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istretto ai soli giochi di forze locali. Esse operarono, consapevolmente, o in maniera<br />

inconsapevole, all’interno di una s<strong>it</strong>uazione assai più vasta: la metamorfosi del<br />

mondo signor<strong>il</strong>e e la crisi delle due massime autor<strong>it</strong>à, papato e impero, crisi che<br />

peraltro già si trascinava da tempo. A Roma era vivo <strong>il</strong> contrasto tra la realtà di c<strong>it</strong>tà<br />

universale e la pol<strong>it</strong>ica locale, che spingeva i Romani a furibonde lotte per <strong>il</strong> controllo<br />

della c<strong>it</strong>tà. Eugenio III fu costretto a cercare rifugio in Francia, e per diverso<br />

tempo i papi furono minacciati da tali movimenti. A questa s<strong>it</strong>uazione faceva riscontro<br />

anche <strong>il</strong> diffic<strong>il</strong>e rapporto con i Normanni. Nel 1139 Ruggero II sconfisse <strong>il</strong><br />

pontefice a Mignano ed Innocenzo II, col segu<strong>it</strong>o di cardinali, cadde nelle sue<br />

mani (171).<br />

Sul versante imperiale, dopo la morte di Enrico V avvenuta nel 1125, l’elezione<br />

di Lotario di Supplimburgo era stata fortemente contestata da Federico di Svevia.<br />

La stessa sovran<strong>it</strong>à imperiale in Italia veniva messa in discussione dal progressivo<br />

rafforzamento delle autonomie comunali (172). Gli equ<strong>il</strong>ibri, incanalati nei rapporti<br />

personali fra potenti, non potevano adattarsi alle nuove realtà ist<strong>it</strong>uzionali, dove le<br />

carte in gioco erano ripart<strong>it</strong>e fra una plural<strong>it</strong>à di soggetti.<br />

Nel 1154 i Pratesi (si noti l’assenza dell’autor<strong>it</strong>à com<strong>it</strong>ale) insieme ai Fiorentini<br />

rivolsero le armi contro <strong>il</strong> castello pistoiese di Carmignano. Pistoia, che era passata<br />

con Guido Guerra dalla parte di Lucca a quella di Pisa (e degli Alberti, tradizionali<br />

alleati della c<strong>it</strong>tà pisana), costrinse alla fuga gli attaccanti (173). Ma già sei anni prima<br />

i Pratesi avevano stretto alleanza con i Pistoiesi. Nel 1155, comunque, si addiveniva<br />

ad una pace in Toscana fra le varie parti, i cui contraenti principali erano Pisa e<br />

Guido Guerra da una parte e Firenze e Lucca dall’altra. Insieme a loro si trovavano<br />

i rispettivi alleati: Siena, Pistoia, <strong>il</strong> marchese Pallavicini e gli Alberti dalla parte<br />

pisana; Prato e i nob<strong>il</strong>i della Garfagnana con i Fiorentini (174).<br />

Nel corso della seconda metà del XII secolo le strade dei conti più volte si trovarono<br />

in confl<strong>it</strong>to con quelle dei Pratesi, come nel 1184, quando Pistoia e gli<br />

Alberti, fedeli all’impero, si trovarono a scontrarsi con una coalizione composta da<br />

Firenze, Lucca e Prato (175). Ancora, sul finire del secolo, nel 1197, i Pratesi entrarono<br />

nella lega di San Genesio, lega che vide anche l’adesione di Guido Guerra e di<br />

Alberto (IV) da Prato (176): conte e c<strong>it</strong>tadini erano due soggetti ben distinti.<br />

Il Barbarossa cercò di operare un accentramento nei confronti delle singole<br />

giurisdizioni c<strong>it</strong>tadine, anche atttraverso l’ist<strong>it</strong>uzione e l’invio di nunzi e podestà<br />

imperiali. Nella maggior parte dei casi questo processo non portò incisive ripercussioni<br />

nel panorama <strong>it</strong>aliano. A Prato, però, troviamo nel 1194 un nunzio imperiale,<br />

Enrico vescovo di Worms, «pro facto domini inperatoris», pare per combattere i<br />

patarini (177), ma la sua presenza ricorre più volte negli anni seguenti.<br />

Egli confiscò «bona paterenorum et paterenarum ibi morantium... et domos<br />

eorum fecimus subvelti et destrui» (178). «Quicumque Pratensium vel de districtu»<br />

avesse osato dare ospizio o aiuto agli eretici avrebbe pagato una multa di cento libre<br />

di denari pisani, da pagarsi «eidem nuntio vice domini inperatoris». Anche <strong>il</strong> comune,<br />

sotto pena di duecento marche d’argento, sempre da versarsi «nuntio domini<br />

inperatoris Prati existenti», veniva cooptato per <strong>il</strong> controllo della s<strong>it</strong>uazione. Il<br />

comune ed <strong>il</strong> popolo venivano altresì sottoposti alle cure del «prepos<strong>it</strong>um Pratensem...<br />

cappellanum videlicet domini inperatoris, et suos fratres».<br />

Tramontata la signoria albertesca, sembra tornare, se mai vi era stato, <strong>il</strong> control-<br />

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