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Il potere che le donne esercitano all’interno del nucleo familiare si sve<strong>la</strong> pienamente,<br />

come sottolinea Fiore 295 , nelle loro reazioni al pentimento, in quanto il loro essere a<br />

favore o contro determina <strong>la</strong> sua riuscita o meno.<br />

Molti uomini, difatti, vogliono consultare <strong>la</strong> moglie prima di decidere d’intraprendere il<br />

difficile percorso del<strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione ed accade spesso che, da questi colloqui, ne<br />

escano dissuasi.<br />

A riguardo il giudice Falcone 296 ricorda di aver commesso un grande errore nel<br />

consentire a Vincenzo Buffa, uomo d’onore legato ai corleonesi, di par<strong>la</strong>re con <strong>la</strong><br />

moglie, Caterina La Mantia, prima di affidarsi definitivamente nelle mani dello Stato.<br />

Lei lo convince a ritrattare, arrivando ad organizzare persino una specie di protesta,<br />

inscenata insieme alle sorelle di Buffa - Maria, Rosa, Carme<strong>la</strong>, Silvana ed Elvira -<br />

nell’au<strong>la</strong> bunker del maxiprocesso a Palermo, il 17 marzo del 1987. Seguendo quasi un<br />

copione, piangono e ur<strong>la</strong>no contro i giudici, accusati di aver costretto il povero Enzo a<br />

col<strong>la</strong>borare perché “Enzo non è un traditore. Enzo non ha par<strong>la</strong>to … Non è un pentito!”.<br />

Anche <strong>la</strong> sorel<strong>la</strong> Aurora, rimasta a casa perché incinta, ci tiene a far sapere di essere<br />

accanto a loro.<br />

Così Vincenzo Buffa fa marcia indietro e sarà condannato a 15 anni di reclusione.<br />

Le donne del<strong>la</strong> famiglia Buffa hanno avuto partita vinta: Vincenzo è un mafioso rimasto<br />

mafioso.<br />

Conseguentemente alle numerose de<strong>la</strong>zioni che hanno caratterizzato <strong>la</strong> prima metà degli<br />

anni 90, le organizzazioni mafiose hanno adottato in tema di pentitismo una nuova<br />

politica, incentrata sul recupero dei “traditori”. In Cosa Nostra il compito di persuadere<br />

le “pecorelle smarrite” a riprendere il cammino mafioso è affidato alle donne.<br />

È questo il caso di Ange<strong>la</strong> Morvillo.<br />

Moglie del pentito Fedele Battaglia, affiliato al<strong>la</strong> famiglia di Brancaccio, è stata<br />

indagata per il delitto di favoreggiamento aggravato dalle finalità mafiose. Al<strong>la</strong><br />

Morvillo, in partico<strong>la</strong>re, veniva contestato di aver agito nell’intento di far recedere il<br />

marito dal<strong>la</strong> col<strong>la</strong>borazione intrapresa e di aver informato su questa gli stessi esponenti<br />

dell’organizzazione di Brancaccio. Da loro, tra l’altro, riceverà, durante l’assenza di<br />

Fedele, uno “stipendio” mensile derivato dalle estorsioni. Nel 2001 viene trasferita nel<strong>la</strong><br />

località protetta insieme a due dei suoi quattro figli, Laura e Giuseppe, mentre gli altri<br />

due, Letizia e Rosalia, rifiutano il programma di protezione e rimangono con <strong>la</strong> nonna.<br />

In seguito anche Ange<strong>la</strong> abbandonerà <strong>la</strong> località protetta, e, opponendosi apertamente<br />

295 Fiore I., Le radici inconsce dello psichismo mafioso.<br />

296 Falcone G., Padovani M., Cose di Cosa Nostra.<br />

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