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ERZA T PAGINA .<br />
PAGINA<br />
3 .<br />
ELZEVIRO Riflessioni sul romanzo e sul teatro<br />
Tanta bravura<br />
senza scintilla<br />
LUIGI M. PERSONÈ<br />
Da chi o da che dipende?<br />
Sembra una punizione.<br />
Comunque, è un mistero.<br />
La luce si è spenta improvvisamente e<br />
quando ne avrei più bisogno.<br />
Ero ragazzo e leggevo I promessi<br />
sposi.<br />
L'autore, Alessandro Manzoni, sapeva<br />
se non tutto sulla vita moltissimo, e l'aveva<br />
concentrato in un racconto così<br />
esauriente negli avvenimenti, in una lingua<br />
di una semplicità sublime, tanto<br />
che, entrato nella scuola, i docenti, avvezzi<br />
ad aspri garbugli, ne rimasero così<br />
scombussolati da cercare cupi commenti<br />
da infoscare quelle pagine di una chiarità<br />
cristallina.<br />
Il Manzoni, con la sua lucidità, era<br />
riuscito a rompere una tradizione di<br />
scrittura cupa, di stramberie inquietanti.<br />
Vi si era fermati nelle stramberie e<br />
nei garbugli del Seicento; si uscì quasi<br />
disorientati da quello splendore.<br />
Certo, il colpo fu forte per la letteratura<br />
che era racchiusa in forme stravaganti<br />
e pese.<br />
Si cambiò stile, carattere, usi e costumi.<br />
Si cambiò un modo di intendere la<br />
letteratura portata così vicina alla vita<br />
da quanto ne era rimasta lontana.<br />
Alessandro Manzoni aprì come un finestrone<br />
dal quale entrava luce, splendore,<br />
aria rasserenante.<br />
Su quella traccia ci si mise quasi senza<br />
accorgersene, come a trovare il conforto<br />
di un nuovo fantasticare vicino alle<br />
esperienze della realtà.<br />
Nacquero alcuni testi che, per l'originalità<br />
e la potenza del racconto, diventarono<br />
famosi.<br />
Qualche nome: Giovanni Verga, Antonio<br />
Fogazzaro, Emilio De Marchi.<br />
Il romanzo risultò una forma seria e<br />
non un cumulo di fantasie scempie o assurde.<br />
Qualche stravagante come Gabriele<br />
d'Annunzio dava al quadro letterario toni<br />
che l'arricchirono.<br />
La mia prima giovinezza di scolaro e<br />
poi di appassionato della letteratura contemporanea<br />
l'ho vissuta in mezzo a romanzi<br />
corrispondenti ad opere che servivano<br />
non solo a divertirmi ma a darmi<br />
anche un senso della vita, un'esperienza<br />
della realtà.<br />
Mio padre, severo ad educarmi, non<br />
pose veti alle mie letture, anche se le seguiva<br />
silenziosamente.<br />
Egli aveva l'idea, giusta o sbagliata,<br />
che potessi formarmi un'idea della vita<br />
meglio che direttamente lontano dal<br />
burrascoso scottarsi dei fatti, per sentito<br />
dire da chi sapeva dire con dignità ed<br />
onestà.<br />
Perciò mi condusse giovanino a teatro,<br />
perché preferiva che imparassi quella<br />
che si dice «la vita» da un palcoscenico,<br />
in tanti modi e in presenza di tanta<br />
gente, vigilato, meglio che dalle case e<br />
dalle strade della città.<br />
Secondo mio padre, il romanzo e il<br />
teatro procuravano l'utile e il diletto; ed<br />
io ne diventai così appassionato che alla<br />
mia ora risultai un fervido studioso di<br />
letteratura contemporanea, romanzi e<br />
teatro.<br />
Mi indussi a fare dei viaggi per ascol-<br />
tare la «prima» di una commedia o semplicemente<br />
una tournée, come fu quella<br />
di Eleonora Duse inaugurata a Torino,<br />
con La donna del mare, di Ibsen.<br />
A furia di andare a teatro mi venne la<br />
voglia di conoscere autori e attori, da<br />
Roberto Bracco e da Marco Praga a<br />
Eleonora Duse e alle sorelle Gramatica.<br />
Oh, dove sono andati a finire.<br />
Io mi sono accinto a scrivere questo<br />
articolo non per ricordare le mie frequenti<br />
letture di romanzi e la mia assiduità<br />
dell'ascoltare le commedie ma per<br />
dire come mi sento sperso proprio nell'età<br />
in cui avrei maggior bisogno di trovare<br />
un modello di vita nel romanzo e<br />
nel teatro.<br />
Dove si trova oggi un romanzo, non<br />
dico come quello di Alessandro Manzoni,<br />
ma di un De Marchi e di un Giovanni<br />
Verga?<br />
Dove una commedia come Il piccolo<br />
santo di Roberto Bracco o La porta<br />
chiusa di Marco Praga, con la quale<br />
Eleonora Duse terminò la sua arte e la<br />
sua vita?<br />
Dove? Cerco ma non trovo.<br />
Consulto i competenti.<br />
Essi mi esortano a desistere dalla ricerca.<br />
Perderei il mio tempo.<br />
Eppure c'è la bravura ma essa non<br />
basta per opere come I malavoglia o<br />
come Demetrio Pianelli.<br />
Tanta bravura senza scintilla.<br />
Che cos'è la scintilla?<br />
Non è facile definirla.<br />
È un fascio di luce che improvvisamente<br />
affiora senza saper come.<br />
Esce dalla penna come se qualcuno<br />
ve la immettesse per tradurla sulla<br />
carta.<br />
Già, la scintilla.<br />
Oggi manca.<br />
Da chi o da che dipende?<br />
Non è facile sciogliere il bandolo di<br />
una matassa così arruffata.<br />
Non è detto che si debba trafficare<br />
solo con le cose facili e che si debba restare<br />
bloccati davanti a quelle che facili<br />
non sono.<br />
Per lo meno, si può tentare.<br />
Io mi trovo spesso a disagio per le<br />
scempiate scritture di chi tenta di far<br />
letteratura.<br />
È invincibile la mia incompatibilità<br />
con certa educazione, con certo modo<br />
di vedere e di sentire, col carattere oggi<br />
prevalente.<br />
Questa mentalità mirerebbe a trasformare<br />
la vita, a farne scorgere una tanto<br />
originale da restarne allibiti.<br />
Per un impulso stranissimo si è portati<br />
a interessarsi di cose che possono<br />
sembrare paranormali; e non è detto<br />
che a volte si viva proprio di forme paranormali<br />
le quali possono provocare riluttanza<br />
e sdegno.<br />
Un'educazione, insomma, nuova che<br />
tende a riformare la vita, a renderla<br />
nuovissima.<br />
Quest'impulso ci sprigiona come dal<br />
sangue, penetra nella volontà, dirige il<br />
modo di vivere.<br />
Il modo di vivere che rifiuta il romanzo<br />
e il teatro ma si riversa in forme che<br />
riescono a rendere durissima la vita: durissima<br />
per chi è nato in un tempo di altra<br />
educazione e di altri ideali.<br />
Quegli ideali sono stati sostituiti.<br />
Erano la spina dorsale del romanzo e<br />
del teatro.<br />
Non esistono più.<br />
<strong>L'OSSERVATORE</strong> <strong>ROMANO</strong> Giovedì-Venerdì 27-28 Dicembre 2001<br />
La mostra «Monet. I luoghi della pittura» alla Casa dei Carraresi di Treviso<br />
In un'atmosfera di stupore contemplativo<br />
la luce diventa fonte metafisica del colore<br />
FRANCO PATRUNO<br />
Attraverso i luoghi della vita individuare<br />
il senso di un'intuizione dell'arte:<br />
è un buon itinerario per riscoprire<br />
Monet. Con le parole di Marco Goldin,<br />
giustamente orgoglioso per aver portato<br />
a termine l'attuale pellegrinaggio dello<br />
sguardo nell'esposizione trevigiana Monet.<br />
I luoghi della pittura (Casa dei Carraresi),<br />
«un itinerario che è sì dell'arte<br />
ma anche del cuore».<br />
Riscoprire Monet? La domanda è solo<br />
in parte retorica, perché le innumerevoli<br />
mostre monettiane sembrerebbero<br />
aver indagato ogni possibile percorso<br />
del grande pittore francese. Invece, la<br />
domanda, ha un senso, e non solo per<br />
ragioni di quantità di quadri da esibire,<br />
ma per la novità incisa nelle opere, per<br />
la sincronia tra splendore e sguardo.<br />
Certo, anche gli inediti e le opere dif-<br />
me scrive in una<br />
lettera del 1920.<br />
Ma se Boudin<br />
lo invita ad immergersi<br />
nella natura<br />
con contemplativo<br />
stupore,<br />
quasi la luce fosse<br />
da sempre fonte<br />
metafisica del colore,<br />
è chiaro il richiamo<br />
alla tradizione<br />
di Courbet e<br />
delle «cose che<br />
stanno», cioè alla<br />
costanza secolare<br />
del rispecchiamento<br />
tra cielo e<br />
terra; come, con<br />
maggiore materica<br />
evidenza, appare<br />
sia nella «Chie-<br />
un'atmosfera resa unitaria ed omogenea<br />
dall'unisono tra luce e colore, nella<br />
seconda l'apparente stemperarsi e confondersi<br />
tra la massa rocciosa ed il cielo-mare<br />
è dovuto agli elementi chimici<br />
della nube-nebbia, secondo propensioni<br />
già care a Turner e al panico dell'immersione<br />
totale nell'umido dell'aere.<br />
Due forme di Impressionismo?<br />
Il passaggio l'avverto più radicale: il<br />
«qui e ora» di Manneport è naturalistico,<br />
anche se ormai fuori dai canoni<br />
contemplativi di Boudin e di Corot. Nel<br />
Nelle «Laude» medievali l'origine dei canti natalizi europei<br />
Pastorali, Carols, Noëls e Villancicos per il Bambino<br />
ANTONIO BRAGA<br />
I canti di Natale, nella ricca tradizione europea,<br />
sono nati molto prima della Lauda medievale italiana.<br />
Non è ovviamente possibile stabilire quando,<br />
ma attraverso i secoli presero forma, ed ebbero<br />
una accelerazione tra il IX ed il X secolo, quando<br />
la laus, il canto sulle volute sonore della gioia per<br />
la nascita di Gesù, divenne il fulcro della rappresentazione<br />
compiuta dai celebranti sui tropi allelujatici,<br />
che inserivano nuovi testi sui melismi troppo<br />
lunghi della parola Alleluia.<br />
Uno dei punti di partenza per queste espressioni<br />
di gioia dell’ecclesia, sta nell’Offitium quod fit in<br />
nocte Natalis Domini, del Codice C 56 della Biblioteca<br />
Capitolare del Duomo di Padova, messo in luce<br />
dal Liuzzi nel 1929.<br />
Il dramma liturgico in Italia non ebbe una vasta<br />
produzione, rispetto ad altri Paesi europei. Per le<br />
festività che vanno dalla Annunciazione alla Epifania,<br />
vi sono tuttavia alcune importanti riscoperte,<br />
avvenute nel XX secolo, di testi e canti. Naturalmente,<br />
il maggior numero di queste riguardano la<br />
Passione, periodo nel quale era d’uso presentare<br />
drammi embrionali, ed intonare canti di tristezza;<br />
a distanza si collocarono quelli per le feste natalizie.<br />
Nel codice padovano, oltre all’Offitium di Natale,<br />
vi è quello della Epifania. Altri codici provengono<br />
da Cividale — sede più completa per questo tipo<br />
di canti —, da Parma e dalla Sicilia. Assai bello<br />
il dialogo tra l’Angelo e Maria, per l’Annunciazione:<br />
si apre con l’Ave Maria, e l’Angelo le dice: «Ne<br />
timeas, Maria, invenisti gratiam apud Dominum»;<br />
si aggiunge ad esso santa Elisabetta. Il canto di Natale<br />
si apre con il «Quem quaeritis in presepem,<br />
pastores, dicite»: ed i pastori rispondono: «Salvatorem<br />
Cristum Dominum».<br />
La lauda monodica in volgare è un passo avanti<br />
ficilmente raggiungibiliinsinuano<br />
nuovi piacevoli<br />
accostamenti e favorisconobiografie<br />
più puntuali<br />
ed accorte; ma,<br />
mi si perdoni la<br />
valenza teologica<br />
del termine, il<br />
«mistero» Monet<br />
non è un semplice<br />
problema da risolvere,<br />
ma l'ascolto<br />
di una polivalenza<br />
di accenti che<br />
non si esaurisce<br />
nell'attimo di sporadici<br />
entusiasmi<br />
ricettivi.<br />
Riscoprire Monet,<br />
quindi, è<br />
uscire dall'ovvio<br />
del già visto e lasciarsi<br />
educare,<br />
con le parole di<br />
un recente gioiello<br />
di Flavio Caroli,<br />
di capitale importanza, logicamente legata al movimento<br />
francescano. Ma le laude esistevano già da<br />
molto, non legate alle funzioni liturgiche e cantate<br />
fuori dalle chiese, ad opera di confraternite di laici,<br />
dei «Laudesi». Questa riunione di fedeli sorse a Firenze,<br />
nel 1183, in Santa Reparata, e fu detta dei<br />
«Laudesi della Beata Vergine».<br />
I «Laudari» — tra i quali si distinguono il «Magliabechiano»<br />
ed il «Cortonese» — raccolsero il meglio<br />
dei canti natalizi, provenienti dalla lunga tradizione<br />
vocale. Tra questi, i più antichi dedicati al<br />
Santo Natale, sono quelli che derivano dalla tradizione<br />
litaniale ecclesiastica: ad esempio, quello sulle<br />
parole: «Alleluja, alleluia, alto re di gloria / che<br />
venisti et descendisti a noi per tua gratia». Seguono<br />
quelli del periodo «classico» costruiti in forma tripartita:<br />
ripresa-piedi-volta. Assai noto è il canto sulle<br />
parole «Gloria in cielo e pace in terra, / nat’è ’l<br />
nostro Salvatore. / Nat’è Cristo glorioso, / l’alto<br />
Dio meraviglioso...».<br />
Con altri canti si concludeva la stagione delle<br />
laude monodiche, conclusa alle soglie del XV secolo.<br />
Poi, la polifonia ne plasmava altre, fino al ritorno<br />
di una produzione monodica, che potremmo<br />
definire «moderna», iniziata con il movimento filippino,<br />
e progredita fino al XVIII secolo.<br />
In Europa, il periodo natalizio veniva festeggiato<br />
con forme affini alla lauda italiana, in storie parallele<br />
a questa. In alcuni Paesi si formavano delle<br />
precise espressioni, assai amate dalla gente, e divenute<br />
attraverso i secoli una larga tradizione.<br />
In Inghilterra si produssero molte belle canzoni<br />
natalizie, che attraversarono anche l’oceano e si<br />
stabilirono nel nuovo mondo. Dalla danza in cerchio<br />
dei bambini dinanzi alle case nel periodo natalizio,<br />
derivarono le Carols, o carole, che indicavano<br />
il modo di cantare. In esse vi era una «stanza»<br />
sempre uguale nel canto, con diverse parole; segui-<br />
dal «puro frinire della luce e di riflessi:<br />
facce umide e subacquee nell'ombra,<br />
fiocchi di sole sugli alberi, lanugini di<br />
colore che trafiggono con la loro declinante,<br />
o avara, intensità» («Storia dell'Arte<br />
raccontata», Milano, 2001, pag.<br />
401). «Veduta nei pressi di Rouelles»<br />
(1858) sembra l'esito dell'affetto e della<br />
riconoscenza di Monet a Boudin, «il re<br />
dei cieli», come diceva Corot: «Ho seguito<br />
i suoi consigli e insieme abbiamo<br />
fatto lunghe passeggiate durante le quali<br />
continuavo a dipingere dal vero», co-<br />
«La casa<br />
dei doganieri»,<br />
1882<br />
«Le barche<br />
rosse,<br />
Argenteuil»,<br />
1875<br />
«Cattedrale<br />
di Rouen»,<br />
1892<br />
«Palazzo Ducale», 1908<br />
sa di Varengeville, effetto del mattino»<br />
che nei grumi di cromo autoluminoso<br />
di «Port-Domois», entrambi del 1886.<br />
Il passaggio è già chiaro: le cose non<br />
solo «stanno», ma «divengono». L'attimo<br />
dell'impressione sulla retina coglie<br />
l'immediato, ma la ricezione del «qui e<br />
ora» ha lunga storia, storia di tempi, di<br />
coaguli, di formazione lenta di un elemento<br />
organico che ancora resiste all'effusione<br />
della luce che tutto vorrebbe<br />
non solo avvolgere ma attrarre e diffondere,<br />
come nella «Scogliera di Pourvil-<br />
ta dal ritornello, con differenti note ma uno stesso<br />
testo.<br />
Anche queste furono monodiche fino al XV secolo<br />
per divenire in seguito polifoniche. Si suddividono<br />
in vari periodi: il più antico ha un ritornello fisso,<br />
ed è simile alla lauda spirituale italiana, e ai<br />
francesi virerai e rondeau; seguono le circa centoventi<br />
composizioni polifoniche del XV secolo, con<br />
il periodo Tudor — autori Fayrfax, Browne, Cornysh<br />
ed altri —; e quello di Enrico VIII, con le carols<br />
popolari.<br />
Nel periodo più antico, si alternano il latino all’inglese:<br />
la forma deriva dalla Carole francese, ed<br />
è cortigiana o popolare. Agli inizi comportava accenni<br />
di danza, scomparsi in seguito. Tra le prime<br />
espressioni popolari di questo genere, si pone quella,<br />
metà in inglese e metà in latino «maccaronico»,<br />
che inizia con il ritornello: «To blis God bryng us<br />
all and sum / Christe Redemptor omnium». E segue<br />
per cinque volte, con le strofe di quattro versi<br />
(l’ultimo in latino) e ritornello di due.<br />
Altri soggetti sono le lodi alla Vergine, i timori di<br />
Giuseppe in dialogo con l’Angelo («Marvel not, Joseph»),<br />
e una descrizione della strage degli Innocenti<br />
(«With al the reverens»). Il permesso di danzare<br />
in chiesa era accordato per questo tipo di carols:<br />
nella Cattedrale di Sens era anche codificato.<br />
Vi era anche prevista una processione finale; il<br />
tutto è descritto nell’«Office de Pierre Corbel», un<br />
manoscritto francese del XIII secolo. In esso vi sono<br />
molti canti natalizi, definiti come «danses ecclesiastiques»:<br />
hanno la forma dei «rondelli» o «rotundelli»<br />
italiani, nella più semplice forma del «rondeau»<br />
francese: aAbB, oppure aAabAB.<br />
Un codice importante per la storia del genere è il<br />
«Red Book of Ossory», dal nome del vescovo francescano:<br />
l’Ordine preferiva, come in Italia, il testo<br />
in dialetto; e tra Italia ed Inghilterra vi era lo stes-<br />
È morto Stefano Minelli<br />
L'avvocato Stefano Minelli, direttore<br />
dell'Editrice Morcelliana, è morto il 25 dicembre<br />
a Brescia.<br />
Era figlio dell'avvocato Fausto che fondò<br />
con altri, tra cui Padre Giulio Bevilacqua,<br />
la Casa editrice.<br />
Stefano Minelli era nato a Brescia il 2<br />
agosto 1929. Dopo gli studi ginnasiali e liceali<br />
presso il collegio Arici dei Gesuiti, si<br />
laureò in giurisprudenza all'Università<br />
Cattolica del Sacro Cuore di Milano.<br />
Ma il suo vero apprendistato culturale<br />
avvenne alla scuola di don De Luca.<br />
Per alcuni anni esercitò l'avvocatura,<br />
poi entrò nell'Editrice fino a diventarne direttore.<br />
Stefano Minelli impresse, soprattutto<br />
negli anni del Concilio Vaticano II, un<br />
rinnovato dinamismo.<br />
Sotto la sua guida anche la rivista «Humanitas»,<br />
fondata nel 1946, iniziò una<br />
nuova serie.<br />
Tra le collane da lui fondate particolare<br />
successo, anche all'estero, ha avuto quella<br />
dedicata alla «Letteratura cristiana antica».<br />
(giul. col.)<br />
«Il bacino delle ninfee, armonia rosa», 1900<br />
le, il mattino»<br />
(1897). Indicativo<br />
un confronto sinottico,intelligentemente<br />
proposto<br />
anche in catalogo,<br />
con «Etretat, la<br />
Manneporte, riflessi<br />
sull'acqua»<br />
(1885): mentre<br />
nella prima, degli<br />
anni Novanta,<br />
non c'è confusione<br />
tra piani ed<br />
orizzonte, ma solo<br />
vibrazione in<br />
so modo di concepire questi canti, compresi quelli<br />
natalizi. Molti di essi sono giunti ai nostri giorni.<br />
I canti natalizi inglesi ebbero molta fortuna anche<br />
nel nuovo mondo. Molti si dividono tra un solista<br />
ed il coro; ed assai vendute sono state le raccolte<br />
di Carols, che hanno strutture simili agli altri<br />
canti europei, quali i Noëls in Francia, i Villancicos<br />
in Spagna ed in America Latina, i Weihnachtslieder<br />
e le Pastorali italiane.<br />
Una fotografia<br />
del 1913 ritrae<br />
Monet davanti<br />
al ponte<br />
giapponese<br />
nel suo giardino<br />
a Giverny<br />
«Covone,<br />
impressione rosa<br />
e blu», 1891<br />
tutto luce di<br />
Pourville, invece,<br />
le cose riabitano<br />
la stabilità e la<br />
costanza del loro<br />
appartenere ad<br />
una storia non effimera,<br />
perché<br />
non effetto di «en<br />
plain aire» del<br />
fuggevole frammento<br />
percettivo.<br />
Questa fascinosa<br />
polarità accompagnerà<br />
tutta<br />
l'attività di Monet,<br />
nel tentativo,<br />
mai esausto, di<br />
dar risposta all'antica<br />
domanda:<br />
la natura è imitata<br />
o rivissuta? Dove,<br />
per natura,<br />
non s'intende solo<br />
il dato paesaggistico<br />
come genere<br />
da risolvere all'interno<br />
di un predisposto<br />
ed acquisibile<br />
campo visivo,<br />
ma l'evidente relazioneesistenziale<br />
con chi percepi-<br />
sce. Forzando<br />
esteticamente, si potrebbe affermare<br />
che l'esigenza di Monet è indicativa di<br />
un senso per la vita, quasi un'intuizione,<br />
non sempre avvertita esplicitamente,<br />
della luce come fonte, origine e linfa<br />
della stessa vita. Dipingere è conoscere,<br />
quindi, ma attraverso lo sguardo che<br />
coinvolge la sensazione, e la sensazione<br />
che avverte l'intima e profonda comunione<br />
e relazione con le cose.<br />
Aveva ragione Argan ad affermare<br />
che «Monet ha il coraggio di eliminare<br />
tutti i tramiti tra sé e l'oggetto: non solo<br />
le convenzioni di atelier (prospettiva<br />
ecc...), non solo le nozioni abituali e il<br />
senso comune, ma anche il tanto decantato<br />
“senso della natura”. Porta nell'acqua<br />
celeste i rossi, i verdi, i bianchi<br />
delle case, degli alberi, delle vele».<br />
Si pensi allo splendido «Disgelo, la<br />
Senna nei pressi di Bennecourt» (1893):<br />
tutto è riflesso, ma non immobile, anzi,<br />
tutto è incluso nei tocchi di viola-azzurro<br />
che si effondono in ciò che resta<br />
del verde accanto alla vibrazione degli<br />
alberi. Non solo la natura è in funzione<br />
del dipingere, ma lo stesso atto di<br />
mutare la tela tende ad essere quasi un<br />
frammento di ciò che si è intuito, recepito<br />
e otticamente assimilato. Monet è<br />
l'artista dei grandi anticipi, soprattutto<br />
di sé stesso, perché anche la rivoluzione<br />
delle Cattedrali, la Venezia Pensata<br />
come «turismo e morte» da Stephen Eisemann<br />
in catalogo ed il terminale<br />
giardino delle ninfeee sono, e non solo<br />
in albore, presenti in «Rive della Senna,<br />
mattino» (1896).<br />
Francesco Arcangeli aveva ben compreso<br />
l'equivoco dell'informale senza<br />
oggetto; quando vide, insieme a Mandelli,<br />
l'apparente sfinimento della materia<br />
nelle Ninfee, non ne fece un facile<br />
pretesto per giustificare ogni gesto che<br />
esibisca sé stesso; pensò, invece, ad<br />
una forma di «Ultimo naturalismo» che<br />
solo in parte fu seguito dall'egregia officina<br />
che faceva centro in quel di Bologna.<br />
E non è detto che dovesse essere<br />
pedissequamente seguito in processione.<br />
Non è inorganico, infatti, quel<br />
«Sentiero dei roseti» che porta la data<br />
del 1936; parrebbe più quella «pittura<br />
del sottobosco» che lo stesso Arcangeli<br />
definì in termini di ombrosa e sintetica<br />
ostensione di pennellate a getto e calde<br />
dell'umore della terra.<br />
Certo, la pittura inglese, e pure Sutherland,<br />
non stavano a guardare. Ma<br />
diversissimo è il sentire dell'arte e della<br />
vita, perché l'angoscia per ciò che,<br />
splendido, pur finisce, incontrerà ben<br />
altre ansie esistenziali.<br />
Forse, solo Proust è arrivato a riesprimere<br />
l'incanto delle Ninfee quando<br />
descrive un'aiuola trasparente che, nel<br />
meriggio, fa «sfavillare sotto le ninfee il<br />
caleidoscopio d'una felicità attenta,<br />
mobile e silenziosa (...) come che qualche<br />
porto lontano, s'empisse del color<br />
rosa e dei sogni del tramonto, mutando<br />
senza posa per rimaner sempre intonata,<br />
intorno alle corolle di tinta più fissa,<br />
con quel che c'è nell'ora di più profondo,<br />
di più fuggitivo, di più misterioso,<br />
— con quel che c'è in essa d'infinito<br />
— pareva averle fatte germogliare in<br />
pieno cielo». La strada di Swann s'incontra<br />
con il giardino di Giverny.