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e un diacono, intervengono, si direbbe, a sottolineare la collegial<strong>it</strong>à dell’atto (115).<br />

Col consensus et largietas di Benni del fu Teberto, di Ribellotto del fu Druogo,<br />

e di Massaia di detto Ribellotto nel 1103 Martino dona alla chiesa di santo Stefano<br />

due porzioni di quanto possiede a Gello, Narnali, Croci, o altrove. In questo caso la<br />

formula interessa una plural<strong>it</strong>à d’individui, che sembrano legati, almeno Massaia e<br />

Ribellotto, da vincoli parentali. Non è chiaro a che t<strong>it</strong>olo essi effettuino questo controllo<br />

sulla transazione (116).<br />

Legata alle funzioni del mundio sembra essere un’altra attestazione del maggio<br />

1112, quando Mingarda del fu Rodolfo dona alla pieve pratese tre pezze di terra «per<br />

consenso de mundualdo meo Ugulino» (117). Mancherebbe l’elemento largietas, ma<br />

appare nell’escatocollo nelle sottoscrizioni: «Signu manus suprascipta Mingarda per<br />

consenso et largietatem de mundualdo mea ... fieri rogav<strong>it</strong>». In un amb<strong>it</strong>o vicino alle<br />

prerogative del mundualdo si può inserire la charta donationis con cui nel 1138<br />

«Ildibrandinus f<strong>il</strong>ius Paganelli ... cum consensu et larietatem patris mei» dona a<br />

t<strong>it</strong>olo nuziale alla moglie Bona la metà dei suoi beni. La presenza del padre sembra<br />

collegata forse al fatto che <strong>il</strong> figlio dispone dei beni paterni. Teoricamente, non<br />

essendo ancora morto <strong>il</strong> padre, <strong>il</strong> figlio non era considerato erede del patrimonio<br />

fam<strong>il</strong>iare e non ne poteva disporre liberamente (118).<br />

In analogia con quanto esporremo riguardo agli Alberti sembra porsi un documento<br />

del 1102 nel quale «Iohannes f<strong>il</strong>ius bone memorie Rott<strong>il</strong>de de loco Linare»<br />

dona la monastero di San Michele di Passignano, nel fiorentino, «integra meo portione<br />

quod est tercia pars de una masia de terra et res <strong>il</strong>la iuris mei que est pos<strong>it</strong>a in<br />

loco ubi Marciano vocatur» (119). La donazione avvenne «per consensum et data<br />

michi [sc<strong>il</strong>.: Iohanni] licentia Ughicioni comes», verosim<strong>il</strong>bente <strong>il</strong> conte Ugo (III)<br />

dei Cadolingi.<br />

In relazione invece agli Alberti la formula ricorre quattro volte nelle carte prepos<strong>it</strong>urali.<br />

- Nel 1078 nei confronti, come si è visto, di Ildebrando figlio del fu Toringo da<br />

parte dei fratelli Alberto ed Ildebrando conti figli del defunto conte Alberto (120).<br />

- Nel 1094 nei confronti di Berta del fu Teuzo e di figli Gerardo e Rodolfo, suoi<br />

mundualdi, da parte del conte Alberto (II) (121).<br />

- Nel 1095 nei riguardi di Ansualdo del fu Lamberto e Rodolfo e Giovanni fratelli<br />

figli del fu Guglielmo e Ildebrando detto Giugno e Gunso fratelli figli del fu<br />

Pietro da parte del conte Alberto (II). Si tratta di zio e nipoti («barbano et nepotibus»).<br />

Dei fratelli Ansualdo, Guglielmo e Pietro era rimasto in v<strong>it</strong>a solo <strong>il</strong> primo.<br />

All’atto di questa donazione di beni posseduti in comune, probab<strong>il</strong>mente ancora da<br />

dividersi dopo la morte di Pietro e Guglielmo, era necessaria la presenza di tutti gli<br />

eredi (122).<br />

- Nel 1101 verso Pietro del fu V<strong>it</strong>ale, che dona corti, terre e vigne alla pieve di<br />

Prato, da parte del conte Alberto (II) e della madre Lavinia (123).<br />

Vi sono dunque due contesti in cui si applica la formula del consensus et largietas.<br />

In connessione con l’esercizio del mundio o della proprietà indica che <strong>il</strong><br />

detentore dei dir<strong>it</strong>ti sui beni in transazione avalla le decisioni dell’attore, che talora<br />

può non avere capac<strong>it</strong>à giuridica. Per gli Alberti i termini possono risultare differenti.<br />

Non si tratta dell’esercizio del mundio, o altre forme tutelari, in quanto la<br />

formula si applica su persone che già hanno un proprio mundualdo (124) (Berta del fu<br />

Teuzo nel 1094) e neppure su minori o non aventi capac<strong>it</strong>à giuridica (lo zio e i nipo-<br />

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