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IN ITALIA<br />
PAGINA<br />
11 .<br />
Inchieste<br />
e servizi<br />
<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Sabato 15 Dicembre 2001<br />
TORINO — Le stazioni ferroviarie raccolgono<br />
spesso un’umanità dolente e pure<br />
chiusa in se stessa, a volte difficile persino<br />
da avvicinare. Stare vicino a queste<br />
persone è invece la «scommessa» che<br />
hanno lanciato gli «Amici di Lazzaro», un<br />
gruppo di giovani che da quattro anni frequenta<br />
la stazione torinese di Porta Nuova<br />
per mantenere i contatti con persone<br />
sole e in difficoltà. Non si tratta di fornire<br />
aiuto materiale (molte associazioni sono<br />
già impegnate su questo), ma compagnia,<br />
SOLIDARIETÀ/1 Inaugurato a Venezia per iniziativa del Centro «Don Milani»<br />
Un luogo di accoglienza<br />
per emarginati e bisognosi<br />
VENEZIA, dicembre.<br />
«Una pietra miliare per un mondo di<br />
speranza», così il Patriarca di Venezia,<br />
Cardinale Marco Cé, ha definito il Villaggio<br />
Solidale, la struttura inaugurata<br />
nei giorni scorsi a Forte Rossarol, nei<br />
pressi di Tessera, a due passi dall’aeroporto<br />
Marco Polo.<br />
La nuova struttura è stata studiata e<br />
realizzata per l’accoglienza di tossicodipendenti<br />
e per persone colpite da forme<br />
di disagio, di emarginazione e di esclusione<br />
sociale ed è stato ricavato all’interno<br />
dell’aerea dell’ex Forte Rossarol, una<br />
struttura militare risalente ai primi anni<br />
del XX secolo. Da un luogo di guerra,<br />
dunque, a un luogo di vita.<br />
Il «Villaggio solidale» è una iniziativa<br />
del Centro di solidarietà Don Milani di<br />
Mestre, diretto da don Franco De Pieri,<br />
un’organizzazione non profit nata nel<br />
1985 come comunità terapeutica di accoglienza,<br />
e divenuta oggi, con l’esperienza<br />
dell’assistenza di oltre 1200 giovani<br />
e 1000 famiglie, un centro polivalente<br />
per il disagio giovanile, che accoglie<br />
ogni giorno 200 giovani.<br />
Forte Rossarol fu affidato in comodato<br />
gratuito al Don Milani ed inaugurato<br />
il 3 luglio 1993. La prima ad aprire, nelle<br />
casette in cemento armato un tempo<br />
usate come deposito di armi ed esplosivi<br />
per l’esercito, fu la comunità per il recupero<br />
dalla tossicodipendenza. Successivamente<br />
fu creata una comunità per ragazze<br />
madri; quindi è stata la volta delle<br />
cooperative sociali costituite dal Centro<br />
don Milani per offrire possibilità di integrazione<br />
lavorativa ai giovani che terminano<br />
il percorso terapeutico.<br />
In questi anni altri progetti si sono affiancati<br />
a quelli più tradizionali, per venire<br />
incontro a giovani carcerati, a tossicodipendenti<br />
che avevano fallito altre<br />
esperienze terapeutiche, a persone che<br />
non avrebbero nemmeno varcato la soglia<br />
di una comunità terapeutica.<br />
Per queste numerose iniziative quest’area<br />
è diventata un vero e proprio villaggio<br />
della solidarietà, unica realtà di<br />
questo genere in Italia. Al suo interno<br />
sono stati realizzati un’officina meccanica,<br />
il laboratorio di formazione profes-<br />
sionale, la falegnameria, gli atelier artistici,<br />
e tutte le altre attività delle sue<br />
cooperative di inserimento lavorativo, la<br />
mensa, la palestra, le strutture di accoglienza,<br />
i volontari e gli operatori sociali.<br />
Da segnalare, in particolare, l’«Unità<br />
residenziale di accoglienza», un progetto<br />
che ha come obiettivo quello di fornire<br />
nei tempi previsti un’accoglienza completa<br />
a singoli rifugiati politici e richiedenti<br />
asilo, attraverso interventi che favoriscano<br />
l’integrazione sociale e lavorativa.<br />
Nella struttura collocata all’interno<br />
del Villaggio trova spazio, infatti, il sotto-progetto<br />
«Boa», azione di un più ampio<br />
intervento denominato «Fontego» e<br />
finanziato dal Ministero degli Interni al<br />
Comune di Venezia. In questo contesto<br />
si è iniziata l’esperienza di ospitalità di<br />
un gruppo di profughi curdi in un’area<br />
del Villaggio.<br />
Un grande spazio di progettualità sociale,<br />
insomma, aperto al territorio, alla<br />
collettività e agli Enti locali. Proprio il<br />
rapporto con gli Enti locali, informano i<br />
responsabili del Villaggio, ha già portato<br />
a forme innovative di integrazione tra<br />
pubblico e privato sociale in concreti<br />
progetti sul territorio.<br />
Su quest’area naturale e al tempo<br />
stesso protetta, di 250.000 metri quadrati,<br />
è stata creata una struttura in cui,<br />
ogni giorno, molte persone svantaggiate,<br />
emarginate o in difficoltà, tentano di recuperare,<br />
col preziosissimo aiuto del volontariato<br />
e con l’assistenza del personale<br />
del Sert di Mestre e Venezia, il legame<br />
che hanno perduto con la società.<br />
Oggi il Villaggio solidale è una realtà<br />
innovativa nel panorama delle comunità<br />
di accoglienza per persone che vivono il<br />
disagio. L’obiettivo delle varie attività di<br />
questa cittadella della solidarietà è l’integrazione<br />
nella società di persone emarginate<br />
attraverso il lavoro. Infatti, «lavoro<br />
e qualità della vita» sono le parole d’ordine<br />
del centro, che accoglie ogni giorno<br />
130 persone nell’area del Forte Rossarol.<br />
Il reinserimento lavorativo, spiegano i<br />
promotori, costituisce il primo passo<br />
verso l’inserimento sociale, attraverso la<br />
SOLIDARIETÀ/2 Le «Tende di Natale» dell'Avsi<br />
In piazza per chiedere aiuto<br />
per i poveri del mondo<br />
TRENTO, dicembre.<br />
L'iniziativa è quella già collaudata da<br />
alcuni anni che, ad ogni Natale, apre<br />
nelle piazze di numerose città in tutta<br />
Italia tanti piccoli «punti» dove si chiede<br />
e si riceve solidarietà in favore di chi è<br />
povero e bisognoso di aiuto. Saranno<br />
molte anche in questo mese di dicembre,<br />
le «Tende di Natale» promosse dall'Avsi,<br />
l'Associazione volontari per il servizio<br />
internazionale.<br />
Si tratta di un'organizzazione nata nel<br />
1972, riconosciuta come Ong dal Ministero<br />
degli Esteri nel 1973 ed accreditata<br />
nel 1996 presso il Consiglio economico e<br />
sociale delle Nazioni unite. L'Avsi, attualmente,<br />
è presente in 28 Paesi di Africa,<br />
America Latina, Medio Oriente ed<br />
Est Europa con 77 progetti pluriennali<br />
nei settori della sanità e dell'igiene, della<br />
cura dell'infanzia, dell'educazione e della<br />
formazione professionale, del recupero<br />
delle aree marginali urbane e dell'ambiente.<br />
Fino ad ora, oltre trecento volontari<br />
qualificati (medici, ingegneri, agronomi,<br />
educatori, assistenti sociali) si sono succeduti<br />
nei paesi d'intervento dedicandosi<br />
ai vari progetti per periodi di tempo non<br />
inferiori ai due anni. Ciò che contraddistingue<br />
l'associazione è il suo metodo di<br />
lavoro, chiamato «approccio globale»,<br />
che nasce dall'incontro con le persone e<br />
con i loro bisogni. Nel rispondere ai<br />
problemi si tiene conto che l'uomo vive<br />
all'interno di relazioni sia primarie (la<br />
famiglia) che comunitarie (gruppo di appartenenza),<br />
ma soprattutto che i bisogni<br />
materiali si coniugano con quelli spirituali.<br />
Si guarda alla persona, insomma,<br />
in tutte le sue dimensioni e la persona<br />
stessa diventa il centro del progetto.<br />
L'aiuto ai più disagiati, la condivisione<br />
di necessità concrete (il cibo, la<br />
casa, l'educazione, il lavoro, le medicine<br />
e l'assistenza) non sono dunque fine<br />
a se stessi: sono piuttosto la strada<br />
per riconoscere e condividere il senso<br />
della vita.<br />
Le «Tende di Natale» 2001 custodiscono<br />
molte speranze di solidarietà, per dar<br />
corpo ad una serie di progetti in varie<br />
parti del mondo. Nei pressi di Lagos in<br />
Nigeria c'è la scuola di St. Peter and<br />
Paul che garantisce l'educazione prescolare<br />
e primaria a quattrocento bambini<br />
di un villaggio di pescatori; come tutte<br />
le costruzioni di questo villaggio la sua<br />
struttura è in bambù e la vorrebbe riedificare<br />
più ampia e finalmente in muratura.<br />
A Salima, in Libano, c'è poi la scuola<br />
«Notre-Dame des Apôtres», fondata<br />
nel 1840 dai Padri cappuccini e distrutta<br />
negli anni Ottanta dalla guerra; l'Avsi la<br />
vuole ricostruire, come segno di speranza<br />
e di pace in un'area dove la comuni-<br />
tà cristiana è stata ridotta ad un'esile<br />
minoranza.<br />
Altri interventi sono poi in programma<br />
a Bucarest, in Romania, dove si<br />
chiede sostegno per «Casa Emilia» che<br />
accoglie i bambini sieropositivi abbandonati,<br />
a Nairobi in Kenia, per sviluppare<br />
le azioni sociali nella parrocchia di St.<br />
Joseph, e a Manaus in Brasile, dove<br />
l'Avsi collabora in varie forme con la<br />
Scuola agricola Rehina dos Apostolos<br />
fondata nel 1974 dai missionari del Pime<br />
e frequentata ogni anno da trecento giovani<br />
indios.<br />
In contemporanea con l'apertura delle<br />
«Tende», l'Avsi organizza incontri,<br />
concerti, testimonianze, mobilitando volontari<br />
ed amici in un'opera di sensibilizzazione<br />
che non conosce steccati e frontiere.<br />
MAURIZIO MELLARINI<br />
valorizzazione delle risorse possedute, in<br />
un percorso che mira al recupero delle<br />
relazioni e degli affetti perduti. La riabilitazione<br />
nell’ambito lavorativo prevede<br />
l’acquisizione di competenze professionali,<br />
il rispetto dei tempi, del luogo di<br />
lavoro, dei macchinari e del regolamento<br />
e, soprattutto, la capacità di stringere<br />
buone relazioni con i colleghi.<br />
Tra i progetti attivati vi è «La Casa di<br />
accoglienza femminile», struttura che<br />
accoglie le donne in programma terapeutico<br />
nella fase dell’accoglienza residenziale,<br />
dopo il termine del programma<br />
giornaliero, nonché il sabato e la domenica.<br />
Sono ospitate donne provenienti da situazioni<br />
di estrema difficoltà e a elevato<br />
rischio di esclusione sociale: le diverse<br />
attività proposte all’interno della struttura<br />
hanno la finalità di valorizzare le risorse<br />
di donne in difficoltà attraverso<br />
percorsi e progetti tesi al recupero e alla<br />
valorizzazione dell’autostima, delle risorse<br />
personali e lavorative.<br />
Il Villaggio ospita, poi, il laboratorio<br />
progetto «Contatti», un laboratorio di allenamento<br />
al lavoro per tossicodipendenti<br />
in trattamento al Ser.T. (Servizi<br />
Tossicodipendenza) di Venezia e Mestre.<br />
Appartiene ai progetti della cosiddetta<br />
«riduzione del danno» e si rivolge a quei<br />
giovani che presentano una maggiore<br />
fragilità, tanto da non riuscire ad affrontare<br />
un percorso riabilitativo terapeutico:<br />
si vuole offrire una vita che abbia il<br />
sapore di «una buona quotidianità».<br />
Tra le realtà presenti in quest’area<br />
della solidarietà, c'è la Comunità lavorativa<br />
«Mastro Geppetto». Rappresenta un<br />
nuovo progetto di comunità lavorative<br />
che si rivolge a tossicodipendenti per i<br />
quali gli iter comunitari riabilitativi con<br />
una tradizionale strutturazione non sono<br />
idonei. Prevede percorsi differenziati allo<br />
scopo di favorire il recupero di una<br />
quotidianità ordinata al superamento<br />
dell’isolamento sociale e culturale in cui<br />
queste persone spesso si trovano.<br />
Come accennavamo, il lavoro di falegnameria<br />
coinvolge numerose persone<br />
presenti nel Villaggio. Il «Truciolo» è<br />
una piccola cooperativa sociale che ha<br />
lo scopo di perseguire la promozione<br />
umana e l’integrazione sociale attraverso<br />
lo svolgimento di attività finalizzate<br />
all’inserimento lavorativo di persone<br />
svantaggiate.<br />
Collegato al lavoro di falegnameria è<br />
anche il progetto «Apriti sesamo», gestito<br />
dalla cooperativa Labor che interessa<br />
tossicodipendenti sottoposti a provvedimenti<br />
giudiziari. Lo scopo è quello di<br />
far maturare in loro un’esperienza lavorativa<br />
in una situazione occupazionale<br />
protetta.<br />
Dalla lavorazione del legno è nato anche<br />
l’atelier d’arte del Villaggio. Il laboratorio<br />
del legno si inserisce nel concetto<br />
di arte come fattore di promozione<br />
del benessere, capace di coniugare<br />
aspetti intellettuali e manuali. I percorsi<br />
artistici, spiegano i promotori dell’iniziativa,<br />
sono un luogo creativo che stimola<br />
le risorse della persona, contribuendo al<br />
recupero dell’autostima personale.<br />
«Il Villaggio solidale — ricorda don<br />
De Pieri, — rappresenta un grande spazio<br />
di progettualità sociale aperto al territorio,<br />
alla collettività e agli enti locali.<br />
Dovrà diventare un luogo aperto alla città.<br />
Non un ghetto dunque, bensì un<br />
punto di incontro per momenti da dedicare<br />
alla cultura e al sociale».<br />
CLAUDIO ZERBETTO<br />
In locali messi a disposizione dalla Curia<br />
Napoli: una casa per i barboni<br />
NAPOLI, dicembre.<br />
È stato inaugurato a Napoli un centro<br />
di accoglienza diurna per uomini e donne<br />
senza fissa dimora, dove coloro che<br />
sono abitualmente ospiti del dormitorio<br />
pubblico potranno trovare ospitalità durante<br />
il giorno, nelle ore di chiusura della<br />
struttura comunale. Il centro è stato<br />
creato dalla fondazione Massimo Leone,<br />
associazione fondata nel 1994 che porta<br />
il nome di un giovane imprenditore prematuramente<br />
scomparso, in locali messi<br />
a disposizione dalla Curia arcivescovile.<br />
Come sede è stata utilizzata una ex<br />
chiesa sconsacrata in via De Blasi, a pochi<br />
passi dal dormitorio. Come hanno<br />
sottolineato nell'inaugurazione il Cardinale<br />
Michele Giordano, Arcivescovo di<br />
Napoli, e Carlo Antonio Leone, presidente<br />
della Fondazione, il centro vuole<br />
offrire un punto di riferimento per le<br />
ore diurne agli ospiti della struttura comunale:<br />
qui si svolgeranno corsi di formazione<br />
artigianale — per imparare a<br />
lavorare il cuoio e i tessuti, oppure specializzarsi<br />
nell'arte presepiale — ma si<br />
potrà contare soprattutto sull'amichevole<br />
presenza degli operatori e dei volontari<br />
della Fondazione, per provare a riconquistare<br />
la fiducia in se stessi ed a riallacciare<br />
i rapporti con familiari e amici.<br />
La Fondazione, insomma, vuole aiutare<br />
le persone senza fissa dimora a trovare<br />
un possibile sbocco nel mondo del la-<br />
voro, ma soprattutto a uscire dall'isolamento<br />
sociale in cui, per varie vicissitudini,<br />
si sono trovati. Da sfondo, la consapevolezza<br />
di come sia mutato negli ultimi<br />
dieci anni il fenomeno del nomadismo<br />
urbano: tra i «Barboni» napoletani<br />
ci sono sempre più giovani, donne, persone<br />
con un titolo di studio medioalto.<br />
«È il mondo del disagio che sta cambiando»,<br />
dicono gli operatori della Fondazione<br />
impegnati da tempo su questo<br />
versante.<br />
La Fondazione Leone è presieduta dal<br />
primario ospedaliero Carlo Antonio, fratello<br />
dello scomparso Massimo, da anni<br />
in prima linea nel mondo del volontariato<br />
napoletano: tra gli obiettivi già realizzato,<br />
un centro di assistenza e di ascolto,<br />
e un altro che offre assistenza ambulatoriale<br />
polispecialistica. A queste attività<br />
collaborano una settimana di volontari<br />
e le suore Poverelle di Bergamo, da<br />
sempre vicine al mondo del disagio sociale.<br />
Tra i risultati concerti, spicca per<br />
il suo valore anche simbolico la nascita<br />
della prima cooperativa di lavoro che<br />
vede protagonisti i senza fissa dimora:<br />
grazie ai fondi messi a disposizione dalla<br />
fondazione, nei locali del dormitorio di<br />
via De Blasis è stata aperta una lavanderia<br />
— il cui primo cliente è proprio il<br />
Comune — gestita da alcuni degli ospiti<br />
della struttura pubblica.<br />
MARIANO DEL PREITE<br />
Torino: le attività degli «Amici di Lazzaro»<br />
vicinanza. Una volta alla settimana, divisi<br />
in piccoli gruppi, gli «Amici di Lazzaro»<br />
organizzano momenti di preghiera nei<br />
luoghi frequentati dalle prostitute, negli<br />
atrii delle stazioni, nei «dormitori a cielo<br />
aperto». Vengono proposti canti e preghiere<br />
semplici, la lettura del Vangelo domenicale,<br />
cui fanno seguito dialoghi personali<br />
in cui viene espresso il desiderio di<br />
amicizia e di aiuto. A questo punto i gio-<br />
vani cercano di offrire risposte: dalla coperta,<br />
al consiglio sui servizi cui rivolgersi,<br />
al cibo.<br />
«Quando andiamo ad esempio nei luoghi<br />
di prostituzione — spiega Paolo, uno<br />
dei responsabili del gruppo — capita più<br />
di quanto si possa immaginare che le ragazze<br />
si uniscano alla nostra preghiera e<br />
poi cerchino il dialogo. Quest’anno sono<br />
state 15 che da questi incontri hanno tro-<br />
vato la forza per chiedere aiuto e sono<br />
riuscite ad uscire dal giro della prostituzione:<br />
un numero certamente esiguo, ma<br />
sono comunque persone che hanno recuperato<br />
la propria dignità».<br />
Piccoli gruppi di giovani organizzano<br />
inoltre semplici serate e cene in comunità<br />
di ragazze madri, altri si recano periodicamente<br />
a prendere derrate alimentari o<br />
altro materiale che viene elargito periodicamente<br />
da alcuni benefattori.<br />
MARCO BONATTI<br />
AZIONE CATTOLICA Intervista con la presidente nazionale Paola Bignardi<br />
Rinnovarsi pur rimanendo<br />
fedeli alla propria vocazione<br />
GAETANO VALLINI<br />
ROMA, dicembre.<br />
L’Azione cattolica italiana sta cambiando,<br />
ma non per trasformarsi in<br />
qualcosa di diverso rispetto alla sua storia.<br />
È invece in atto un processo con il<br />
quale l’Ac, fedele a se stessa, alle proprie<br />
radici, vuole darsi forme nuove di<br />
presenza e di impegno. Ma, rassicura la<br />
presidente nazionale, Paola Bignardi,<br />
«non diventerà un movimento: penso<br />
che essere associazione faccia parte della<br />
sua identità e del suo tesoro». «L’Ac<br />
— aggiunge — è una vocazione e va vissuta<br />
con tutta l’intensità e la bellezza,<br />
ma anche con il rigore ecclesiale».<br />
La presidente parla all'indomani del<br />
convegno del Settore Giovani, svoltosi lo<br />
scorso fine settimana a Roma, sul tema:<br />
«La parola ai giovani... nell'Ac che cambia».<br />
Un convegno importante in preparazione<br />
all'Assemblea nazionale, l'XI, in<br />
programma dal 25 al 28 aprile 2002, al<br />
quale ha fatto pervenire un significativo<br />
messaggio Giovanni Paolo II.<br />
Dottoressa Bignardi, in che cosa consiste,<br />
in sintesi, il rinnovamento dell'Ac<br />
«avviato — come sottolinea il Papa<br />
— con grande determinazione all'alba<br />
nel nuovo millennio» e che sarà<br />
al centro dell'Assemblea nazionale?<br />
È un processo naturale in un’esperienza<br />
dalla lunga storia — risponde la<br />
Bignardi —. Rinnovarsi significa per<br />
l’Ac orientare con nuova decisione la<br />
sua vita verso l’ideale conciliare che la<br />
caratterizza, come esperienza ecclesiale<br />
di laici che hanno scelto di vivere insieme<br />
la corresponsabilità verso la missione<br />
della Chiesa, come più stretta partecipazione<br />
alla missione dei pastori.<br />
Rinnovarsi significa dirci oggi le ragioni<br />
vive per questo nostro ideale e cercare<br />
forme concrete significative perché<br />
questo dono continui ad arricchire la<br />
Chiesa e sostenere il nostro personale<br />
percorso di santità.<br />
Il Papa ha rilanciato con forza, unitamente<br />
all'impegno ecclesiale, la spiritualità<br />
dell'Ac. Come si caratterizza<br />
oggi questa fondamentale dimensione<br />
associativa?<br />
Se la santità è la misura alta della<br />
vita cristiana ordinaria — come ha<br />
scritto il Papa nella Novo Millennio<br />
ineunte — la spiritualità non può che<br />
essere l’anima della vita dell’Ac. Una<br />
spiritualità intesa come primato delle<br />
dimensioni spirituali, come percorso di<br />
fede essenziale ed esigente, scandito<br />
dalle esperienze della vita spirituale<br />
della comunità tutta: la Parola, la preghiera,<br />
i sacramenti, la domenica...: è<br />
in questo modo che ci si orienta a<br />
guardare il volto del Signore, che è l’unico<br />
modo per poter rispondere alla domanda<br />
di quanti ci chiedono: «Vogliamo<br />
vedere Gesù». Ma questo è anche<br />
l’unico modo di guardare la vita, il<br />
mondo, la storia umana dal punto di<br />
vista di Dio.<br />
Lei ha fatto riferimento alla santità,<br />
ed essere santi ogni giorno è l'invito<br />
rivolto dal Papa ai giovani e, attraverso<br />
di loro, a tutta l'Ac. Si tratta di un<br />
richiamo ad una santità capace di concretizzarsi<br />
in una rinnovata missionarietà<br />
che non può trascurare l'ambito<br />
civile, l'impegno nel sociale. In che<br />
modo l'Ac intende rispondere a questo<br />
invito?<br />
Il senso della propria partecipazione<br />
alla vita del mondo è uno dei frutti della<br />
carità; come lo è la responsabilità<br />
verso il mondo, che Dio — creandolo<br />
— ha affidato alle mani degli uomini...<br />
Il cristiano non può vivere appartato: è<br />
un cittadino del mondo; è fratello di<br />
ogni uomo. Santità è stare con amore<br />
dentro la storia umana, cercando di far<br />
emergere quel disegno di bontà che Dio<br />
ha inscritto in essa; è cercare questo disegno<br />
anche quando la storia è oscura;<br />
è contribuire alla sua purificazione...<br />
La formazione che l’Azione Cattolica dà<br />
ai suoi aderenti sostiene le scelte che<br />
ciascun laico è chiamato a fare, personalmente,<br />
per vivere nel mondo con il<br />
cuore di Dio. Allora lo stile dell’impegno<br />
sociale e civile assume certe caratteristiche:<br />
di gratuità, di solidarietà, di<br />
attenzione al più debole, di servizio.<br />
APOSTOLATO Alla periferia occidentale di Genova<br />
La presenza attiva e preziosa<br />
di tre suore in una realtà difficile<br />
GENOVA, dicembre.<br />
Tutto è cominciato sei anni fa con un<br />
campo estivo effettuato non in un’amena<br />
località montana o marina, ma nella<br />
periferia occidentale di Genova, in un<br />
anonimo quartiere per la maggior parte<br />
cresciuto in fretta, accanto a poche antiche<br />
case contadine, per dare ospitalità a<br />
operai e impiegati delle imprese o delle<br />
industrie del ponente cittadino e della<br />
Valpolcevera.<br />
«Giovedì 1° novembre, festa di Tutti i<br />
Santi, — spiega suor Gloria, delle Missionarie<br />
Francescane del Verbo Incarnato<br />
— abbiamo iniziato in modo “ufficiale”<br />
il nostro cammino, caratterizzato da<br />
una presenza stabile in questa zona per<br />
tanti versi deprivata e per altri aspetti<br />
umanamente ricca. Abbiamo avuto la<br />
gioia di avere accanto a noi alcuni dei<br />
ragazzi che negli anni sono venuti per i<br />
Campi estivi, sorelle di altre comunità,<br />
tante persone conosciute in questi<br />
anni».<br />
«Molto significativa per noi — continua<br />
suor Gloria — è stata anche la presenza<br />
di don Luigi Molinari, Vicario episcopale<br />
del mondo del Lavoro e responsabile<br />
dei Cappellani del Lavoro. È stato<br />
lui che ha letto la lettera con cui il Cardinale<br />
Arcivescovo ha dato il «nulla<br />
osta» per l’apertura di questa nuova<br />
Casa».<br />
«Don Gianni Grondona, parroco di<br />
San Giovanni Battista alla Costa di Begato,<br />
parrocchia nel cui territorio essa<br />
ha sede, durante la celebrazione ci ha<br />
ricordato che la nostra presenza deve<br />
essere soprattutto un “segno” che testimoni<br />
il primato di Dio, responsabilità<br />
grande che poi ha sottolineato nell’invitarci<br />
ad essere sale della terra e luce<br />
del mondo».<br />
Adesso le suore presenti sono tre,<br />
suor Gloria, suor Eusebia e suor Italia,<br />
della giovane comunità delle Missionarie<br />
Francescane del Verbo Incarnato, da<br />
circa cinquant'anni presenti a Genova<br />
presso la Fondazione dei Cappellani del<br />
Lavoro che si trova in via del Molo.<br />
Vi svolgono un servizio sia per i Cappellani,<br />
sia nella Parrocchia di san Marco<br />
al Molo: ambulatorio infermieristico,<br />
assistenza infermieristica a domicilio,<br />
catechesi, visita alle persone malate o<br />
sole.<br />
Una sorella fa questo servizio anche<br />
nella zona di Brignole, ove è venuta a<br />
conoscenza della realtà della zona di Begato<br />
con la sua «Diga», un nuovo complesso<br />
edilizio popolare per centinaia di<br />
famiglie che da subito si è dimostrato<br />
un concentrato di problemi e di difficoltà,<br />
a partire dalla totale mancanza di<br />
servizi, ora in parte superata.<br />
Ed è grazie a questa sorella che è stato<br />
possibile giungere alla realizzazione<br />
di oggi. Si è iniziato a desiderare una<br />
presenza religiosa femminile significativa,<br />
che vivesse quotidianamente tra le<br />
persone, disponibile a lasciarsi accogliere,<br />
chiamare, coinvolgere.<br />
L’occasione concreta di partenza è<br />
stata la proposta di animare un’attività<br />
estiva per i ragazzini del quartiere: così<br />
nel 1996, conosciuti i due parroci della<br />
zona, don Marco Rapetti e don Gianni<br />
Grondona, presto si è iniziato con loro e<br />
con le persone della parrocchia, «una<br />
collaborazione che è poi diventata condivisione<br />
di esperienze, di amicizia, di<br />
“sogni” — conclude suor Gloria —. Una<br />
fortunata serie di coincidenze ha permesso<br />
che già dallo scorso anno due di<br />
noi potessimo venire in modo un po’<br />
pendolare dalla comunità del Molo a far<br />
servizio in Parrocchia e iniziare un inserimento».<br />
Una suora ha avuto l’incarico dell’insegnamento<br />
della Religione nella scuola<br />
media statale di Bolzaneto (frequentata<br />
dai ragazzi del quartiere) ed ha cominciato<br />
ad essere presente negli incontri di<br />
catechesi. L’altra suora ha potuto conoscere<br />
meglio la realtà locale aiutando<br />
don Gianni nella Benedizione delle famiglie<br />
e inserendosi nel gruppo di volontariato<br />
della San Vincenzo presente in<br />
parrocchia, portando la Comunione alle<br />
persone malate o anziane.<br />
Attualmente la piccola e simpatica comunità<br />
è formata da tre suore, che continuano<br />
i servizi iniziati lo scorso anno,<br />
dando priorità alla visita alle famiglie secondo<br />
il carisma della loro Fondatrice,<br />
Madre Giovanna Francesca dello Spirito<br />
Santo, che vedeva nella famiglia la meta<br />
del loro apostolato.<br />
In questa realtà la famiglia sta vivendo<br />
momenti difficili, che traspaiono dai<br />
problemi di relazione che hanno i bambini<br />
che frequentano il catechismo, l’Azione<br />
Cattolica Ragazzi, la scuola.<br />
Questo è assai più evidente nelle giovani<br />
famiglie che dopo poco tempo s'incrinano<br />
o si dividono, ma è visibile anche<br />
nelle fatiche di chi vuol essere fedele<br />
alle promesse fatte e agli impegni assunti.<br />
Allora, affermano le suore, «ripartire<br />
dalla famiglia ci sembra uno dei modi<br />
per far sì che il Regno di Dio possa crescere<br />
sempre più».<br />
«Sentirsi a casa» è ciò che molti di<br />
noi hanno provato venendo in questa<br />
Parrocchia, ed è il “sogno” che ci portiamo<br />
dentro perché sia sperimentabile da<br />
tutti».<br />
GRAZIELLA MERLATTI<br />
Giovanni Paolo II sottolinea per ben<br />
due volte l'aspetto della collaborazione<br />
con i Vescovi, che è una delle caratteristiche<br />
peculiari dell'Ac. Come<br />
pensa possa rinnovarsi questa collaborazione<br />
per rispondere adeguatamente<br />
alle nuove sfide pastorali?<br />
L’Azione Cattolica ripete ai Pastori la<br />
propria disponibilità a contribuire con<br />
totale gratuità alla missione della Chiesa,<br />
condividendo la loro responsabilità;<br />
lo fa nella coscienza che la vocazione<br />
battesimale-laicale sia una risorsa preziosa<br />
per questa missione. I Pastori le<br />
stanno ripetendo il loro apprezzamento<br />
per questo impegno. In questa reciprocità<br />
credo stia per l’Ac il futuro: in<br />
questa reciprocità credo vi sia per la<br />
Chiesa italiana un dono prezioso.<br />
Taranto: corale<br />
impegno<br />
del volontariato<br />
verso le «nuove<br />
povertà»<br />
TARANTO, dicembre.<br />
Per affrontare in maniera più<br />
efficace le problematiche poste<br />
dalla diffusione costante delle cosiddette<br />
«nuove povertà» e per attuare<br />
una serie di interventi coordinati<br />
e maggiormente incisivi a<br />
Taranto e nella provincia, l’Arcivescovo<br />
Benigno Papa e la Caritas<br />
diocesana hanno deciso di promuovere<br />
la realizzazione di una<br />
«mappa delle povertà» del territorio.<br />
A questo scopo hanno promosso<br />
una riunione delle associazioni<br />
che si occupano di volontariato<br />
nelle singole realtà locali, e<br />
che non sempre riescono a fornire<br />
risposte efficaci e ben mirate da<br />
sole, La riunione si è svolta nel<br />
nuovo centro di accoglienza realizzato<br />
nel convento di Santa Maria<br />
della Consolazione, nella periferia<br />
Ovest della città. Vi hanno<br />
preso parte i rappresentanti di<br />
una quarantina di associazioni<br />
che operano in vari settori specifici<br />
di intervento, dal recupero dei<br />
tossicodipendenti all’assistenza<br />
agli ammalati di tumore, dall’assistenza<br />
delle famiglie più bisognose<br />
al recupero dei minori a rischio,<br />
alla tutela dei diritti degli extracomunitari.<br />
Dall’incontro, servito innanzi<br />
tutto per conoscersi e approfondire<br />
le problematiche relative<br />
a ciascun bisogno particolare,<br />
è scaturito un primo significativo<br />
risultato: un accordo per l’avvio<br />
di un percorso di collaborazione,<br />
auspicato fortemente dall’Arcivescovo<br />
mons. Papa, il quale ha posto<br />
l’accento sulla necessità di<br />
mettere in rete conoscenze ed<br />
esperienze perché possano diventare<br />
patrimonio comune.<br />
In effetti, nel corso della riunione<br />
sono state particolarmente rimarcate<br />
le specifiche problematiche<br />
che il territorio di Taranto<br />
propone, anche per la presenza di<br />
moltissime famiglie la cui sussistenza<br />
è messa gravemente in pericolo<br />
dalla crisi senza precedenti<br />
che il sistema industriale di Taranto<br />
sta conoscendo negli ultimi anni.<br />
La maggior parte di queste famiglie<br />
vive in situazione di isolamento<br />
e soffre in silenzio, spesso<br />
rifiutando, per orgoglio, qualunque<br />
tipo di aiuto, ma subendo<br />
conseguenze che hanno le loro ripercussioni<br />
sui figli e sull’intero<br />
contesto sociale nel quale vivono.<br />
Ma si è anche parlato del fenomeno,<br />
sempre più diffuso, della dispersione<br />
scolastica, che è conseguenza<br />
del disagio nel quale versano<br />
tante famiglie, che abbandonano<br />
i figli a se stessi, per vari<br />
motivi e così li espongono al pericolo<br />
di incappare nelle reti devianti<br />
della microcriminalità; così<br />
come si è affrontato il problema<br />
dell’assistenza ai malati di cancro,<br />
che viene garantita con enorme<br />
sforzo, ma richiede continuo sostegno<br />
finanziario, per garantire<br />
la qualità indispensabile al servizio.<br />
Monsignor Papa ha invitato le<br />
associazioni a stabilire con chiarezza<br />
i settori e le modalità di intervento,<br />
per una maggiore efficacia.<br />
E ogni intervento, ha sottolineato<br />
il direttore della Caritas diocesana,<br />
don Nino Borsci, deve essere<br />
innanzi tutto rispettoso della<br />
dignità della persona cui è diretto.<br />
Per ognuno di questi ambiti saranno<br />
istituiti dei gruppi di lavoro<br />
e un laboratorio di intervento,<br />
mettendo in comune le competenze<br />
di ciascun volontario. Il tutto<br />
con il coordinamento della Caritas<br />
diocesana, che «sarà rispettosa<br />
delle singole competenze e modalità<br />
di organizzazione nella prospettiva<br />
di un sempre più efficace<br />
servizio alla comunità».<br />
SILVANO TREVISANI