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PAGINA<br />
6 .<br />
<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Lunedì-Martedì 24-25 Dicembre 2001<br />
Natale del Signore 2001<br />
«Oggi è nato per noi il Salvatore» (Salmo 95)<br />
In quel Bambino che salva<br />
la speranza di una umanità nuova<br />
JEAN GALOT<br />
Una nascita è fonte di gioia. La nascita<br />
di un bambino unico è fonte di<br />
una gioia unica. Perciò la festa di Natale<br />
è destinata a riempire il nostro<br />
cuore di una gioia imparagonabile.<br />
Celebriamo la nascita di un bambino<br />
che è il Messia atteso, e più del Messia:<br />
è il Figlio di Dio che ha voluto venire<br />
fra noi e vivere come noi. È il bambino<br />
che con la sua potenza divina ci salva.<br />
È unico al punto di cambiare con la<br />
sua presenza il volto dell’universo; egli<br />
inaugurauna era nuova per l’umanità.<br />
Il primo Natale della storia umana<br />
fu fonte di gioia per Maria e Giuseppe,<br />
per alcuni pastori. Il Natale di questo<br />
anno è fonte di gioia per un grande numero<br />
diuominidappertutto sulla terra.<br />
Colui che dall’eternità abita il cielo<br />
ha voluto abitare il nostro mondo; si è<br />
presentato a noi come bambino, piccolo<br />
bambino. Colui che esiste da sempre<br />
ha voluto percorrere il cammino abituale<br />
per i bambini che nascono e crescono.<br />
Nato dal Padre come Figlio unico, ha<br />
voluto nascere di nuovo in una natura<br />
umana. Con la sua nascita, fa onore a<br />
tutte le nascite che si producono sulla<br />
terra; fa ribaltare su di esse lo splendore<br />
nascosto della propria nascita. Entrando<br />
nel mondo come un bambino,<br />
conferisce una nuova dignità a tutti i<br />
bambini del mondo, che diventano i<br />
suoi fratelli.<br />
La festa<br />
dei bambini<br />
Siccome viene a noi come un bambino,<br />
Natale è più specialmente la festa<br />
dei bambini: la festa dei piccoli che<br />
possono contemplare nella mangiatoia<br />
un bambino piccolissimo. È anche la<br />
festa di tutti coloro che riconoscono nel<br />
bambino il futuro dell’umanità, con la<br />
speranza di un mondo migliore. Come<br />
bambino, Gesù porta al mondo una<br />
immensa promessa. Infatti, egli è il<br />
Salvatore, colui che, secondo il disegno<br />
supremo del Padre, è mandato sulla<br />
terra per liberare l’umanità dal peso<br />
delle sue colpe e comunicarle una vita<br />
nuova. È dunque il bambino che merita<br />
di attirare tutti gli sguardi, il bambinodestinato<br />
acolmaretuttelesperanze.<br />
Le sue piccole mani di bambino, dal<br />
momento della nascita, possiedono un<br />
potere misterioso, quello di dare un<br />
nuovo volto a tutti gli uomini. È il<br />
bambino del miracolo, primo perché<br />
proviene da una concezione verginale,<br />
miracolosa, e poi perché potrà operare,<br />
quando il momento sarà venuto, una<br />
moltitudine di miracoli.<br />
Il miracolo<br />
della concezione verginale<br />
Tuttavia, all’istante della sua nascita,<br />
il miracolo della concezione verginale<br />
rimane velato, e i miracoli della<br />
vita pubblica non sono ancora presenti.<br />
Gesù è un bambino simile agli altri,<br />
che non rivela la sua origine straordinaria<br />
né la grandezza della sua missione<br />
futura.<br />
Il Padre che l’ha mandato nel mondo<br />
desidera che egli viva pienamente la vita<br />
umana e che abbia una esistenza di<br />
bambino prima di avere una esistenza<br />
di adulto.<br />
Pur essendo il Figlio del Padre eterno,<br />
egli dovrà percorrere il lungo itinerario<br />
della crescita umana.<br />
La sua personalità divina non rende-<br />
rà questa crescita più veloce, perché i<br />
tempi necessari allo sviluppo saranno<br />
rispettati.<br />
Nel racconto della nascita, il messaggio<br />
dell’angelo ai pastori pone in luce il<br />
segno che fa riconoscere il Salvatore:<br />
«Troverete un bambino avvolto in fasce,<br />
adagiato in una mangiatoia» (Lc 2,<br />
12).<br />
In questo segno, la cosa che colpisce<br />
è che non c’è niente di particolare che<br />
viene riferito ad una nascita così<br />
straordinaria: sola la mangiatoia è<br />
eccezionale, ma è un segno di povertà,<br />
non una dignità.<br />
In tutta<br />
la sua fragilità<br />
Eccetto questo, il bambino non si distingue<br />
da altri bambini. Come Salvatore,<br />
ci voleva un bambino, un vero neonato.<br />
Si tratta di un bambino che appare<br />
in tutta la sua debolezza, in tutta la<br />
sua fragilità. Così si manifesta una proprietà<br />
dell’opera di salvezza: l’Onnipotente<br />
si serve della debolezza umana<br />
per compiere i suoi progetti. Gesù è il<br />
bambino che salva, perché il suo stato<br />
di neonato si apre all’azione sovrana<br />
del Padre.<br />
Più di ogni altra nascita, quella di<br />
Gesù è fonte di gioia, perché su questo<br />
bambino si fonda la speranza di una<br />
umanità nuova, che ha cominciato a<br />
nascere con lui.<br />
«Andiamo fino a Betlemme...»<br />
L'invito dei Pastori risuona per sempre<br />
Verità e incanto di un mistero gaudioso che accompagna i passi della storia<br />
Adorazione dei Pastori (Biblioteca Apostolica Vaticana,<br />
Codice Vat. Lat. 13080 fol. 7 v.)<br />
Scrittori e poeti non si sono mai sottratti<br />
al fascino del Natale; tra questi anche<br />
Cesare Angelini, sacerdote di Pavia<br />
e critico di letteratura (1886-1976), che<br />
sentiva il Natale come festa umanissima<br />
la quale, come le feste cristiane, durano<br />
un giorno ma creano e continuano un<br />
tempo. I pastori che con i greggi passavano<br />
nella bassa Lombardia sotto il nevischio<br />
di dicembre richiamavano ai<br />
suoi occhi i pastori di Betlemme; le loro<br />
pive e zampogne, la canzone più popolare<br />
del Natale: «Tu scendi dalle stelle o<br />
re del cielo» di s. Alfonso Maria de' Liguori<br />
(carta, penna e calamaio); i Magi,<br />
i re più dolci della storia (santi, poeti e<br />
paesi), Betlemme, città con la stella in<br />
fronte (Terrasanta, quinto Vangelo), dove<br />
un anno Angelini partecipò alla lunga<br />
e pittoresca processione da Gerusalemme<br />
a Betlemme al seguito del Patriarca<br />
Mons. Barlassina, con autorità, dignitari<br />
e popolani. L'evento della Natività è<br />
riassunto liricamente in Acquarello natalizio<br />
(fatti e parabole); nella «Vita di Gesù,<br />
scritta per i ragazzi» (Fabbri) e in<br />
«Mio figlio Gesù», vita di Gesù narrata<br />
da sua madre (Rusconi); nei «Sonetti<br />
per le stagioni» di dicembre e gennaio<br />
(Il piacere della memoria); nella critica<br />
letteraria «il poema di Gesù» di Riccardo<br />
Balsamo Crivelli, dove s. Giuseppe, vista<br />
la stalla, spinge l'uscio e «ci sente coi<br />
piedi qualche poco di paglia, desta il lumino<br />
e lo appende alla trave» e poi torna<br />
sull'uscio «a guardare la misteriosa<br />
stella, tanto che chi la segue ovunque<br />
vada, prova conforto e non perde la<br />
strada» e uno dei pastori dice rimirandola<br />
«da lei mi piove tanta pace e mentre<br />
questo mondo intorno tace, sento cader<br />
l'orgoglio e la fierezza» (Testimonianze<br />
cattoliche). Ma è particolarmente nel capitolo<br />
«Andiamo a Betlemme» de «Il regno<br />
dei cieli» (Bignami) che l'autore si<br />
esprime con incanto e suggestione sul<br />
tema del Natale che desideriamo riportare<br />
qui di seguito: «L'espressione “Regno<br />
dei Cieli” ora vuol avere una sfumatura<br />
territoriale che ci permette di vedere<br />
la capitale del Regno che oggi è Betlemme,<br />
e di entrare nella reggia del Re<br />
che è una grotta. A Betlemme nascono i<br />
re, fondatori dei regni. Mille anni prima<br />
vi era nato Davide, fondatore del Regno<br />
di Guida. Poi ci è nato Gesù, fondatore<br />
del Regno dei Cieli. Tutte le città della<br />
Giudea e della Galilea guardano a Betlemme<br />
come al principio della loro letizia.<br />
Tutte le città del mondo cristiano<br />
guardano a Betlemme come alla fonte<br />
della loro civiltà e salute. Il Cristianesimo<br />
o, meglio, la novità del Cristianesimo<br />
è tutta qui: nel Natale di Gesù, che<br />
è l'iniziativa di Dio di avvicirnarsi agli<br />
uomini, facendosi uomo. Il resto — fino<br />
alla Risurrezione, fino all'Ascensione —<br />
è logica conseguenza, è ampliamento<br />
delle sue ricchezze.<br />
Sapete come fu. Rinarrarlo, è abbandonarci<br />
all'incanto di un racconto che<br />
da duemila anni meraviglia le menti dei<br />
fanciulli e di chi sa ritornare semplice<br />
come un fanciullo; ed è un rivivere la<br />
pagina più soave di Luca che certo ebbe<br />
la confidenza dalla benedetta tra le donne.<br />
Pacificato il mondo, Cesare Augusto,<br />
ordinò il censimento di tutto l'Impero.<br />
Ognuno doveva dunque andare a iscriversi<br />
nel suo luogo d'origine; e le strade<br />
furono tutte una carovana variopinta,<br />
cordiale e un poco rumorosa. Anche<br />
Maria e Giuseppe, che vivevano a Nazareth,<br />
vennero fino a Betlemme come di-<br />
Sarebbe bello che tutti ci ricordassimo di più,<br />
durante l'anno, di questo dolce giorno di Natale e<br />
non aspettassimo solo il 25 dicembre per festeggiarlo.<br />
Confesso che il pensiero trovato in un almanacco<br />
di fine d'anno mi ha spesso portato a rivivere<br />
fuori della data del calendario la suggestiva<br />
realtà del Natale. Certo non indugiando nel fantasticare<br />
scenari di luminarie, negozi e vetrine saturi<br />
di doni, cartoline augurali, alberi scintillanti,<br />
presepi magici che sono sempre la cornice del<br />
contenuto e significato vero del Natale, ma lasciandomi<br />
prendere, fino in fondo all'animo della<br />
verità e incanto dell'avvenimento. Un Dio che si<br />
fa uomo per rinascere in ogni uomo e riportare<br />
l'uomo alle altezze di Dio: tutto il travaglio del vivere<br />
e soffrire viene così nobilitato e sublimato<br />
(quale certezza!).<br />
Devo dire che proprio in questo il Natale mi<br />
tiene buona compagnia anche fuori di stagione.<br />
Posso scoprire ogni giorno l'immagine del Signore<br />
Gesù nato a Betlemme nel povero e sofferente<br />
che mi è prossimo e fratello; la presenza eucaristica<br />
nel pane da me consacrato all'altare tra le<br />
mie mani: altare come umile presepio, le mani<br />
come culla disadorna.<br />
Il silenzio orante e attivo della giornata si riempie<br />
così del ricordo meditativo della Vergine, di s.<br />
Giuseppe, della lode dei Pastori, dell'Inno degli<br />
Angeli di feriale attualità: «Gloria a Dio in cielo e<br />
pace agli uomini in terra», dei doni dei Magi sem-<br />
Natività (Biblioteca Apostolica Vaticana, Codice Vat. Lat. 13080 fol. 4 v.)<br />
scendenti della casa di Davide. Che il<br />
Salvatore sarebbe nato a Betlemme, era<br />
scritto nei libri dei profeti; ma l'imperatore<br />
di Roma non immaginava che,<br />
sommovendo tutto l'Impero, era strumento<br />
nelle mani di Dio; giunti al paese<br />
innocente, Maria e Giuseppe non trovando<br />
posto nei ricoveri degli uomini,<br />
ripararono in una grotta che serviva da<br />
ricovero ai greggi. E lì, Maria diede alla<br />
luce il Bambino ch'era il sorriso dei secoli,<br />
e lo depose in una mangiatoia. Posta<br />
ai bordi del deserto, Betlemme comunicava<br />
alcuni pastori conversando<br />
col cielo. D'improvviso una chiarità li<br />
avvolse abbacinando tutta la campagna.<br />
Un angelo parlava loro con parole di luce:<br />
«Vi annuncio un gaudio grande. In<br />
Betlemme è nato il Salvatore». Riscossi<br />
dall'attonimento, dissero i pastori: «Andiamo<br />
fino Betlemme». Vi giunsero, e<br />
videro il Bambino vagire nel presepio,<br />
luminoso e nudo, e lo adorarono Dio.<br />
Sulla grotta, altri lumi che volano, altre<br />
luci che cantano: sono schiere di angeli.<br />
Cantano: «Pace in terra agli uomini<br />
di buona volontà». La pace, intesa come<br />
stato d'animo, come un sospiro dell'umanità,<br />
la pace come frutto di buona<br />
volontà. Alla pace romana che regnava<br />
nel mondo in quel momento ed era la<br />
tregua delle armi, succedeva la pace cristiana<br />
o serenità dello spirito, frutto di<br />
buon volere e di buone opere. A una civiltà<br />
militare succedeva una civiltà umana<br />
e, diremo, celeste.<br />
«Andiamo fino a Betlemme...». Le parole<br />
dei pastori restano un invito per<br />
sempre, un orientamento per tutti.<br />
GIANMARIO GALMOZZI<br />
pre in cammino alla ricerca e dietro i loro passi<br />
l'omaggio di intere generazioni di semplici credenti.<br />
* * *<br />
Le luci scintillanti del Natale scendono gaie nelle<br />
linde stanzette dell'infermeria della Casa Madre<br />
delle Missionarie del Sacro Cuore, fondata a Codogno<br />
più di cento anni fa da s. Francesca Cabrini,<br />
madre degli emigranti. Accanto a tante religiose<br />
reduci dalle fatiche dell'apostolato nei paesi<br />
dell'America, dell'Inghilterra e dell'Australia, a<br />
trascorrere le giornate nella preghiera e nei ricorsi<br />
c'era fino a pochi anni fa anche suor Germana<br />
Cavana.<br />
Suor Germana era la veterana dell'Istituto e<br />
l'unica suora superstite che conobbe da vicino<br />
Madre Cabrini, la quale sullo scorcio del secolo<br />
scorso si prodigò notte e giorno per la promozione<br />
umano-cristiana degli italiani emigrati all'estero.<br />
Con candore e lucidità suor Germana raccontava<br />
di essere nata a Codogno il 10 novembre 1891<br />
in via Unione, oggi via Santa Cabrini, e di aver<br />
conosciuto fin da bambina la santa, allorquando<br />
proveniente da Sant'Angelo si era stabilita a Codogno,<br />
dove aveva acquistato nei pressi della stazione<br />
ferroviaria un vecchio convento solitario<br />
per ristrutturarlo e farne la sede del proprio Istituto.<br />
Non ancora quindicenne suor Germana entrò<br />
Solo l'Amore<br />
cambia il mondo<br />
Il Natale di quest’anno giunge tristemente<br />
tra cuori ancora lacerati da divisioni<br />
e da odi. Il mondo urla il suo dolore<br />
e il suo occhio torvo manifesta una<br />
sete bruciante di vendetta.<br />
Il mondo urla la sua incapacità di<br />
amore.<br />
Il suo cuore è duramente fissato su<br />
una legge che può anche avere una sua<br />
logica, ma è una logica spaventosa, la<br />
logica del più forte che è sempre logica<br />
di morte.<br />
C’è chi distrugge e chi è distrutto, chi<br />
vuole difendere i suoi diritti e vendicare<br />
i suoi morti e chi soffre per la violazione<br />
di altri diritti e per altri morti e, con indelebili<br />
e certo ingiuste sofferenze, sta<br />
pagando colpe che non sono sue e di<br />
cui è personalmente e oggettivamente<br />
innocente.<br />
C’è chi studia — con accanimento e<br />
precisione quasi diabolica — le tecniche<br />
per distruggere e chi, inconscio, vede<br />
improvvisa venirsi addosso la morte; chi<br />
è costretto alla fuga, alla fame, all’esilio.<br />
Perché ogni guerra è ingiusta e chi ne<br />
paga il terribile prezzo è quasi sempre<br />
chi non l’ha né ideata né tanto meno<br />
voluta.<br />
Sì, il mondo urla il suo dolore e arde<br />
nel rancore cercando per vie assolutamente<br />
sbagliate la pace e la fine della<br />
violenza, delle armi, del male programmato.<br />
E si illude, il mondo, che all’improvviso<br />
scatti qualcosa che rimetta tutto a<br />
posto, che nasca qualcosa di nuovo, che<br />
faccia sparire le assurdità e finalmente<br />
faccia spuntare su tutto l’era della pace.<br />
Ma il mondo dimentica — prigioniero<br />
del suo agitarsi convulso — che la causa<br />
della pace non può essere servita che<br />
con mezzi che mirino alla pace e non<br />
certo al prevalere.<br />
Scrive Paolo VI: «Dobbiamo servire la<br />
causa della pace. Servirla, non farne<br />
strumento per altri fini che non siano fini<br />
di pace. La pace deve essere costruita<br />
ogni giorno con opere di pace. E, a questo<br />
fine, la politica non è sufficiente,<br />
Perché la pace deve avere le sue radici<br />
nell’ordine sociale, deve affondare le sue<br />
radici nella saggezza. E questa saggezza<br />
non può trarre nutrimento che dal vero<br />
concetto della vita, vale a dire dalla visione<br />
cristiana».<br />
Ma questa pace, nel mondo cristiano,<br />
è già realtà, anche se è una realtà che<br />
deve essere liberata da tutte le incrostazioni<br />
del male che l’hanno soffocata,<br />
che deve essere ritrovata sotto le innumerevoli<br />
sovrastrutture da cui è ricoperta.<br />
Scrive s. Bernardo: «Il Signore ci aveva<br />
già assicurato: «Io conosco pensieri<br />
di pace» (Ger 29, 11) perché Egli aveva<br />
il progetto di mandarci Colui che è la<br />
nostra pace, per dare a tutti la pace, pace<br />
a quelli che gli erano vicini, pace a<br />
quelli che gli erano lontani. Nel cuore di<br />
Dio albergava questa bontà ed era una<br />
bontà straordinariamente grande, ancora<br />
nascosta che si sarebbe rivelata in<br />
meravigliosa abbondanza al tempo opportuno».<br />
E il tempo opportuno è apparso sul<br />
mondo nella notte del Natale di più di<br />
duemila anni fa e ritorna ogni anno a rivelarsi<br />
in ogni nuovo Natale che ci viene<br />
incontro con il suo mistero e il suo particolare<br />
dono di grazia.<br />
Quel «qualcosa» che il mondo aspetta<br />
sognando perché nasca finalmente la pace<br />
tra i popoli e tra gli uomini, non è in<br />
realtà «qualcosa», ma «Qualcuno»: è un<br />
piccolo Bambino nato nel presepio, un<br />
Bambino che è il Re della pace, Colui<br />
che solo sa e può comporre ogni odio e<br />
sedare ogni violenza. Un Bambino che è<br />
la pace vera e che, solo, ha potuto por-<br />
in noviziato l'anno 1914 al seguito di madre Cabrini<br />
della quale ricorda lo sguardo penetrante<br />
che arrivava a leggere in fondo al cuore e la multiforme<br />
attività per il prossimo sofferente e l'intensa<br />
vita di preghiera e contemplazione. Alcun<br />
mesi dopo la Madre riparti in fretta per l'America<br />
per il pericolo — causa la guerra — che i bastimenti<br />
venissero silurati.<br />
Suor Germana frattanto dalla casa di Codogno<br />
passò alla nuova casa di Roma, dove rimase otto<br />
mesi. Dall'America Madre Cabrini scrisse alla Superiora<br />
di Roma di rimandare suor Germana a<br />
Codogno in attesa di venirla a prendere per portarla<br />
negli Stati Uniti.<br />
Ma proprio nel Natale del 1917 madre Cabrini,<br />
stremata dalle fatiche apostoliche e dagli orrori<br />
della guerra, veniva colta dalla morte. Da allora<br />
suor Germana è sempre stata di casa nella città<br />
natale dove ha trascorso oltre 70 anni di professione<br />
religiosa, mettendosi a servizio del gruppo<br />
di ragazze orfane raccolte nell'Istituto per le quali<br />
diede vita ad un laboratorio tessile.<br />
A coloro che le facevano visita nei giorni natalizi,<br />
suor Germana ricordava che s. Cabrini (il nome<br />
di professione religiosa era suor Francesca Saverio<br />
di Gesù Bambino) nutriva una particolare<br />
devozione al Mistero del Natale (ne è documento<br />
l'immagine che ancora si conserva nella sua cameretta)<br />
e un grande affetto per i bambini degli<br />
emigranti per i quali anche nell'ultimo Natale di<br />
vitastavapreparandopiccolidoni e regali. (gi.ga.)<br />
tare sulla terra «justitiam et abundantiam<br />
pacis» (Lit.).<br />
Il Natale di Gesù — e solo il suo Natale!<br />
— può riportare sulla terra la pace,<br />
non con una forza umana che superi le<br />
potenze e le superpotenze terrene, ma<br />
con una povertà che nasconde la sua infinita<br />
ricchezza, con una piccolezza in<br />
cui si cela la sua onnipotenza. E questo<br />
Bambino non dice parole sconvolgenti<br />
che atterriscano i violenti e li costringano<br />
a cessare le loro assurde lotte. Parlerà<br />
poi — Maestro infallibile — nell’ora<br />
fissata dal Padre e griderà la sua verità<br />
dal Vangelo, ma a Betlemme nella notte<br />
santa tutto è silenzio, ma è un silenzio<br />
che permette agli uomini di udire il canto<br />
degli angeli: «Pace in terra agli uomini<br />
di buona volontà, agli uomini che<br />
Egli ama» (Lc 2, 14).<br />
Perché la sola novità che può cambiare<br />
il mondo è l’amore. «Nessuna delle<br />
grandi realtà, scrive il Guardini, è balzata<br />
da un puro pensiero, ma tutte sono<br />
nate dal cuore e dall’amore di Dio. L’amore<br />
infatti ha sempre un suo perché e<br />
ha sempre un suo fine, ma bisogna che<br />
l’uomo sia disposto a scoprirli e sia del<br />
tutto disponibile, perché altrimenti non<br />
potrà comprendere nulla».<br />
La grazia dunque che in questo Natale<br />
chiediamo per tutti — per il mondo e<br />
per ogni singolo uomo, per chi già conosce<br />
il Bambino di Betlemme e per chi<br />
ancora non lo conosce — è la volontà e<br />
la capacità di aprirsi al messaggio e al<br />
dono di Gesù, di credere che la vera pace<br />
è solo quella che Lui ha portato nel<br />
mondo e di avere poi il coraggio e la<br />
forza di cercarla con perseverante costanza<br />
e di seguirla sempre (cfr Sal 33,<br />
15) nelle situazioni concrete della vita<br />
personale, sociale, politica.<br />
Dobbiamo cercare la pace, dobbiamo<br />
seguirla, dobbiamo farci quasi «deposito»<br />
di essa per poterla poi diffondere nel<br />
mondo intero.<br />
Il Santo Padre spesso parla di una<br />
nuova evangelizzazione che deve essere<br />
fatta in questo mondo ritornato pagano,<br />
ma questo nuovo annuncio del Vangelo,<br />
questa nuova luce che potrà illuminare<br />
il mondo, deve partire dai cuori e dalle<br />
coscienze e potrà avverarsi solo se i credenti<br />
vivranno veramente da «cristiani».<br />
Solo a questa condizione, infatti, la pace<br />
diverrà realtà e potrà trionfare sul male.<br />
È inutile e falso aspettare la pace per altre<br />
strade e attendere novità che possano<br />
realizzarla tra gli uomini.<br />
Dopo la venuta di Cristo non c’è più<br />
nulla di nuovo da aspettare, perché tutto<br />
ci è già stato dato, ma c’è solo da<br />
aprirsi a ricevere e vivere il dono infinito<br />
che ogni giorno ci viene nuovamente<br />
offerto e che in ogni Natale ritorna a<br />
noi con una forza così potente da riuscire<br />
a rinnovare dal più profondo ogni<br />
anima e tutta l’umanità.<br />
Ma perché la pace portata dal Signore<br />
Gesù diventi realtà per tutti, dobbiamo<br />
far sì che in ciascuno di noi tutto sia<br />
«in pace composito»: pace con Dio, con<br />
noi stessi e con tutti. Pace di dentro e<br />
pace di fuori, pace di sentimenti e pace<br />
di atti.<br />
Sì, dobbiamo prima di tutto essere in<br />
pace con Dio, in quella pace che nasce<br />
dal vivere con consapevolezza e adesione<br />
profonda la sua santa volontà, vista<br />
non come un’imposizione o un arido<br />
dovere, ma come amore preveniente<br />
della stessa infinita sapienza e provvidenza<br />
del Signore, a cui non possiamo<br />
rispondere che con una disponibilità piena<br />
di amore e di fiducia.<br />
Pace con noi stessi, una pace che dilata<br />
i cuori dove tutto è ordinato, dove<br />
la verità non ha ombre e dove splende<br />
un’unica luce, la luce di una purezza interiore<br />
che sa dare ad ogni cosa il suo<br />
giusto valore, che ignora i compromessi<br />
e sa che solo immolando a Dio i tanti<br />
idoli della nostra ambizione e del nostro<br />
egocentrismo potremo trovare la vera<br />
pace. Il profeta Baruch ce lo dice con<br />
chiarezza: «Ascolta, Israele, i comandamenti<br />
della vita... Se tu avessi camminato<br />
nei sentieri di Dio, saresti vissuto<br />
sempre in pace» (Bar 3, 13). La pace<br />
con se stessi viene dal non frantumare<br />
la coscienza, ma dall’essere integri e decisi<br />
nel rifiutare ciò che divide il cuore e<br />
nell’accettare sempre ciò che lo rende<br />
offerta incontaminata, incenso che può<br />
salire fino al trono del Signore.<br />
E pace con tutti: una pace voluta e<br />
custodita, libera da ogni egoismo, capace<br />
di donare sempre nella comprensione,<br />
in una generosa e lieta disponibilità,<br />
in una bontà che rifiuta ogni amarezza<br />
e non conosce né sguardo né parola che<br />
non siano avvolti di luce. Una pace costruita<br />
sulla carità, fondata su quell’amore<br />
che Cristo è venuto a portare e<br />
con cui ha abbracciato tutti gli uomini,<br />
anche quelli che non lo conoscevano,<br />
anche quelli che non lo amavano.<br />
Scenda dunque sul mondo intero la<br />
pace: promessa di Dio cantata dagli Angeli<br />
nella notte santa del Natale, dono<br />
lasciato agli uomini dal Signore Gesù<br />
nell’ora ultima della sua vita terrena:<br />
«Vi lascio la pace, vi do la mia pace»<br />
(Gv 14, 27), dono supremo di un Dio<br />
d’amore che oggi vagisce nel presepio e<br />
domani si offrirà sulla croce perché il<br />
mondo possa conoscere in Lui la pace<br />
vera, la pace che non ha fine.<br />
LE BENEDETTINE<br />
DI SANTA MARIA DI ROSANO