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parte Petri f<strong>il</strong>io Viventii, da quarta parte vestra quorum supra germanis» (<strong>il</strong> prete<br />
Natale e <strong>il</strong> fratello Martino) (54).<br />
Nell’apr<strong>il</strong>e 1048 Gualfredo figlio del defunto Gerardo dona alla canonica della<br />
pieve di Santo Stefano e San Giovanni Battista di Borgo al Cornio (Prato) un mulino<br />
con terre e alquanta vigna (aliquantulo de vinea) (55) «qui est pos<strong>it</strong>o in locus qui<br />
dic<strong>it</strong>ur Cafaio, qui iam fu<strong>it</strong> de piscopatui Sancti Zenoni, prope fluvio Bisenthone<br />
non logne de Burgo de Cornio».<br />
Da qu<strong>il</strong>one <strong>il</strong> mulino confinava con la terra de f<strong>il</strong>ii Ildibrandi comex, le cui proprietà<br />
si trovavano attigue anche da occidente e da meridie. Sulla terra di loro<br />
pertinenza i figli del conte Ildebrando possedevano un mulino e una vigna. Il funzionamento<br />
de mulino era assicurato da una gora che passava inter medio e pescava<br />
acqua dal vicino Bisenzio, come viene specificato nel documento stesso.<br />
Il terzo documento è un atto di vend<strong>it</strong>a del marzo 1057. Pietro del fu Azzo, detto<br />
Dunuthio, vende a «Burco qui Chotio vocatur, f<strong>il</strong>io bone memorie Istantii» due<br />
appezzamenti di terreno, uno dei quali «a le Lame, prope Picacci», l’altro «in loco<br />
qui dic<strong>it</strong>ur Pratoselo». Il pezzo di terra posto a le Lame confinava a est con terre di<br />
proprietà dei f<strong>il</strong>ii b.m. Ildebrandi comes. Il defunto Azzo potrebbe essere la medesima<br />
persona che troviamo come autore della charta promissionis del 1045, ma la<br />
congettura è suffragata solo dalla continu<strong>it</strong>à onomastica sulla medesima zona.<br />
Da questi tre documenti pochi sono gli elementi concreti che possiamo r<strong>il</strong>evare.<br />
Un dato interessante è cost<strong>it</strong>u<strong>it</strong>o dai mulini. In prossim<strong>it</strong>à l’uno dell’altro, a Cafaggio,<br />
non lontano dal Borgo di Cornio, erano stati edificati due mulini, uno di<br />
appartenenza del vescovo pistoiese, l’altro dei presumib<strong>il</strong>i conti Alberti. Ricordiamo<br />
anche la vicinanza della corte vescov<strong>il</strong>e pistoiese di Borgo al Cornio a quella albertesca<br />
con centro a Prato. Il vescovo di Pistoia, tuttavia, all’epoca della stesura della<br />
carta, non sembra più detenere prerogative sulla struttura. Si legge infatti nel documento:<br />
«...qui iam fu<strong>it</strong> de piscopatui Sancti Zenoni...» (56). Si potrebbe supporre che<br />
chi gestiva <strong>il</strong> mulino per conto del vescovado si era impossessato della struttura, a<br />
tal punto da poterne disporre come fosse cosa propria e farne dono alla canonica<br />
pratese. Viceversa, non si può escludere l’ipotesi che <strong>il</strong> vescovo di Pistoia avesse<br />
alienato di propria iniziativa tali proprietà.<br />
Chi sono dunque quei figli del conte Ildebrando? Appartengono alla stessa genealogia?<br />
Diversi studiosi hanno riconosciuto in quest’ultimo <strong>il</strong> conte Ildebrando<br />
attestato nel 1002 (57), di cui si è già parlato. Piattoli (58) vede in questi personaggi<br />
Ildebrando e Alberto conti fratelli, figli di Ildebrando, che furono presenti nel 1068,<br />
a Lucca, ad un plac<strong>it</strong>o della marchesa Beatrice, moglie del duca Goffredo (59). Terzo<br />
figlio d’Ildebrando sarebbe <strong>il</strong> conte Gerardo, che <strong>il</strong> 17 febbraio 1067 in castro de<br />
Publica (Pubblica) acquistò da Lamberto del fu Rustico e dalla di lui moglie Oria<br />
certi possedimenti nel pistoiese, a Pratale (60).<br />
Nel 1075 Alberto comens (che definiremo, seguendo la genealogia tracciata<br />
dalla Ceccarelli Lemut, I) allivella a V<strong>it</strong>ale figlio di Glariza la metà di una pezza di<br />
terra con vigna «in loco qui dic<strong>it</strong>ur Isula de Coiano prope fluvio Bisentioni», per la<br />
pensione f<strong>it</strong>tizia di un denaro lucchese all’anno, da consegnare «per omne anno in<br />
mense december in curte de Prato» (61). Questo Alberto era già morto nel 1077, quando<br />
la vedova Lavinia e i figli Alberto ed Ildebrando «com<strong>it</strong>es f<strong>il</strong>ii b.m. <strong>it</strong>en Alberti<br />
comex», che agiscono come mundualdi della madre, donano alla chiesa di Santo<br />
Stefano del Borgo di Cornio una pezza di terra in Agliana (62). I suoi figli, ma nell’at-<br />
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