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Contrariamente ai positivisti che consideravano l’istinto materno ostativo al crimine,<br />

Thomas fa riferimento proprio a tale istinto per spiegare <strong>la</strong> devianza femminile:<br />

l’intenso e supplementare bisogno di dare e sentire amore induce le donne al crimine,<br />

soprattutto a reati sessuali come <strong>la</strong> prostituzione. Ciò nonostante, anch’egli finisce nel<br />

cercare una spiegazione “naturale”o biologica utilizzando i fattori ambientali soltanto<br />

per spiegare le differenti modalità secondo le quali vengono espressi gli istinti innati,<br />

anche se il ruolo dei fattori naturali o biologici non giunge a sopraffare <strong>la</strong> definizione<br />

soggettiva del<strong>la</strong> situazione.<br />

Pol<strong>la</strong>ck<br />

Fra gli studiosi del<strong>la</strong> criminalità femminile che si sono dimostrati critici rispetto<br />

all’attendibilità di queste affermazioni, troviamo Pol<strong>la</strong>ck negli anni ’60.<br />

Nel suo studio intito<strong>la</strong>to La criminalità del<strong>la</strong> donna 148 , riconosce, come Thomas,<br />

l’importanza dei fattori sociali ma focalizza l’attenzione sul carattere “mascherato” del<strong>la</strong><br />

criminalità femminile, puntando a scoprire <strong>la</strong> reale entità e natura dei reati commessi<br />

dalle donne. Par<strong>la</strong>, infatti, del cosiddetto “numero oscuro 149 ”, per cui il numero di reati<br />

sui quali <strong>la</strong> polizia fa luce costituisce soltanto una picco<strong>la</strong> percentuale di quelli<br />

denunciati, riportati oppure scoperti.<br />

Pol<strong>la</strong>ck spiega tale natura mascherata in tre modi: <strong>la</strong> criminalità femminile è occultata<br />

dalle frequenti omissioni di denuncia; il tasso di incriminazioni femminili è<br />

comparativamente più basso di quelle maschili; polizia e tribunali dimostrano ancora<br />

maggiore clemenza rispetto agli uomini per l’esistenza di un senso di cavalleria<br />

maschile verso <strong>la</strong> donna, ritratta in modo idealizzato quale essere docile, pura,<br />

inoffensiva e bisognosa di protezione.<br />

Pol<strong>la</strong>ck, inoltre, sostiene che le donne, vivendo quasi tutta <strong>la</strong> loro esistenza nel<strong>la</strong> sfera<br />

del privato hanno maggiore possibilità degli uomini di nascondere i loro crimini tra<br />

l’intimità del<strong>la</strong> casa e “il rispettabile ruolo di Madre”. Arriva, addirittura, a sostenere<br />

che all’interno delle organizzazioni criminali possano essere i “cervelli”, le vere<br />

istigatrici di crimini, che strumentalizzando gli uomini nel<strong>la</strong> commissione di reati,<br />

riescono a evitare il proprio arresto. La spiegazione è da ricercarsi nel<strong>la</strong> loro natura<br />

“biologicamente ingannevole” .<br />

Nonostante Pol<strong>la</strong>ck abbia messo in luce degli aspetti che in parte smontano <strong>la</strong> visione<br />

tradizionale e prevalente, anche in lui, tuttavia, implicitamente è presente l’assunto<br />

148 Cit. in Carol Smart, Donne, crimine e criminalità.<br />

149 Georgia Zara, Le Carriere criminali, p. 108.<br />

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