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andino (VII) degli Aldobrandeschi, non fosse stata generata da lei.<br />

I conti Alberti possedettero dir<strong>it</strong>ti anche sulle persone, se nel 1168 Alberto (IV)<br />

cede «ad possidendum proprietario iure» un uomo al monastero di Montepiano. Si<br />

tratta di «Ugone de la Noce», insieme al quale vengono donate «omnibus rebus<br />

mob<strong>il</strong>ibus et inmob<strong>il</strong>ibus quas ipse habet vel alii per eum que sunt pos<strong>it</strong>e in curte de<br />

Vernio in loco Cafaio» (175). Il dir<strong>it</strong>to di proprietà si estendeva in questi secoli sia alle<br />

cose sia alle persone; non pare quindi inverosim<strong>il</strong>e che questi signori disposero a<br />

loro talento degli uomini sottomessi. In questo documento però i termini si complicano.<br />

Alberto e la moglie Im<strong>il</strong>da donano i dir<strong>it</strong>ti su un uomo; l’abate dà tuttavia 11<br />

libre al conte e 20 soldi alla contessa a t<strong>it</strong>olo di «prendimentum» e promette anche<br />

di «dare... victum et vestimentum predicto Ugoni donec viser<strong>it</strong>, si recipere voluer<strong>it</strong><br />

ipse Ugo».<br />

Quando nella carta si definiscono i beni mob<strong>il</strong>i e immob<strong>il</strong>i che amministrava<br />

Ugo della Noce, <strong>il</strong> notaio usa <strong>il</strong> verbo habere e non tenere, come in tutti gli altri casi<br />

di aff<strong>it</strong>tuari o sottomessi dei conti. Il verbo usato suggerisce l’idea di proprietà più<br />

che quella di un rapporto di concessione. Ci troviamo allora di fronte ad una persona<br />

sì sottomessa agli Alberti, i quali potevano liberamente disporre di lui, ma egli<br />

avrebbe conservato certi dir<strong>it</strong>ti, primo fra tutti quello della proprietà, tanto più che<br />

<strong>il</strong> documento contempla la possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à che l’uomo avesse subconcesso ad altri la<br />

conduzione di determinati suoi beni. Potrebbe trattarsi di una clausola <strong>it</strong>erata, senza<br />

peso specifico, ma si devono cercare inghippi e tranelli ovunque? Orbene, si potrebbe<br />

r<strong>it</strong>enere che <strong>il</strong> conte deteneva una proprietà eminente su beni e uomini, ma che<br />

anche a questi ultimi fosse permesso <strong>il</strong> dir<strong>it</strong>to della possessio. Del resto la carta<br />

contempla sì la possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à che Ugo, una volta passato sotto l’egida del monastero,<br />

forse come converso, da questo ricevesse ‘v<strong>it</strong>to e alloggio’, ma «si recipere voluer<strong>it</strong><br />

ipse Ugo»; intendendo forse che l’uomo non si trovava nella stringente necess<strong>it</strong>à di<br />

essere assist<strong>it</strong>o.<br />

Altre attestazioni di questo controllo eminente dei conti si riscontrano in area<br />

pratese, quando abbiamo rifer<strong>it</strong>o della formula del “consensus et largietas”. L’amb<strong>it</strong>o<br />

cronologico è precedente di diversi decenni e <strong>il</strong> controllo sembrava meno<br />

stringente, ma in entrambi i casi potremmo trovarci di fronte a prerogative connesse<br />

a dir<strong>it</strong>ti signor<strong>il</strong>i. Anche una pergamena del 1184 offre spunti di riflessione in mer<strong>it</strong>o.<br />

Nel settembre di quell’anno «Albertus f<strong>il</strong>ius Nottiiove et Tavernaria com<strong>it</strong>issa,<br />

f<strong>il</strong>ia Bernardi de Fornule, et uxor predicti com<strong>it</strong>is, et Guido comes, f<strong>il</strong>ius eius»<br />

donano alla badia di Montepiano «totum <strong>il</strong>lut quod mater mea [sc<strong>il</strong>: Orrab<strong>il</strong>is] iudicav<strong>it</strong><br />

pro anima sua et pro me, s<strong>il</strong>icet omnes res quas nobis pertinet de casa<br />

Iovanelli de Colle et omnes res Iohannis Bunizie et ubi Nuce vocatur, et totum <strong>il</strong>lut<br />

quod casa de Ugolino de Cozo habet et tenet per nos» (176).<br />

Nell’amb<strong>it</strong>o della donazione, in questo caso, non entrano dir<strong>it</strong>ti relativi a persone,<br />

ma quanto certi uomini amministrano per conto dei conti. Si tratta forse di un<br />

lasc<strong>it</strong>o testamentario operato dalla contessa Orrab<strong>il</strong>e. I termini di questa donazione<br />

si chiariscono esaminando tre verbi: pertinet, habet e tenet. Si menzionano dunque<br />

dei beni (res) che spettano (pertinet) al conte Alberto de casa di Giovannello di<br />

Colle. Non solo a Giovannello, ma alla casata di Giovannello, come nel caso di<br />

Ugolino de Cozo (col termine casa si indicava forse una plural<strong>it</strong>à di persone: famiglia?<br />

consorteria? masnada?). Un esempio di conduzione singola è forn<strong>it</strong>o invece da<br />

una carta del gennaio 1136, secondo cui un certo manso posto a Sasseta (Vernio)<br />

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