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«D<strong>it</strong>emi, voi che sí stringete i petti»,<br />

diss’io, «chi siete?» E quei piegaro i colli;<br />

e poi ch’ebber li visi a me eretti,<br />

li occhi lor, ch’eran pria pur dentro molli,<br />

gocciar su per le labbra, e ‘l gelo strinse<br />

le lagrime tra essi e riserrolli.<br />

Con legno legno spranga mai non cinse<br />

forte cosí; ond’ei come due becchi<br />

cozzaro insieme, tanta ira li vinse.<br />

E un ch’avea perduti ambo li orecchi<br />

per la freddura, pur col viso in giúe,<br />

disse: «Perché cotanto in noi ti specchi?<br />

Se vuoi saper chi son cotesti due,<br />

la valle onde Bisenzo si dichina<br />

del padre loro Alberto e di lor fue.<br />

D’un corpo usciro, e tutta la Caina<br />

potrai cercare, e non troverai ombra<br />

degna più d’esser f<strong>it</strong>ta in gelatina; (49)<br />

Napoleone, ancora prima del 1259, aveva sottratto ai fratelli la parte loro spettante<br />

dell’ered<strong>it</strong>à del padre, <strong>il</strong> conte Alberto (V), in quanto ad esso <strong>il</strong> testamento<br />

paterno aveva lasciato solamente la decima parte dei beni. Le lotte furibonde fra i<br />

fratelli culminarono con un duplice fratricidio, già compiuto nel 1286, seguìto<br />

dall’uccisione di Orso, figlio di Napoleone, ad opera di Alberto figlio di Alessandro.<br />

Al conte Orso tocca, nel poema dantesco, una sorte più pietosa. Lo troviamo, infatti,<br />

nel VI girone del Purgatorio tra coloro che troppo amarono i beni terreni, e in<br />

particolare tra i peccatori di gola:<br />

Vidi Conte Orso e l’anima divisa<br />

dal corpo suo per astio e per inveggia,<br />

com’e’ dicea, non per colpa commisa; (50)<br />

Il conte venne ucciso, come abbiamo appena visto, dal cugino Alberto, figlio di<br />

Alessandro. Quest’ultimo fu poi trucidato da un suo nipote, Spinello, nel 1325.<br />

La barbarie di questi signori diventa in segu<strong>it</strong>o un vero e proprio tópos letterario<br />

(51). Il novelliere lucchese Giovanni Sercambi (1348-1424) ci presenta diversi<br />

nob<strong>il</strong>i della montagna dipinti più con fattezze di lupi che di uomini. Un conte del<br />

Frignano, Lambrusco da Rodello, è defin<strong>it</strong>o «omo più tosto a rubare che a offerire».<br />

Battuti sul campo delle armi, questi im<strong>it</strong>atori di un lontano medioevo sono fatti<br />

oggetto di ludibrio e se ne fanno r<strong>it</strong>ratti caricaturali, quasi animaleschi, dove gli<br />

esponenti della vincente cultura comunale si mostrano solidali alle amministrazioni<br />

nella lotta alle aristocrazie signor<strong>il</strong>i. Non è da escludersi, tuttavia, che questi individui,<br />

in zone piuttosto lim<strong>it</strong>ate, cost<strong>it</strong>uissero ancora pericolo e intralcio. Attraverso le<br />

caricature che se ne tracciavano si tentava di combatterli anche sul piano ideologico,<br />

attribuendo loro comportamenti oltremodo ferini o inverosim<strong>il</strong>i.<br />

Un’intera novella è dedicata dal Sercambi ai conti Alberti (52), con accenti che<br />

talora rasentano l’<strong>il</strong>ar<strong>it</strong>à per la grinta ferina che li connota, al lim<strong>it</strong>e del grottesco,<br />

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