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ia, <strong>il</strong> com<strong>it</strong>ato di Firenze e Fiesole (28). Sul principio dell’XI secolo un plac<strong>it</strong>o attribuì<br />

ai Cadolingi i più ampi poteri giudiziari nella c<strong>it</strong>tà di Pistoia (29): «domnus Lotharius<br />

comes in iudicio resedebat ipsius com<strong>it</strong>atui ad singulorum iust<strong>it</strong>ias faciendas anc<br />

deliberandas» (30). Il t<strong>it</strong>olo com<strong>it</strong>ale, tuttavia, si trova un<strong>it</strong>o ad esponenti della famiglia<br />

già dal 923 (31).<br />

Se oggi <strong>il</strong> centro che catalizza le risorse umane della bassa valle del Bisenzio è<br />

Prato, nell’alto medioevo l’equ<strong>il</strong>ibrio si presentava in maniera differente. Il primo<br />

insediamento attestato nella zona è <strong>il</strong> Borgo di Cornio. La prima menzione del toponimo<br />

si r<strong>it</strong>rova in una carta del luglio 880 (32) (<strong>il</strong> Piattoli ne parla con la data spostata<br />

anteriormente al 774: probab<strong>il</strong>mente egli non vide la pergamena originale, ma solo<br />

edizioni settecentesche e ottocentesche che egli stesso definì scorrette in talune<br />

parti (33)). La vedova Rottruda, figlia del fu Faraone e moglie del fu Altiperto, desiderando<br />

prendere l’ab<strong>it</strong>o religioso, dispose dei beni di sua spettanza («casa et<br />

resorte <strong>il</strong>la quod avere visa sum locus qui dic<strong>it</strong>ur Cersino, ubi Setriano vocatur»),<br />

donandoli al chierico Guidalprando, beni che fino ad allora <strong>il</strong> chierico Ghisulpert<br />

aveva tenuto per beneficium. Sottoscrissero l’atto, tra gli altri, quattro notai: Eriprando,<br />

Teutardo, Ambrogio e Ildebrando; a questi ultimi due si trova connesso anche <strong>il</strong><br />

t<strong>it</strong>olo di scabino (34). Ebbene, l’actio del documento si svolse «ad loco Cornio, finibus<br />

Pistorie», local<strong>it</strong>à che unanimemente viene riconosciuta come <strong>il</strong> Borgo di Cornio (35).<br />

Local<strong>it</strong>à nei dintorni di Prato, che entrarono poi a far parte del suo distretto, sono<br />

menzionate anche anteriormente. Nel 779 Aufuns dispose che l’abate di San Bartolomeo<br />

vendesse la sua parte di proprietà di una «terra et vinea in loco qui dic<strong>it</strong>ur<br />

Petianese et a S. Iusto» (36) (San Giusto in Piazzanese); circa cinquanta anni dopo una<br />

vedova, Ursipranda, donò un terreno con vigna e capanna a Capezzana; entrambe<br />

le donazioni furono effettuate a favore del monastero di San Bartolomeo di Pistoia.<br />

Aufuns dispose tuttavia che i proventi della vend<strong>it</strong>a fossero poi distribu<strong>it</strong>i ai poveri.<br />

Qualche anno dopo, nell’828, «imperantibus Hlodoicus et Hlottarius f<strong>il</strong>io eius»,<br />

Ursipranda figlia del fu Orso donò «ad ecclesiam monasterii S. Bartolomei, constructo<br />

foras muro civ<strong>it</strong>atis Pistoriensis casella, orto, terra, viniola» posti nel «locus<br />

qui dic<strong>it</strong>ur Pet<strong>it</strong>tiianemse, ubi ad Bachat<strong>it</strong>iano vocatur» (37). Il monastero di San<br />

Bartolomeo era stato fondato dal longobardo Gaidoald ed è attestato già nel 748; nel<br />

767, forse verso la fine della propria esistenza, Gaidoald donò ingenti proprietà<br />

all’ente ecclesiastico (38). Nel marzo 831 Raffuns e Liamprando furono autori di una<br />

donazione, sempre al detto monastero, di terre s<strong>it</strong>uate nella pianura pratese. I beni si<br />

trovavano presso la chiesa di San Martino di Coiano, ai C<strong>il</strong>iani, a Ross<strong>it</strong>o, a Cavagliano<br />

e a Centola, local<strong>it</strong>à poste sulla destra del Bisenzio a nord di Prato, tra<br />

Coiano e Santa Lucia (39). Molte di queste local<strong>it</strong>à nel 1002 vennero concesse in<br />

livello da Giovanni abate del monastero di San Giovanni di Parma, al quale era<br />

sottoposto San Bartolomeo di Pistoia, in quell’atto che vedrebbe la prima menzione<br />

di un esponente della famiglia dei conti Alberti, <strong>il</strong> conte Ildebrando (40). Nel 941 <strong>il</strong><br />

diacono Ranieri e <strong>il</strong> conte Guido figli del conte Tetgrimo donarono alla chiesa pistoiese<br />

beni posti ad Agliana, a suffragio dell’anima del padre e della madre loro<br />

Ingelrada; nel 957 <strong>il</strong> conte Guido donò alla medesima chiesa una corte composta di<br />

dodici sorti, posti tra Agliana e Sant’Ippol<strong>it</strong>o in Piazzanese (41). Insomma, <strong>il</strong> vescovo<br />

pistoiese e diversi monasteri s<strong>it</strong>uati nel terr<strong>it</strong>orio della diocesi furono presenti in<br />

maniera piuttosto accentuata nell’area pratese, ma anche, come vedremo, sulla montagna,<br />

sia toscana sia bolognese (42). Tuttavia non è lec<strong>it</strong>o pensare, come taluni<br />

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