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L'OSSERVATORE ROMANO

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.<br />

PAGINA<br />

4 .<br />

Il Patriarca Sabbah alla Messa di Natale a Betlemme<br />

Pace nella Terra di Gesù<br />

nostro servizio<br />

GERUSALEMME, 27.<br />

Le armi non hanno cessato di crepitare<br />

in Terra Santa anche nel giorno<br />

di Natale mentre la comunità<br />

cristiana di Betlemme rifletteva sul<br />

senso della ricorrenza: nella gioia<br />

per la nascita di Gesù Redentore e<br />

nella sofferenza per i lutti, le sofferenze,<br />

le distruzioni, le privazioni<br />

causate da 15 mesi di intifada; e in<br />

molte famiglie per la fame, insieme<br />

con l'esposizione alle sfide dei gruppi<br />

fondamentalisti musulmani per<br />

un coinvolgimento sempre maggiore<br />

nella lotta nazionale. Senza lavoro,<br />

senza pellegrini Betlemme vive mortificata,<br />

anche se consapevole che le<br />

è vicino il palpito della cristianità<br />

intera. E degli italiani in particolare.<br />

Lasciato il bivio della Gerusalemme-Hebron,<br />

lungo la strada principale<br />

per la basilica della Natività<br />

dei cartelli testimoniano l'aiuto dell'Italia<br />

per lavori pubblici di emergenza.<br />

Un gruppo di artisti proveniente<br />

da Roma, con il sostegno e le<br />

sponsorizzazioni di enti pubblici, fra<br />

cui quelli di parecchie regioni, hanno<br />

dato un concerto di Natale nella<br />

«sala crociata» sottostante la Casa<br />

Nova francescana, trasmesso dalla<br />

Tv italiana.<br />

La notte di Natale il Nunzio in<br />

Israele e Delegato Apostolico per Gerusalemme<br />

e la Palestina Mons. Pietro<br />

Sambi ha celebrato la messa nella<br />

cappella dell'università cattolica<br />

di Betlemme di cui è cancelliere.<br />

Due giorni prima aveva benedetto il<br />

grande edificio del Millennio, un palazzo<br />

di cinque piani, con un'aula<br />

magna, un salone per l'informatica,<br />

aule, uffici direttivi. Nel discorso<br />

inaugurale che è stato anche preghiera<br />

intrisa di speranza, ha detto<br />

fra l'altro: «Guardiamo al futuro in<br />

un momento in cui esso sembra<br />

chiuso. Prepariamo i giovani al futuro<br />

quando il Natale appare povero<br />

e il lungo periodo della lotta sembra<br />

aver fiaccato gli animi. Ma così non<br />

è: anche questo Natale è ricco perché<br />

ci porta l'Emanuele, Dio con<br />

noi, Gesù che salva».<br />

Note positive in un clima purtroppo<br />

appesantito dalle polemiche politiche,<br />

conseguenti al divieto del governo<br />

israeliano di far partecipare il<br />

presidente Yasser Arafat alla Messa<br />

di mezzanotte, un appuntamento al<br />

quale non era mai mancato nei sei<br />

anni scorsi, da quando cioè nel 1995<br />

la città era passata sotto il controllo<br />

palestinese. In reazione il governatore<br />

della regione ha disposto che si<br />

facesse ugualmente festa per le strade,<br />

una festa improvvisata con pochi<br />

striscioni multicolori stesi tra gli<br />

edifici della piazza principale; e con<br />

la mobilitazione degli «scout», anche<br />

musulmani, dei villaggi vicini, fatti<br />

affluire con le fanfare. Proprio come<br />

nei bei tempi. Invano si è atteso<br />

l'arrivo di Arafat, gli «scout» hanno<br />

fatto così ala solo al passaggio del<br />

corteo di automobili che hanno accompagnato<br />

il patriarca latino Michel<br />

Sabbah a metà giornata della<br />

vigilia, lungo l'antica via principale<br />

del centro storico (porta il nome della<br />

Stella Cometa) affollata di fedeli<br />

che applaudivano e lanciavano<br />

manciate di riso in segno di benvenuto.<br />

I tamburi delle fanfare sono<br />

stati assordanti davanti alla basilica<br />

quando il Patriarca è stato accolto<br />

dalle autorità religiose, civili e militari<br />

e poi in processione — seminaristi<br />

e frati francescani in cotta<br />

bianca — ha raggiunto, attraverso<br />

la basilica, l'adiacente chiesa parrocchiale<br />

di santa Caterina ove ha<br />

presieduto la recita dei primi vespri<br />

di Natale e, a mezzanotte, la Celebrazione<br />

Eucaristica. Al suo fianco,<br />

all'altare, i Vescovi Kamal Hanna<br />

Bathish, suo vicario generale, e<br />

John Stephen Knight, Vescovo ausiliare<br />

di Toronto (per un periodo sabbatico<br />

in Terra Santa); nonché<br />

Mons. Robert L. Stern, presidente<br />

della Pontificia Missione per la Palestina<br />

venuto appositamente, come<br />

ogni anno, da New York. Una settantina<br />

i sacerdoti concelebranti.<br />

Un migliaio circa i fedeli: pochi i<br />

pellegrini quasi tutti giunti singolarmente<br />

da vari Paesi europei, due<br />

soltanto i gruppi, provenienti dall'Indonesia;<br />

molti i religiosi e le religiose<br />

di Terra Santa. Presenti i consoli<br />

generali delle quattro nazioni<br />

cristiane d'Europa (Francia, Italia,<br />

Spagna, Belgio) che hanno una tradizione<br />

di tutela dei Luoghi Santi,<br />

assenti nell'altra fila le principali<br />

autorità palestinesi, compreso il sindaco<br />

di Betlemme; sulla poltrona riservata<br />

ad Arafat era stesa una «kefiah»,<br />

il copricapo da cui egli non si<br />

separa mai.<br />

E guardando verso la poltrona<br />

vuota, il Patriarca Sabbah si è rivolto<br />

al presidente all'inizio dell'omelia,<br />

subito dopo aver invocato da<br />

Dio «ogni bene e ogni benedizione»<br />

per i presenti e per i fedeli della diocesi,<br />

che si estende sulla Palestina,<br />

Giordania, Israele e Cipro. «Sei stato<br />

impedito da una decisione politica a<br />

partecipare come di consueto a questa<br />

preghiera in questa notte. Chiediamo<br />

a Dio per te, presidente Ara-<br />

fat, la pace del cuore, la forza della<br />

pace e della speranza, la fermezza<br />

nel reclamare la libertà del popolo<br />

di cui sei responsabile finché la libertà<br />

non sia stata restaurata. La limitazione<br />

imposta alla tua libertà è<br />

la stessa imposta al tuo popolo. Il<br />

cammino verso Betlemme, il giorno<br />

di Natale soprattutto, è un cammino<br />

di pace. Con ciò diciamo pure ai governanti<br />

di Israele: pace e sicurezza.<br />

Preghiamo anche per voi e chiediamo<br />

saggezza e luce perché vediate<br />

che la strada per Betlemme non può<br />

non essere una strada di pace. Signor<br />

presidente, mai come stasera<br />

sei stato tanto presente in queste città<br />

e in questa festa nella quale veneri<br />

il mistero di Dio».<br />

Non è stato questo l'unico riferimento<br />

alla situazione attuale sulla<br />

quale anzi il Patriarca si è soffermato,<br />

ma dopo aver proposto una riflessione<br />

sul mistero di Natale così<br />

come era stato evocato nelle letture<br />

del profeta Isaia (9, 1 e 5), di san<br />

Paolo (Tt 2, 11-14) e del Vangelo di<br />

Luca (2, 6-7): una situazione paragonata,<br />

anzi simile dice, a quella descritta<br />

dal profeta Geremia (14, 18-<br />

19) con i trafitti di spada e con gli<br />

orrori della fame. «Spavento e terrore<br />

riempiono il cuore degli israeliani<br />

e dei palestinesi, afferma. Si parla<br />

di terrorismo e con questa parola si<br />

pensa di trovare il pretesto per non<br />

fare la pace. Si parla di terrorismo e<br />

ci si rifiuta di vedere e di ascoltare<br />

degli innocenti... gli uomini e le<br />

donne che reclamano la loro libertà<br />

e la loro terra». Incalza: «È tempo<br />

che il popolo israeliano si interroghi<br />

con coraggio su cosa chiedono i palestinesi<br />

e comprenda che questi<br />

non vogliono né ucciderlo né odiarlo,<br />

ma chiedono libertà per se stessi».<br />

E riproponendo una sua antica<br />

convinzione afferma: «La sicurezza<br />

per gli israeliani sarà il frutto di<br />

questa libertà».<br />

Riflette pure sulla «dimensione<br />

cristiana del conflitto», che «si svolge<br />

attorno ai luoghi santi della Redenzione<br />

del mondo, dove la misericordia<br />

di Dio si è manifestata. E minaccia<br />

la sopravvivenza dei cristiani<br />

in questa terra» che significa «testimoniare<br />

il suo amore, la sua pace,<br />

il perdono, nel vedere Dio in ogni<br />

persona umana, nel fratello come<br />

nell'avversario... senza dimenticare<br />

e senza deformare l'immagine di Dio<br />

in te o nell'anima dell'avversario al<br />

quale stai reclamando la sua libertà»;<br />

e un forte appello a «non rinunciare<br />

per alcuna ragione e nemmeno<br />

dinanzi al più grande e al più forte<br />

di questo mondo alla libertà, dono<br />

di Dio».<br />

C'è anche un richiamo alla riunione<br />

del 13 dicembre in Vaticano,<br />

voluta da Giovanni Paolo II, dei Vescovi<br />

cattolici di Gerusalemme, del<br />

Custode di Terra Santa e dei Vescovi<br />

rappresentanti le Chiese nel mondo<br />

per riflettere insieme sulla pace in<br />

Terra Santa e sull'avvenire dei cristiani<br />

che in essa vivono. Riconosciuto<br />

che «già di per sé l'invito è un<br />

segno dell'amore e della sollecitudine<br />

del Santo Padre, Mons. Sabbah<br />

afferma che «la pace è condizionata<br />

dalla fine dell'occupazione» e che<br />

«l'avvenire dei cristiani è nelle nostre<br />

mani: si tratta di accettare la<br />

nostra vocazione a essere cristiani<br />

in questa terra e non dispersi nel<br />

mondo. In questa terra, precisa,<br />

vuol dire nella nostra società araba<br />

e musulmana». Aggiunge: «Se accettiamo<br />

la nostra vocazione e se scopriamo<br />

il cammino da compiere,<br />

tutto il mondo è pronto ad aiutarci<br />

a vivere una vita di testimonianza,<br />

onorevole ancorché difficile, nella<br />

nostra terra». Afferma che «l'avvenire<br />

dei cristiani preoccupa le Chiese,<br />

e anche il mondo arabo e musulmano<br />

ha questa preoccupazione, interessato<br />

alla nostra sopravvivenza.<br />

Perché insieme musulmani e cristiani<br />

portiamo la responsabilità di una<br />

sola società, di uno stesso destino e<br />

di una medesima pace in questa<br />

Terra Santa, con la società israeliana<br />

invitata a porre fine all'occupazione,<br />

per ricominciare la comune<br />

marcia verso la pace».<br />

Nell'ultima parte dell'omelia il<br />

Patriarca, partendo da una meditazione<br />

sul prologo del Vangelo di san<br />

Giovanni, ha detto che «il mondo rifiuta<br />

la luce che viene da Dio... le<br />

viene impedito di penetrare nei consessi<br />

di guerra, nel consesso di coloro<br />

che pianificano su scala mondiale,<br />

di coloro che si permettono di<br />

opprimere dei popoli per la sola ragione<br />

che sono deboli e poveri...<br />

Non è permesso che altri popoli<br />

esercitino l'ingiustizia perché sono<br />

forti. Tutto questo è peccato... che<br />

fa nascere e nutre il terrorismo... La<br />

sua sparizione e la tranquillità dell'umanità<br />

intera sono ugualmente<br />

nelle mani dei forti ma dei forti che<br />

sono umili e che accettano la luce<br />

della saggezza di Dio e praticano la<br />

giustizia». Per la prima volta nei locali<br />

annessi alla chiesa parrocchiale<br />

si sono recati capi ed esponenti musulmani<br />

di Betlemme per formulare<br />

gli auguri.<br />

GRAZIANO MOTTA<br />

<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Giovedì-Venerdì 27-28 Dicembre 2001<br />

Il XXI Convegno giovanile organizzato dalla comunità monastica di Camaldoli<br />

Una meditazione mariana nel tempo di Natale<br />

Maria, stella di Betlemme<br />

GIULIO MASCIARELLI<br />

C'è un timbro mariano sull'evento natalizio<br />

che nessuna distrazione della teologia<br />

può fare venir meno. Sotto la duna<br />

più spessa dell'oblio che qualche altro<br />

servizio della Parola (omelia, catechesi)<br />

può talora far crescere sulla dimensione<br />

mariana dell'Incarnazione,<br />

non si lascia soffocare il grande testo di<br />

Paolo: «quando venne la pienezza del<br />

tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da<br />

donna..., perché ricevessimo l'adozione<br />

a figli. E che voi siete figli ne è prova il<br />

fatto che Dio ha mandato nei nostri<br />

cuori lo Spirito del suo Figlio che grida:<br />

Abbà, Padre! Quindi non sei più schiavo,<br />

ma figlio; se poi figlio, sei anche erede<br />

per volontà di Dio» (Gal 4, 4-7).<br />

Betlemme è luogo mariale per eccellenza<br />

per diversi motivi: per la Natività<br />

del Messia e per la sua Epifania al mondo.<br />

La Vergine Madre è la prima luce<br />

della Natività. Dentro la grotta betlemmita<br />

della Natività si realizza la profezia<br />

di Isaia, tanto valorizzata dalla liturgia<br />

natalizia: «Il popolo che camminava nelle<br />

tenebre / vide una grande luce» (9,<br />

1). Il Messia, nascendovi, la rende splendente;<br />

essa, dunque, non è illuminata<br />

dall'esterno, ma dall'interno: da Colui<br />

che è «la luce del mondo» (Gv 9, 5), la<br />

«luce vera» (Gv 1, 9), la stella del mattino<br />

che annuncia il nuovo giorno (cfr Ap<br />

22, 16).<br />

Ma, prima che la luce di Cristo s'accendesse,<br />

già la futura grotta natalizia<br />

era luminosa perché era luogo mariale.<br />

In essa, infatti, era già presente la «Credente»<br />

a rischiararla con la luce della<br />

sua Verginità, cioè con lo splendore della<br />

sua fede: infatti, la sua verginità è il<br />

segno della sua fede. È stata la luce della<br />

Credente a impedire che la nascita<br />

del Salvatore avvenisse nelle<br />

tenebre: si è invece data nel<br />

più luminoso della terra, laddove<br />

era la Credente, la cui fede<br />

era «come una lampada che<br />

brilla in luogo oscuro» (2 Pt 1,<br />

19)<br />

L'Incarnazione è il più grande<br />

evento della prossimità di<br />

Dio agli uomini. L'Incarnazione<br />

dice presenza personale del<br />

Dio trinitario nella storia. Questa<br />

prossimità di Dio vuole non<br />

solo continuare, ma anche divenire<br />

criterio di salvezza: questa<br />

avviene con l'accostarsi e<br />

con l'avvicinarsi agli uomini,<br />

con il condividere la loro condizione:<br />

la missione dei cristiani<br />

deve interpretare questa<br />

presenza divina per continuarla<br />

in modo mediato e sacramentale.<br />

Dalla logica dell'approssimarsi<br />

divino, si deduce che il<br />

problema dei cristiani non è,<br />

perciò, quello di essere fuori<br />

del mondo od entro il mondo:<br />

per questa formula dell'«autaut»<br />

passano tutti gli angelismi<br />

e gli orizzontalismi (naturalmente<br />

non cristiani) antichi,<br />

moderni e contemporanei; il<br />

problema del cristiano è quello<br />

di entrare e restare nel mondo<br />

rimanendo «cristiano» e tentando<br />

di diventarlo sempre di<br />

più (cfr Concilio Ecum. Vat.<br />

II, Cost past. Gaudium et spes, nn. 42-<br />

43). Maria, per grazia, è una delle cause<br />

dell'Incarnazione: ella ha collaborato al<br />

darsi della più intensa prossimità Dio<br />

agli uomini; conosce, più che da vicino,<br />

dall'interno il senso e il valore di un Dio<br />

che diviene uomo; ella può essere, pertanto,<br />

icona della prossimità del cristiano<br />

al mondo ed, essendo laica, è tipo<br />

dell'esistenza laicale. Più il cristiano<br />

La famiglia di Nazareth, esempio<br />

e modello di tutte le famiglie cristiane<br />

FRANCESCO DI FELICE<br />

Sotto-Segretario del Pontificio<br />

Consiglio per la Famiglia<br />

In un discorso rivolto ai Cardinali nel<br />

dicembre del 1979 Giovanni Paolo II, affermava:<br />

«La santa Famiglia, che si celebra<br />

nella domenica successiva al Natale,<br />

dà la chiave per comprendere tutti i valori<br />

che devono essere proclamati alle<br />

famiglie di oggi: amore, dedizione, sacrificio,<br />

castità, rispetto della vita, lavoro,<br />

serenità, letizia».<br />

Non si tratta di una semplice affermazione<br />

per evadere dal travagliato contesto<br />

sociale e culturale, nel quale oggi sono<br />

coinvolte tantissime famiglie, né di<br />

un rifugiarsi in un mondo idilliaco oramai<br />

definitivamente tramontato. Ma il<br />

riferimento alla santa Famiglia ha tutta<br />

la sua validità. Infatti, il suo esempio<br />

non è da ricercarsi nelle forme concrete,<br />

con cui essa ha vissuto i valori dell’amore<br />

e della vita: sono forme legate alle<br />

circostanze di tempo, luogo, cultura ed<br />

anche ad una vocazione specifica; sarebbe<br />

pertanto una pretesa assurda tentare<br />

di riportarle ad oggi.<br />

Ma, al di là delle forme, c’è lo spirito<br />

ed è questo che anima la vita familiare<br />

di Gesù, Maria e Giuseppe e che possiede<br />

e sviluppa una forza straordinaria ed<br />

unica di esemplarità; tale spirito può e<br />

deve diventare un paradigma privilegiato<br />

per le famiglie cristiane di oggi, perché<br />

lo condividano, come anima interiore<br />

destinata a vivificare e plasmare le<br />

molteplici e varie espressioni che la loro<br />

vita storicamente assume.<br />

Nel disegno di Dio, la salvezza è frutto<br />

anche dell’esistenza di Gesù trascorsa<br />

a Nazareth nella trama quotidiana dei<br />

suoi rapporti familiari con la Madre e<br />

con Giuseppe. È una salvezza questa,<br />

che, come dono e compito, sollecita la<br />

collaborazione degli uomini redenti, tra<br />

i quali, in posizione singolare e irripetibile,<br />

si pongono Maria e Giuseppe. Una<br />

simile collaborazione passa anche attraverso<br />

le realtà, i gesti, le vicende difficili<br />

e gioiose dell’esperienza familiare. C’è,<br />

pertanto, un dono di grazia che dalla<br />

santa Famiglia raggiunge ogni famiglia<br />

del mondo; ed è questo un dono che<br />

scaturisce da quei valori, da quelle esigenze<br />

di vita familiare che sono state<br />

oggetto dell’esperienza quotidiana di Gesù,<br />

di Maria e di Giuseppe. Seguendo la<br />

logica dell’amore come dono, il compito<br />

della famiglia si esprime anzitutto come<br />

servizio alla vita, nella sua altissima dignità<br />

di partecipazione all’opera creatrice<br />

di Dio.<br />

La Vergine, chiamata a concepire per<br />

opera dello Spirito Santo il Verbo eterno<br />

di Dio, ha sperimentato la massima partecipazione<br />

possibile al Dio della vita:<br />

nessun amore materno potrà mai eguagliare<br />

quello della Madre di Dio. Questo<br />

amore, totalmente gratuito e, al tempo<br />

stesso, affidato alla libera responsabilità<br />

di Maria, è il principio interiore e il sostegno<br />

costante della sua dedizione all’o-<br />

La Comunità monastica di Camaldoli<br />

organizza nei giorni dal 27 al 31<br />

dicembre 2001 il XXI Convegno giovanile.<br />

Si rinnova così la tradizione di<br />

questo momento diventato una tappa<br />

importante nel cammino della comunità,<br />

con l'incontro coi 150 giovani<br />

partecipanti provenienti da tutta Italia.<br />

Ad essi viene proposto di confrontarsi<br />

attorno ad una tematica importante<br />

pera educativa nei riguardi del Figlio. E<br />

come in ogni altro caso, ma con una intensità<br />

singolare, il suo compito si è rivolto<br />

alla crescita del Figlio, sia nel suo<br />

inserimento nel contesto familiare, sia<br />

nel suo impegno nella realizzazione della<br />

missione ricevuta.<br />

A suo modo anche Giuseppe attua,<br />

nella santa Famiglia, un preziosissimo<br />

servizio alla vita, certamente nell’ordine<br />

dell’educazione, ma anche nell’ordine di<br />

un legame vero e proprio, anche se mediato,<br />

con il Figlio di Dio. Infatti, come<br />

afferma Giovanni Paolo II nell’Esortazione<br />

Redemptoris Custos: «nella vera<br />

famiglia umana del Figlio di Dio, Giuseppe<br />

è il padre: non è la sua paternità<br />

derivante dalla generazione; eppure essa<br />

non è apparente o soltanto sostitutiva,<br />

ma possiede in pieno l’autenticità della<br />

paternità umana, della missione paterna<br />

della famiglia. È anche contenuta in ciò<br />

una conseguenza dell’unione ipostatica:<br />

umanità assunta nell’unità della persona<br />

divina del Verbo-Figlio. Insieme con<br />

l’assunzione dell’umanità, in Cristo, è<br />

anche assunto tutto ciò che è umano e,<br />

in particolare, la famiglia, quale prima<br />

dimensione della sua esistenza in terra.<br />

In questo contesto è anche assunta la<br />

paternità umana di Giuseppe» (n. 21).<br />

Anche il Papa Paolo VI, nel marzo del<br />

1966, vide la paternità di Giuseppe: «nell’aver<br />

fatto della sua vita un sacrificio al<br />

mistero dell’incarnazione e alla missione<br />

redentrice che vi è congiunta, nell’aver<br />

usato dell’autorità legale, che a lui spettava<br />

sulla Sacra Famiglia, per farle totale<br />

dono di sé, della sua vita, del suo lavoro;<br />

nell’aver convertito la sua umana<br />

vocazione all’amore domestico nella sovrumana<br />

oblazione di sé, del suo cuore<br />

e di ogni capacità, nell’amore posto al<br />

servizio del Messia, germinato nella sua<br />

casa».<br />

Nella luminosa figura di Giuseppe ci è<br />

dato di intravedere il nesso profondo<br />

che esiste tra la paternità umana e la<br />

paternità divina: quanto quella sia fondata<br />

su questa e da questa tragga la sua<br />

verità, dignità e grandezza.<br />

Generare un figlio è soprattutto un riceverlo<br />

da Dio: si tratta di accogliere in<br />

dono da Dio la creatura che si genera.<br />

Per questo i figli appartengono prima a<br />

Dio che ai loro stessi genitori; questa verità<br />

è ricca di implicazioni sia per gli uni<br />

che per gli altri. Sta proprio qui la grandezza<br />

della missione affidata al padre e<br />

alla madre: essere strumenti del Padre<br />

celeste nell’opera formatrice dei propri<br />

figli. Qui però sta anche il limite invalicabile<br />

che i genitori devono rispettare<br />

nell’adempimento del loro compito. Essi<br />

non potranno mai sentirsi padroni dei<br />

loro figli, ma dovranno educarli con attenzione<br />

costante al rapporto privilegiato<br />

che questi hanno con il Padre celeste,<br />

del quale, in definitiva, devono occuparsi<br />

più dei loro genitori terreni.<br />

Si tratta di compiti non facili. Una paternità<br />

ed una maternità, che vogliono<br />

essere degni della persona umana, non<br />

vivendo i ritmi della vita e della preghiera<br />

monastica. Quest'anno il titolo<br />

del convegno è: «La sorpresa di esistere<br />

- Liberi dalla persuasione di essere<br />

liberi»: la ricerca di libertà interiore<br />

porta a consapevolezza ed autocoscienza,<br />

e ad un impegno concreto<br />

di vita.<br />

Il 31 dicembre, come ogni anno,<br />

verrà rinnovata la tradizione della Ve-<br />

Natività, pittura ispano fiamminga del XVI secolo<br />

possono infatti restringersi all’orizzonte<br />

della generazione fisica, ma vanno intese<br />

anche in senso morale e spirituale. Vi<br />

è infatti un mondo di valori naturali e<br />

soprannaturali che i genitori devono trasmettere<br />

ai figli, perché il loro dare la<br />

vita abbia una dimensione pienamente<br />

umana. Questo richiede tempo, pazienza<br />

e una riserva inesauribile di attenzione,<br />

di tatto e soprattutto di amore. È un<br />

cammino che tutta la famiglia è chiamata<br />

a compiere insieme, giorno dopo<br />

giorno, in una crescita progressiva, in<br />

cui tutti i membri della famiglia sono interessati:<br />

non solo i figli, ma anche i genitori,<br />

i quali, vivendo responsabilmente<br />

la loro paternità e maternità, giungono<br />

a scoprire risvolti inaspettati e meravigliosi<br />

del loro amore coniugale.<br />

In questa luce acquista una straordinaria<br />

eloquenza la figura di Giuseppe,<br />

che, nel matrimonio verginale con Maria<br />

Santissima, ha anticipato in qualche<br />

modo l’esperienza definitiva del cielo,<br />

ponendo sotto gli occhi di tutti le ricchezze<br />

di un amore sponsale costruito<br />

sulle segrete armonie dell’animo e alimentato<br />

alle inesauribili sorgenti del<br />

cuore. È una lezione che si rivela quanto<br />

mai importante in questo nostro tempo,<br />

nel quale la famiglia non di rado è<br />

in crisi, proprio perché l’amore, su cui<br />

si fonda, presenta una preoccupante carenza<br />

d’anima, nel contesto di una sopravvalutazione<br />

della pur importante<br />

componente psicologica dell’istinto e<br />

dell’attrattiva. Per ridare solidarietà all’istituto<br />

familiare occorre anzitutto provvedere<br />

ad immettere nel circuito amoroso<br />

della coppia un supplemento d’anima.<br />

Le luci esistenti nella situazione delle<br />

famiglie odierne incoraggiano ad affrontare<br />

le ombre con decisione e sano ottimismo.<br />

Occorre un maggiore impegno<br />

per vincere le tendenze edonistiche e secolaristiche,<br />

che insidiano le fondamenta<br />

stesse dell’istituto familiare, sia nel<br />

senso umano che in quello cristiano.<br />

Molto ci si può e ci si deve attendere,<br />

per ovviare a tale difficoltà, dall’esempio<br />

e dall’interessamento concreto da parte<br />

di quelle famiglie, che fortunatamente<br />

non mancano, le quali stanno vivendo<br />

l’esperienza cristiana del matrimonio in<br />

una forma particolarmente impegnata.<br />

Come si vede, Giuseppe è così per<br />

tutti un singolare maestro nel servire la<br />

missione salvifica di Cristo, compito che<br />

nella Chiesa spetta a ciascuno e a tutti,<br />

ma particolarmente agli sposi e ai genitori.<br />

In lui abbiamo l’interpretazione rigorosa<br />

della fede e della fedeltà nella<br />

realtà di un legame spirituale che intimamente<br />

congiunge la famiglia di Nazareth<br />

con ogni famiglia del mondo. In<br />

Maria, Ancella del Signore, le famiglie<br />

trovano l’esempio di accoglienza umile e<br />

generosa della volontà di Dio, Ella è Colei<br />

che sa confortare ed asciugare le lacrime<br />

di quanti soffrono per le difficoltà<br />

delle loro famiglie.<br />

glia di preghiera per la Pace, a suggellare<br />

giornate dense di impegno e<br />

di gioia nella vita comune.<br />

Per prenotazioni e informazioni: Foresteria<br />

del Monastero 52010 Camaldoli<br />

(AR).<br />

Tel. 0575.55.60.13 - Fax<br />

0575.55.60.01 Sito Internet: http://www.camaldoli.it<br />

- e-mail: romualdo@lina.it<br />

s'immerge nelle realtà, più ha<br />

bisogno di ancorarsi alle sorgenti<br />

della sua fede e della sua<br />

vita nuova: la conversione, la<br />

preghiera, l'ascolto della parola<br />

di Dio, la partecipazione alla<br />

vita liturgica.<br />

Con la sua spiritualità — fatta<br />

in senso filiale verso il Padre,<br />

di senso materno verso il<br />

Figlio, di intima comunione<br />

con lo Spirito — Maria insegna<br />

come si resta cristiani fra le<br />

realtà terrestri e come ci si<br />

può santificare, animandole di<br />

Vangelo dall'interno: ella è invito<br />

vivente ed esistenziale a riconoscere<br />

il Padre con un forte<br />

senso della creazionalità, a<br />

riconoscere il Figlio con la volontà<br />

di assumere tutto ciò che<br />

è creato per elevarlo fino a<br />

Dio, a riconoscere lo Spirito<br />

per animare la terra e la storia<br />

di semi del Verbo.<br />

Maria, «luogo» personale nel<br />

quale s'è realizzata l'Incarnazione<br />

quale estrema prossimità<br />

di Dio all'uomo, alla sua storia<br />

e alla sua causa, resta per sempre<br />

invito all'accoglienza dell'assolutamente<br />

Altro nella nostra<br />

vita e, perché tale accoglienza<br />

non diventi sospetta retorica,<br />

occorre che si realizza<br />

nell'accoglienza degli altri.<br />

Questi, se entriamo davvero<br />

in un'ottica cristiano-mariana,<br />

ci «ossessionano» per usare un'espressione<br />

lévinasiana: «La prossimità non è<br />

uno stato, una quiete, ma, precisamente,<br />

inquietudine» (E. Lèvinas). L'essere<br />

di fronte all'altro e, meglio, l'essere dell'altro<br />

di fronte non è un'aggiunta, magari<br />

perfettiva del soggetto, ma è costitutiva<br />

dello stesso soggetto:senzal'altroilsoggetto<br />

non c'è.<br />

Come l'intera storia della salvezza è<br />

opera della Trinità, così sue sono tutte<br />

le iniziative misteriche che la compongono,<br />

le quali sono di due segni: umiliativo<br />

e glorioso. Fra i primi tratteggiamo<br />

l'Incarnazione e la Croce: fra i secondi<br />

la Pasquae la Pentecoste,con 'intento di<br />

mostrarneildoppiotrattotrinitarioe mariano.<br />

Nell'Incarnazione il Padre si umilia<br />

insiemecolFiglio, che vela la sua gloria,<br />

oscurando lo splendore della sua relazionefilialeconilPadre<br />

(cfr Fil 2, 6-8).<br />

Nel vortice della kenosi entra anche<br />

lo Spirito: è lui che ha permesso il velarsi<br />

della gloria filiale nel seno di santa<br />

Maria: in lei l'ombra dello Spirito ha reso<br />

possibile il nascondimento del fulgore<br />

regale del Figlio nella orma del Servo.<br />

Questo intreccio del mistero trinitario e<br />

di quello mariano nella kenosi dell'Incarnazione<br />

arriva a toccare, accrescendosi<br />

d'intensità misterica, l'evento della<br />

croce: nell'Incarnazione c'è la primizia<br />

dell'azione sacrificale di Gesù; il sacrificio<br />

del Calvario è invece l'esito estremo<br />

di questo sacrificio primordiale.<br />

L'Incarnazione è una prima spoliazione<br />

che ne profetizza una seconda: quella<br />

della croce. C'è nel Natale la primizia<br />

dell'azione sacrificale di Gesù: il sacrificio<br />

del Calvario è l'esito estremo di questo<br />

sacrificio primordiale. Nel «bambino<br />

avvolto in fasce» e giacente nella «mangiatoia»<br />

(Lc 2, 12) la fede fa intravedere<br />

il Crocifisso appeso al patibolo: la «nudità»<br />

del Natale è la profezia mesta della<br />

«nudità» del Venerdì santo. Perciò la<br />

mangiatoia e la Croce sono anche due<br />

luoghi trinitari e mariani: il Padre e lo<br />

Spirito come sono stati presenti nel primo<br />

di essi al fianco del Figlio, lo sono<br />

anche nel secondo in un modo più difficile<br />

da decifrare; così, Maria, per coerenza<br />

materna, non poteva essere presente<br />

nel primo e assente nel secondo.<br />

Del resto, nato fuori della città (cfr Lc<br />

2, 34), nel contesto più disadorno e incomprensibile<br />

(cfr Lc 2, 7), morirà anche<br />

fuori della città, con la ignominiosa<br />

morte degli schiavi: il cammino del<br />

Bambino di Betlemme, iniziato in una<br />

stalla, finirà sulla croce: la mangiatoia e<br />

la croce non sono distanti l'una dall'altra;<br />

anzi, esse sono vicinissime, poiché<br />

si trovano dentro lo stesso perimetro di<br />

grazia: sono due punti dello stesso dinamismo<br />

di salvezza.<br />

Il passaggio di questo Bambino dalla<br />

Grotta della Natività al colle del Calvario<br />

deve ripetersi anche dentro di noi; che è<br />

come dire: il nostro cuore dev'essere<br />

prima culla per la sua nascita, poi «luogo»<br />

della sua elevazione sulla Croce pasquale,<br />

come con profondità ci ricorda<br />

Rainer Maria Rilke: «Questo bambino<br />

nella sua ineguagliabile povertà costituisce<br />

per noi il sito estremo del mondo, il<br />

termine della luce dei nostri occhi, il<br />

confine del nostro cuore. Per questo è<br />

tanto piccolo, è un bambino venuto da<br />

lontano e non cresce se non sulla croce<br />

piantata in mezzo al nostro cuore» (Lettere<br />

di Natale alla Madre, 1900-1925,<br />

Antella-Firenze 1999, p. 81).<br />

Solo se viviamo un'esistenza vibrante<br />

di fede, ci accorgiamo che i misteri di<br />

Cristo attraversano la nostra vita per<br />

santificarla.

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