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porto stretto con l’autor<strong>it</strong>à centrale o pubblica. La proposizione del com<strong>it</strong>atus è<br />

segno della potenza raggiunta dal conte, non più circoscr<strong>it</strong>ta all’area pratese, da<br />

dove forse aveva preso le mosse l’ascesa della famiglia. Ricco di terre e dell’esercizio<br />

di dir<strong>it</strong>ti signor<strong>il</strong>i in numerose zone, <strong>il</strong> coacervo di beni e dir<strong>it</strong>ti afferente alla<br />

famiglia poteva definirsi com<strong>it</strong>atus. Un com<strong>it</strong>atus non ancora riconosciuto dall’autor<strong>it</strong>à<br />

centrale, ma accettato da molteplici soggetti, minori sì, ma defin<strong>it</strong>i anch’essi<br />

da potenzial<strong>it</strong>à operative in senso patrimoniale e giurisdizionale.<br />

Il processo di creazione, anche sul piano concettuale, di un organismo un<strong>it</strong>ario<br />

preciso e ben defin<strong>it</strong>o sembra attestato già qualche decennio prima. Nel 1098 in una<br />

carta redatta in Passignano si fa menzione di beni s<strong>it</strong>uati «in tote provincie et pertinencie<br />

nostre» (16), riferendosi ai terr<strong>it</strong>ori soggetti al dominio albertesco. Il concetto<br />

di pertinencia o provincia suggerisce forse un’immagine meno forte sul piano formale<br />

rispetto al com<strong>it</strong>atus, vuoi anche per <strong>il</strong> naturale raffronto che <strong>il</strong> termine impone<br />

ed imponeva con l’omonima terminologia della distrettuazione pubblica: È tuttavia<br />

testimonianza di una tappa del percorso di costruzione di un patrimonio un<strong>it</strong>ario,<br />

anche sul piano concettuale.<br />

Diffic<strong>il</strong>e è comprendere quali implicazioni avessero tali affermazioni sul piano<br />

reale (delle res); in che modo l’uso di tali definizioni si rispecchiava sul controllo e<br />

sull’assetto del terr<strong>it</strong>orio? E, nello specifico, di quali magistrature, in senso lato, si<br />

avvalevano i conti per amministrare i terr<strong>it</strong>ori che a loro facevano capo? Anche nei<br />

diplomi imperiali del 1155 e del 1164 si fa riferimento ad un’ent<strong>it</strong>à terr<strong>it</strong>oriale un<strong>it</strong>aria<br />

rifer<strong>it</strong>a agli Alberti, che aveva centro in Prato (la prima local<strong>it</strong>à menzionata) e<br />

i dir<strong>it</strong>ti dei conti si estendevano al districtus. Il termine può essere inteso come<br />

definizione del terr<strong>it</strong>orio soggetto a Prato, che nei decenni seguenti avrebbe assunto<br />

la definizione di ‘distretto’ (16bis), ma potrebbe anche estendersi a tutte le pertinenze<br />

dei conti che vengono elencate di segu<strong>it</strong>o.<br />

Tornando alle considerazioni che abbiamo interrotto, non pare che altre carte,<br />

oltre a quella c<strong>it</strong>ata, attestino rapporti tra <strong>il</strong> monastero di Settimo e la famiglia albertesca,<br />

rapporti che intercorsero per via di Cec<strong>il</strong>ia, legata al cenobio forse da<br />

promesse fatte quando ancora era congiunta in matrimonio all’ultimo dei Cadolingi.<br />

Il monastero di Settimo possedette però numerose pertinenze nell’amb<strong>it</strong>o delle zone<br />

dove si registrò una forte presenza albertesca. Su questo monastero i Cadolingi<br />

eserc<strong>it</strong>arono un forte controllo, tanto che emerge nettamente la sua caratteristica di<br />

monastero di famiglia (Eigenkloster). Ne abbiamo un’attestazione nel 1090, quando<br />

i conti sembrano defin<strong>it</strong>ivamente rinunciare ad una serie di prerogative che forse<br />

erano loro spettate.<br />

«Ugo qui Ug<strong>it</strong>ione (17) vocatur f<strong>il</strong>ius bone memorie Bulgari com<strong>it</strong>is cum d<strong>il</strong>ectissima<br />

coniuge mea f<strong>il</strong>ia bone memorie Teuzi nomine C<strong>il</strong>ia» (18) effettua una serie di<br />

promesse al «monasterium nostrum qui est constructum ad honorem Domini Salvatoris<br />

mundi in loco Septimo sc<strong>il</strong>ice curte mea». L’aggettivo «nostrum» è indice del<br />

legame del monastero alla famiglia, più che un vincolo di semplice affezione. Il<br />

termine sembra indicare chiaramente la proprietà che i conti avevano sul cenobio.<br />

Ma sub<strong>it</strong>o incominciano le concessioni: «statuentes neque nos neque nostrorum<br />

heredum prefatum monasterium audeat minuare, ad alium ordinem vel transferre<br />

sibi vel alius ad aliquem secularem commodum». Si pongono precise condizioni<br />

sull’integr<strong>it</strong>à del patrimonio e sulla permanenza nell’ordine vallombrosano (come<br />

risulta da alcuni priv<strong>il</strong>egi papali). Inoltre <strong>il</strong> conte conferma tutte le concessioni scr<strong>it</strong>-<br />

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