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vanni a Petroio, ricevendo poi i beni<br />

donati in usufrutto per sé e per gli<br />

eventuali figli maschi leg<strong>it</strong>timi. Sul<br />

finire del secolo furono <strong>il</strong> conte Guido<br />

e Guido Guerra a confermare <strong>il</strong> possesso<br />

alla canonica, segno che essi<br />

furono i suoi successori (69).<br />

In ultimo luogo si presenta la questione<br />

della professio legis. La<br />

Ceccarelli Lemut evidenzia che gli<br />

Alberti seguivano la legge longobarda,<br />

mentre i “conti di Bologna” quella<br />

ripuaria (70). Quasi tutti questi personaggi<br />

attestano quest’ultima<br />

professione, anche Albertus comes<br />

(q.1054), fratello d’Ildebrando da cui<br />

principierebbe la dinastia albertesca<br />

nella costruzione della studiosa bolognese<br />

(71). Tale elemento porrebbe gravi<br />

dubbi sul collegamento delle due casate.<br />

L’esclusiv<strong>it</strong>à e la ricorrenza della<br />

professio legis ripuaria per la stirpe<br />

“bolognese”, sottolineata dalla Lazzari,<br />

che tuttavia non sembra tenere<br />

conto di tale problema, pone ulteriori<br />

interrogativi sulla ricostruzione genealogica<br />

(72).<br />

In ver<strong>it</strong>à le attestazioni della professio<br />

legis longobarda per la casata<br />

albertesca non sono numerose. Nelle<br />

carte della propos<strong>it</strong>ura di Prato, ad<br />

esempio, dove personaggi del ceppo compaiono più volte e lungo un arco cronologico<br />

di quasi un secolo (1045-1146) (73), essa non è mai ribad<strong>it</strong>a. Bisogna notare,<br />

tuttavia, che nei documenti afferenti a questo fondo le professioni di legge sono<br />

pochissime. Verosim<strong>il</strong>mente ciò potrebbe essere posto in relazione anche con determinati<br />

usi notar<strong>il</strong>i dell’area pratese. Più numerose sono le attestazioni invece nelle<br />

carte del monastero di Santa Maria di Montepiano, dove sovente personaggi che<br />

intervengono nei diversi atti precisano le norme giuridiche di cui si avvalgono.<br />

È proprio da questo fondo documentario che ci perviene un’attestazione della<br />

professio legis dei conti Alberti, in due atti rogati a Mangona (tra Vernio, oggi in<br />

provincia di Prato, e Barberino del Mugello) <strong>il</strong> 13 gennaio 1136, entrambi per mano<br />

del notaio Gerardus (74). Nel primo «Nottizova comes f<strong>il</strong>ius quondam Alberti com<strong>it</strong>is<br />

qui professus sum lege Langobardorum» dona alla badia di Montepiano «unum<br />

mansum quod est pos<strong>it</strong>um un loco Terrenzana» (Terenzana, nel piviere di San Gavino<br />

Adimari in terr<strong>it</strong>orio fiorentino) «rectum per Petrum Blecum vocatum». L’altro<br />

documento concerne una donazione sempre del conte Nontigiova, «qui professus<br />

sum lege vivere Langobardorum», di un manso posto in loco Sasseta, nel piviere di<br />

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