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pato” (14). Questo avveniva dopo la morte del suddetto Giovanni Francesco<br />

Buonamici, già vicario di Firenze, quando <strong>il</strong> Cicognini attendeva alla stesura del<br />

“suo opuscolo cronicale della Nob<strong>il</strong>tà di Prato”.<br />

<strong>il</strong> Buonamici c<strong>it</strong>a poi interessanti documenti, tra i quali uno del 1276, che vedeva<br />

opposti tale “maestro Puccio” e gli uomini di certe “V<strong>il</strong>le di Val di Bisenzo” (15)<br />

in mer<strong>it</strong>o ad un dir<strong>it</strong>to di pedaggio rivendicato da Puccio. Questi avrebbe sostenuto<br />

di aver acquistato la metà di detto pedaggio da Ver<strong>it</strong>à di Jacopo, al quale sarebbe<br />

stato concesso nel 1172 dal conte Alberto (IV), secondo quanto confermato anche<br />

nel 1276 da “ser Arrigo Giudice e Vicario, del Podestà di Prato” (16), chiamato a<br />

dirimere la l<strong>it</strong>e. Ser Arrigo avrebbe visto “quodam publico instrumento subscripto<br />

per sacerdotem Schiantam et Scriptum per Albertum notarium sub annis Domini<br />

M<strong>il</strong>lesimo Centesimo Septuagesimo secundo quarto nonas madii, ind<strong>it</strong>ione secunda,<br />

in quo continetur inter alia quod dominus Albertus comes (IV), f<strong>il</strong>ius quondam<br />

Nocticonis [sic] com<strong>it</strong>is concess<strong>it</strong> curaturam lignum quam usque nomine pro dicto<br />

com<strong>it</strong>e accipiebant ab hominibus Valli Bisentii Ver<strong>it</strong>ade quondam Daviccionis et<br />

Ver<strong>it</strong>ati Iacopi” (17). Dalle local<strong>it</strong>à comprese nel documento, tuttavia non c<strong>it</strong>ate, <strong>il</strong><br />

Buonamici arguisce che “<strong>il</strong> Conte Alberto Conte di Prato... era in possesso nell’Anno<br />

1172, di Prato, e suo distretto, in specie delle v<strong>il</strong>le di Bisenzo, gli huomini delle<br />

quali, pagavano a lui <strong>il</strong> sudetto Petagio della Stecca; che poi concesse al detto Ver<strong>it</strong>à<br />

di Davicione, et a Ver<strong>it</strong>à, et altri, di Iacopo” (18). Considerando, poi, un’altra carta<br />

del 1193 nella quale è testimoniato in Prato <strong>il</strong> podestà, <strong>il</strong> Buonamici ipotizza che in<br />

questo lasso di tempo (tra <strong>il</strong> 1172 e <strong>il</strong> 1193) Prato si era liberato del dominio albertesco<br />

e si era dato magistrature autonome.<br />

Verosim<strong>il</strong>mente egli non andò molto lontano dal vero, secondo quanto anche da<br />

noi ipotizzato, riguardo all’allontanamento degli Alberti da Prato; ma consoli in c<strong>it</strong>tà<br />

sono attestati già dall’ottobre 1142 (19), testimoniando l’esistenza di strutture di autonomia<br />

rispetto a precedenti ordinamenti giurisdizionali. Non sembra dunque<br />

accettab<strong>il</strong>e la tesi proposta dal Buonamici (20).<br />

Il primo lavoro di ricerca specifico (in senso monografico) sulla famiglia albertesca<br />

sembra essere cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dalle Memorie genealogiche della famiglia<br />

de’Contalberti, manoscr<strong>it</strong>to seicentesco conservato presso la Biblioteca Nazionale<br />

di Firenze (21). A detta dello stesso autore, già <strong>il</strong> Malespini avrebbe parlato degli<br />

Alberti (come pure <strong>il</strong> V<strong>il</strong>lani ed altre redazioni storiografiche), ma nell’amb<strong>it</strong>o di<br />

trattazioni più ampie e non relative alla nostra famiglia. Le Memorie prendono avvio<br />

da episodi favolosi, e nel contempo infondati, per cui i conti Alberti, già forti ai<br />

tempi di Carlo Magno, avrebbero svolto a quei tempi un ruolo determinante (22).<br />

L’autore passa poi a considerare <strong>il</strong> diploma imperiale del 1164, del quale presenta<br />

una trascrizione, asserendo che, oltre ai possessi ivi c<strong>it</strong>ati, gli Alberti (o famiglie<br />

afferenti a quella stirpe) possedevano altri luoghi forti, tra cui Montecarelli, Campiano,<br />

Semifonte, la badia di Settimo (che sarebbe stata fondata dagli Alberti). Ma<br />

su tali questioni, come su altre si procede con poco spir<strong>it</strong>o cr<strong>it</strong>ico e si ingenera una<br />

notevole confusione. L’autore confonde le vicende delle famiglie dei conti Cadolingi<br />

ed Alberti (23).<br />

L’attenzione dello storico si incentra principalmente sulle vicende toscane, sulle<br />

quali si sofferma con dovizia di particolari, pur non seguendo un rigido cr<strong>it</strong>erio<br />

cronologico. Emerge come egli fosse in rapporto epistolare con altri studiosi o personal<strong>it</strong>à<br />

<strong>it</strong>aliane, con le quali scambiava e riceveva notizie relative ai propri<br />

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