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che fino ad allora si era mantenuto indiviso. Il controllo era spettato ad un solo<br />

discendente per ogni generazione, ma, vuoi per le brame di potere che nel corso del<br />

Duecento avrebbero scatenato furibonde lotte all’interno della famiglia, vuoi per<br />

l’incedere delle autonomie comunali che reclamavano ed ottenevano <strong>il</strong> controllo di<br />

sempre maggiori terr<strong>it</strong>ori, diveniva sempre più arduo <strong>il</strong> controllo di un sim<strong>il</strong>e patrimonio<br />

da parte di una sola persona.<br />

Il ramo della famiglia che ottenne <strong>il</strong> controllo della montagna bolognese, pratese<br />

e fiorentina prese nome dal castello di Mangona, centro di un dominio<br />

imperniato su una f<strong>it</strong>ta rete di punti fortificati, sovente in vista fra loro: la rocca di<br />

Cerbaia, Baragazza, Bruscoli (dal quale prese nome un ramo della famiglia che si<br />

staccò nel corso del XIV secolo), Castiglioni, Cavarzano, Luciana, Castiglione,<br />

Mogne, Montauto, Moscarolo, Vernio, solo per c<strong>it</strong>arne alcuni.<br />

Il tramonto di questa nob<strong>il</strong>e schiatta si consumò nei decenni della seconda metà<br />

del XIV secolo: persi o venduti tutti i possedimenti toscani, ad eccezione di pochi,<br />

gli Alberti di Mangona subirono la medesima sorte di molti esponenti degli antichi<br />

ceti nob<strong>il</strong>iari. Messa al bando ufficialmente la serv<strong>it</strong>ù (nel bolognese dal 1267),<br />

abol<strong>it</strong>o ogni residuo dir<strong>it</strong>to signor<strong>il</strong>e, le famiglie nob<strong>il</strong>iari fuono costrette ad una<br />

continua alienazione dei patrimoni e ad un pesante indeb<strong>it</strong>amento con <strong>il</strong> ceto mercant<strong>il</strong>e<br />

e con chiese e monasteri. In un periodo in cui l’inurbamento non consentiva<br />

più un’alternativa possib<strong>il</strong>e, molti signori della montagna, terr<strong>it</strong>orio più conservativo<br />

rispetto ai centri urbani ove i ceti nob<strong>il</strong>iari ben presto si erano amalgamati con<br />

quelli emergenti, si trovarono nell’indigenza, condizione alla quale si ovviava attraverso<br />

una strenua difesa di dir<strong>it</strong>ti e consuetudini anacronistici, condotta di fronte alle<br />

magistrature comunali, prime fautrici, a ben vedere, del debellamento di quegli<br />

antichi retaggi. Di fronte ai giudici sovente venivano portati esponenti del ceto nob<strong>il</strong>iare,<br />

accusati di brigantaggio e di altri crimini contro gli ordinamenti cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i. Non<br />

v’è ombra di dubbio che tali reati venissero commessi, ma reati erano per le nuove<br />

realtà ist<strong>it</strong>uzionali, non certo per uomini che per secoli avevano dominato quelle<br />

contrade.<br />

Questa, in breve, la storia degli Alberti, sulla quale già diversi contributi possono<br />

leggersi; mancava tuttavia una monografia che presentasse nel loro insieme le<br />

vicende di questa stirpe com<strong>it</strong>ale; dai primordi, ancora oscuri, ai sanguinosi ep<strong>il</strong>oghi<br />

che si consumarono tra XIV e XV secolo sull’Appennino tra Bologna, Prato e Firenze.<br />

Il presente studio non presume di coprire compiutamente questa lacuna, poiché<br />

la materia è assai vasta e spazia ampiamente in termini cronologici e geografici; non<br />

da ultimo si presentano difficoltà oggettive circa <strong>il</strong> reperimento e la visione della<br />

documentazione, oggi conservata in archivi em<strong>il</strong>iani e toscani (Bologna, Firenze,<br />

Siena, Pisa, Pistoia). Pur tenendo presente quanto esposto, si è cercato tuttavia di<br />

superare alcuni lim<strong>it</strong>i di certe ricerche precedenti, affrontando lo studio di questa<br />

famiglia prescindendo dalle circoscrizioni amministrative odierne, che nessun significato<br />

hanno relativamente al periodo preso in esame. La comprensione delle<br />

strategie operative albertesche emerge solamente dal raffronto tra la documentazione<br />

proveniente dai vari ambienti geografici. I conti operarono univocamente<br />

nell’amb<strong>it</strong>o del loro com<strong>it</strong>atus e la ricostruzione prosopografica non può essere<br />

effettuata solo per singole zone, in quanto esse furono interdipendenti fra loro.<br />

Sul piano metodologico abbiamo sperimentato l’approccio all’argomento della<br />

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