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Il risultato di questo “progetto educativo”, come sottolinea Ombretta Ingrascì 73 , è<br />

testimoniato dalle imputazioni per associazione di tipo mafioso a cui entrambi i figli<br />

maschi, Giuseppe e Giovanni, sono stati sottoposti e l’ergastolo per omicidio a cui è<br />

stato condannato, a soli venticinque anni il maggiore, Giovanni. In partico<strong>la</strong>re<br />

quest’ultimo, l’erede del boss, fin da giovanissimo si comporta come un piccolo<br />

gangster: inizia a prendersi delle responsabilità all’interno del c<strong>la</strong>n e partecipa alle<br />

riunioni così da essere ben presto iniziato e affiliato a Cosa Nostra.<br />

Quando Giovanni venne arrestato appena ventenne, Ninetta Bagarel<strong>la</strong> mise a segno uno<br />

scoop propagandistico con una lettera aperta al<strong>la</strong> stampa nel<strong>la</strong> quale dava del figlio<br />

un’immagine di vittima innocente, al centro di una vendetta perpetrata contro <strong>la</strong> loro<br />

famiglia.<br />

Riporto alcuni stralci in cui è evidente l’uso di un “linguaggio mafioso” da parte del<strong>la</strong><br />

donna: «Ho deciso di aprire il mio cuore gonfio e traboccante di tristezza per l’arresto di<br />

mio figlio Giovanni (...) Giovanni, è giusto che si sappia, è un ragazzo normale, aperto,<br />

allegro e spensierato (...) Abbiamo cresciuto i nostri figli affrontando enormi sacrifici,<br />

superando tanti disagi, dando a loro tutte le premure e le attenzioni possibili. Li<br />

abbiamo educati al rispetto del<strong>la</strong> famiglia e del prossimo secondo sani principi,<br />

inculcando il rispetto delle vere istituzioni su cui deve fondarsi una società onesta e<br />

dignitosa. Il rispetto di tutti e di tutto è <strong>la</strong> massima di casa Riina (...) 74 »<br />

Tanti si sono commossi perchè a scrivere è una madre “con il cuore traboccante di<br />

tristezza”. La lettera fu considerata un capo<strong>la</strong>voro di amore materno, un amore che le<br />

faceva assolvere il figlio da qualsiasi crimine.<br />

In realtà, rappresenta un vero e proprio manifesto del<strong>la</strong> “cultura mafiosa” in chiave<br />

femminile. Anna Puglisi 75 , infatti, si domanda a quale famiglia si riferisca quando<br />

innalza tali legami al di sopra di tutto, se a quel<strong>la</strong> naturale o quel<strong>la</strong> mafiosa. Inoltre, <strong>la</strong><br />

Bagarel<strong>la</strong> esorta al rispetto delle vere istituzioni, ma l’unica da lei riconosciuta non è<br />

certamente lo Stato bensì Cosa Nostra di cui “suo marito è il re e lei <strong>la</strong> regina”.<br />

Moltissimi furono d’accordo con <strong>la</strong> Bagarel<strong>la</strong>, commuovendosi di fronte al suo dolore<br />

di madre. Soltanto due donne magistrato, Ilda Boccassini, sostituto procuratore a<br />

Mi<strong>la</strong>no e già componente del pool dei magistrati di Caltanissetta che indagò<br />

sull’omicidio di Giovanni Falcone, e Teresa Principato, ebbero il coraggio di<br />

condannare apertamente <strong>la</strong> lettera di Ninetta. Ecco le parole del<strong>la</strong> Principato: «Un<br />

73 Ingrascì O., Donne d’onore.<br />

74 Longrigg C., L’altra metà del<strong>la</strong> mafia, p. 125.<br />

75 Puglisi A., in Narcomafie, n. 7/8, luglio-agosto, 1996, p. 3<br />

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