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La chiesa di San Paolo a Pistoia in un’immagine<br />

degli inizi del Novecento<br />

gli Alberti, nella persona del conte<br />

Tancredi detto Nontigiova, che aveva<br />

sposato la vedova di Ugo, Cec<strong>il</strong>ia,<br />

figlia di Arduino da Palù, come abbiamo<br />

visto uno dei più fedeli vassalli<br />

mat<strong>il</strong>dici.<br />

In linea teorica <strong>il</strong> testamento prevedeva<br />

<strong>il</strong> godimento dell’usufrutto a<br />

favore della moglie, se questa si fosse<br />

conservata <strong>il</strong>libata; ma così non sembrerebbe<br />

essere stato. La donna infatti<br />

si risposò con <strong>il</strong> conte Tancredi detto<br />

Nontigiova degli Alberti. Tancredi<br />

ebbe come figli Alberto (IV) e Maria,<br />

sposa del conte Ildebrandino degli<br />

Aldobrandeschi: i due fratelli sono<br />

attestati dal 1143. Alberto, nel diploma<br />

di Federico Barbarossa del 1155 è<br />

detto «puer». Non era quindi ancora<br />

giunto alla maggiore età; Cec<strong>il</strong>ia è già<br />

morta nel 1136. Tancredì convolò a<br />

seconde nozze con Orrab<strong>il</strong>e figlia di tal<br />

Guin<strong>il</strong>do, attestata dal 1141. Se, come<br />

sembra verosim<strong>il</strong>e, data l’età avanzata<br />

di Cec<strong>il</strong>ia, i figli furono concep<strong>it</strong>i dalle<br />

seconde nozze, la vedova di Ugo non<br />

diede figli al Tancredi, come non ne<br />

aveva dati al cadolingio.<br />

Si potrebbe dunque ipotizzare che<br />

essa non profanò <strong>il</strong> primo letto, rima-<br />

nendo fedele alle disposizioni del testamento del defunto mar<strong>it</strong>o. Rimarrebbero così<br />

salvi i dir<strong>it</strong>ti ad essa spettanti («donec lectum mar<strong>it</strong>i sui casto ordine observaver<strong>it</strong>»).<br />

Ma si tratta di dir<strong>it</strong>ti («excepto iure») e non si parla di possesso o proprietà di beni<br />

immob<strong>il</strong>i, che rimanderebbero alle pretese degli Alberti sulle pertinenze cadolinge.<br />

Anche un documento di poco posteriore al testamento di Ugo (III) e concernente<br />

l’esecuzione delle disposizioni testamentarie del defunto sembra essere chiaro in<br />

propos<strong>it</strong>o: «si predicta Cec<strong>il</strong>ia abuer<strong>it</strong> f<strong>il</strong>ium vel f<strong>il</strong>iam de predicto Ugone com<strong>it</strong>e<br />

[testamentum]essem inanis et va[cuum] ... et [si] f<strong>il</strong>ium vel f<strong>il</strong>iam non abuer<strong>it</strong>, sicut<br />

supra leg<strong>it</strong>ur, tunc predicta Cec<strong>il</strong>ia abeat de omnibus predictis re[bus usum] fructum<br />

donec lectum mari sui casto ordine observaver<strong>it</strong>, sicut predictus Ugo comes iudicav<strong>it</strong><br />

et confermav<strong>it</strong> in ea [in?]firm<strong>it</strong>ate in qua moratus fu<strong>it</strong>» (196). Alla morte della<br />

contessa <strong>il</strong> dir<strong>it</strong>to di usufrutto si sarebbe spento e verosim<strong>il</strong>mente i beni cadolingi<br />

sarebbero spettati alle chiese, come previsto nel testamento.<br />

La prima testimonianza della contessa Cec<strong>il</strong>ia accanto al nuovo mar<strong>it</strong>o è del<br />

febbraio 1120. In quell’occasione «Tancridi qui Noteiuva comes f<strong>il</strong>ius Alberti<br />

comes et Cic<strong>il</strong>ia congnus f<strong>il</strong>i Arduini», stando in Vernio, donarono terre alla badia<br />

di Montepiano (197). Abbiamo tuttavia un’altra attestazione dell’attiv<strong>it</strong>à della donna,<br />

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