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ERZA T PAGINA .<br />
PAGINA<br />
3 .<br />
Quella Luce<br />
che non si spegne<br />
ARMANDO RIGOBELLO<br />
L'annuncio della nascita di Gesù giunge<br />
quest'anno in un cielo fosco di guerre<br />
e di stragi. La fede, che ci anima e ci<br />
sostiene al di là del dolore e dello smarrimento,<br />
ci offre tuttavia motivi di speranza.<br />
Accanto alla preghiera ed alla<br />
meditazione nel mistero di Betlemme<br />
possiamo tentare di proporre anche alcune<br />
considerazioni che sembrano sollevare<br />
l'orizzonte abbassato che incombe<br />
sul mondo. Nella pubblicistica di questi<br />
ultimi mesi si è disegnato talvolta un<br />
confronto tra due eventi ben diversi ma<br />
che hanno prodotto entrambi una scossa<br />
profonda, radicale. Alludiamo alla caduta<br />
del muro di Berlino e al recente<br />
crollo della torri gemelle di New York.<br />
Il primo evento segna l'epilogo di un<br />
processo di liberazione, il secondo la<br />
presa di coscienza di un radicale cedimento<br />
delle più elementari forme di coscienza<br />
morale ed, insieme a ciò, la constatazione<br />
che le più avanzate realizzazioni<br />
del progresso tecnico e l'ottimizzazione<br />
delle modalità organizzative dell'esistenza<br />
si rivelano fragili strutture. Esse<br />
hanno subito impotenti la contestazione<br />
di un nichilismo totale unito al fanatismo<br />
più cieco.<br />
Il sogno illuministico di un indefinito<br />
progresso si rivela disegno precario di<br />
fronte ad una organizzazione spregiudicata<br />
di un lucido fanatismo, un fanatismo<br />
capace di porre in crisi profonda<br />
un disegno che sembrava svuotare ogni<br />
ideologia e sostituirla con quella del progresso<br />
infinito. L'evento dell'11 settembre<br />
scorso ha messo di fronte una razionalizzazione<br />
per eccesso e una compiuta<br />
irrazionalità, ma dall'indicibile tragedia<br />
potrebbe venire pure un invito a «un<br />
passo indietro» verso un umanesimo del<br />
limite, un passo indietro che può condurre<br />
anche alla povera mangiatoia ove<br />
un Dio si è fatto bambino. Il presepio<br />
che oggi illumina le nostre case e le nostre<br />
chiese è una scena di intimità famigliare<br />
e allo stesso tempo un evento di<br />
dimensioni cosmiche.<br />
Di fronte alla culla di Betlemme possiamo<br />
forse cogliere il senso profondo<br />
dell'espressione «impossibilità di privatizzare<br />
il nostro futuro» che ricorre in<br />
un articolo di Remo Bodei all'indomani<br />
della tragedia dell'11 settembre. Ciò che<br />
sembra divenuto impossibile è il programmare<br />
con finalità esclusivamente<br />
private il nostro futuro, un futuro previsto,<br />
guidato, garantito secondo consequenzialità<br />
meramente tecnica.<br />
In parole più semplici si potrebbe dire<br />
che la tragedia di New York ci ha bruscamente<br />
risvegliati dal sogno di una società<br />
e di una economia scientificamente<br />
determinate, guidate da una loro logica<br />
interna di produzione. Credevamo che<br />
la garanzia del progresso funzionale potesse<br />
esentarci dall'affrontare i grandi<br />
problemi di carattere esistenziale, morale<br />
e spirituale e così provvedere, in assoluta<br />
autonomia, ad un benessere incentrato<br />
sulla soggettività personale, privata.<br />
La tragedia, anzi le tragedie presenti,<br />
irrompono però sulla scena.<br />
Non possiamo più pensare tranquillamente<br />
a noi stessi. La meditazione di<br />
fronte al presepio ha la capacità di sollevarci<br />
dall'angoscia per le atroci sciagure<br />
che insanguinano il mondo, anche nella<br />
terra ove Gesù è venuto alla luce, e di<br />
innalzare su di esse un cielo stellato e<br />
una cometa che annunzi una rinnovata<br />
speranza, anzi una certezza.<br />
Ma ciò avviene non solo per una incrollabile<br />
fede che vince ogni motivo di<br />
disperazione, ma anche perché la vicenda<br />
scatenante, il crollo delle due torri di<br />
New York, non ha soltanto il tragico<br />
volto di migliaia di morti, ma pure quello<br />
pensoso che può nascere da un brusco<br />
risveglio dalle illusioni di una società<br />
opulenta e dimentica di un sapienziale<br />
umanesimo del limite. Anche in un Natale<br />
buio si accende una stella che può<br />
illuminare un cammino verso la «pace»<br />
e la «buona volontà».<br />
«Questo Natale buio» è un'espressione<br />
che troviamo in una lettera ai genitori<br />
di Dietrich Bonhoeffer, scritta per il Natale<br />
1943 dalla cella 92 del carcere nazista<br />
di Tegel. È un altro buio quello del<br />
Natale del teologo luterano giustiziato<br />
nell'aprile del 1945, Natale di un prigioniero,<br />
testimone della «Chiesa confessante».<br />
La tragedia incombeva, la violenza<br />
delle armi e quella delle ideologie<br />
devastavano quel mondo che Bonhoeffer<br />
aveva teorizzato come «mondo adulto».<br />
La lettura di un brano di quella lettera<br />
natalizia ci introduce ad una ulteriore<br />
considerazione.<br />
Riportiamo il passo dall'ampio e denso<br />
volume La stella dei filosofi di Giovanni<br />
Moretto (Queriniana, Brescia<br />
1995): «Voi ci avete preparato per decenni<br />
feste di Natale tanto meravigliose<br />
che il loro ricordo riconoscente è abbastanza<br />
forte da illuminare anche questo<br />
Natale buio. È in tempi come questi che<br />
si dimostra veramente che cosa significhi<br />
possedere un passato e una eredità<br />
interiore che non dipendono dal mutare<br />
dei tempi e degli eventi. La consapevolezza<br />
di essere sorretti da una tradizione<br />
spirituale che si estende nei secoli dà<br />
una salda sensazione di sicurezza davanti<br />
a qualsiasi transitoria difficoltà. Credo<br />
che chi sa di possedere siffatte riserve di<br />
forza non ha bisogno di vergognarsi<br />
nemmeno dei sentimenti più teneri, che<br />
peraltro a mio giudizio sono propri degli<br />
uomini migliori e più nobili, quando siano<br />
suscitati dal ricordo di un passato<br />
bello e ricco» (pp. 301-302). La lettera si<br />
trova anche nel volume Resistenza e resa.<br />
Lettere e appunti dal carcere, curato<br />
ed introdotto da Italo Mancini (Bompiani,<br />
Milano 1969).<br />
La riflessione sul Natale di oggi si intreccia<br />
con quella sul «Natale buio» di<br />
Dietrich Bonhoeffer. Dalla sua lettera ai<br />
genitori possiamo trarre un ulteriore<br />
motivo per interpretare le ombre grevi<br />
del presente attraverso una luce che non<br />
si spegne. Bonhoeffer fa riferimento ad<br />
una «riserva di forza» con cui superare<br />
«qualsiasi transitoria difficoltà».<br />
Questa risorsa è la consapevolezza<br />
della secolare tradizione spirituale che<br />
abbiamo alle spalle, una tradizione che<br />
costituisce una «eredità interiore» sottratta<br />
al mutare delle circostanze e dei<br />
tempi. Non dobbiamo essere sopraffatti<br />
dal buio della notte, sulle ombre minacciose<br />
brilla la stella della Redenzione.<br />
L'evento del Natale ne è l'immagine e<br />
il suo reale fondamento. Dall'appartenenza<br />
alla tradizione spirituale che nel<br />
Vangelo ha il suo centro, da questa «riserva»<br />
di senso e di forza, di conoscenza<br />
e di grazia viene la capacità di reagire,<br />
di interpretare, di sperare. È quella tradizione<br />
che ci ha fatto riconoscere che<br />
anche la tremenda vicenda di New York<br />
ha pure essa una possibile funzione<br />
maieutica nel richiamarci a finalità,<br />
a limiti, ad aperture che sembravano<br />
assorbite nell'esercizio prioritario<br />
di una ragione calcolante, assorbite<br />
nella logica di un mondo<br />
appiattito nel profitto unidimensionale.<br />
Questa riserva di<br />
senso e di forza ci permette<br />
anche di non «vergognarci<br />
nemmeno dei sentimenti più<br />
teneri», ci permette la tenerezza<br />
di fronte al calore degli<br />
affetti ed alle suggestioni<br />
che il Natale suscita con la<br />
stessa iconografia del presepe.<br />
Non si tratta di una evasione,<br />
di una parentesi emotiva,<br />
di una messa tra parentesi<br />
dei problemi, di una anestesia<br />
per non essere travolti<br />
dal dolore del mondo. La consapevolezza<br />
della gravità del<br />
presente non è per nulla scalfita,<br />
ma vi è una consapevolezza<br />
più profonda che getta luce anche<br />
sul travagliato presente, sulla «difficile<br />
terra».<br />
Nel costume corrente vi è certamente<br />
una ampia componente di atteggiamenti<br />
e di scelte effimere, ma lo zoccolo<br />
duro della tradizione è altrove, in<br />
quella spiritualità che unisce lo stupore<br />
pensoso e la tenerezza, serena pur nelle<br />
vicissitudini dell'esistenza e della storia.<br />
L'umiltà di un bimbo nato in una stalla<br />
non è certo un invito all'edonismo, al<br />
primato del consumo, all'evasione, ma<br />
DANILO VENERUSO<br />
<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Lunedì-Martedì 24-25 Dicembre 2001<br />
Dalla Grotta di Betlemme<br />
un messaggio di libertà e di pace<br />
Il Natale<br />
di Manhattan<br />
Continua ad incarnarsi in ogni uomo<br />
Fin dai primi secoli dell'impianto del cristianesimo<br />
soprattutto la tradizione delle Chiese orientali ha presentato,<br />
con profondità e con ricchezza di riferimenti,<br />
la ormai più che millenaria memoria della nascita di<br />
Gesù il Cristo nei termini di una luminosa «teofania»,<br />
ovvero di apparizione di Dio all'uomo quasi «a miracol<br />
mostrare». Essa è stata poi comunicata alla sempre più<br />
fitta rete delle chiese che ha gradatamente avvolto tutto<br />
il mondo nei termini più semplici, ma egualmente<br />
attinenti alla dimensione della gloria, di quella «epifania»<br />
che, in origine, era tutt'uno con la ricorrenza del<br />
Natale.<br />
In effetti, l'«apparizione» di Dio ad un'umanità in attesa<br />
è uno dei motivi centrali ed ineludibili della promessa<br />
messianica, che scorre dalla parola dei profeti al<br />
canto di gloria dello sciame angelico e all'esultanza dei<br />
pastori di fronte all'evento passando attraverso la parola<br />
comunicata a Maria nel momento dell'accettazione.<br />
Se però noi ci fermassimo soltanto al momento della<br />
gloria, della rivelazione sensibile, senza cercare di collegarlo<br />
al suo significato teologico più vero, anche se<br />
più nascosto in profondità, potremmo essere addirittura<br />
fuorviati. Rischieremmo infatti di metterci sullo<br />
stesso piano dei tanti che, durante la vita di Gesù,<br />
chiedevano segni esteriori a ripetizione, rifiutavano con<br />
orrore l'idea che egli potesse morire, per giunta della<br />
morte più ignominiosa che potesse darsi al mondo, si<br />
attendevano, nell'ora della prova, che legioni di angeli<br />
piombassero dal cielo con la spada fiammeggiante per<br />
far piazza pulita di coloro che avevano osato mettere<br />
le mani addosso e minacciare la stessa vita del Redentore.<br />
Gesù è certo venuto nel mondo per rivelarsi per<br />
quello che effettivamente era, il Figlio di Dio, ma lo ha<br />
inteso fare in modo non soltanto di apparire, ma anche<br />
di essere vero Figlio dell'Uomo, di un uomo che,<br />
già elevato al livello di coscienza del mondo, mostrava<br />
anche di essere capace di essere elevato all'altezza di<br />
Dio. È il compimento del mistero dell'Incarnazione.<br />
Da quel momento, anche la storia dell'umanità è<br />
cambiata: Dio e l'uomo si associano pur senza fondersi<br />
in una naturale e contraddittoria identità. Mistero sublime<br />
ma anche «pietra di inciampo» per parecchie coscienze<br />
pur non insensibili al richiamo e al fascino del<br />
messaggio evangelico: accanto allo «scandalo della croce»<br />
c'è stato e c'è senza dubbio lo «scandalo» di un'incarnazione<br />
che porta l'uomo, per convergenza, nella<br />
società divina pur senza immersione nel panteismo che<br />
è non elevazione, bensì livellante abbassamento di Dio<br />
al piano del Suo creato.<br />
Con Cristo e dopo Cristo, Dio e l'uomo hanno la<br />
lascia tuttavia un ampio spazio al sentimento,<br />
all'emozione, alla letizia, anzi all'esultante<br />
pienezza. La stessa ampia dimensione<br />
festiva del nostro Natale è in<br />
fondo una estensione del tenero stupore<br />
di fronte al Bambino del presepe, una<br />
sua estensione analogica ad ogni uomo<br />
che è stato bambino e che bambino dovrebbe<br />
ritornare nei momenti più puri e<br />
solenni della propria esistenza. Le grandi<br />
feste cristiane sebbene focalizzate nel<br />
ricordo di un evento singolo, su di un<br />
particolare mistero, non rimangono mai<br />
chiuse sul proprio tema. Così sullo sfondo<br />
del Natale vi è la Croce e la Risurrezione,<br />
vi è tutta la nostra fede colta dalla<br />
prospettiva dell'Incarnazione. Ed è<br />
ciò che ci permette di raccoglierci nella<br />
dolce intimitàdifronteal presepio ed insieme<br />
sentircicoinvoltiinuna vicenda<br />
che trascende il nostro tempo e tuttavia<br />
lo attraversa offrendo ipotesi per una<br />
sua interpretazione e delineando modalità<br />
per un impegno.<br />
Paolo Uccello,<br />
«Natività»<br />
MANLIO CANCOGNI<br />
Il Ground Zero, ora che l'hanno interamente<br />
recintato, si può farne l'intero<br />
giro in meno di un'ora, anche soffermandoci<br />
ogni tanto a guardare oltre le<br />
barriere di legno sulle quali i newyorkesi<br />
continuano ad attaccare bandierine,<br />
insegne colorate, stemmi, mazzetti<br />
di fiori. Scendendo a sud da Vesey<br />
Street per Broadway, fin sotto la Trinity<br />
Church e piegando poi a destra in Rector<br />
Street fino a raggiungere West<br />
Street per risalirla a nord fino a tornare<br />
in Vesey Street, il percorso misura<br />
un chilometro e mezzo circa.<br />
A occhio e croce racchiude un'area,<br />
completamente devastata, di una decina<br />
d'ettari. Una ferita spaventosa, specie<br />
se si pensa che si apre nel cuore più<br />
fittamente edificato e frequentato di<br />
Manhattan. Ci sono stato due volte<br />
(non abito lontano) sempre ricevendone<br />
possibilità di coesistere e di agire senza perdere la rispettiva<br />
natura, la rispettiva autonomia, nella continua<br />
capacità di reciproca convergenza. Ciò che è di Dio e<br />
ciò che è dell'uomo, in definitiva, hanno la possibilità e<br />
la capacità di convergenza perché c'è il Mediatore che<br />
ha accettato di assumere la natura umana in tutto, anche<br />
nella sofferenza e nella morte.<br />
Per questo Gesù il Cristo è nella storia non soltanto<br />
perché è venuto al mondo in un determinato periodo<br />
della storia, ma anche perché si è incarnato, e continua<br />
ad incarnarsi, in ogni uomo che è venuto al mondo,<br />
si è associato e continua ad associarsi con lui nei<br />
segni congiunti e intrecciati tanto della ragione quanto<br />
dell'amore.<br />
Per questo, nonostante tutte le apparenze, il mondo<br />
può continuare ad essere letto scambievolmente nella<br />
sua duplice dimensione di creato, ovvero di struttura<br />
della materia, e di luogo in cui Dio ha esercitato la sua<br />
Caravaggio, «Natività con i santi Francesco e Lorenzo»<br />
la stessa impressione di incredulità,<br />
sgomento, dolore.<br />
Il mucchio di macerie, dove prima si<br />
levavano svettanti le due argentee torri<br />
del World Trade Center è enorme, una<br />
collina alta almeno trenta metri di un<br />
colore uguale e tetro. Con angoscia si<br />
pensa a che cosa resterà di tante metropoli<br />
moderne, dovesse accadere un<br />
collasso della nostra civiltà, da molti<br />
pronosticato come imminente, paragonabile<br />
a quello del mondo antico nel V<br />
secolo dopo Cristo. Non rimarranno a<br />
ricordarcelo poetiche ed eloquenti rovine<br />
coperte di edere, acanti e altre nobili<br />
erbe. Rimarranno solo rottami, nulla<br />
in pratica: un Ground Zero appunto.<br />
Intorno, la città, nel West Side verso<br />
le Battery e lungo l'Hudson, appare<br />
spenta. Si rianima, attraversata Broadway,<br />
nell'East Side, man mano che si<br />
risale verso il Fulton Market e l'ingresso<br />
del Brooklyn bridge, su su per James<br />
Place fino a raggiungere, dopo una<br />
buona sgambata, Chinatown in continua<br />
espansione. I cinesi di Manhattan<br />
sembra davvero non possa fermarli<br />
nemmeno una catastrofe come quella<br />
dell'11 Settembre. Anche la Bowery,<br />
che negli ultimi anni è quasi interamente<br />
passata nelle loro mani, tutta<br />
bella ridipinta, appare illuminata e festosa.<br />
Ma festosa in realtà Manhattan<br />
non lo è più, in nessun quartiere,<br />
nemmeno a Midtown, lontano<br />
chilometri dal Ground Zero, in<br />
vista del Central Park, dove si<br />
trovano le residenze più lussuose<br />
del mondo; non lo è<br />
più nonostante i grandi addobbi<br />
natalizi. È ammirevole<br />
vedere come i newyorkesi<br />
ce la mettano<br />
tutta per convincersi che<br />
nonostante l'11 Settembre<br />
New York è sempre<br />
New York. Non bastano<br />
però le vetrine ricolme e<br />
gli acquisti massicci di<br />
regali e di giocattoli a<br />
confermare l'illusione.<br />
C'è tuttavia da notare<br />
un particolare confortante.<br />
I negozi che rispetto al<br />
passato appaiono più affollati<br />
sono le rivendite di Barnesand<br />
Noble, il più grande<br />
libraio degli Stati Uniti, che<br />
solo a Manhattan ne ha almeno<br />
una dozzina. In quella di<br />
Union Square ho faticato ad entrare.<br />
A giudicare dall'enorme<br />
clientela, vien da pensare che quest'anno<br />
2001, il primo del nuovo millennio,<br />
almeno qui a New York, sotto<br />
l'albero di Natale ci saranno molti libri.<br />
Sarebbe già una bella sorpresa.<br />
Non c'è da meravigliarsi. Di sorprese<br />
infatti Manhattan, questa vetrina mondiale<br />
della modernità, ne ha sempre<br />
qualcuna in serbo. Non dico che siano<br />
ragione, vale a dire il suo progetto, e il suo amore, vale<br />
a dire la sua azione.<br />
Per questo l'uomo, quale coscienza del mondo, è in<br />
grado di leggere questa vera e propria «corrispondenza<br />
biunivoca» tra due dimensioni che sono vicine ma non<br />
identiche.<br />
Tale corrispondenza richiede però un equilibrio che<br />
la limitatezza creaturale dell'uomo raggiunge talvolta<br />
con difficoltà. Sotto questo aspetto il primo millennio<br />
del cristianesimo fu caratterizzato dalla tendenza di essere<br />
squilibrato sul versante dello «spiritualismo» che<br />
molto spesso assunse le forme di un angelismo insensibile<br />
alle esigenze di una corporeità che fa parte integrante<br />
dell'Incarnazione.<br />
Viceversa, si può senz'altro giudicare il secondo millennio,<br />
appena spirato, come caratterizzato dalla tendenza<br />
opposta, favorita senza dubbio dallo squilibrio<br />
tra lo spazio riservato alla conoscenza e alla prassi del<br />
mondo e nel mondo e lo spazio riservato alla conoscenza<br />
e alla prassi di quanto è al di fuori di esso per<br />
legittimarlo, fondarlo e sostenerlo.<br />
In ambedue le tendenze, si perde la capacità congiuntiva,<br />
passando subito e senza mediazione, vale a<br />
dire senza «incarnazione» che è propriamente mediazione,<br />
dalla congiunzione alla separazione, dal nesso et<br />
et al nesso aut aut.<br />
La «crisi del cristianesimo» è pertanto soprattutto<br />
crisi della coscienza incarnativa nella cultura moderna<br />
e contemporanea. Questa è senz'altro capace di leggere<br />
il mondo come fenomeno, anche se in modo ripetitivo<br />
e sempre più banale, ma è incapace di leggerlo<br />
nella sua dimensione «noumenica» che non è, come<br />
credeva Kant, quella dell'«oggetto in sé» privo di ogni<br />
razionalità e di ogni credibilità presentata da una tradizione<br />
aristotelica ormai in via di esaurimento, bensì<br />
quella che collega la realtà nella verità piena della costitutiva<br />
binarietà della congiunzione.<br />
Non è un caso, infatti, che la crisi della coscienza incarnativa<br />
parta sempre dalla separazione e sbocchi<br />
sempre in separazione, a partire da quella primaria tra<br />
tempo ed eternità, con cui Hegel ha creduto di secolarizzare<br />
la poliedrica tradizione di quasi duemila anni di<br />
cristianesimo. Secondarie a questa sono infatti le numerose<br />
altre scoperte della cultura contemporanea<br />
che, postulando contraddittoriamente la loro reciproca<br />
separazione, finiscono per condurre inevitabilmente al<br />
settarismo e all'incapacità di comprendere l'altro, nella<br />
valenza più ampia del termine.<br />
L'incapacità di comprendere l'altro appartiene però<br />
alla crisi della ragione, allo stesso modo che appartiene<br />
alla crisi dell'amore l'incapacità di operare per l'altro.<br />
La «rivelazione» della grotta di Betlemme è perciò rivelazione<br />
della vicinanza provvidenziale di Dio all'uomo<br />
per progetto di ragione e per scelta di amore.<br />
«Natività» (arte romanica catalana)<br />
necessariamente delle novità; dico che<br />
a Manhattan si possono sempre scoprire<br />
cose che finora non si notavano. Si<br />
vedono dopo quanto è accaduto, specie<br />
da quando, con la prima domenica di<br />
Dicembre, siamo entrati nell'Avvento.<br />
Quante chiese ad esempio ci sono in<br />
ogni quartiere! Possibile che non ce ne<br />
fossimo mai accorti? Ce ne sono qui a<br />
Manhattan, molte di più, fra le varie<br />
confessioni cristiane, che in ogni altra<br />
capitale europea, esclusa Roma.<br />
In quelle cattoliche, che sono relativamente<br />
in maggioranza, ogni mattina,<br />
fra le sette e le otto, dove in inglese, dove<br />
in spagnolo, si dice Messa; ogni mattina<br />
si distribuisce l'Eucaristia ai fedeli.<br />
Non sono molti, è vero.<br />
Ma quei pochi bastano a testimoniare<br />
che il seme è rimasto; e specie in<br />
questi giorni di Vigilia par destinato a<br />
germogliare, come ricorda la parabola<br />
del Vangelo. In ognuna di queste chiese<br />
le solite mani anonime hanno allestito<br />
il presepio. Quello di Sant'Antonio, in<br />
Houston Street west, all'aperto, ben visibile<br />
a tutti in un tratto di gran traffico<br />
fra il Village e Soho, è il più spettacolare.<br />
Per far posto al nostro, io e mia moglie,<br />
che a Manhattan viviamo in un'unica<br />
stanza, abbiamo liberato dai volumi<br />
che l'occupavano, uno dei ripiani<br />
della libreria. È probabilmente il più<br />
piccolo dei tanti presepi familiari allestiti<br />
in questi giorni nelle case, spesso<br />
modeste, dei newyorchesi d'origine italiana,<br />
irlandese, ispanica, slava: misura<br />
80 cm. per 20.<br />
Ma non vi manca nulla: c'è anche la<br />
stella d'argento che guida i pastori (2),<br />
le pecorelle (3) e i Magi, alla soglia della<br />
divina capanna. Spente le lampade<br />
maggiori, e accese le candeline, dai fili<br />
d'oro della paglia su cui è posato il<br />
Bambino, emana una luce calda e brillante.<br />
Sempre, sin dalla prima volta che<br />
l'ho vista, Manhattan mi ha dato la<br />
stessa singolare e suggestiva impressione<br />
di trovarmi in un luogo dove si svolge<br />
uno spettacolo quanto mai vivo e attuale,<br />
aperto al futuro, eppure già avvenuto<br />
in tempi remoti e destinato a ripetersi,<br />
di trovarmi cioè, miracolosamente,<br />
nell'antica Roma ai tempi dell'Impero.<br />
Ora è la Roma imperiale del I Secolo,<br />
con i cesari della casa Giulia (sotto<br />
i quali nacque e morì Gesù Cristo); ora<br />
è quella del IV e del V secolo, la Roma<br />
della decadenza in attesa dei barbari,<br />
preludio al prorompere delle Feste cristiane.<br />
Due epoche che nella mia immaginazione<br />
si sovrappongono. Un<br />
principio e una fine che formano una<br />
sola realtà.<br />
Una sensazione, certo, che tuttavia è<br />
suffragata da varie somiglianze: lo stesso<br />
carattere babelico, la stessa varietà<br />
di etnie, lingue, religioni; la stessa esibizione<br />
di potenza e precarietà, lusso e<br />
miseria, raffinatezza e volgarità, cultura<br />
e ignoranza; di materialismo spinto<br />
fino all'eccesso e d'incredibile inquietudine<br />
che si manifesta in culti diversi,<br />
liturgie esoteriche, magia, superstizioni,<br />
stravaganze, ma anche in autentico<br />
travaglio spirituale.<br />
Non credo di essere il solo a provarle,<br />
e nemmeno penso che ciò mi accada<br />
per il fatto di avere ritrovato, qui a<br />
Manhattan, nove anni fa, la fede in cui<br />
ero cresciuto a Roma e dalla quale ero<br />
stato così a lungo separato.<br />
È vero d'altra parte che, ormai da<br />
anni, voci diverse e autorevoli segnalano<br />
con insistenza i sintomi sempre più<br />
gravi di una crisi generale, profonda e<br />
irreversibile della nostra civiltà. È anzi<br />
diventato quasi un luogo comune, credere<br />
e dire che il mondo moderno, il<br />
mondo del progresso, della scienza, dell'emancipazione,<br />
del benessere democratico,<br />
uniti a una spaventosa povertà<br />
interiore, è condannato, a breve termine,<br />
all'estinzione.<br />
Si chiede un'inversione di tendenza;<br />
s'invoca una rinascita spirituale. E<br />
quale altro luogo della terra, mi chiedo,<br />
se non Manhattan ha tutti i requisiti<br />
(proprio per le suddette somiglianze<br />
con la Roma antica) per essere il centro<br />
propulsore di un rinnovamento di portata<br />
mondiale? Non certo una capitale<br />
o un villaggio della vecchia Europa,<br />
tanto più scettica e sterile dell'America<br />
d'oggi. Tutto ancora finisce per convergere<br />
qui, e da qui tutto si ha la speranza<br />
che possa ripartire.<br />
Una rinascita religiosa, un nuovo<br />
Medio Evo come lo chiamava già ottanta<br />
anni fa Nicola Berdiaev, che faccia<br />
risorgere l'uomo spirituale sulle tetre<br />
macerie dei suoi vani splendori, non<br />
può d'altra parte essere che cristiana.<br />
Non vedo altre alternative.<br />
Sono passati 2000 anni e quest'unico<br />
annuncio di libertà e di pace ci viene<br />
ancora offerto, con le stesse parole, gli<br />
stessi gesti, riproducendo la stessa trepida,<br />
chiara commozione che accompagna<br />
il sorgere dell'alba. Ancora una<br />
volta le giornate più corte e più buie<br />
dell'anno sono giunte al termine. La luce,<br />
ancora una volta, comincia a crescere,<br />
da Oriente, passando su Long<br />
Island, guadagnando ogni giorno un<br />
minuto, per toccare i muri intirizziti di<br />
questa martoriata Manhattan.