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intendono (43), a possessi di natura feudale, in quanto non se ne rinvengono gli estremi<br />

in alcun documento, neppure nel diploma imperiale di riconoscimento delle<br />

pertinenze vescov<strong>il</strong>i, carta risalente al 998, che prenderemo in esame successivamente<br />

(44).<br />

Anche la famiglia com<strong>it</strong>ale dei Guidi era presente nella zona: possedeva corti e<br />

mansi ad Agliana, Sant’Ippol<strong>it</strong>o in Piazzanese, Bardena, Figline, San Giusto, Vergaio,<br />

Tobbiana, Montale, Montemurlo, Parugiano (45). Questa plural<strong>it</strong>à di presenze<br />

patrimoniali è complicata anche dai possessi della chiesa pistoiese. Nel 994 «Anselmus<br />

f<strong>il</strong>ius b.m. Eriberti, hab<strong>it</strong>atores de loco Cerbaria» vendette ad Antonio vescovo<br />

di Pistoia diversi beni afferenti alla corte di Camprognana, «ubi Petianese vocatur»,<br />

tra le pertinenze della quale risulta una casa «infra Burgo prope suprascripta ecclesia<br />

sancti Stephani et S. Iohannis Baptista» (46). Il Burgo è con ogni probab<strong>il</strong><strong>it</strong>à quello di<br />

Cornio, in quanto la chiesa del luogo, avente t<strong>it</strong>olo plebano, era dedicata a santo<br />

Stefano. La specificazione non era necessaria, poiché, giovandosi anche del contesto,<br />

non si temevano confusioni. Inoltre venivano venduti possedimenti a Lecore. Di<br />

entrambi gli acquisti si ha riscontro nel diploma concesso dall’imperatore Ottone nel<br />

998 al vescovo di Pistoia Antonio (o Antonino) (47). L’imperatore, poco più che<br />

ragazzo, era sceso in Italia per cercare di mettere ordine nell’ingarbugliata s<strong>it</strong>uazione<br />

romana: Crescenzio aveva sottomesso <strong>il</strong> leg<strong>it</strong>timo papa Gregorio V (Bruno di<br />

Carinzia) e si era proclamato pontefice.<br />

Il toponimo di Prato è attestato nelle carte dal 1035 (48), ma pare che già nel 1027<br />

la cattedrale di Fiesole vi avesse possedimenti. Nel 1038 l’imperatore Enrico III<br />

emise un priv<strong>il</strong>egio nei confronti del Duomo di Prato (49) e nel 1097 un documento è<br />

redatto in Burgo de Prato, ove sorge la pieve di Santo Stefano, testimonianza questa<br />

dell’inglobamento del Borgo di Cornio. Alla pieve era connesso un vasto patrimoniodi<br />

beni e dir<strong>it</strong>ti che andò ampliandosi nei decenni a danno di altri centri di<br />

potere presenti sul terr<strong>it</strong>orio. È d’esempio <strong>il</strong> caso di Fabio, dove nel 1024 è attestata<br />

una curtis di proprietà della bas<strong>il</strong>ica di San Miniato al Monte (Firenze), alla quale<br />

era stata donata dal vescovo fiorentini Ildebrando: “curte integram in loco qui dic<strong>it</strong>ur<br />

Flabia, cum sortis et donnicatis ibidem pertinentis, quod est infra terr<strong>it</strong>orio de plebe<br />

Sancti Iohannis s<strong>it</strong>o Sufignano, una cum ecclesia in honore sancti Petri in loco qui<br />

dic<strong>it</strong>ur Cavalliano. Circa un secolo dopo, nel 1124, <strong>il</strong> conte Alberto cedette la corte<br />

di Fabio, di sua proprietà, a Gerardo proposto della pieve di Santo Stefano di<br />

Prato (50).<br />

I f<strong>il</strong>ii Ildebrandi com<strong>it</strong>is<br />

Tre carte del fondo della propos<strong>it</strong>ura di Santo Stefano di Prato contengono menzione<br />

dei figli del conte Ildebrando. Esse sono redatte da tre notai differenti; l’actio<br />

si svolge per la prima carta (in senso cronologico) in Garignano (Grignano) (51), per<br />

la seconda (52) intus castello de Prato, e per la terza (53) genericamente a Prato. L’amb<strong>it</strong>o<br />

cronologico va dal 1045 al 1057.<br />

Nel maggio 1045 «Attio f<strong>il</strong>io bone memorie Lamberti» promette di non disturbare<br />

<strong>il</strong> prete Natale e <strong>il</strong> fratello Martino nel possesso di una pezza di terra, con la<br />

quale confinava la sua proprietà, «in loco qui dic<strong>it</strong>ur a le Lame». Il terreno era così<br />

confinato: «da una parte Vuin<strong>it</strong>ii, de alia parte de f<strong>il</strong>ii Ildibramdi comex, de tertia<br />

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