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stupefacenti e ricercata come esponente del<strong>la</strong> cosca mafiosa capeggiata dal capomafia<br />

Messina. Dopo 2 anni di <strong>la</strong>titanza verrà arrestata nell’aprile del ’95.<br />

Ancora più significativa è <strong>la</strong> storia di Ange<strong>la</strong> Russo soprannominata “Nonna Eroina”.<br />

Fu arrestata all’età di 74 anni per associazione a delinquere finalizzata al traffico di<br />

stupefacenti nell’'82 insieme ad altre 38 persone - tra cui figli e nuore - facenti parte di<br />

diverse famiglie mafiose fra cui il c<strong>la</strong>n di Vil<strong>la</strong>grazia, dei Lombardo, del<strong>la</strong> Noce e il<br />

c<strong>la</strong>n dei Coniglio il cui capo era suo figlio Salvino. Ange<strong>la</strong> nasce in una famiglia<br />

mafiosa sviluppando doti di “maschio” che tanto avrebbe voluto essere. Lei stessa<br />

racconta di quanto le piaceva sparare e che non aveva mai paura di niente, insomma un<br />

uomo d’onore mancato. Metterà, ugualmente, a servizio dell’organizzazione, aderendo<br />

completamente al<strong>la</strong> sua ideologia, le proprie qualità di donna forte, orgogliosa, decisa,<br />

che domina tutto. Difatti, dalle indagini emerge un ruolo fondamentale, non di semplice<br />

gregaria o corriera ma, come fu descritta dal giornale l’Ora, uno dei “cervelli” del<br />

traffico che riuscì a coinvolgere in questo quasi tutta <strong>la</strong> famiglia.<br />

Ange<strong>la</strong> Russo, al momento del processo sembra assumere l’atteggiamento che, di solito,<br />

esibiscono i boss mafiosi quando di fronte alle accuse dello Stato, persino le più<br />

fondate, negano l’evidenza proc<strong>la</strong>mando <strong>la</strong> propria innocenza. Ecco cosa dice<br />

all’intervista con Marina Pino: «Mi hanno chiamata Nonna Eroina. Nonna mi sta bene<br />

perché io sono 25 volte nonna e 23 volte bisnonna. Ma dell’eroina, di questa droga<br />

addosso a me o in casa mia niente hanno trovato 213 ». Interpretando <strong>la</strong> parte dell’ignara<br />

casalinga durante il processo dirà: «Cocaina, che cos’è?Un detersivo? 214 ». Tuttavia<br />

rifiuta il ruolo subalterno inizialmente assegnatole: «Mi hanno detto che facevo il<br />

corriere del<strong>la</strong> droga. E questa accusa è proprio una questione che non mi ca<strong>la</strong> (…)<br />

Dunque io che in vita mia ho sempre comandato gli altri, avrei fatto questo servizio per<br />

comando e conto degli altri 215 ? (...)».<br />

Anche nel modo di idealizzare il passato, <strong>la</strong> donna mostra il tipico atteggiamento che<br />

caratterizza i mafiosi, <strong>tesi</strong> a rappresentare, con nostalgia, i gloriosi tempi del<strong>la</strong> “vecchia<br />

Mafia”: «Ma dov’è più questa mafia, chi par<strong>la</strong> di mafia, cosa sanno loro di mafia?<br />

Certo, sissignora, io ne so par<strong>la</strong>re perché c’era nei tempi antichi a Palermo e c’era <strong>la</strong><br />

legge (…) Allora a Palermo c’era questa legge e questa mafia. C’erano veri uomini.<br />

Mio Padre, don Peppino, era un vero uomo 216 (…)». Una mafia “giusta” che colpiva<br />

inesorabilmente chi “sbagliava” e risparmiava i “figli di mamma” contrariamente a<br />

213 Puglisi A., Donne, mafia e antimafia, p. 38-39.<br />

214 Longrigg C., L’altra metà del<strong>la</strong> mafia, p. 171.<br />

215 Ingrascì O., Donne d’onore, p. 57-58.<br />

216 Ingrascì O., Donne d’onore, p. 59.<br />

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