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gio, overo come in quei luoghi si dice volgarmente Cigno, della terra della Rocca di<br />

le Mogni, <strong>il</strong> Consiglio, di ciò avvisato, tosto lfece spianare à terra» (22). Relativamente<br />

più attestata è dunque la presenza della famiglia albertesca nelle cronache<br />

bolognesi a partire dal XIII secolo, anche se le vicende c<strong>it</strong>tadine non sembrano<br />

cost<strong>it</strong>uire l’interesse principale della casata, che appare concentrata sul mantenimento<br />

di beni e dir<strong>it</strong>ti sull’Appennino.<br />

La cronachistica toscana<br />

La cronachistica di area toscana registra personaggi e vicende della famiglia<br />

albertesca in maniera più continua e a partire da un periodo antecedente rispetto<br />

all’analoga produzione em<strong>il</strong>iana. Sembrerebbe alludere agli Alberti l’anonimo autore<br />

degli Annales Florentini, quando scrive di una battaglia avvenuta nel 1100 sul<br />

fiume Pesa, nella quale «Florentini... com<strong>it</strong>es vicerunt» (23): essi sarebbero sopraffatti<br />

dalle truppe comunali o precomunali.<br />

Gli autori di questi testi, di provenienza urbana, spesso m<strong>il</strong><strong>it</strong>avano nelle f<strong>il</strong>e del<br />

ceto dirigente. Principio informatore dei loro scr<strong>it</strong>ti era anche di mostrare la propria<br />

c<strong>it</strong>tà sotto una luce pos<strong>it</strong>iva, nelle vicende che dall’emancipazione dalle strutture<br />

precedenti portano, nella maggior parte dei casi, all’evoluzione verso la stab<strong>il</strong>izzazione<br />

degli ordinamenti. La nob<strong>il</strong>tà extraurbana non era di norma dipinta con toni<br />

dolci, in quanto dura era stata la lotta contro di essa. Questo assunto è valido in linea<br />

generale, ma si possono r<strong>il</strong>evare eccezioni; l’alleanza con personaggi potenti, ad<br />

esempio, risultava strategica per le nascenti autonomie c<strong>it</strong>tadine. La famiglia albertesca<br />

possedeva numerosi castelli sia nord sia a sud di Firenze e ben presto si trovò<br />

in s<strong>it</strong>uazione confl<strong>it</strong>tuale rispetto all’espansione della c<strong>it</strong>tà, in particolare dopo la<br />

metà del XII secolo. Gli interessi nel Valdarno inferiore sono attestati sin dalla fine<br />

dell’XI secolo, quando nel marzo 1092 le contesse Lavinia e Sofia, moglie quest’ultima<br />

del conte Alberto (II), donarono alla canonica della cattedrale fiorentina terre<br />

poste anche all’interno della c<strong>it</strong>tà (24). La donazione venne effettuata forse per stringere<br />

legami con l’ambiente episcopale; pochi anni dopo sarebbe asceso alla cattedra<br />

vescov<strong>il</strong>e Goffredo, figlio di Alberto (II), che rimase sul seggio tra <strong>il</strong> 1113 e la prima<br />

metà degli anni ‘40 del secolo.<br />

Giovanni V<strong>il</strong>lani<br />

Giovanni V<strong>il</strong>lani nomina la famiglia Alberti tra le «maggiori case e famiglie de’<br />

popolani di Firenze» (25), insieme ai Peruzzi, agli Acciaiuoli, agli Strozzi, agli Albizzi.<br />

È tuttavia possib<strong>il</strong>e che la famiglia riportata nella Cronica non sia quella<br />

com<strong>it</strong>ale, bensì quella degli Alberti del Giudice, che dall’esercizio di tale professione<br />

trassero l’appellativo e si stab<strong>il</strong>irono a Firenze, provenendo da Catenaia (26). Non<br />

pare che le due famiglie fossero strettamente legate da vincoli parentali. Ciò che<br />

pare colpire lo storiografo fiorentino, come si r<strong>il</strong>eva in altra parte della cronaca, è<br />

quel momento della storia fam<strong>il</strong>iare dei nostri conti Alberti che portò alla dissoluzione<br />

del coacervo di beni e dir<strong>it</strong>ti, con particolare attenzione alle vicende dei<br />

castelli del contado fiorentino e alla loro acquisizione da parte del comune fiorentino.<br />

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