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Nel 1886 vedono congiuntamente la luce due studi storici rispettivamente su<br />

Vernio, a cura del conte Ferdinando Bardi e sugli Alberti, a cura di Paolo Edlmann<br />

(41). Il lavoro di Edlmann, che più interessa nell’amb<strong>it</strong>o del presente studio,<br />

incentra la propria attenzione sul dominio albertesco sull’Appennino. Dopo un’ampia<br />

introduzione, dopo aver informato <strong>il</strong> lettore sulle ragioni dello studio, dopo<br />

essersi intrattenuto sui “cr<strong>it</strong>eri della feudal<strong>it</strong>à”, la restante metà (in senso quant<strong>it</strong>ativo)<br />

del volume affronta l’argomento preannunciato nel t<strong>it</strong>olo.<br />

Lo studio non br<strong>il</strong>la tuttavia per nov<strong>it</strong>à, in quanto, salvo pochi documenti ined<strong>it</strong>i<br />

provenienti dall’archivio del conte Ferdinando Bardi, si ripercorrono alcuni tratti<br />

salienti della famiglia albertesca (in realtà l’amb<strong>it</strong>o terr<strong>it</strong>oriale appenninico è sistematicamente<br />

evaso) desumendoli dalla bibliografia tradizionale: gli Annali del<br />

Savioli per la parte em<strong>il</strong>iana; Il Dizionario del Repetti, Le Storie Fiorentine<br />

dell’Ammirato e <strong>il</strong> padre Idelfonso di San Luigi (Delizie degli erud<strong>it</strong>i toscani) per <strong>il</strong><br />

versante toscano.<br />

I conti Cadolingi vengono confusi con gli Alberti, quando a questi ultimi si<br />

attribuisce la donazione effettuata nel 1096, in realtà da Uguccione di Bulgaro dei<br />

Cadolingi, alla badia di Montepiano, fondata pochi anni addietro dall’erem<strong>it</strong>a Pietro<br />

(42). Anche la notizia rifer<strong>it</strong>a al 1117 della presenza dei conti sull’Appennino,<br />

desunta dal Savioli, è da rivedersi. In quel punto è vero che sembrerebbe di ravvisare<br />

la data del 1117, ma lo stesso Savioli sembra riferirsi ad un lasso di tempo più<br />

vasto (43).<br />

Il secolo XX<br />

La letteratura di questo ultimo secolo ha principio con <strong>il</strong> lavoro del Carlesi,<br />

autore di una storia di Prato a partire dalle origini (44). Venendo a parlare dei “dominii<br />

feudali sulla terra di Prato”, sostiene che “tanto <strong>il</strong> castello di Prato quanto <strong>il</strong> Borgo<br />

al Cornio furono affetti da serv<strong>it</strong>ù feudali verso i conti Alberti”, ma ciò pare conformarsi<br />

più ad una tradizione storiografica, piuttosto che fornire fonti <strong>il</strong>luminanti. In<br />

questo egli si trova in dissenso col Casotti, che nega ogni ingerenza degli Alberti in<br />

Prato (45).<br />

A nostro avviso i conti ebbero signoria su Prato e ciò pare confermato dal diploma<br />

imperiale del 1164 ed anche da documenti precedenti. Nel 1128, infatti, essi<br />

cedettero dir<strong>it</strong>ti di sfruttamento delle acque del Bisenzio alla pieve pratese di Santo<br />

Stefano. I dir<strong>it</strong>ti sulle acque erano di natura pubblica, rientravano cioè nel novero<br />

delle regalie, quindi, se gli Alberti disponevano liberamente di questi dir<strong>it</strong>ti, essi<br />

governavano su Prato (46). Il ragionamento non è così stringente come pare, ma tali<br />

argomenti sono stati affrontati con maggiore ampiezza nelle pagine precedenti.<br />

A parere del Carlesi <strong>il</strong> loro dominio “quando più stretto quando forse puramente<br />

di nome, durò tuttavia sulla terra di Prato fin che l’autor<strong>it</strong>à imperiale non credette<br />

opportuno sost<strong>it</strong>uire in certi suoi dominî feudali, ai conti indigeni dei magistrati<br />

germanici detti nuntii imperatoris” (47). A Prato ciò sarebbe accaduto tra <strong>il</strong> 1160 e <strong>il</strong><br />

1170. Sempre confutando <strong>il</strong> Casotti, non risponderebbe a ver<strong>it</strong>à, secondo Carlesi,<br />

che i Guidi ebbero giurisdizione feudale su Prato. Questo assunto nascerebbe dal<br />

passo della Cronica del V<strong>il</strong>lani, secondo cui i Pratesi sarebbero scesi dal monte<br />

Chiavello e sarebbero stati soggetti ai Guidi. I Guidi ebbero, pare, possessi e dir<strong>it</strong>ti<br />

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