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non quello di piena partecipazione, soprattutto, a motivo del ‘sesso’ dell’imputata, <strong>la</strong><br />
quale, per le note regole di Cosa Nostra, non può “far parte” del sodalizio. È il giudice<br />
stesso a dichiarare di adottare il punto di vista interno del consorzio criminale,<br />
aggiungendo che, se non si trovassero in presenza di una donna, senza dubbio i “facta”<br />
del<strong>la</strong> Sansone sarebbero idonei a una condanna per 416 bis. Lo speciale trattamento<br />
riservato al<strong>la</strong> Sansone emerge ancora di più confrontando l’imputazione del figlio Pietro<br />
Tagliavia, arrestato qualche settimana prima del<strong>la</strong> madre e accusato del reato di cui<br />
all’art. 416 bis. Fra i due non ci sono differenze di comportamento ed entrambi non<br />
sono affiliati, ma per il ragazzo, il gip prendendo spunto da una sentenza innovativa<br />
del<strong>la</strong> Corte di Cassazione, n. 2348, del 18 maggio 1994, evidenzia il carattere non<br />
indispensabile dell’affiliazione formale per muovere l’accusa di associazione di stampo<br />
mafioso, innovazione che non fa, però, propria per <strong>la</strong> madre. La Sansone sarà<br />
condannata in primo grado per concorso in associazione mafiosa ma poi assolta nel<br />
2001 dal<strong>la</strong> Corte di Appello di Palermo.<br />
Segno di cambiamento dell’ottica giurisprudenziale rispetto alle donne di mafia è,<br />
invece, il modo in cui viene trattato l’inserimento di Giusy Vitale nel consortium<br />
sceleris dei fratelli Vito e Leonardo. Stavolta il sesso non viene usato come causa<br />
esimente all’imputazione di partecipazione all’associazione mafiosa, ma anzi - come si<br />
evince dall’ordinanza di custodia caute<strong>la</strong>re per <strong>la</strong> Vitale - vengono colti gli elementi di<br />
novità nell’organizzazione, “sintomo, inequivocabile del<strong>la</strong> straordinaria capacità di<br />
Cosa Nostra di adeguamento alle evenienze del momento 251 ”, fra cui, appunto, <strong>la</strong><br />
partecipazione attiva di “soggetti per così dire atipici”, ossia le donne. I motivi di tale<br />
inserimento sarebbero riferibili a:<br />
«(…) preminenti ragioni di autotute<strong>la</strong> del consortium sceleris che (...) ha preferito, in<br />
un caso partico<strong>la</strong>re, puntare sull’esistente e non avvalersi, per le questioni più delicate,<br />
di nuovi apporti che, se da un <strong>la</strong>to, avrebbero consentito una maggiore efficacia<br />
operativa, dall’altro non avrebbero dato quelle garanzia di riservatezza e di tenuta<br />
necessarie ad assicurare l’indispensabile segretezza dell’operato dell’associazione<br />
mafiosa 252 ».<br />
Il caso di Giusy è considerato ancora di più atipico, non solo perché donna, ma per <strong>la</strong><br />
posizione eminente raggiunta.<br />
Lo scrittore siciliano Andrea Camilleri si mostra meno sorpreso dei giudici sul<strong>la</strong> realtà<br />
che, seppur in ritardo, sta venendo al<strong>la</strong> luce circa le donne e come un attento osservatore<br />
251 Ordinanza di custodia caute<strong>la</strong>re, in Ingrascì O, Donne d’onore, p. 116.<br />
252 Ibidem, p. 117.<br />
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