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viene defin<strong>it</strong>a dei “conti di Bologna”. Non vi sarebbero tuttavia nelle carte accenni<br />

agli interessi dei Panico fino alla metà del secolo XII nella zona bolognese. Di grande<br />

interesse, anche se piuttosto tardo, è <strong>il</strong> diploma che venne ad essi concesso nel<br />

1221 dall’imperatore Federico II per <strong>il</strong> tram<strong>it</strong>e del suo cancelliere in Italia, prezioso<br />

in quanto contiene un lungo elenco di terre ascr<strong>it</strong>te alla famiglia, tutte nel terr<strong>it</strong>orio<br />

bolognese, mentre nei secoli precedenti i conti avevano ag<strong>it</strong>o anche nel Casentino,<br />

nel cesenate e nella pianura occidentale bolognese (d) .<br />

Nella valle del Savena, a stretto contatto con i terr<strong>it</strong>orio dei signori di Monzuno,<br />

emerse <strong>il</strong> potere dei signori di Loiano o Loiani, discendenti, pare, dagli Ubaldini.<br />

L’ascesa di Loiano si costruì sulla decadenza di Scanello, già possesso della contessa<br />

Mat<strong>il</strong>de, e della pieve di San Pietro di Barbarolo, egemone fino ad allora in<br />

quelle zone. L’area di influenza dei Loiani si estendeva a Monterenzio, Scanello,<br />

Stiolo, Frassineta, Anconella, Barbarolo, Livergnano, Sassonero, Bisano, Cassano,<br />

Sant’Andrea di Savena, Lognola. Nel 1266 Ubaldino di Ottoclerio da Loiano vendette<br />

per 4500 lire di bolognini i castelli di Loiano e Bisano ai Bolognesi. Poiché<br />

questi ultimi non rispettarono i patti, Ubaldino si riprese le fortezze, ma le m<strong>il</strong>izie di<br />

Bologna lo assediarono in Loiano; <strong>il</strong> castello fu espugnato e raso al suolo (e).<br />

Presenze arimanniche:<br />

i “lambardi”<br />

Una presenza di non secondaria importanza in questo terr<strong>it</strong>orio a cavallo del<br />

displuvio appenninico fu quella di gruppi di persone, che parteciparono a vario<br />

grado all’esercizio del potere, spesso defin<strong>it</strong>i lambardi o in alcuni casi detti scarioni;<br />

si potrebbe trattare di presenza riconducib<strong>il</strong>i a quelle che altrove vengono defin<strong>it</strong>e<br />

arimanniche, e ricondotte da taluni all’insediamento longobardo.<br />

Ne sono ricordati a Monte Vigese, Vigo, Mogne, Stagno, Torri, Sambuca, nel<br />

terr<strong>it</strong>orio em<strong>il</strong>iano; a Castiglione di Migliana, a Cod<strong>il</strong>upo (66), a Torricella, a Luicciana<br />

nella valle del Bisenzio (67). A Mangona è testimoniata la presenza di scarioni. Un<br />

gruppo parentale viene infatti defin<strong>it</strong>o homines qui vocantur Scariacii (68).<br />

Si tratta di un gruppo di persone, testimoniate nelle carte di Montepiano tra <strong>il</strong><br />

1109 e <strong>il</strong> 1125; in quest’ultima carta sono resi noti anche i loro nomi: «Albertus<br />

f<strong>il</strong>ius quondam Pagani et Tederico et Bonizo germani f<strong>il</strong>ii b.m. Ugonis et Guido<br />

b.m. Uberti» (69). Potrebbe trattarsi di persone legate da vincoli parentali, forse figli<br />

di fratelli, ma si tratta solo di un’ipotesi. Emerge la volontà di mostrare un’ident<strong>it</strong>à<br />

defin<strong>it</strong>a, ma questa può trovare fondamento anche al di là di vincoli di sangue. Essi<br />

ab<strong>it</strong>ano «non logne de castello Mangone ex parte occidentis» conducono terre forse<br />

per conto dei conti Alberti, che avevano nel castello di Mangona un loro punto<br />

forte (70).<br />

Durante <strong>il</strong> regno longobardo in Italia gli arimanni cost<strong>it</strong>uivano uno status ben<br />

defin<strong>it</strong>o. Si trattava di uomini liberi in armi, liberi «perché recanti <strong>il</strong> dir<strong>it</strong>to-dovere<br />

(c) Sulle local<strong>it</strong>à del comprensorio bolognese, M. ABATANTUONO, Cenni storici sulle comun<strong>it</strong>à monzunesi,<br />

in Monzuno Storia Terr<strong>it</strong>orio arte Tradizione, Monzuno 1999, pp. 107-140.<br />

(d) P. FOSCHI, La famiglia dei conti di Panico: una mancata signoria interregionale, in Signori feudali, c<strong>it</strong>. pp. 69-73.<br />

(e) A. BENATI, La Val Savena, in Storia <strong>il</strong>lustrata di Bologna, vol. VIII, Bologna 1991, p. 108.<br />

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