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Il magistrato Francesco Del Bene, che curò <strong>la</strong> sua col<strong>la</strong>borazione, dice: «(…) si è<br />
dimostrata, in realtà, oltre che affidabile, molto determinata cioè le decisioni più dure,<br />
omicidi, estorsioni … le ha prese e le ha prese senza discussione alle volte imponendole<br />
agli esecutori materiali che potevano avere delle titubanze. Era quel<strong>la</strong> un passo più<br />
avanti, in questo senso suo malgrado aveva ereditato <strong>la</strong> violenza e <strong>la</strong> ferocia dei fratelli<br />
e qui ritorniamo al contesto familiare che sicuramente in un certo qual modo l’ha<br />
condizionata nel<strong>la</strong> sua crescita e nel<strong>la</strong> sua formazione 330 ».<br />
La Vitale, durante il periodo del<strong>la</strong> sua reggenza, sostiene di aver cambiato in parte il<br />
modo di gestire gli affari, a suo dire, per far vivere “bene”, ossia tranquillo e sereno il<br />
proprio paese, dimenticando, però, che un paese comandato da qualcuno, in qualsiasi<br />
modo venga comandato, è condannato al<strong>la</strong> sudditanza e perciò stesso a vivere male.<br />
Si dipinge come <strong>la</strong> “boss buona”, che ha un cuore grande e, infatti, si rifiuta di far<br />
pagare il pizzo ai negozianti di Partinico, rifacendosi ‘solo’ sui grandi <strong>la</strong>vori edili, anche<br />
perché da buona regina tale strategia le sarebbe servita per ottenere maggiore consenso<br />
dal suo “popolo”.<br />
Un’anima pia che però dimentica di essere stata, tra l’altro, mandante di un omicidio.<br />
Anche per lei arriva l’arresto il 25 giugno 1998 con l’accusa di 416 bis, “<strong>la</strong> maledizione<br />
dei Vitale 331 ”. Rimarrà in carcere fino al 25 dicembre 2002 e in questo frangente<br />
l’avvocato le propone di patteggiare per uscire sei mesi prima ma quando il fratello lo<br />
scopre le si scaglia contro dicendo che <strong>la</strong> famiglia Vitale non fa accordi con lo Stato.<br />
Dopo 4 anni di detenzione ritorna con <strong>la</strong> determinazione di continuare nel<strong>la</strong> reggenza,<br />
sicura che <strong>la</strong> cosca avrebbe approvato il proponimento in quanto, con <strong>la</strong> sua bocca<br />
cucita dentro il carcere e dinnanzi i magistrati dell’antimafia, aveva ampiamente<br />
dimostrato di sapere rispettare le “regole” dell’Onorata Società.<br />
Il suo piano, però, non viene portato a termine: scarcerata nel dicembre del 2002, sarà<br />
nuovamente arrestata il 3 marzo del 2003, stavolta con l’accusa dell’omicidio di<br />
Salvatore Riina, detto ‘Mortadel<strong>la</strong>’, omonimo del boss corleonese. È stata <strong>la</strong> Vitale a<br />
operare tutte le scelte per l’organizzazione dell’omicidio, curando fino ai minimi<br />
partico<strong>la</strong>ri, con scrupoloso e freddo calcolo: dall’ora, al luogo, all’arma (una pisto<strong>la</strong><br />
calibro 38), coinvolgendo Michele Seidita e il cognato di questo Salvatore Francesco<br />
Pezzino (l’esecutore materiale) e procurandosi un alibi (<strong>la</strong> sera stessa e nell’ora in cui si<br />
consuma l’assassinio, il 20 giugno 1998, si farà vedere insieme al marito in una pizzeria<br />
del paese).<br />
330 Intervista Francesco Del Bene in appendice.<br />
331 Costanzo C., Ero cosa loro, p. 98.<br />
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