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Il portale della chiesa della badia di Santa Maria di<br />

Montepiano, fondata dai Cadolingi nell’ultimo<br />

scorcio dell’XI secolo<br />

documentata viab<strong>il</strong><strong>it</strong>à tra i centri di<br />

Bologna, Firenze, Pistoia, Prato attraverso<br />

le valli del Setta e del Bisenzio<br />

non necessariamente deve condurci<br />

alla conclusione che non esistessero<br />

direttrici di una certa importanza, né<br />

che le direttrici “importanti” dovessero<br />

collegare esclusivamente i centri della<br />

pianura attraverso gli Appennini. Gli<br />

agglomerati umani e le relazioni che<br />

oggi sono significativi potevano non<br />

esserlo in altre età storiche. La zona tra<br />

Prato e l’alto versante em<strong>il</strong>iano, dove<br />

si registrò la presenza albertesca anche<br />

sul piano giurisdizionale, era connotata<br />

da centri di r<strong>il</strong>ievo autonomo e la<br />

viab<strong>il</strong><strong>it</strong>à che li collegava, in particolar<br />

modo nel periodo altomedievale, perché<br />

dovrebbe definirsi “minore” solo<br />

perché non portava a Firenze o a Bologna?<br />

Nel gennaio 1283 <strong>il</strong> monastero di<br />

Vaiano fu costretto a difendere i propri<br />

dir<strong>it</strong>ti su alcune terre s<strong>it</strong>uate a Pupigliano<br />

«coram... magnifico et reverendo<br />

viro domino Rodulfo imperialis aule<br />

cancellario ac in Tuscia generali vicario»<br />

(2), che rivendicava all’impero quei<br />

beni ed accusava <strong>il</strong> monastero di averli<br />

usurpati alla Camera imperiale, che si<br />

proclamava leg<strong>it</strong>tima erede dei conti<br />

Alberti. In realtà non pare che nei<br />

diplomi imperiali, di Federico Barba-<br />

rossa prima e di Ottone IV poi, sia dato di rinvenire Pupigliano o Sassibotti (a<br />

condizione che non fossero centri minori di circoscrizioni più ampie). Sul finire del<br />

XII secolo, secondo quanto arguisce Fantappiè (3), <strong>il</strong> conte Alberto (IV), figlio del<br />

Nontigiova, aveva concesso al monastero di Vaiano beni di sua proprietà s<strong>it</strong>uati sulle<br />

alture di Pupigliano, «in Saxibotti» (Sassibotti): zone malagevoli, dove risulta tuttavia<br />

che <strong>il</strong> cenobio vaianese possedeva già altre un<strong>it</strong>à di terreno; le terre concesse<br />

sono così defin<strong>it</strong>e nei confini: «primo [latere] Ventura, secundo abbatie [Vaianensi],<br />

tertio crimen montis» (4). Queste terre erano condotte da tali «Gisellus et f<strong>il</strong>ius Rustichini»<br />

e per esse <strong>il</strong> monastero si impegnò a pagare al castaldo dei conti, che<br />

risiedeva ad Ugnano, 16 staia d’orzo all’anno «in mense augusti» (5). In segu<strong>it</strong>o <strong>il</strong><br />

canone dovuto agli Alberti per tali proprietà fu accollato ai concessionari del monastero.<br />

La transazione non mostra alcuna particolar<strong>it</strong>à, se non <strong>il</strong> fatto che risulterebbe<br />

essere l’unica carta pervenutaci attestante rapporti tra la famiglia com<strong>it</strong>ale e la badia<br />

di Vaiano (6).<br />

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