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La presenza albertesca in Em<strong>il</strong>ia<br />

La storia delle alte valli dell’Appennino oggi bolognese risente degli influssi sia<br />

toscani che em<strong>il</strong>iani, almeno fino al XIII-XIV secolo. Chiunque desideri studiare i<br />

terr<strong>it</strong>ori fra Setta e Reno dovrà perciò venire a contatto con documentazione di provenienza<br />

sia toscana sia bolognese. Questo elemento è stato sottovalutato, fino ad<br />

un’epoca relativamente recente, dalla storiografia, non solo locale.<br />

Sovente hanno influ<strong>it</strong>o motivazioni contingenti, legate allo studio di partizioni<br />

amministrative odierne, o alla difficoltà di raggiungere documentazione e fondi<br />

archivistici lontani dal proprio luogo di v<strong>it</strong>a e di lavoro. Ma anche la bibliografia di<br />

parte toscana (fiorentina e pistoiese soprattutto) non è molto conosciuta nel nostro<br />

versante. Per ver<strong>it</strong>à anche gli studiosi toscani non sembrano tenere in gran conto<br />

quanto si scrive al di là del displuvio, ma la loro posizione va cosiderata differentemente.<br />

Le carte conservate in archivi toscani <strong>il</strong>luminano le vicende dei terr<strong>it</strong>ori<br />

bolognesi, ma non viceversa, in quanto, come si è già notato, la marca di Tuscia,<br />

nell’alto e nel pieno medioevo s’inseriva profondamente nel terr<strong>it</strong>orio oggi bolognese.<br />

Il problema è un altro, una maniera di fare storia a “compartimenti stagni”, ma<br />

la comprensione dei fenomeni non può prescindere da un’analisi complessiva degli<br />

stessi. Non ha senso studiare i conti Alberti, ad esempio, in relazione alle odierne<br />

circoscrizioni terr<strong>it</strong>oriali, perché al momento in cui essi agirono tali determinazioni<br />

non esistevano. Ne è sort<strong>it</strong>o quini un quadro talora difforme dalla realtà delle cose,<br />

o frutto di favolose interpretazioni.<br />

Arturo Palmieri, autore della colossale opera sulla montagna bolognese, per<br />

certi versi ancora attuale, ha solo intravisto l’importanza dell’apporto delle carte<br />

toscane. Parlando dei conti Alberti, c<strong>it</strong>a come primo documento certo della loro<br />

presenza sull’Appennino <strong>il</strong> diploma imperiale del 1164 (1), quando essi, in realtà,<br />

sono testimoniati in questi terr<strong>it</strong>ori dal 1120, nelle carte della badia di Montepiano,<br />

che sono state date alle stampe nel 1942. Né risulta menzione dei possessi appenninici<br />

dei Cadolingi, ad esempio, ma all’epoca degli studi del Palmieri, effettuati a<br />

cavallo tra Otto e Novecento non erano ancora ed<strong>it</strong>e le carte di provenienza pistoiese<br />

e toscana.<br />

Augusto Vasina, nel suo lavoro del 1959 sulla valle del Reno nel medioevo, non<br />

si allontana da questo quadro (2). L’attenzione dell’autore è incentrata essenzialmente<br />

sulla valle del Reno, ma sovente spazia anche nelle valli contermini. Un’occhiata<br />

all’apparato bibliografico ci <strong>il</strong>lumina sulle fonti della ricerca: scontata la bibliografia<br />

e le raccolte documentarie di produzione bolognese ed em<strong>il</strong>iana (Palmieri, Savioli,<br />

Sorbelli) (3); Nella bibliografia di amb<strong>it</strong>o toscano primeggia <strong>il</strong> vecchio e poderoso<br />

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