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di portare le armi, nella più schietta<br />

tradizione germanica» (71). Gli arimanni<br />

si sovrapposero ai preesistenti coltivatori<br />

romani, acquisendo col tempo un<br />

forte senso della proprietà individuale,<br />

rimanendo come proprietà comuni a<br />

tutto <strong>il</strong> nucleo solo terreni incolti e<br />

selvosi. «Il possesso di terre comuni ...,<br />

e di loro godimento esclusivo, contribuiva<br />

... a distinguerli, sul piano<br />

sociale, sia da eventuali residui di possessori<br />

romani, sia dai grandi<br />

possessori longobardi, che avevano<br />

spazi più o meno vasti di incolto nel<br />

loro patrimonio privato»(72). Gli arimanni<br />

rimangono, con <strong>il</strong> regno franco,<br />

<strong>il</strong> segnale di «un’esigenza di garantire<br />

l’ordinamento del publicum al di là di<br />

una dominazione che si era, in molti<br />

casi, affidata ad autonomie di potere<br />

locali» (73). Anche durante <strong>il</strong> periodo<br />

carolingio, dunque, <strong>il</strong> collegamento<br />

col publicum sembra essere un elemento<br />

distintivo, collegamento che si<br />

estrinsecava nell’obbligo di servire<br />

nell’eserc<strong>it</strong>o, di custodire <strong>il</strong> plac<strong>it</strong>o, di<br />

contribuire alla manutenzione di ponti<br />

e strade. Gli arimanni, sarebbero, a<br />

parere del Tabacco, riconducib<strong>il</strong>i ai<br />

liberi homines, di cui si rinvengono<br />

numerose menzioni nel resto d’Europa.<br />

Dopo l’VIII secolo, tuttavia, entrò in crisi <strong>il</strong> collegamento con <strong>il</strong> publicum, fondamento<br />

stesso dell’ident<strong>it</strong>à arimannica, in quanto venne meno <strong>il</strong> reclutamento dei<br />

liberi possessori. L’apporto di m<strong>il</strong>izie sarebbe passato dai singoli ai vassalli regi e ai<br />

potenti ceti ecclesiastici, tutti dotati di ampio segu<strong>it</strong>o di persone. Cadde dunque <strong>il</strong><br />

dir<strong>it</strong>to-dovere delle armi, ma gli arimanni mantennero la caratteristica di uomini<br />

liberi, sebbene sempre più vessati da potenti e signori.<br />

I ‘lambardi’ dell’Appennino bolognese e toscano cost<strong>it</strong>uirono consorterie più o<br />

meno ampie, talora con connotazioni signor<strong>il</strong>i e ist<strong>it</strong>uirono rapporti personali e di<br />

fedeltà, come quel Tavernario dei ‘lambardi’ di Monte Vigese che nel 1168 dette in<br />

pegno al monastero di San Salvatore di Vaiano tutti i suoi possessi nella corte di<br />

Casio «excepte quidqui habent nostri fideles pro feudo» (74).<br />

Quale f<strong>il</strong>o lega <strong>il</strong> populus di liberi in armi del VI secolo ai ‘lambardi’ che cinque<br />

secoli dopo mostrano le connotazioni del potere signor<strong>il</strong>e? Il riconoscimento di uno<br />

status particolare non viene solo dall’interno, cioè da singoli che si autodefiniscono.<br />

Il marchese Corrado, ad esempio, ponendo nel 1122 <strong>il</strong> bando sui possessi della<br />

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