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Arcieri e balestrieri: armi, fer<strong>it</strong>e e modal<strong>it</strong>à di cura<br />

Nell’elenco delle guardie armate, poste a difesa dei castelli del periodo albertesco,<br />

vengono indicati quasi sempre e solo i balestrieri. Ciò fa supporre che, in quegli<br />

anni, la balestra fosse l’arma più adatta alla difesa dall’interno di quei fort<strong>il</strong>izi; i<br />

dardi venivano scagliati attraverso le fer<strong>it</strong>oie delle mura di cinta esterne caratterizzate<br />

dalle ampie svasature ad angolo ottuso che si aprivano verso l’interno. Queste<br />

svasature (evidenti ancora sia a Civ<strong>it</strong>ella che a Rocca Cerbaia) dette anche a “bocca<br />

di lupo” consentivano, infatti, un maggior raggio di mira rapportato alla dimensione<br />

dell’arco di balestra, più piccolo di quello di un normale arco.<br />

In altri termini, un arciere si sarebbe trovato imped<strong>it</strong>o a scagliare le frecce attraverso<br />

una fessura cui non si poteva accostare più di tanto a causa della ridotta<br />

dimensione della fer<strong>it</strong>oia, dello spessore del muro e della dimensione del suo arco<br />

che, in queste condizioni, non gli consentiva una mira ottimale. Solo con la costruzione,<br />

in epoca successiva, delle merlature sulla cinta muraria, anche gli arceri<br />

trovarono adeguata sistemazione nel sistema difensivo del fort<strong>il</strong>izio.<br />

Le balestre grosse o a ruote, oltre alle balestre piccole e agli archi, erano le armi<br />

prefer<strong>it</strong>e, invece, in caso di attacco ad un castello dall’esterno. La differenza sostanziale<br />

tra una balestra “ a ruote” ed una piccola, era nelle dimensioni e nel peso e, di<br />

conseguenza, nella loro g<strong>it</strong>tata. Ovviamente anche le frecce erano proporzionalmente<br />

dimensionate. Entrambi i tipi di balestra erano cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>i da una struttura formata<br />

da un fusto di legno cui era applicato un piccolo arco con un congegno di scatto e<br />

di fermo (crocco) per la relativa corda.<br />

La balestra grossa consentiva, come detto, una maggiore g<strong>it</strong>tata grazie alle<br />

dimensioni maggiori dell’arco di cui era dotata. Questo, però per poter essere teso,<br />

richiedeva un marchingegno “a ruote”, da cui è derivato anche <strong>il</strong> nome dell’arma.<br />

Si trattava, in realtà, di un piccolo verricello piazzato all’estrem<strong>it</strong>à opposta all’arco<br />

e che consentiva di tenderne agevolmente la relativa corda prima di innestarvi la<br />

freccia. L’operazione di “caricamento” veniva esegu<strong>it</strong>a puntando la balestra a terra,<br />

tenendola ferma con un piede poggiato all’interno di una oppos<strong>it</strong>a staffa s<strong>it</strong>uata<br />

all’altra estrem<strong>it</strong>à, quindi, tram<strong>it</strong>e le manovelle delle “ruote”, si tendeva la corda.<br />

La punta delle frecce da balestra (dette anche verruta o verrettoni) era una cuspide<br />

a forma di tetraedro (una piramide a base triangolare) che si restringeva (gorbia)<br />

per poi terminare con sezione conica in cui si innestava <strong>il</strong> legno della freccia.<br />

Armi, leggi, fer<strong>it</strong>e e modal<strong>it</strong>à di cura<br />

R<strong>it</strong>engo ut<strong>il</strong>e, a questo punto, fornire una ulteriore breve nota per delineare un<br />

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