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piacevole nell’esistenza; sono entrate in rotta di collisione con il mondo chiuso, oscuro,<br />
tragico, ripiegato su se stesso e sempre sul chi vive di Cosa Nostra 486 ».<br />
Una cosa è certa: potevano tacere. E invece decidono di rivolgersi alle forze di polizia o<br />
al giudice e confessano quello che sanno accusando parenti e amici di un tempo. È una<br />
vera e propria rottura accompagnata dal<strong>la</strong> consapevolezza, più o meno piena, delle<br />
conseguenze cui vanno incontro: <strong>la</strong> solitudine, l’iso<strong>la</strong>mento, <strong>la</strong> condanna e <strong>la</strong> rottura con<br />
<strong>la</strong> propria famiglia, il proprio paese, il proprio ambiente, l’insicurezza, lo sradicamento,<br />
<strong>la</strong> precarietà, i rischi di vendetta, <strong>la</strong> perdita d’identità e <strong>la</strong> separazione <strong>la</strong>cerante di una<br />
parte di sé e, per alcune, <strong>la</strong> perdita delle garanzie che vengono dall’appartenenza a un<br />
c<strong>la</strong>n.<br />
Ma grazie a tale scelta vivono un’esperienza fondamentale: incontrano una morale<br />
diversa, il valore del<strong>la</strong> legalità, le regole del<strong>la</strong> società civile, giudizi e modi di pensare<br />
anche sul mondo da cui provengono che non gli erano mai venuti in mente, come che<br />
volere giustizia è diverso dal volere vendetta.<br />
«La mafia ha paura di tutti coloro che par<strong>la</strong>no, perché il silenzio <strong>la</strong> fa vivere, <strong>la</strong> paro<strong>la</strong> <strong>la</strong><br />
fa morire 487 ». Dunque, tutte queste testimoni pubbliche hanno preso su di sé <strong>la</strong> sfida più<br />
alta al dominio mafioso perchè hanno incrinato <strong>la</strong> consueta impunità<br />
dell’organizzazione, incarnando <strong>la</strong> possibilità di rompere il circolo vizioso del ricatto<br />
violento che subordina tutti, e del<strong>la</strong> cultura dell’omertà che rende <strong>la</strong> mafia invisibile e<br />
quasi imbattibile.<br />
Il magistrato Alessandra Camassa sottolinea proprio che l’unica strada per sconfiggere<br />
un’associazione che opera segretamente, è quel<strong>la</strong> dei pentiti e ancora più preziosa è <strong>la</strong><br />
testimonianza di donne senza accuse alle spalle. In riferimento a Rita Atria e Piera<br />
Aiello, infatti, dirà: «Senza <strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione di queste donne, le nostre accuse contro <strong>la</strong><br />
mafia di Partanna sarebbero cadute tutte 488 ».<br />
Arrivano al<strong>la</strong> consapevolezza che questa battaglia non deve riguardare soltanto coloro<br />
che sono stati colpiti dal<strong>la</strong> ferocia mortale del<strong>la</strong> mafia, ma diventare, piuttosto, una<br />
questione morale che interessa tutta <strong>la</strong> collettività facendo sì che il loro iniziale bisogno<br />
di giustizia vada oltre <strong>la</strong> rabbia, oltre l’odio, oltre <strong>la</strong> vendetta ma risieda nel ‘piacere 489 ’<br />
dell’onestà.<br />
Questa è <strong>la</strong> vera emancipazione femminile all’interno del<strong>la</strong> mafia: diventare soggetti<br />
autonomi tito<strong>la</strong>ri del diritto/dovere di giustizia non solo per sé ma per il bene di una<br />
486 Falcone G., Padovani M., Cose di Cosa Nostra, p. 85.<br />
487 Fava C., cit. in Siebert R., Le donne, <strong>la</strong> mafia, p. 404.<br />
488 Longrigg C., L’altra metà del<strong>la</strong> mafia, p. 282.<br />
489 Fiandaca G., in Segno, n. 183.<br />
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