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derivarne un ruolo tradizionalmente subalterno e marginale all’interno<br />
dell’organizzazione.<br />
In queste condizioni, le eventuali azioni illegali, in quanto messe in atto da donne, non<br />
sarebbero esito di una capacità di autodeterminazione volontaria, sintomatica di una<br />
consapevole comprensione del<strong>la</strong> partecipazione all’associazione mafiosa e dunque<br />
presupposto per una responsabilità penale, ma verrebbero indotte esclusivamente dal<strong>la</strong><br />
cieca obbedienza ai loro uomini e al solo scopo di favorirli.<br />
Il capo di imputazione non può, quindi, essere quello di associazione di stampo mafioso<br />
ma di favoreggiamento personale 172 con <strong>la</strong> conseguenza però che, in presenza di un<br />
vincolo di parente<strong>la</strong>, neppure tale reato è configurabile per effetto del<strong>la</strong> causa di non<br />
punibilità previsto dall’art. 384 c.p. 173<br />
Gli stessi pregiudizi e luoghi comuni incidono anche per l’applicazione delle misure di<br />
prevenzione, poiché arrivano ad escludere persino una loro possibile pericolosità sociale<br />
con <strong>la</strong> conseguenza che nel<strong>la</strong> maggioranza dei casi si è pervenuti a provvedimenti di<br />
non luogo a precedere.<br />
Le sentenze di assoluzione<br />
Tra le sentenze che rispecchiano tali considerazioni e sono rappresentative di un<br />
trattamento preferenziale nei confronti del genere femminile, ricordiamo quel<strong>la</strong> del<br />
maggio del 1983 presieduta dal giudice Michele Mezzatesta, con <strong>la</strong> quale non viene<br />
accolta <strong>la</strong> richiesta di misure di prevenzione del<strong>la</strong> sorveglianza speciale a carico di<br />
diverse donne fra cui Francesca Citarda - moglie del boss Giovanni Bontade e figlia di<br />
un altro boss Matteo Citarda - e Anna Maria Di Bartolo - moglie del costruttore<br />
Domenico Federico, legato al c<strong>la</strong>n mafioso dei Bontade - nonostante fossero stati trovati<br />
oggettivi elementi indiziari tra cui l’effettiva partecipazione societaria delle stesse, in<br />
qualità di prestanome, a imprese operanti nel campo dell’edilizia sospettate di<br />
ricic<strong>la</strong>ggio di denaro di provenienza illecita.<br />
Dal<strong>la</strong> disanima di alcuni passi del<strong>la</strong> sentenza appare evidente che dietro<br />
all’atteggiamento cavalleresco e all’attitudine paternalistica si ce<strong>la</strong>no i peggiori luoghi<br />
comuni sul<strong>la</strong> donna di mafia frutto di una mentalità retriva.<br />
Nel<strong>la</strong> sentenza, infatti, si legge:<br />
172 L’art. 378 c.p. prevede <strong>la</strong> pena del<strong>la</strong> reclusione fino a 4 anni per «chiunque, dopo che fu commesso un<br />
delitto per il quale <strong>la</strong> legge stabilisce l’ergastolo o <strong>la</strong> reclusione, e fuori dai casi di concorso del<br />
medesimo, aiuta taluno a eludere le investigazioni dell’autorità o a sottrarsi alle ricerche di questa».<br />
(Marino R., Petrucci R., Codice penale e leggi complementari).<br />
173 L’art. 384 stabilisce che:«Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dal<strong>la</strong><br />
necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nel<strong>la</strong><br />
libertà e nell’onore(…)». Ibidem.<br />
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