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(Da: BERTINI Em<strong>il</strong>io, Guida della Val di Bisenzio (Appennino di Montepiano), Tipogr. di A. Lici (1881) Prato,<br />

pag. 202.)<br />

“Castello che diede <strong>il</strong> t<strong>it</strong>olo ad una contea imperiale della dinastia de’ conti<br />

Alberti di Prato, poscia de’ conti Bardi di Firenze...<br />

Risiede <strong>il</strong> castello nel risalto di un poggio che scende a ostro dell’Appennino di<br />

Montepiano fra le sorgenti più settentrionali del Bisenzio, mentre la chiesa parrocchiale<br />

di S. Quirico a Vernio è s<strong>it</strong>uata sotto <strong>il</strong> castello presso la confluenza dei due<br />

Bisenzi mezzo miglio a settentrione del borgo di Mercatale di Vernio, e un miglio a<br />

settentrione grecale della pieve di S. Ippol<strong>it</strong>o, nel volgo appellato S. Poto di Vernio...<br />

Della dinastia dei conti Alberti estinta nel secolo XVI, e perciò da non confondersi<br />

con quella de’ conti Alberti di Firenze...<br />

Qui incombe rammentare prima di tutto un testamento rogato nel palazzo baronale<br />

di Vernio sotto dì 4 gennaio del 1250 (st<strong>il</strong>e comune) del conte Alberto figlio di<br />

un altro conte Alberto di Vernio e della contessa Tabernaria; col quale testamento<br />

dopo vari legati e dopo avere assegnato la dote alle sue figlie, quel conte dichiarò la<br />

propria consorte donna Gualdrada usufruttuaria del castello e corte di Vernio, ed<br />

ist<strong>it</strong>uì suoi eredi universali due dei tre figli suoi, cioé, Guglielmo ed Alessandro con<br />

i loro discendenti leg<strong>it</strong>timi, lasciando al terzo figlio Napoleone la sola decima parte<br />

della patrimoniale ered<strong>it</strong>à.<br />

Era codesto conte Alberto nato dal secondo matrimonio contratto dal di lui<br />

padre, conte Alberto <strong>il</strong> vecchio, con la contessa Tabernaria, del quale già c<strong>it</strong>ai <strong>il</strong><br />

testamento del 1213 scr<strong>it</strong>to nel suo palazzo di Mangona, <strong>il</strong> quale vecchio conte<br />

Alberto raccomandò <strong>il</strong> figlio alla tutela dei consoli di Firenze, nell’atto che lo dichiarava<br />

erede di tutti i feudi e beni che possedeva fra l’Arno e l’Appennino, mentre ai<br />

figliuoli del primo letto, conti Maghinardo e Rinaldo, nati dalla contessa Em<strong>il</strong>ia,<br />

aveva destinato i feudi e beni posti sul lato sinistro dell’Arno fino in Maremma.<br />

Quindi a me sembra che <strong>il</strong> conte Alberto autore del testamento del 1212 dovesse<br />

essere quello stesso conte Alberto nato da un altro conte Alberto che era ancora<br />

fanciullo quando l’imperatore Federico I, nel 1164 lo prese sotto la sua protezione,<br />

rinnovando a favor suo l’invest<strong>it</strong>ura dei feudi dei quali erano stati privati <strong>il</strong> di lui<br />

padre ed avo.<br />

La storia non dà a conoscere <strong>il</strong> motivo di tali privazioni feudali, se pure non fu<br />

quello di essersi quei vecchi conti riconosciuti feudatari della Chiesa, dopo che la<br />

contessa Mat<strong>il</strong>de ebbe donato alcuni paesi della montagna bolognese e pistoiese alla<br />

S. Sede, dalla quale poco dopo vennero conceduti in feudo al conte Alberto seniore<br />

i castelli, uomini e distretti di Mangona, Treppio, Torri, Fossato e Monticelli, con<br />

l’onere dell’anno censuo di un astorre e di due bracchi (Savioli, Annal. Bologn..)<br />

... che se Dante pose nel suo Inferno (Canto XXXII) i due fratelli CC Napoleone<br />

e Alessandro figli del C. Alberto nato da altro C. Alberto, dové conoscere la causa<br />

del fratricidio, derivata da discordie domestiche per cagione di ered<strong>it</strong>à, siccome la<br />

conobbe <strong>il</strong> suo commentatore Benvenuto da Imola.<br />

Alla qual notizia può servire di corredo l’altra dataci da uno storico fiorentino<br />

allora vivente. Io parlo di Ricordano Malespini, <strong>il</strong> quale scriveva che l’oste fiorentina<br />

nell’anno 1259 si recò sotto <strong>il</strong> castello di Vernio dei conti Alberti e quello per<br />

assedio ebbe; quindi dall’oste medesima fu preso <strong>il</strong> castel di Mangona. E poco sotto<br />

lo stesso autore aggiungeva qualmente la cagione di ciò fu perché <strong>il</strong> conte Alessan-<br />

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