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Non è escluso che essi, semplicemente, cercassero di esigere, da parte dei viandanti,<br />

i dir<strong>it</strong>ti, per loro inveterati, connessi con <strong>il</strong> controllo delle strade. Per gli Alberti<br />

tali operazioni rientravano nel novero di quelle condotte per preservare i propri<br />

dir<strong>it</strong>ti, le magistrature c<strong>it</strong>tadine le consideravano indeb<strong>it</strong>e ingerenze, entro i confini<br />

del terr<strong>it</strong>orio soggetto, perpetrate da delinquenti. Si ricordi a tal propos<strong>it</strong>o come nel<br />

corso del XIII secolo le condizioni economiche delle famiglie nob<strong>il</strong>i andarono<br />

sovente deteriorandosi, anche a causa della notevole riduzione dei cesp<strong>it</strong>i provenienti<br />

da tassazioni di vario genere, effetto delle usurpazioni e conquiste operate<br />

dalle autonomie comunali. Per sostenere un tenore di v<strong>it</strong>a a loro confacente e mantenere<br />

le proprie masnade la nob<strong>il</strong>tà fomentava talora pratiche violente. Questo<br />

avvenimento è collocato dalle cronache nel 1272, ma risulta chiaramente dalla<br />

documentazione diplomatistica (pubblica) e privata che su queste terre la stirpe<br />

albertesca vantava pertinenze almeno da 150 anni. Quale fu dunque la ragione per<br />

cui nella produzione cronachistica bolognese essi emersero solo a tale data?<br />

L’esame di altre tipologie di narrazione storica ci fornisce attestazioni anche<br />

precedenti. Cherubino Ghirardacci, nella sua Historia di Bologna, parla degli accordi<br />

tra <strong>il</strong> podestà e vescovo di Bologna Gerardo Gisla ed <strong>il</strong> conte Alberto (IV)<br />

conchiusi nel 1192. L’opera del frate agostiniano non è tuttavia da ascriversi al<br />

novero delle cronache c<strong>it</strong>tadine, in quanto, posteriore cronologicamente, è una narrazione<br />

più complessa, che pur segue l’andamento annalistico e nella quale l’autore<br />

interviene in prima persona a commentare l’esposizione dei fatti (8). L’opera, ed<strong>it</strong>a al<br />

termine del XVI secolo, si inserisce in quel processo di riscoperta del fare storia<br />

attraverso mezzi che non fossero più la nuda e cruda narrazione degli accadimenti<br />

in ordine cronologico. Il largo riferimento alla documentazione consultata, soprattutto<br />

presso l’Archivio Pubblico di Bologna, è indice di un nuovo modo di<br />

accostarsi alla ricerca, anche attraverso fonti, quali le carte d’archivio, fino ad allora<br />

non considerate. Nello specifico <strong>il</strong> Ghirardacci scrisse degli accordi del 1192 verosim<strong>il</strong>mente<br />

sulla base delle carte che ebbe modo di leggere nell’Archivio Pubblico<br />

bolognese, ove si conservavano i documenti relativi alle promissiones delle due<br />

parti (9). Lo storico dunque ebbe modo di vedere quelle carte, ma ugualmente l’avrebbero<br />

avuto anche i cronisti che operarono nel corso del XIV secolo. Si trattava<br />

di un documento di notevole spessore, come meglio vedremo, col quale <strong>il</strong> conte<br />

alberto (IV) assoggettava alla tassazione e alle misure bolognesi quasi tutte le sue<br />

terre s<strong>it</strong>uate nel versante em<strong>il</strong>iano.<br />

Degli anni della podesteria del vescovo Gerardo le cronache bolognesi, tutte<br />

concordemente, riportano la valutazione secondo cui essi furono caratterizzati da<br />

una dicotomia: <strong>il</strong> primo anno, <strong>il</strong> 1192, «valde bene se habu<strong>it</strong> in officio», <strong>il</strong> secondo<br />

«fu<strong>it</strong> expulsus de regimine, quia male se habu<strong>it</strong>» (10). Queste riportate sono le parole<br />

di Matteo Griffoni, ma anche le altre cronache del Corpus degli scr<strong>it</strong>tori bolognesi<br />

riportano la notizia nei medesimi termini (11). Nessuna però allude all’accordo con <strong>il</strong><br />

conte Alberto. Perché le cronache tacquero dell’accordo del 1192? È pur vero che<br />

le narrazioni conachistiche sono avare di notizie per i tempi più lontani dallo scrivente,<br />

riportando talora solo alcuni avvenimenti che, agli occhi dell’autore, si<br />

mostravano r<strong>il</strong>evanti per la successiva affermazione dell’autonomia comunale. Ad<br />

esempio, ha notevole spazio nella produzione bolognese l’assoggettamento, avvenuto<br />

nel 1179, del castello di Monteveglio. Quasi tutte le cronache riportano poi che<br />

<strong>il</strong> fort<strong>il</strong>izio fu arso; la sola cronaca V<strong>il</strong>lola ricorda che nel 1178 (ma sarà da inten-<br />

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