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A queste documentate osservazioni, scr<strong>it</strong>te dal professor Guidotti, vorremmo<br />
aggiungerne alcune che, punto per punto, sulla base della pur breve esperienza derivata<br />
dall’esame di tutti gli altri s<strong>it</strong>i fortificati del dominio albertesco, più o meno<br />
coevi, del nostro Appennino, ci sembrano approfondirne almeno alcuni aspetti.<br />
Partiamo dal punto 5.<br />
È indubbio che la struttura muraria qui accennata abbia tutte le caratteristiche di<br />
un manufatto originale dell’epoca, sia come disposizione del materiale lapideo che<br />
come struttura della malta legante. Diffic<strong>il</strong>e dire se si trattasse di un torrione vero e<br />
proprio o di un muro difensivo, data l’esigu<strong>it</strong>à del rudere rimasto. Da sottolineare <strong>il</strong><br />
fatto che <strong>il</strong> crinale del Cigno rappresentava la via di accesso più probab<strong>il</strong>e, e quindi<br />
anche più vulnerab<strong>il</strong>e, verso e da <strong>il</strong> passo dello Zanchetto, e che in s<strong>it</strong>uazioni morfologiche<br />
analoghe (vedi <strong>il</strong> Castellaccio, Civ<strong>it</strong>ella o Rocca di Cerbaia) era stato<br />
predisposto un vallo artificiale a difesa di un sim<strong>il</strong>e punto cr<strong>it</strong>ico. Di tale vallo, in<br />
questo caso, non sembra esistere traccia; però , come per altre murature, in assenza<br />
di un approfond<strong>it</strong>o scavo archeologico, risulta molto diffic<strong>il</strong>e azzardare qualsiasi<br />
ipotesi.<br />
Relativamente ai punti 3 e 4, risulta problematica la lettura delle immagini,<br />
scolp<strong>it</strong>e in r<strong>il</strong>ievo, sulle pietre a causa della elevata erodib<strong>il</strong><strong>it</strong>à dell’arenaria dovuta<br />
agli agenti atmosferici, contrariamente a quanto avviene generalmente per le incisioni<br />
sul medesimo materiale (vedi ad esempio la conservazione di date o simboli).<br />
Sicuramente <strong>il</strong> castello, indipendentemente da quella che potrebbe essere stata<br />
la sua estensione, a nostro parere comunque abbastanza modesta come per gli altri<br />
dello stesso periodo, fu un’opera di notevole r<strong>il</strong>ievo arch<strong>it</strong>ettonico-strutturale. Infatti<br />
la sua posizione, sulla cresta della montagna con strati geologici fortemente<br />
inclinati (circa 60 gradi), non era affatto agevole come struttura di basamento.<br />
Volendo fare un paragone abbastanza calzante, basti pensare che quando all’inizio<br />
del 1900 fu realizzato, sempre sul Cigno ma a quota più bassa, <strong>il</strong> bacinetto di raccolta<br />
per l’Officina Idroelettrica delle Mogne, con difficoltà strutturali analoghe, <strong>il</strong><br />
basamento del fondo, pur dovendo sopportare carichi maggiori per <strong>il</strong> volume d’acqua<br />
immagazzinato, dopo pochi anni cedette e richiese opere di consolidamento nel<br />
1907.<br />
La posizione, come è tuttora evidente, collocava questo fort<strong>il</strong>izio in posizione<br />
dominante sulla vallata del Brasimone ai piedi del monte Gatta, in collegamento<br />
visivo col “castrum” di Moscarolo. Forse proprio questo particolare potrebbe celare<br />
la chiave di lettura in grado di far luce sulla strategia di controllo terr<strong>it</strong>oriale di questa<br />
parte della vallata. Da Moscarolo, infatti si vede benissimo l’insediamento del<br />
Castellaccio e del vicino poggio su cui era insediato un piccolo v<strong>il</strong>laggio di cinque<br />
capanne di paglia, oltre che aree all’epoca sicuramente ab<strong>it</strong>ate come quella della<br />
Ploca.<br />
Dal castello delle Mogne, inoltre non è visib<strong>il</strong>e <strong>il</strong> Castellaccio di Castiglione e<br />
ciò potrebbe far supporre o che non intercorreva alcun rapporto fra i due insediamenti,<br />
se entrambi fossero stati coevi, oppure che quello di Castiglione teneva<br />
controllato quello delle Mogne tram<strong>it</strong>e <strong>il</strong> fort<strong>il</strong>izio di Moscarolo o viceversa, o infine<br />
che <strong>il</strong> castello mognese abbia preceduto quello del Castellaccio e che quest’ultimo<br />
abbia acquistato importanza solo dopo la distruzione del primo.<br />
In mer<strong>it</strong>o ai punti 1 e 2 r<strong>it</strong>eniamo ut<strong>il</strong>e aggiungere alcune osservazioni. Sembra<br />
che la struttura più antica dell’opera muraria che sorregge l’attuale chiesetta sia<br />
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