detto — quando ero giovane professore<br />

al Pontificio Istituto Biblico. Egli, molto<br />

gentile, venne da me e mi propose di<br />

studiare gli esegeti del tempo di Galileo,<br />

in vista del centenario della sua nascita,<br />

per vedere se vi fossero stati contatti tra<br />

le due parti. Mi stupii, fra l’altro, che<br />

questo aspetto non fosse stato ancora<br />

affrontato. Da quello studio emerse che<br />

quegli studiosi non avevano preso in<br />

considerazione le argomentazioni del<br />

Galilei, restando legati al sistema tolemaico,<br />

non c’era stato contatto fra i due<br />

e mi parve di cogliere che nel ragionare<br />

Galileo era più acuto, più sobrio e più<br />

convincente. Io composi un articolo di<br />

cui Monsignor Colombo fu contento».<br />

In questa iniziativa, così come in altre<br />

— ha aggiunto il Porporato — si nota<br />

l’abilità del Colombo nel trovare temi<br />

nuovi, la sua larghezza di vedute, la sua<br />

capacità di coinvolgere giovani studiosi.<br />

E pure una capacità «anticipatrice» su<br />

alcuni temi, come quello della «purificazione<br />

della memoria». A Mons. Colombo<br />

poi non mancava l’ironia: «Egli — ha<br />

concluso il Cardinal Martini — soleva ripetere,<br />

che quando uno è teologo ed è<br />

intelligente e diventa Vescovo, non perde<br />

né l’intelligenza né la teologia, intendendo<br />

che riteneva di poter continuare<br />

a dire qualcosa sui problemi della Chiesa<br />

di oggi».<br />

Durante la giornata si sono poi susseguite<br />

le relazioni, a partire da quella di<br />

Mons. Antonio Rimoldi, docente di Storia<br />

della Chiesa nei seminari e presso la<br />

Facoltà Teologica, che ha trattato de<br />

«Gli anni della formazione (1909-1931)»;<br />

è seguito il prof. Massimo Marcocchi,<br />

docente di Storia del Cristianesimo presso<br />

la Facoltà di Lettere in Cattolica. Nel<br />

pomeriggio, poi, hanno preso la parola<br />

Mons. Giuseppe Colombo, Don Franco<br />

Giulio Brambilla e Don Saverio Xeres,<br />

tutti e tre della Facoltà Teologica dell’Italia<br />

Settentrionale. Il prof. Giorgio Rumi,<br />

docente di Storia contemporanea<br />

presso l’Università degli Studi di Milano,<br />

ha tratto le conclusioni al termine dei<br />

lavori.<br />

La giornata è nata a partire dall’idea<br />

di condurre uno studio sulla teologia in<br />

Mons. Carlo Colombo: un’idea anzitutto<br />

di Mons. Giuseppe Colombo, il quale<br />

nel proprio intervento ha trattatto della<br />

«Teologia di Carlo Colombo» e specialmente<br />

della sua ricerca di un rigore metodologico<br />

applicato poi al superamento<br />

di alcune formule che rischiavano di imbrigliare<br />

la riflessione. In sintesi, il teologo<br />

Colombo volle soffermarsi sull’oggetto<br />

della Rivelazione, più che sulle formule<br />

magisteriali, pur sempre mantenendosi<br />

fedele al Magistero, con maggiore<br />

attenzione alle ragioni intrinseche<br />

della fede e quindi vedendo la teologia<br />

come approfondimento della fede.<br />

A collocare questo studio nel contesto<br />

ro comunità o parrocchie. Guiderà gli incontri<br />

suor Cecilia Stiz, direttrice del Segretariato<br />

religiose dell'Associazione Italiana Santa<br />

Cecilia.<br />

Durante il corso, la religiosa presenterà<br />

canti per il tempo di Avvento e Natale composti<br />

da lei e da altri autori come G. Liberto, S.<br />

Bertuletti, V. Donella, N.L. Barosco, I. Meini, F.<br />

Vailati Venturi, B.V. Modaro, F. Rampi, V. Miserachs.<br />

storico in cui visse il Vescovo sono state<br />

le relazioni di Mons. Rimoldi e del prof.<br />

Marcocchi. Quest’ultimo, trattando di<br />

«Religione e cultura nell’itinerario di<br />

Don Carlo Colombo tra il 1931 e il<br />

1945», ha messo in rilievo come quelli<br />

furono «quindici anni di preparazione,<br />

di maturazione, che vedono il Colombo<br />

professore di filosofia sino al 1938, allorché<br />

viene incaricato di insegnare Teologia<br />

dogmatica alla Facoltà Teologica<br />

presso il seminario di Venegono». Sono<br />

anni in cui il futuro Vescovo si forma<br />

come autodidatta, trovando piste originali<br />

nel rapporto con la filosofia e la cultura<br />

contemporanea. Don Brambilla —<br />

che ha parlato su «Carlo Colombo e<br />

Montini: alle origini del Concilio» — ha<br />

affrontato per l’appunto il rapporto fra<br />

questi due grandi uomini della Chiesa<br />

contemporanea. Infine, Don Xeres ha<br />

trattato il tema «Il Fondo Carlo Colombo<br />

presso la Facoltà Teologica dell’Italia<br />

Settentrionale e altre fonti archivistiche»:<br />

dalla sua relazione è emerso che<br />

molti aspetti andranno ancora approfonditi,<br />

specialmente per quanto riguarda<br />

gli «incroci» con le vicende di altre persone<br />

in rapporto con Mons. Colombo.<br />

Che molto ci sia ancora da lavorare<br />

attorno alla figura di questo Vescovo, è<br />

stato sottolineato da tutti. In particolare<br />

Mons. Rimoldi ha segnalato l’importanza<br />

della figura paterna di Carlo, i rapporti<br />

tra questi e Mons. Figini, ed anche<br />

quelli con Mons. Olgiati, e infine lo studio<br />

del tedesco.<br />

Il prof. Rumi ha messo in rilievo a<br />

sua volta un altro aspetto interessante,<br />

ossia il pensiero del Colombo riguardo<br />

al campo civile, sociale e politico, che<br />

pure andrà tenuto presente nello studiarne<br />

la figura. Citando alcuni esempi<br />

concreti, il relatore ha sottolineato il<br />

«progresso delle idee» e il «coraggio personale»<br />

dimostrato da Mons. Colombo<br />

in anni difficili e delicati della vita della<br />

Chiesa e del mondo. E, raccontando di<br />

un incontro avuto all'epoca in cui si stava<br />

preparando la «Storia religiosa delle<br />

diocesi lombarde», ha confidato: «mi<br />

disse soltanto di fare lo storico e non<br />

l’apologeta, specificando che gli storici<br />

dovevano fare il loro mestiere», perché<br />

voleva dare «uno strumento non solo ai<br />

preti, ma anche ai laici e anche, oserei<br />

dire, ai laicisti, all’universalità del pubblico<br />

colto». Il professor Rumi, riferendosi<br />

alla figura del Colombo sacerdote,<br />

concludendo ci ha detto: «Tutto questo<br />

merita attenzione, perché noi abbiamo<br />

bisogno di una storia dei preti. Il prete,<br />

come diceva Gramsci, è l’intellettuale<br />

vero del popolo italiano, e noi non studiamo<br />

mai questo protagonista naturale<br />

del panorama culturale italiano». Il Vescovo<br />

Carlo Colombo lo fu di certo.<br />

ALBERTO MANZONI<br />

In missione seguendo<br />

la parola di Gesù:<br />

«Va' e anche tu fa lo stesso»<br />

GIAMPAOLO MATTEI<br />

«Vade et tu fac similiter». «Va' e<br />

anche tu fa lo stesso». Il Successore di<br />

Pietro ha ripetuto stamane le parole<br />

pronunciate da Gesù dopo aver narrato<br />

la parabola del buon Samaritano. Al<br />

dottore della legge che aveva ascoltato<br />

le sue parole e aveva indicato, appunto,<br />

nel buon Samaritano colui che era<br />

stato veramente «prossimo» del sofferente,<br />

Gesù ha detto, semplicemente:<br />

«Va' e anche tu fa lo stesso».<br />

Guardando la raffigurazione del<br />

buon Samaritano, collocata nell'Aula<br />

Paolo VI, Giovanni Paolo II ha ripetuto<br />

le semplici, essenziali parole di Gesù.<br />

Parole che investono la vita intera.<br />

È un'icona impressionante e provocatoria<br />

quella del buon Samaritano. Nel'Aula<br />

Paolo VI c'è stamane l'opera del<br />

maestro Francesco Guadagnuolo che<br />

marca il gesto del chinarsi sulla persona<br />

che vive l'esperienza del dolore.<br />

È un atteggiamento che quanti sono<br />

stamane qui nell'Aula per incontrare il<br />

Papa, ascoltare la sua parola e ricevere<br />

la sua benedizione, conoscono bene<br />

per averlo essi stessi compiuto. Hanno<br />

partecipato ai due giorni di lavori del<br />

Simposio internazionale promosso,<br />

proprio sul tema del volontariato cat-<br />

L'omaggio dell'Arcivescovo<br />

Javier Lozano Barragán<br />

All'inizio dell'udienza, l'Arcivescovo<br />

Javier Lozano Barragán, Presidente<br />

del Pontificio Consiglio per gli<br />

Operatori Sanitari, ha rivolto a Giovanni<br />

Paolo II il seguente indirizzo<br />

di omaggio:<br />

Beatissimo Padre:<br />

Siamo profondamente grati a Vostra<br />

Santità per questa Udienza,<br />

concessa al termine del nostro Simposio<br />

Internazionale sul Volontariato<br />

Cattolico in Sanità. Sono qui presenti<br />

numerosi volontari, specialmente<br />

coloro che operano nell'ambito della<br />

sanità ed i malati ai quali prestano<br />

il loro servizio d'amore, giunti da<br />

molti paesi, che si rallegrano della<br />

Sua presenza, attendono la luce della<br />

Sua parola che illumina e rafforza<br />

i propositi di bene, ed implorano<br />

umilmente la Sua Apostolica Benedizione.<br />

Durante i lavori del Simposio, abbiamo<br />

approfondito il tema del Volontariato<br />

e ascoltato esperienze<br />

tanto ricche da diverse parti del<br />

mondo. Come sempre, il nostro modello<br />

è stato Cristo, il Buon Samaritano.<br />

Lui è il vero modello per tutti<br />

gli operatori sanitari; ma riferendoci<br />

ai volontari, ci hanno colpito moltissimo<br />

alcune frasi pronunziate anni<br />

fa da Vostra Santità. Lei ci ha detto<br />

che in loro «agisce la misericordia<br />

tolico nel mondo della sanità, promosso<br />

dal Pontificio Consiglio per gli Operatori<br />

Sanitari. Hanno condotto una riflessione<br />

seria, impegnativa, profetica<br />

e creativa.<br />

I rappresentanti di tante realtà di<br />

volontariato di tutto il mondo hanno<br />

dunque accolto con consapevole entusiasmo<br />

le parole del Santo Padre: «Va'<br />

e anche tu fa lo stesso». E quel «lo<br />

stesso» significa impegnare la propria<br />

vita senza sconti e senza scuse.<br />

Ciascuna persona che è qui presente<br />

ha una storia importante da raccontare.<br />

È una storia di dolore e di condivisione<br />

cristiana del dolore. È una storia<br />

che mostra come l'esperienza della<br />

sofferenza abbia un valore, un valore<br />

salvifico decisivo per la persona e per<br />

l'umanità intera. Stamane, qui, ci sono<br />

persone che alla sofferenza danno del<br />

«tu» da anni. Sono venute per testimoniare<br />

che il criterio vero che deve regolare<br />

i rapporti umani è quello del<br />

dono gratuito, dell'amore disinteressato<br />

al prossimo, chiunque egli sia. Stamane<br />

qui ci sono persone che soffrono<br />

e persone che hanno scelto di stare loro<br />

accanto, senza chiedere nulla in<br />

cambio. Ecco perché la speranza è il<br />

messaggio che oggi testimoniano al<br />

mondo.<br />

del Padre resa visibile in Cristo, testimoniando<br />

la presenza di Dio<br />

provvidente nel mondo e vivendo<br />

la carità nella verità» (Giovanni Paolo<br />

II, «Insegnamenti, Incontri con i<br />

giovani nello stadio comunale: siete<br />

indispensabili per quello che potrete<br />

fare attraverso la fede nel Dio della<br />

pace, che si fa cultura e impegno di<br />

pace», Torino, 3 settembre 1988);<br />

queste sono le tracce della sua figura,<br />

e perciò ci siamo commossi costatando,<br />

come afferma Vostra Santità,<br />

«la purezza di motivazione li<br />

rende trasparenti; il respiro della loro<br />

speranza, costanti; e l'umiltà della<br />

loro carità, credibili» («Insegnamenti.<br />

Alla confederazione delle Misericordie<br />

d'Italia»).<br />

Pensiamo così alla figura del volontariato<br />

come ad una dimostrazione<br />

squisita di speranza cristiana,<br />

specialmente di fronte alle malattie<br />

che più sconvolgono il nostro mondo,<br />

per esempio l'Aids, della quale<br />

si celebra oggi la giornata mondiale,<br />

proprio nell'anno dedicato al volontariato.<br />

Voglia Vostra Santità condurre i<br />

nostri volontari in questo ammirevole<br />

servizio di Buon Samaritano, affinché<br />

con la Sua autorevole Parola,<br />

che mai ci è mancata, e la Sua apostolica<br />

Benedizione, il loro operato<br />

sia sempre segnato dalla virtù della<br />

speranza.<br />

Le parole dell'Arcivescovo<br />

Stephen Fumio Hamao<br />

Ha quindi preso la parola l'Arcivescovo Stephen Fumio Hamao, Presidente<br />

del Pontificio Consiglio della Pastorale per i Migranti e gli Itineranti, che<br />

ha rivolto al Santo Padre le seguenti parole:<br />

Beatissimo Padre,<br />

a nome dei partecipanti all'Incontro di Studio sulla pastorale dei nomadi,<br />

riuniti a Roma dal 28 novembre al 1° dicembre 2001, ringrazio Vostra<br />

Santità per averci dato l'opportunità di ascoltare la sua parola di incoraggiamento<br />

e di conforto nel difficile ministero al servizio dei nostri fratelli<br />

nomadi.<br />

All'incontro promosso dal nostro Pontificio Consiglio, hanno preso parte<br />

Vescovi promotori, direttori nazionali ed esperti, provenienti da 20 Paesi europei,<br />

dalle Americhe e dall'India.<br />

Lo scopo dell'incontro è stato quello di preparare la base di un documento<br />

ecclesiale che serva da linea guida per le Chiese locali e gli operatori<br />

pastorali del settore, tenendo presente l'esigenza di un ministero atto a favorire<br />

l'evangelizzazione di questo popolo e la convivenza tra la gente nomade<br />

e i sedentari.<br />

Con l'occasione, desidero ringraziarLa personalmente, Beatissimo Padre,<br />

per le preghiere e per la particolare benedizione durante la mia recente<br />

malattia.<br />

Grazie Padre Santo.

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