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particolare alla pieve di San Gavino Adimari. La chiesa di Baragazza si sarebbe poi<br />

“aggregata” alla diocesi di Bologna, ottenendo anche l’elevazione a pieve.<br />

La ragione si evince dal documento stesso: <strong>il</strong> rifiuto da parte del pievano di<br />

somministrare l’olio santo, se non dietro <strong>il</strong> pagamento di un certo prezzo: «Chrisma<br />

enim a pleb<strong>it</strong>aneis Sancti Gavini accipere sol<strong>it</strong>i (34), quia pretium, quod ex hoc improbe<br />

petebatur, dare noluerunt, a quondam pleb<strong>it</strong>aneo, nostro quoque tempore mortuo,<br />

denegatum est». Il cap<strong>it</strong>olo di Firenze, trascorso alquanto tempo, avrebbe cercato di<br />

rientrare in possesso della chiesa perduta e preparò un falso documento, che tuttavia<br />

non portò a compimento. Verosim<strong>il</strong>mente durante la stesura del diploma erano morti<br />

<strong>il</strong> Conte Uguccione dei Cadolingi, nelle cui pertinenze rientrava Baragazza, e Ranieri<br />

vescovo di Firenze, entrambi nel 1113. Sulla cattedra fiorentina era intanto sal<strong>it</strong>o<br />

Goffredo figlio del conte Alberto (II) dei conti di Prato. Gli Alberti successero ai<br />

Cadolingi nelle loro pertinenze appenniniche, tra cui, appunto, Baragazza. Forse <strong>il</strong><br />

vescovo preferì interrompere l’<strong>it</strong>er del documento e favorire l’entrata di Baragazza<br />

nel controllo privato della sua famiglia, più che in quello della chiesa fiorentina, che<br />

avrebbe ostacolato la giurisdizione fam<strong>il</strong>iare.<br />

Numerosi monasteri concorrevano con le loro presenze patrimoniali a variegare<br />

<strong>il</strong> quadro giurisdizionale di questa parte alta della montagna bolognese. Si tratta,<br />

come abbiamo già r<strong>il</strong>evato, di ist<strong>it</strong>uti perlopiù toscani, e in particolare pistoiesi: San<br />

Salvatore di Fontana Taona, San Bartolomeo di Prato del Vescovo, Santa Maria di<br />

Montepiano, San Salvatore di Vaiano, San Salvatore di Val d’Agna; San Pietro di<br />

Moscheta nella diocesi di Firenze, che costruì anche un osp<strong>it</strong>ale a Monzuno (35);<br />

Sant’Antimo nella diocesi di Chiusi (36). Il monastero di san Salvatore di Vaiano<br />

possedeva due osp<strong>it</strong>ali, uno a int<strong>it</strong>olato a San Niccolò presso Pontecchio (oggi Pontecchio<br />

Marconi nei pressi di Sasso Marconi) e l’altro a Ferrara. Nel luglio 1193<br />

Uguccione vescovo di Ferrara, con <strong>il</strong> consenso di Ugone da Poma e di Parmesiano,<br />

costruttori dello Spedale della Misericordia, posto fuori della c<strong>it</strong>tà, concesse a<br />

Rolando abate di San Salvatore di Vaiano <strong>il</strong> detto osp<strong>it</strong>ale per <strong>il</strong> servizio di Dio e <strong>il</strong><br />

sostentamento dei poveri, con riserva di alcuni dir<strong>it</strong>ti (37).<br />

Le presenze di enti toscani sono ben testimoniate, e questo è stato messo in luce<br />

già da diversi studiosi. Non si può dire altrettanto dei monasteri bolognesi, che non<br />

sembrano possedere beni o dir<strong>it</strong>ti in queste zone. Mi pare necessario precisare che<br />

si continuerà a parlare di cenobi toscani e cenobi bolognesi; ma se, come già evidenziato,<br />

la marca di Tuscia fino al XII secolo si spingeva profondamente in<br />

terr<strong>it</strong>orio em<strong>il</strong>iano, queste zone appartenevano, almeno sul piano della giurisdizione<br />

secolare, alla Toscana. Non si tratterebbe, quindi, di presenze esterne, se non in<br />

quanto facenti parte, questo sì, di altre diocesi.<br />

Sono tuttavia r<strong>il</strong>evab<strong>il</strong>i anche presenze non toscane. Nonantola, come già si è<br />

visto, espandeva le sue pertinenze alla parte alta della valle del Reno. L’abate Anselmo<br />

costruì un monastero a Fanano, e poco lontano un ospizio, nei pressi del valico<br />

fra Em<strong>il</strong>ia e Toscana (38). Il re longobardo Astolfo donò poi all’abate Anselmo Fanano<br />

e la massa di Lizzano (Lizzano in Belvedere) (39). Da questi possessi in sinistra di<br />

Reno <strong>il</strong> monastero si spinse fino a Batoni nella montagna pistoiese (40).<br />

La zona a est del Reno, compresa nelle valli del Brasimone, del Setta e del<br />

Savena fu interessata soprattutto dalle presenze dei monasteri di Montepiano e,<br />

forse, della badia di San Pietro di Moscheta. Si registra la presenza anche di fondazioni<br />

locali, la cui sfera d’azione era piuttosto lim<strong>it</strong>ata.<br />

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