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influenza e d’azione delle componenti laiche e religiose. Specialmente nel mondo<br />

monastico si sv<strong>il</strong>uppò tale ideologia di rinnovamento, che si rivolse non solo ai<br />

caratteri della v<strong>it</strong>a cenob<strong>it</strong>ica, ma mirò alle strutture portanti della Chiesa stessa:<br />

Romualdo, San Pier Damiani, i Vallombrosani. I monasteri di famiglia, entrando in<br />

una congregazione riformata, come era quella vallombrosana nel nostro caso, mutavano<br />

<strong>il</strong> loro stato giuridico, pur potendo rimanere sotto <strong>il</strong> giuspatronato della<br />

famiglia del fondatore. Gli abati stessi, impegnati a consolidare le loro vaste pertinenze<br />

in signorie rurali, non furono più solo strumenti nelle mani dell’aristocrazia:<br />

entrò in crisi <strong>il</strong> modello dell’Eigenkloster (164).<br />

Tentare di individuare necessariamente delle periodizzazioni può risultare fuorviante.<br />

I medesimi processi non avvennero ovunque nello stesso lasso di tempo.<br />

Così, se a cavallo tra X e XI secolo si fondano monasteri di famiglia, altri di più<br />

antica fondazione assumono connotati diversi. Il monastero di San Salvatore in val<br />

d’Agna, che abbiamo già visto essere sotto <strong>il</strong> controllo di tal Tegrimo, nel 982 risultava<br />

invece fra le pertinenze del vescovo di Fiesole Pietro, secondo le disposizioni<br />

dell’imperatore Ottone (165). La fondazione di Montepiano, avvenuta sul finire dell’XI<br />

secolo dovette risentire di questa temperie, e non fu soggetta a cogenti forme<br />

di controllo fam<strong>il</strong>iare, ferme restando prerogative alla famiglia del fondatore ed ai<br />

suoi eredi. Il monastero di Montepiano si trovava nel terr<strong>it</strong>orio della diocesi e del<br />

com<strong>it</strong>ato pistoiese, come pure Vernio e altre local<strong>it</strong>à della montagna oggi pratese.<br />

Pochi ch<strong>il</strong>ometri più a nord, verso l’odierno terr<strong>it</strong>orio del comune di Castiglione dei<br />

Pepoli, correva <strong>il</strong> confine con la diocesi di Bologna, mentre <strong>il</strong> terr<strong>it</strong>orio sottoposto<br />

al com<strong>it</strong>ato pistoiese si spingeva ancora per molti ch<strong>il</strong>ometri verso Bologna. In questa<br />

zona si spingevano anche le pertinenze della diocesi fiorentina (si rammenti <strong>il</strong><br />

documento su Baragazza del 1084, anche se falso, che abbiamo menzionato). Anche<br />

la giurisdizione civ<strong>il</strong>e fiorentina giungeva nei pressi di questi terr<strong>it</strong>ori, se nel 1089<br />

Barberino del Mugello, a pochi ch<strong>il</strong>ometri di distanza, è detto trovarsi nella iudicaria<br />

di Firenze (166).<br />

Nel 1107 <strong>il</strong> conte Ugo, figlio del defunto conte Uguccione, donò al monastero<br />

la metà di un manso posto a Cavarzano in suffragio dell’anima del defunto Raimondo,<br />

figlio del fu Guido da Vigo. È questa l’ultima donazione dei Cadolingi alla<br />

badia. Nel 1120, abbiamo visto, Tancredi degli Alberti donò diverse terre in suffragio<br />

del conte Ugo, quasi a ribadire una continu<strong>it</strong>à, un rapporto con la badia che si<br />

andava restaurando nei medesimi termini, dopo l’estinzione della casata che fondò<br />

<strong>il</strong> centro religioso. Stab<strong>il</strong>ire quale natura caratterizzasse questo rapporto non è cosa<br />

semplice. Vi sono tuttavia alcuni elementi che ci preme di considerare.<br />

Tra <strong>il</strong> gennaio e <strong>il</strong> marzo del 1136 <strong>il</strong> conte Tancredi è autore di tre carte a favore<br />

della badia. La moglie, contessa Cec<strong>il</strong>ia, era da poco morta, tra la fine di dicembre<br />

1135 e <strong>il</strong> 13 gennaio 1136 (167). «Nottizova comes... qui professus sum lege Langobardorum»<br />

donò a Montepiano «unum mansum quod est pos<strong>it</strong>um in loco Terenzana,<br />

sicut fu<strong>it</strong> rectum per Girardum et modo reg<strong>it</strong>ur per Petrum, Blecum vocatum»,<br />

s<strong>it</strong>uato nella pieve di san Gavino Adimari nel Mugello, «terr<strong>it</strong>orio Florentino». L’offerta<br />

venne effettuata «pro remedio et mercede anime quondam Cec<strong>il</strong>ie com<strong>it</strong>isse<br />

que fu<strong>it</strong> uxor mea et relicta quondam Ugonis com<strong>it</strong>is, partim pro ratione eius iudicii,<br />

id est decem librarum, quia ipsa etiam statu<strong>it</strong> et iudicav<strong>it</strong> supradictum mansum in<br />

iam dicto monassterio esse trashactandum pro suprascripta pecunia» (168).<br />

Il medesimo giorno Tancredi, essendo deb<strong>it</strong>ore nei confronti del monastero di<br />

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