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tra la morte dell’ultimo cadolingio e la comparsa del nuovo mar<strong>it</strong>o. Con un un breve<br />
invest<strong>it</strong>ionis del 1117 nominò <strong>il</strong> pievano di San Gavino: «investiv<strong>it</strong> Martinus pleb<strong>it</strong>aneus<br />
de plebe Sancti Gavini a vice de predicta plebe et ad proprietatem tradid<strong>it</strong> pro<br />
amore dei et remedio anime de com<strong>it</strong>e Ugo qui fu<strong>it</strong> vir suus de terra et res que est<br />
pos<strong>it</strong>a in loco ...... viam, Sturam, podium boscato, Mangonem» (198).<br />
Nei confronti di questa pieve mugellese si era mostrato attento anche <strong>il</strong> conte<br />
Lotario (III), fratello del conte Ugolino (III) primo mar<strong>it</strong>o della contessa Cec<strong>il</strong>ia. Nel<br />
gennaio 1103 <strong>il</strong> nob<strong>il</strong>e, che agiva «per data licentia Ugoni fratris sui» donò «in<br />
osp<strong>it</strong>ale Sancti Gavini s<strong>it</strong>o Muc<strong>il</strong>li idest terre pecia una que est pos<strong>it</strong>a in loco qui<br />
vocatur Monte Moraio... et est pos<strong>it</strong>a ipsa terra infra terr<strong>it</strong>ur<strong>it</strong>urio [sic] de predicta<br />
plebe Sancti Gavini» (199). La carta fu rogata in Tasioco. Qualche decennio più tardi<br />
Giovanni, pievano di San Gavino concesse «libellario nomine [ad] habendum,<br />
tenendum, fruendum ad meliorandum» al «com<strong>it</strong>i Alberto tuisque heredibus tueque<br />
uxori Im<strong>il</strong>ie com<strong>it</strong>isse... quartam partem de castello et curte de Tassunclo excepto<br />
tenimento Gerardi fabri secundum quod perven<strong>it</strong> ad nos ex emptionem quam fecimus<br />
ab Amerigo» (200). È questo un altro esempio del succedersi dei conti Alberti su<br />
terre che già furono del dominio cadolingio. Gli interessi alberteschi in Mugello, che<br />
si andarono a congiungere con quelli provenienti dalla parte em<strong>il</strong>iana, si innestarono<br />
dunque su quelli preesistenti cadolingi. Apparteneva alla pieve di San Gavino anche<br />
la chiesa di Baragazza (oggi nel comune di Castiglione dei Pepoli, Bologna), che fu<br />
oggetto, come abbiamo visto, di l<strong>it</strong>e tra gli episcopi bolognese e fiorentino. La local<strong>it</strong>à<br />
sarebbe stata soggetta ai conti Cadolingi e diventò in segu<strong>it</strong>o, prima che un<br />
mun<strong>it</strong>o castello del comune bolognese, un’importante postazione strategica dei<br />
conti Alberti (201).<br />
Quanto a Tasioco, diversamente attestato nelle carte di Montepiano, esso cost<strong>it</strong>uisce<br />
uno dei possessi alberteschi che non hanno riscontro nel diploma imperiale<br />
del 1164 o negli altri riconoscimenti pubblici loro confer<strong>it</strong>i. Il patrimonio della<br />
famiglia dunque era compos<strong>it</strong>o, cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o da un coacervo di beni e dir<strong>it</strong>ti di diversa<br />
natura: allodiale, signor<strong>il</strong>e, feudale. In questo caso <strong>il</strong> castello di Tasioco (la quarta<br />
parte, secondo la carta c<strong>it</strong>ata) non fu loro attribu<strong>it</strong>o dalla pubblica autor<strong>it</strong>à, né da essa<br />
ricevette riconoscimento: non era dunque compreso nei beni dichiarati feudali. Né<br />
peraltro sembra risultare che essi si erano impadron<strong>it</strong>i con la forza o con altri mezzi<br />
dei dir<strong>it</strong>ti sul castello. I conti si videro concedere un bene (e verosim<strong>il</strong>mente i dir<strong>it</strong>ti<br />
ad esso connessi) da un soggetto giurisdizionale che non era l’autor<strong>it</strong>à imperiale<br />
o regale. Tale pratica rientrava nel ventaglio di possib<strong>il</strong><strong>it</strong>à operative legate ad una<br />
concezione allodiale del potere (202), per cui anche fette di dir<strong>it</strong>ti giurisdizionali potevano<br />
essere oggetto di compravend<strong>it</strong>a alla stregua di un oggetto o di un bene<br />
materiale.<br />
L’attiv<strong>it</strong>à giurisdizionale<br />
Quando nelle pagine precedenti si è parlato della progenie dei Gisolfi delle<br />
Mogne, c<strong>it</strong>ammo un breve refutationis del 1135: Gerardo figlio di Benno da Montevigese,<br />
di quella consorteria, refutò alla badia di Montepiano, nella persona<br />
dell’abate Ildebrando, un pezzo di castagneto «que est s<strong>it</strong>o in Alpescella». Il possesso<br />
di questa terra non era però scevro da contestazioni. «Fantino f<strong>il</strong>ius quondam Ursi<br />
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