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Nel documento di risposta alla c<strong>it</strong>azione imperiale st<strong>il</strong>ato dal monastero di Vaiano<br />

l’ente ecclesiastico aveva tutto l’interesse a far r<strong>il</strong>evare pertinenze albertesche<br />

(noi specifichiamo allodiali) in quei terr<strong>it</strong>ori: sulla concessione dei conti infatti si<br />

fondavano le ragioni che venivano opposte alla controparte. Il fatto però che le zone<br />

in questione non compaiono nei diplomi imperiali ci permette di affermare che,<br />

almeno un secolo prima di questo scontro (la data, presunta, della concessione del<br />

conte Alberto al monastero), quelle terre non rientravano nel nucleo di terr<strong>it</strong>ori fiscali<br />

o pubblici o che comunque l’imperatore aveva concesso ai conti. Ammesso che la<br />

zona di Pupigliano e Sassibotti fosse compresa in una circoscrizione amministrativa<br />

più vasta, concessa a t<strong>it</strong>olo feudale ai conti, <strong>il</strong> monastero di Vaiano si sarebbe scontrato<br />

contro documentazione comprovante quello status, <strong>il</strong> che non avrebbe dato<br />

ad<strong>it</strong>o alle rimostranze. In ultima analisi, <strong>il</strong> possesso avrà avuto carattere di allodial<strong>it</strong>à,<br />

e in virtù di ciò gli Alberti ne disposero a loro talento (non che si astenessero dal<br />

far mercimonio del patrimonio fiscale e pubblico). A quale t<strong>it</strong>olo dunque la Camera<br />

imperiale andava reclamando ciò che pare non spettarle?<br />

Dopo lo smembramento del com<strong>it</strong>atus (7) albertesco avvenuto, nel primo decennio<br />

del XIII secolo alla morte del conte Alberto (IV), le vicende della famiglia si<br />

divisero, come in parte abbiamo già accennato, circoscrivendosi in amb<strong>it</strong>i terr<strong>it</strong>oriali<br />

più ridotti. In tal modo con maggiore fac<strong>il</strong><strong>it</strong>à i comuni c<strong>it</strong>tadini ebbero ragione di<br />

organismi dal peso pol<strong>it</strong>ico ridimensionato. Gli esponenti della famiglia seguirono<br />

strade diverse. Alcuni si riciclarono m<strong>il</strong><strong>it</strong>ando nelle fazioni c<strong>it</strong>tadine, ricoprendo<br />

magistrature, inserendosi in clientele di vario tipo (a Volterra, ad esempio); Rodolfo<br />

di Guido Borgognone, del ramo degli Alberti di Capraia, fu podestà a Bologna nel<br />

1214 e suoi parenti si stab<strong>il</strong>irono nella c<strong>it</strong>tà eserc<strong>it</strong>andovi la professione medica (8).<br />

Altri esponenti della famiglia, rimasti ancorati a rigidi schemi operativi, vedranno<br />

erosi e disfatti essi stessi e i loro dir<strong>it</strong>ti.<br />

In mezzo a questo garbuglio, che tuttavia sul finire del secolo XIII non aveva<br />

ancora raggiunto i toni esasperati del secolo successivo, la Camera imperiale si<br />

inserì sia per reclamare i propri dir<strong>it</strong>ti, sia forse per venire in possesso di quanto più<br />

poteva, secondo l’equazione che connetteva tutto ciò che era stato di pertinenza<br />

albertesca con i dir<strong>it</strong>ti dell’impero.<br />

Le ragioni del monastero di Vaiano erano però ben fondate; così «Arrighettus<br />

notarius, sindacus et procurator abatis et conventus de Vaiano» si presentò a San<br />

Miniato presso <strong>il</strong> vicario imperiale in Toscana, sostenendo che «ipsum abbatem et<br />

eclesiam habere et tenere et possidere, seu homines de Pup<strong>il</strong>liano ab ipso et pro ipso<br />

abbate et conventu et eclesia, et habuisse et tenuisse tanto tempore de quo non exstat<br />

memoria quando inceper<strong>it</strong>, vel saltem per longissima tempora, ex iusto t<strong>it</strong>ulo et<br />

causa a bone memorie domino com<strong>it</strong>e Alberto f<strong>il</strong>io Nontigiove». Tale era la sicurezza<br />

sulle proprie ragioni, da avanzare specifiche richieste: «quod si vos vel curie<br />

procurator dicatis ipsum abbatem, monasterium et conventum tenere, possidere vel<br />

possedisse aliquas res vel yura ad ipsum Sacrum Romanum Imperium pertinentia,<br />

quod ipse abas et conventus non cred<strong>it</strong>, quod ipsas possessiones et yura eidem specificetis<br />

et in scriptis detis, ad hoc ut poss<strong>it</strong> deliberare et de suo iure coram quolibet<br />

conpetenti iudice obstendere» (9).<br />

La vicenda doveva trascinarsi da diverso tempo. Nel 1268, infatti, l’abate di<br />

Vaiano aveva concesso in tenimento perpetuo a Francuccio di Bonfigliolo dell’Isola<br />

diversi appezzamenti di terreno con vigne, boschi e case sparsi in diverse local<strong>it</strong>à,<br />

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