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del monastero di Santa Maria di Montepiano, che i conti fossero ricorsi alla canonica<br />

per ottenere un prest<strong>it</strong>o e avessero dato come pegno un pezzo di terra. Chiese e<br />

monasteri, dotati di cospicui patrimoni terrieri ed umani, svolgevano spesso le funzioni<br />

di ‘ist<strong>it</strong>uti di cred<strong>it</strong>o’, grazie alle risorse, anche pecuniarie, di cui disponevano.<br />

Questa caratteristica di accentramento e controllo di ricchezze fu ben presente a<br />

quanti, tra i gruppi dirigenti, favorirono l’erezione di cenobi e monasteri (145).<br />

Proprietà dei conti sono attestate nel 1079 a Lim<strong>it</strong>e (146), presso Capezzana, a<br />

ovest di Prato e ad Agliana (147), ove una fonte cronachistica ci informa che nel 1105<br />

vi risiedeva un visconte del conte Alberto (148). Nel 1082 <strong>il</strong> conte Alberto (II) possedeva<br />

terre e vigne a Vignamorata, nei pressi del monastero di San Fabiano (149).<br />

Le fonti di queste attestazioni sono cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>e perlopiù dalle determinazioni di<br />

confini contenute nelle carte della propos<strong>it</strong>ura pratese: donazioni o cessioni di terre<br />

e dir<strong>it</strong>ti alla pieve. Ne scaturisce quindi un quadro ricostru<strong>it</strong>o ‘di seconda mano’,<br />

frutto di menzioni occasionali. Solo in pochi casi ci è dato di seguire l’appartenenza<br />

alla famiglia di un bene, o almeno di reperirne più attestazioni di proprietà nel corso<br />

degli anni. Il lim<strong>it</strong>e di questa ricostruzione, come di molte altre, risiede nel fatto che<br />

possessi che troviamo legati ai conti in un certo periodo, non necessariamente lo<br />

furono prima e dopo. Il quadro complessivo si costruisce sulla base di ogni singola<br />

notizia, ma, a ben vedere, l’insieme dei particolari non ci rest<strong>it</strong>uisce che un quadro<br />

artefatto della s<strong>it</strong>uazione. L’insieme delle singole menzioni ci darebbe un risultato<br />

maggiormente aderente alla realtà, se queste si s<strong>it</strong>uassero entro un ristretto arco<br />

cronologico. Il problema non è solo del nostro caso. Portando al lim<strong>it</strong>e tali argomentazioni,<br />

se ne potrebbe inferire l’impossib<strong>il</strong><strong>it</strong>à di connettere le singole parti con un<br />

quadro complessivo, ma non credo che si debba essere così drastici.<br />

Se è vero, infatti, che le pertinenze albertesche sono ricostru<strong>it</strong>e partendo da<br />

notizie cronologicamente distanti tra loro, è pur vero che spesso, in linea generale, i<br />

beni immob<strong>il</strong>i rimanevano legati per decenni o per diverse generazioni ai proprietari.<br />

Sarà piuttosto conveniente prestare attenzione, quando le carte lo permettano, alle<br />

vicende dei singoli possessi in seno ad un medesimo gruppo parentale, onde ricavare<br />

informazioni circa le divisioni patrimoniali e gli amb<strong>it</strong>i di influenza dei singoli<br />

rami della stirpe. Esemplare è <strong>il</strong> testamento del conte Alberto (IV) redatto a Mangona<br />

poco prima della morte, avvenuta nel 1203 (150). I beni a nord dell’Arno furono<br />

lasciati al figlio Alberto (V) avuto da Tabernaria. Ai figli di primo letto lasciò le<br />

pertinenze a sud dell’Arno. In quel momento si scisse <strong>il</strong> patrimonio fam<strong>il</strong>iare, che<br />

fino ad allora sembrava essere rimasto nelle mani di un solo esponente in ogni generazione,<br />

o veniva amministrato collettivamente.<br />

Le carte private, quindi, non ci forniscono un quadro cronologicamente omogeneo,<br />

come quello, ad esempio, del diploma imperiale emesso a favore del conte<br />

Alberto (IV) del 1164, o di analoghi documenti. Su un piano tuttavia la forza delle<br />

scr<strong>it</strong>ture private è maggiore: si tratta di proprietà realmente in mano ai conti; le carte<br />

pubbliche, invece, e lo vedremo, risultavano talora da di una commistione di local<strong>it</strong>à<br />

su cui effettivamente si esplicava <strong>il</strong> potere dei nostri e local<strong>it</strong>à sulle quali gli<br />

Alberti ambivano ad estendere <strong>il</strong> loro dominio o a ripristinarlo.<br />

Torniamo ad esaminare <strong>il</strong> patrimonio fam<strong>il</strong>iare. Altre proprietà sono attestate a<br />

Campostino (tra Mezzana e Paperino, a sudest di Prato) (151), a Campora (152) e a San<br />

Gonda (153) (a est di Prato presso <strong>il</strong> Bisenzio). A Prato una carta del 1093 ci riporta<br />

menzione di una terra del conte Alberto (II) nella local<strong>it</strong>à a Bissatico. Ricordiamo<br />

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