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San Martino e di Sant’Angelo di Gangalandi decime e uomini, sottoponendo alle<br />
due chiese lo spedale di monte Pol<strong>it</strong>ano, di cui però si riservano <strong>il</strong> patronato. Essi<br />
avevano acquis<strong>it</strong>o le decime e i dir<strong>it</strong>ti «ab episcopo Pistoriense per libellum» (62).<br />
«Bernardus f<strong>il</strong>ius Adimari» sarebbe <strong>il</strong> medesimo del 1124, sotto <strong>il</strong> cui consenso<br />
avveniva la transazione. Non sono tuttavia chiari i legami con le altre persone che<br />
sembra possano ricondursi ad un unica consorteria (si veda, per un raffronto visivo<br />
più immediato l’annesso albero genealogico).<br />
Una carta del 1077 pare permetterci di ricostruire la genealogia: Ademario del<br />
fu Bernardo e Gasdia figlia del defunto Cico e moglie del quondam Ubaldo figlio<br />
di Bernardo, alla presenza di Guidone e Bonfantino «gastaldiones domine Mact<strong>il</strong>de<br />
com<strong>it</strong>isse», donarono alla canonica di San Giovanni tutti i loro beni posti a Rovezzano<br />
e Varlungo (63). I nomi masch<strong>il</strong>i Ubaldo, Bernardo e Adimaro ricorrono in tutte<br />
le generazioni della stirpe; Ubaldo potrebbe essere la stessa persona della carta del<br />
1118, Adimaro suo fratello e Bernardo loro padre. Ma Ubaldo era già passato a<br />
miglior v<strong>it</strong>a nel 1077; a meno che non si presentò redivivo alla stesura dell’atto del<br />
1118... Verosim<strong>il</strong>mente anche questi ultimi personaggi appartengono alla medesima<br />
progenie: la ricorrenza onomastica è totale; mancherebbe forse l’attestazione di una<br />
generazione, quella tra Ubaldo, già defunto nel 1077, e Ubaldo vivente nel 1118.<br />
Un certo Bernardo figlio di Adimaro, identificab<strong>il</strong>e con l’omonimo c<strong>it</strong>ato defunto<br />
nel 1077, è attestato nel 1044, quando «prope castello de Prato» Ranieri figlio del<br />
defunto Albizo dona alla chiesa di San Zenone di Pistoia una terra con vigna a<br />
Regiana, che aveva acquistato anni prima «per cartulam vend<strong>it</strong>ionis... da Bernardo<br />
f<strong>il</strong>io Adimari» (64). Gli elementi di identificazione sono tuttavia molto lab<strong>il</strong>i, fondandosi<br />
esclusivamente su ricorrenze onomastiche.<br />
Torniamo alla donazione di Mat<strong>il</strong>de del 1077. La contessa donò l’intera corte di<br />
Scanello, oggetto, come abbiamo visto, della transazione del 1034, la metà delle<br />
corti di Poriclo, Casadri, Lus<strong>il</strong>iauli, Monte Ereturi, Castelvecchio, castello Sant’Ambrogio<br />
Ambrogio; inoltre le domus cultae, le casae massariciae, i servi e le serve, i<br />
castelli e le cappelle nel terr<strong>it</strong>orio della pieve di San Pietro in Barbarese, di Santa<br />
Maria di Gesso e di Bordignano. Si tratta nel complesso di 600 mansi, un’area quindi<br />
notevole.<br />
Il possesso da parte della chiesa di Pisa sembra perdurare, almeno per <strong>il</strong> castello<br />
di Scanello. Nel 1135 Ubaldo vescovo di Pisa e Ugo arciprete della medesima<br />
canonica investirono Malavolta figlio del fu Ubaldo della quarta parte del castello<br />
di Scanello «et curte» (65). Ogni anno, nel mese di agosto ed entro la festiv<strong>it</strong>à d’Ognissanti,<br />
Malavolta era tenuto a «reddere pensionem» di dieci soldi di denari<br />
lucchesi. Giurò anche che «homines vel mulieres de masnada de predicto Scanello<br />
non habent vendere nec donare nec alienare neque aliquo modo obligare ad dannietate<br />
predicte ecclesie ... nisi quemadmodum com<strong>it</strong>issa Mat<strong>il</strong>da habebat, quando ad<br />
suam manum tenebat».<br />
Nell’odierno monzunese per <strong>il</strong> periodo altomedievale <strong>il</strong> fulcro del controllo<br />
laico e religioso sembra essere Montorio. La pieve di San Pietro di Sambro si trovava<br />
nei pressi dell’attuale ab<strong>it</strong>ato, nel luogo detto Pieve Vecchia, vicino al Sambro<br />
su un area pianeggiante. Anche <strong>il</strong> potere laico era rappresentato visivamente con un<br />
centro fortificato, ricordato dal 1170 (a) .<br />
Il castello è ricordato anche nel 1200, in una donazione da parte di Tavernario<br />
di Monteacuto Ragazza al monastero di Santa Maria di Reno (b) , ma quelle terre già<br />
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