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Una donna, Felicia, che nel ricordo del figlio barbaramente assassinato, anzi,<br />

assassinato due volte 455 - ci sono voluti più di 20 anni per dare l’ergastolo al mandante<br />

Bada<strong>la</strong>menti e 30 per il suo vice, Vito Pa<strong>la</strong>zzolo - diventa simbolo concreto del<strong>la</strong><br />

tenacia che ciascuno di noi deve possedere nel<strong>la</strong> lotta al<strong>la</strong> mafia.<br />

Una storia esemp<strong>la</strong>re, come dice <strong>la</strong> Puglisi, per le sue antinomie dato che racchiude<br />

dentro di sé lo scontro quasi insanabile tra “tradizione” e “rivoluzione”, tra<br />

comportamenti e modi di pensare acquisiti in un ambiente intriso di mafiosità e gesti e<br />

pensieri nuovi, che eredita da Peppino per una sorta di “contagio istintuale 456 ”. Al<strong>la</strong> fine<br />

prevarrà quel<strong>la</strong> parte rivoluzionaria che rompe i legami con l’omertoso e vigliacco<br />

silenzio di cui si nutre <strong>la</strong> mafia, con <strong>la</strong> sudditanza al pater e con il ruolo distinto materno<br />

che deve assicurare continuità dei codici d’onore da tramandare ai figli.<br />

Ma è come se in lei già risiedessero i germogli di questa ribellione proprio nel ruolo di<br />

madre perché grazie a Felicia, come commenta Piera Aiello, Peppino e Giovanni “sono<br />

usciti sani 457 ”.<br />

All’ipocrisia delle convenzioni sociali ha contrapposto <strong>la</strong> verità del<strong>la</strong> paro<strong>la</strong>, affinchè <strong>la</strong><br />

battaglia di Giuseppe non venisse dimenticata e perduta e il sacrificio che fece, donando<br />

<strong>la</strong> vita, vanificato. Nel<strong>la</strong> sua lotta vive Peppino, una lotta che ha portato avanti,<br />

tenacemente, senza paura e a voce alta fino al<strong>la</strong> sua scomparsa nel 2004.<br />

Maria Benigno<br />

Una donna del popolo come Felicia, è Maria Benigno. Proveniente da una famiglia,<br />

benestante aveva perso il padre commerciante in condizioni misteriose, in seguito a una<br />

controversia con <strong>la</strong> temuta e spietata famiglia Marchese. Da allora lei e <strong>la</strong> sua famiglia<br />

ricevettero minacce, intimidazioni a qualsiasi ora del giorno e del<strong>la</strong> notte perché<br />

colpevoli di trovarsi nel ‘quartiere’ dei Marchese.<br />

La situazione si aggrava quando il fratello per una lite uccide proprio il figlio del<br />

capomafia, Salvatore Marchese. La vendetta si farà aspettare ma dopo dieci anni<br />

arriverà inesorabile: il fratello e il marito del<strong>la</strong> Benigno verranno freddati proprio sotto<br />

ai suoi occhi.<br />

Lei riesce a vedere bene in faccia i killer, tra cui Angelo Rinel<strong>la</strong> e Leoluca Bagarel<strong>la</strong>,<br />

ben sapendo, però, che i mandanti non potevano essere altro che i Marchese.<br />

Nonostante nel<strong>la</strong> famiglia di Maria non c’erano stati esempi d’impegno politico,<br />

455 Incande<strong>la</strong> F., Donne di mafia. Donne contro <strong>la</strong> mafia, p. 30.<br />

456 Puglisi A., Donne, mafia e antimafia, p. 16.<br />

457 Intervista Piera Aiello in appendice.<br />

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