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assessore regionale. Gi unici gesti dimostrati furono organizzati dalle cosiddette “donne<br />
del digiuno” di Palermo - un gruppo di attiviste che in quel<strong>la</strong> tragica estate del 1992<br />
erano impegnate in uno sciopero del<strong>la</strong> fame contro <strong>la</strong> violenza assassina del<strong>la</strong> mafia - le<br />
quali sorressero <strong>la</strong> bara, e i magistrati di Trapani, Marsa<strong>la</strong> e Sciacca che in un<br />
comunicato scrissero: «(…) Noi (...) confidiamo che l’esempio di Rita sia recepito da<br />
molte altre persone che ancora si trovano avvolte nel giogo del silenzio. Noi abbiamo<br />
voluto esserle vicini con queste parole perché sappiamo quanta speranza avesse riposto<br />
nel<strong>la</strong> giustizia 431 ».<br />
Durante <strong>la</strong> messa, il prete insiste sul suicidio come peccato, mentre nessuna paro<strong>la</strong> di<br />
condanna pronuncia verso i mafiosi. Così le donne presenti al funerale esc<strong>la</strong>mano: «Rita<br />
non ha peccato, Rita ha par<strong>la</strong>to 432 (...)».<br />
Quel giorno, però, mancava una donna, sua madre.<br />
Piera, par<strong>la</strong> dell’Amica, sorel<strong>la</strong>, figlia che piange tutt’ora dopo 18 anni, riconoscendo<br />
che «(...) Se Rita non avesse fatto quel gesto, forse nessuno avrebbe saputo <strong>la</strong> nostra<br />
storia, e <strong>la</strong> nostra solitudine sarebbe stata più grande (…)» perciò «Ha preferito morire<br />
per vivere 433 ».<br />
Ecco come Nadia Furnari, che proprio a lei ha dedicato <strong>la</strong> sua associazione, spiega,<br />
attraverso una profonda riflessione critica e autocritica, questo gesto: «(...) Rita è morta<br />
per colpa di tutti noi, per l’indifferenza del<strong>la</strong> società civile, di quel<strong>la</strong> che viene chiamata<br />
società civile. Rita è morta per l’assenza delle istituzioni (...) Rita è anche vittima di<br />
mafia però Rita è più vittima dell’indifferenza delle istituzioni che dopo <strong>la</strong> morte di<br />
Paolo Borsellino non hanno saputo raccogliere quel testimone importante di Paolo<br />
Borsellino e fare sentire Rita <strong>la</strong> stessa sicurezza 434 (...)».<br />
Questa storia è “una delle storie di ribellione femminile più eroiche e più tragiche che <strong>la</strong><br />
Sicilia abbia mai conosciuto 435 ”, perché Rita mise in discussione proprio tutto quello che<br />
<strong>la</strong> madre voleva inculcarle e cercò d’imprimere una traiettoria diversa al<strong>la</strong> propria vita<br />
con <strong>la</strong> sua testimonianza, ribel<strong>la</strong>ndosi agli schemi, ai modelli di quel mondo.<br />
La sua storia va letta come una vittoria e non una sconfitta, perché indica <strong>la</strong> possibilità<br />
di un cambiamento, <strong>la</strong> possibilità di liberazione all’interno dell’universo mafioso. È<br />
stato più chiaro, dopo <strong>la</strong> morte, come <strong>la</strong> sua testimonianza, aldilà degli iniziali motivi<br />
contingenti -“vendicare” <strong>la</strong> morte dei suoi familiari - sia stata una scelta di<br />
431 Ingrascì O., Donne d’onore, p. 157.<br />
432 Siebert R., Le donne,<strong>la</strong> mafia, p. 153.<br />
433 http://www.ritaatria.it/Piera racconta Rita.aspx.<br />
434 Intervista Nadia Furnari in appendice.<br />
435 Sandra Rizza cit. in Ingrascì O., op. cit., p. 154.<br />
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