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Come se non bastasse, <strong>la</strong> signora Lo Verso verrà tagliata fuori non dai finanziamenti<br />
stanziati dal comitato come Miche<strong>la</strong> e Vita, perché <strong>la</strong> sua costituzione parte civile non<br />
rientrava nel maxiprocesso, ma dal contributo regionale previsto dalle leggi vigenti per<br />
le vittime dei delitti mafiosi, esclusione motivata dal<strong>la</strong> presenza nel<strong>la</strong> vita del marito di<br />
un precedente penale, anche se di poca importanza.<br />
Sentendosi abbandonata dal<strong>la</strong> società, si ritirò in famiglia e troncò tutti i contatti con il<br />
movimento palermitano antimafia.<br />
Quando i suoi figli, probabilmente per il richiamo di un guadagno facile e per ribadire<br />
l’adesione ad un codice culturale che <strong>la</strong> madre aveva vio<strong>la</strong>to, verranno coinvolti in uno<br />
spaccio di droga e finiranno in galera, Pietra da moglie che per avere giustizia per il<br />
marito rompe l’omertà combattendo da so<strong>la</strong>, diventa <strong>la</strong> madre che difende i suoi figli<br />
anche negando l’evidenza. Come commenta <strong>la</strong> Puglisi, viene risucchiata da un ambiente<br />
intriso di mafia: una sconfitta per lei ma certamente un ancora maggiore sconfitta per il<br />
movimento antimafia e per quelle istituzioni che hanno negato il valore al suo gesto,<br />
incoraggiando il suo ambiente a negarle una prospettiva emancipativa complessiva.<br />
Stando così le cose, il messaggio che arriva a queste donne è “ ma chi te lo ha fatto<br />
fare? 472 ”. Non meritano di essere ascoltate, credute, sostenute perché i loro congiunti<br />
uccisi non erano “servitori dello Stato”. Tuttavia, una domanda sorge spontanea: «Che<br />
cosa c’entra con <strong>la</strong> libertà e responsabilità di una donna qualsiasi il fatto che il marito<br />
era <strong>la</strong>druncolo, poliziotto, mafioso, magistrato o pregiudicato? È lei che si espone, si<br />
prende il rischio, si prende <strong>la</strong> libertà di comportarsi come una cittadina responsabile 473 ».<br />
Miche<strong>la</strong>, Vera e Pietra, <strong>la</strong> cui unica ‘colpa’ è stata quel<strong>la</strong> di rec<strong>la</strong>mare un diritto di<br />
giustizia di cui sono tito<strong>la</strong>ri, hanno pagato il loro coraggio e <strong>la</strong> loro scelta di civiltà con<br />
l’iso<strong>la</strong>mento non solo da parte dei familiari e dell’ambiente, succube e suddito del<strong>la</strong><br />
mafia, ma anche, cosa ancora più grave, di una parte del movimento antimafia.<br />
Nel primo caso l’iso<strong>la</strong>mento che donne come Vita, Miche<strong>la</strong> e Pietra subiscono è<br />
espressione di quel<strong>la</strong> “signoria del territorio 474 ” che consente all’Onorata Società di<br />
ricattare, minacciare con volgare prepotenza parenti, amici, di allontanare clienti,<br />
d’ingaggiare i migliori avvocati, rendendo tortuoso e difficile il ricorso alle vie legali<br />
del semplice cittadino. Ma se questo iso<strong>la</strong>mento appare prevedibile e purtroppo ovvio,<br />
per diverse ragioni - viene rotto un codice di comportamento fondato sul silenzio e sul<strong>la</strong><br />
ricerca del<strong>la</strong> vendetta privata, c’è <strong>la</strong> paura realistica delle conseguenze all’appoggio a<br />
472 Santino U. cit., in Siebert R., Le donne, <strong>la</strong> mafia, p. 335.<br />
473Ibidem, p. 334.<br />
474Siebert R., Le donne, <strong>la</strong> mafia, p. 335.<br />
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